Dal comandante
Barbato alla "Legione straniera": furono seimila i
partigiani nati al Sud nella Resistenza piemontese.
Di immigrati nati e
vissuti al Nord, i partigiani di origine meridionale
erano tanti nella Resistenza piemontese, e non di rado
famosi. Il mitico Barbato, comandante di tutte le
divisioni Garibaldi del Cuneese, era l’avvocato
siciliano Pompeo Colajanni, comunista da quando aveva
quindici anni, sorpreso dall’8 settembre nella caserma
del Nizza Cavalleria a Pinerolo dov’era ufficiale
di complemento.
Dante Di Nanni,
esponente di punta dei Gap torinesi, morto in battaglia
nel cuore di quel Borgo San Paolo dove la via principale
oggi porta il suo nome, era figlio di immigrati
pugliesi, che avevano abitato in via del Carmine prima
di trasferirsi nelle case popolari di zona Regio Parco.
A loro e a tanti
altri come loro è stato dedicato un convegno il 16
giugno 2013 a Torino, “Meridionali e Resistenza. Il
contributo del Sud alla lotta di Liberazione in
Piemonte, 1943-1945”, cui si è stato abbinato un
volumetto dallo stesso titolo, a cura di Claudio
Dellavalle, presidente dell’Istituto Storico della
Resistenza in Piemonte. La ricerca presentata in questa
sede è un buon esempio delle possibilità che le nuove
tecnologie offrono per l’analisi dei fenomeni di massa,
paragonabile all’operazione che l’Archivio di Stato di
Torino sta conducendo sui garibaldini col progetto
“Alla ricerca dei garibaldini scomparsi”.
Alla fine della
guerra di liberazione le commissioni per il
riconoscimento dell’attività partigiana produssero
decine di migliaia di schede individuali; nel 1995, per
il cinquantesimo anniversario, gli Istituti piemontesi
di storia della Resistenza le hanno utilizzate per
creare on line la Banca Dati dei Partigiani
Piemontesi.
L’elenco dei
partigiani meridionali pubblicato in “Meridionali e
Resistenza” si basa su queste fonti, ed è
impressionante: sono circa 6000, di cui 3000 combattenti
e 400 caduti, quasi un decimo dei 5800 caduti.
Nell’Italia di oggi sottolineare che c'erano cosi tanti
meridionali nella Resistenza piemontese potrà stupire e
addirittura sembrare provocatorio, agli occhi di chi
pensa che l’Italia non sia mai stata unita.
Scorrendo quelle
migliaia di nomi, l’occhio cade sui nomi di battaglia,
riportati ogni volta che li conosciamo. Qualcuno rimanda
esplicitamente ai luoghi d’origine: fra i lucani, ben
nove si chiamavano Potenza, sei calabresi si chiamavano
Cosenza, diciotto siciliani si chiamavano Catania. Fra i
siciliani incontriamo perfino un Giacomo Valenza, nome
di battaglia “Terrone”!
L’autore di questo articolo, apparso sulla Stampa del 14
giugno 2013, è lo storico Alessandro Barbera, che ha
pubblicato l’anno scorso da Laterza “I prigionieri dei
Savoia”, la storia dei soldati dell’esercito borbonico
detenuti in Piemonte. |