Tributo d’amore estemporaneo e non esaustivo per uno stile del
costruire che ancor oggi stupisce per eleganza, essenzialità ed
arditezza tecnica.
Il “gotico”, inteso come rinnovamento architettonico, esplode,
letteralmente, in Europa a partire dalla metà del secolo XI. E’ un
travolgente fenomeno estetico-funzionale che si abbina, quasi per
disegno divino, ad una profonda rilettura del pensiero cristiano,
che – dopo secoli di lassismo - vede il ricompattarsi della “regola
benedettina”, nella austera opera di revisione, condotta dai
Cistercensi. E sono proprio i monaci di quest’ordine, fondato da
Roberto di Molesme nel 1098 e reso celebre da S. Bernardo di
Chiaravalle, che si fanno, ad un tempo, predicatori ed ingegneri;
curatori d’anime e maestri muratori. Partono dall’Ile de France, da
Citeaux, da cui prendono il nome e praticano la nuova disciplina
monastica che verrà accompagnata, nella sua sorprendente diffusione,
dal sorgere di maestose Cattedrali, svettanti verso il cielo
d’Europa in un rapporto di volumi tutto nuovo.
Le Chiese a croce latina, generalmente a tre navate furono coperte
con volte a crociera acuta o a costole ogivali. Il peso della volta
attraverso i costoloni veniva scaricato sui pilastri e le pareti
perdevano la funzione “portante”. Da qui la possibilità di
alleggerirle e …forarle con vetrate multicolori, dalle infinite
iridescenze. Tutto questo, senza nozioni codificate di Scienza delle
Costruzioni; solo con valutazioni e calcoli “a sentimento”, in
un’arte del costruire, i cui codici di base erano restati quelli di
Vitruvio Pollione, che scriveva nel I secolo, e sosteneva, nel suo
“De Architettura”, che “nessuno può fare l’architetto o l’ingegnere
se non conosce le varie scienze ed arti umane: dall’Agricoltura
all’Astronomia; dalla Medicina alla Filosofia”.
All’avvio del secondo millennio, a conferma di tale assunto, i
Cistercensi apparivano “venerabili” proprio perché avevano
conoscenze in vari settori dello scibile. I monaci portano saggezza
e parola di Dio. Con la “regola benedettina: ora et labora!.”
riscoprono la formula per amare il prossimo pregando ed operando.
Con l’arte del costruire e l’abilità nel realizzare acquedotti
producono una vera rivoluzione nell’ingegneria del tempo ma, seppure
con l’ausilio di mezzi primitivi, introducono anche principi
fondamentali d’agronomia con la cura accorta dei campi. Sono inoltre
alchimisti bonari e taumaturgici, esperti, come sono, di erbe
medicinali e di pozioni terapeutiche.
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S. Francesco d’Assisi
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C’è chi sostiene, a giusta ragione, che dagli arabi, presenti in
forze intorno al 1000 in Spagna ed in Sicilia, la cultura
occidentale abbia appreso tante cose ed in particolare l’arte del
costruire quegli archi snelli, spezzati nel vertice che i
cistercensi portano in Europa attraverso le loro Cattedrali. E’
possibile pensare che l’arco “a sesto acuto”, che ha origine
nell’architettura islamica, venga adottato dal “gotico” per dare
fisicità alla rappresentazione del concetto di trascendenza, in
forme che la solida, ma troppo massiccia architettura romanica, non
è riuscita ad esprimere pienamente. Per prima l’Abbazia di Sant
Denis, iniziata dall’abate Suger intorno al 1137; poi quella di
Clouny e poi, le Cattedrali di Laon (1170); di Poitiers (1162) e di
Notre Dame a Parigi (1163); dalla Francia al Centro Europa le
Cattedrali, nello stile gotico più puro, si moltiplicano e creano,
nell’arco di 100 anni (1150 – 1250), una stupenda raggiera di
postazioni della ritrovata fede. La Cattedrale di Canterbury (1180)
e quella di Wells (1200) in Inghilterra; la Liebfrauenkirche di
Treviri (1235) e la Elisabethkirche di Marburgo (1235) in Sassonia;
le Cattedrali di Burgos, Toledo; Siviglia e Barcellona, sorte più
tardi in Spagna, costituiscono la testimonianza della progressiva
espansione gotico-cistercense in Europa. In alcuni casi le
costruzioni avviate in stile romanico vengono modificate in corso
d’opera e rese, in parte, “gotiche”, come per la Chiesa della Croce
(Heiligenkreuz), a trenta chilometri da Vienna. Si entra e si
percorre una navata, realizzata in tardo romanico per raggiungere
l’abside che, di colpo, si eleva con archi ad ogiva e crociere a
costoloni che scaricano su snelle colonne.
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Heiligenkreuz (Austria)
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Ma il gioco del “passaggio di stili” è altrettanto evidente
osservando l’Abbazia del Goleto, tra S. Angelo dei Lombardi e Lioni
dove alla prima costruzione romanica si affianca il bellissimo
gotico della cappella di S. Luca e della sottostante cappella
funeraria. Intorno alla Cattedrale, in genere, si crea un tessuto di
attività indotte e di crescita sociale che coinvolge gli abitanti
della città. Dove la realtà comunale non è ancora compiuta i monaci
fondano Abbazie ad “economia curtense chiusa”. Nell’ambito delle
mura cistercensi, come a S. Galgano (1227) in Toscana, si produce
tutto quanto necessario all’organizzazione sociale della comunità
monastica; dal pane ai formaggi; dai tessuti di lana per i lunghi
sai bianchi, ai pettini d’osso. Si lavora il legno ed il ferro; si
costruiscono abitazioni per le maestranze e per i contadini e si
fortificano le mura contro la minaccia delle scorribande di
malintenzionati e nemici. Così accade nel basso Lazio e nella valle
del Volturno, dove sorgono, isolate ed autosufficienti, le Abbazie
di Casamari (1217); di Fossanova (1208) e di S. Vincenzo al Volturno
(1225). Di S, Vincenzo non c’è più alcuna traccia tranne che qualche
vetro colorato di mirabile fattura, repertato da attenti archeologi,
che restituisce in minima parte l’immagine del caleidoscopio di luci
che si potevano ottenere all’interno delle navate con l’adozione
delle vetrate multicolori. Fossanova si erge, sul Liri, bella e
silenziosa, a ricordare la presenza nelle sue celle di S.Tommaso d’Aquino.
La snellezza delle colonne e la purezza delle linee degli archi
esprime un’armonia “musicale”; beetoveniana, dove non c’è una nota
in più; un minimo fuori linea che possa disturbare l’opera
artistica. A Fossanova, tanto eccelsa fu la presenza e l’opera dei
monaci-maestri francesi che si organizzò una scuola di architettura
e di altre scienze ed arti. Addestrati da questa scuola si mossero i
maestri muratori ai quali si debbono le magnifiche fabbriche, spesso
destinate ad utilzzazioni “civili”, sorte nell’Italia
Centro-Meridinale.
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Abbazia del Goleto, Cappella di San Luca
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Ma dove si raggiunge una perfezione che stupisce, letteralmente, il
visitatore è nelle proporzioni dell’Abbazia di Casamari, a poca
distanza da Latina, ove si possono ammirare, tuttora pienamente
vitali e perfettamente conservati, tutti i pregi di questo mirabile
“compositum” dell’invenzione e dell’abilità dell’uomo. Le luci
filtrate all’interno dal rosone e dalle vetrate; il silenzio. I
conci di pietra serena “in vista”, al culmine delle crociere,
intatti, così come furono posti al tempo della costruzione. Il
passaggio delle ieratiche figure dei monaci che attendono alle
laboriose, secolari funzioni. Tutto s’intona all’austerità ed
essenzialità dell’architettura gotica dominante.
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Casamari
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Più a sud la facciata del Duomo di Napoli con il suo rosone
originale, indenne rispetto al resto della Basilica gotica del 1314,
resa poi irriconoscibile dall’intervento barocco; i segni ancora
percepibili nella Chiesa di S. Chiara, dopo la ricostruzione post
bellica e poi l’imponenza di S. Lorenzo Maggiore, restituito
alla vista, dopo la rimozione delle sovrastrutture barocche, restano
le più significative tra le tante testimonianze del “gotico
primitivo” nella città partenopea.
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Donnaregina a Napoli
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Si legge nelle Cronache che nel 1273 giunsero nel Reame di Napoli,
su invito di Carlo I d’Angiò, alcuni monaci cistercensi provenienti
dall’Abbazia di Royaumont nell’Ile de France. Essi dettero inizio
alla costruzione di una grande Complesso monastico di Francescani
nei pressi di Nuceria (oggi Nocera), detta S. Maria di Real Valle.
L’opera durò 10 anni e terminò nel 1284. Si alternarono alla
direzione dei lavori monaci-architetti francesi. Prima Pierre de Chaul e Ghaurhier d’Asson, poi Thibaud de Seaumur. L’Abbazia
ricevette, in dono dal Re, terre e casali e fino a quando furono
presenti i monaci francesi (1370), con il loro silenzioso e prezioso
contributo, le comunità agricole viciniore trassero grande
giovamento materiale e spirituale .
Allontanandosi dalla Provincia di Salerno ci si addentra in aree
pugliesi e lucane ove la presenza di agglomerati a regime comunale
era scarsa. Prevalendo l’ordinamento feudale ecco che sono Castelli
e Fortificazioni militari che, in parte, assorbono l’influsso
“gotico”. Sarà Federico II che con Castel del Monte lascerà ai
posteri la più ammirata e fulgida testimonianza laica dello stile
nato a Citeaux:
Castel del Monte, che taluni considerano il più bel
Castello d’Europa, stilisticamente appartiene all’architettura
gotico-primitiva. Fu costruito tra il 1229 ed il 1249 e, molto
probabilmente, fu ideato come residenza di caccia per il diletto di
Federico, stupor mundi. E’ realizzato con pianta ottagonale,
con otto torri, appunto, che nel complesso assumono la funzione di
assorbimento statico dei carichi delle arcate a costoloni che
coprono le sale interne. Un gioiello di esaltante bellezza,
singolarità ed arditezza costruttiva. Di caratteristiche meno
eleganti ma altrettanto possenti sono i Castelli di Bari e di Trani,
realizzati a scopo difensivo intorno al 1233, sempre per iniziativa
dell’Imperatore Federico II.
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L'Arco di Sant'Eligio a Napoli (Immagine
di Enzo Falcone, Associazione Storico Borgo
Sant'Eligio) |
La Cistercense Basilica del Murgo presso Lentini, fondata nel
1220 costituisce, da parte sua, una delle numerose testimonianze del
“gotico” in Calabria.
Non meno interessante, infine, l’influsso del gotico in Sicilia, ove
la presenza di Federico fu maggiore e per questo, forse, prevalse
nella costruzione di Castelli e Fortificazioni, quasi sempre
realizzate su progetti di architetti provenienti dal nord, spesso
coperti dal saio cistercense. Su questa scia nel pieno del secolo
XIII vengono realizzati il Castello Maniace di Siracusa; il Castello
Ursino di Catania ed il Castello di Augusta.
Edifici maestosi e robusti, a pianta quadrata, con torri angolari e
mediane. Murature spoglie e solidissime. Portali e finestre con
archi a sesto acuto. Tutto essenziale; tutto funzionale. Nulla
lasciato al superfluo così come detta la logica architettonica dello
stile gotico primitivo, che ancora oggi desta particolare
ammirazione, sospeso com’è fra la razionalità dell’ingegno umano ed
il soffio della presenza divina .
Gherardo Mengoni
Articolo
inviato dall'autore nel mese di Luglio 2007 |