Dall'introduzione di Vincenzo Pacelli
professore
ordinario di
Storia dell'arte moderna all'Università Federico II
Il volume «In
viaggio. La Campania» di Marco di Mauro è un lavoro che offre molto di
più di quanto con eccesso di modestia il giovane autore dichiari.
Infatti ci si potrebbe aspettare una serie di appunti di viaggio,
scaturiti dall'impressione suscitata dalle opere d'arte, che sono il
primo movente a spingere lo studioso a questa imponente fatica.
Diversamente che in passato, quando i grandi viaggiatori descrivevano
nei loro diari i luoghi che visitavano, evidenziando i costumi degli
abitanti, la grandezza dei monumenti, ma soprattutto la bellezza del
paesaggio, creando più un prodotto letterario che uno studio
filologicamente approfondito, Marco di Mauro ha introdotto una
metodologia nuova ed originale, con l'interesse proprio dello storico
dell'arte. Le opere, dipinti, sculture, architetture, palazzi ma anche
case contadine, di grandi centri gravitanti intorno alle città come di
quelli decisamente minori, non sono frettolosamente lette ed archiviate,
ma descritte attraverso riferimenti bibliografici derivanti dalla
letteratura locale e dai documenti degli archivi municipali e
parrocchiali. Questa metodologia di ricerca si pone nel solco
dell'auspicio longhiano di portare alla conoscenza degli studi le
personalità e le opere dei cosiddetti centri minori.
Una ricerca che
ha indotto l'autore a rivedere il rapporto città-province osservando che
spesso la città rappresenta il centro propulsore solo nella misura in
cui reprime la provincia.
(...)
Molti artisti che
non riuscivano a entrare nel 'giro' delle committenze napoletane, hanno
prodotto capolavori in provincia, dove tuttavia sono caduti nell'oblio.
Questa sorte è toccata a Nicola Cacciapuoti, demattesiano di formazione,
attivo in Terra di Lavoro e nell'area vesuviana, e anche al marattesco
Giuseppe Castellano, che ha lasciato opere nel Sannio e in Calabria,
così ancora per l'eccellente produzione barocca di Padre Felice da
Napoli attivo nella provincia campana e laziale. Tra le scoperte più
interessanti, frutto dell'intuito e dell'analisi stilistica, per
confronto con opere certe, si annovera il ritrovamento di una tela
raffigurante «San Pietro e Sant'Agata» di Filippo Vitale a Torre
Annunziata.
(...)
La ricompensa di
questa vera e propria ricerca sul campo, dell'umiltà dimostrata nella
continua difficoltà di confrontarsi con realtà non sempre favorevoli, è
nelle firme ritrovate su opere inedite o erroneamente attribuite al nome
di maggiore successo per dare lustro ad un'ipotesi che forse si credeva
non sarebbe stata mai verificata.
Il ricco e
complesso lavoro dell'autore fa giustizia quindi di tante dimenticanze
degli storici dell'arte, dell'architettura e degli storici tout court, e
porta finalmente alla luce lo studio dei cosiddetti storici locali
troppo spesso negletti o addirittura mai citati nonostante i loro
scritti fossero saccheggiati per le preziose informazioni da loro
fornite. Quello verso gli studiosi delle tradizioni locali in senso lato
è stato un pregiudizio che ha accompagnato questa figura di storico e il
suo ruolo. Essi sono stati quasi sempre ritenuti personalità di scarso
rilievo intellettuale e le loro informazioni confinate nell'ambito
puramente territoriale, private di un più generale valore culturale.
Viceversa, ci si accorge sempre più spesso, e la cosa non sorprende, che
quegli studiosi avevano trattato in maniera meno solenne tante verità e
una messe di dati e notizie di grande utilità.
Emerge dal lavoro
dell'autore un vero amore per la ricerca e la consapevolezza, nel
proporre le sue 'scoperte' e i suoi ritrovamenti, che ogni luogo, anche
quello più sconosciuto e inospitale, conserva un cuore antico, formato
da edifici storici come la chiesa parrocchiale, il municipio, la statua
del santo patrono, i resti di un castello, i luoghi insomma dove si
svolgeva un tempo la vita civile e religiosa che le istituzioni moderne
non hanno saputo né valorizzare né conservare. È questa la causa
dell'abbandono dei palazzi nobiliari e signorili, a Melito come a
Teverola, a Capaccio come ad Ercolano, che sono stati abbandonati
completamente dall'incuria dei loro vecchi proprietari trasferitisi in
città, mentre quelli napoletani dei Carafa, dei Firrao, pur continuando
ad essere materialmente abitati, sono stati defraudati della loro
identità storica, del loro corredo e del loro rapporto con la comunità
confinante e deturpati da insegne che non raramente ne propagandano la
funzione di pensioni di terza classe.
Il messaggio del
volume «In viaggio. La Campania» potrebbe identificarsi nell'invito a
tutti coloro che sono in grado di recepirlo, a non considerare nessun
luogo inospitale e privo di interesse: anche il centro più sfigurato da
interventi urbanistici irriverenti verso il passato e senza una logica
architettonica pensata nell'interesse della pubblica utilità (scuole,
ospedali, biblioteche, spazi verdi, teatri.), può nascondere una
testimonianza della sua identità di un tempo che occhi attenti possono
ancora scoprire e valorizzare. Anche paesi come Giugliano o Sant'Antimo,
che nell'ultimo ventennio sono balzati alla cronaca giornalistica per
azioni criminose, finalmente nel lavoro di Marco di Mauro ritrovano la
loro dimensione di centri creatori di cultura artistica. Quindi, quello
dell'autore è un 'manuale' didattico per molti aspetti: giovani
studenti, vecchie e nuove generazioni di studiosi e amatori, possono
trarre dalla lettura di queste pagine la certezza che, accanto alle
poche cose finora note, molto c'è ancora da scoprire nella ricchezza di
un passato la cui conoscenza è il presupposto necessario per un vivere
consapevole delle generazioni presenti e di quelle future.
Vincenzo Pacelli |