Sotto il bilancio
niente
di
Stefano Olivari
E no
scusate. Adesso che il Corriere della Sera mette in prima pagina una
notizia contro i grandi potentati finanziari, nel caso Moratti,
vendendo il meccanismo delle plusvalenze calcistiche come una
novità, non si può urlare 'Dove eravate?' a tutta la stampa
italiana. Perché molti cronisti, non necessariamente eroi, delle
acrobazie finanziarie dei grandi club parlano e scrivono da anni,
guardati con compatimento da chi ha un registro etico solo:
giustificare i giocatori almeno fino a quando non vengono ceduti
all'estero (in quel momento si trasformano in mercenari), massacrare
l'allenatore, esaltare la generosità e la signorilità del
presidente.
Chi si
ricorda dei presidenti che stringevano un 'patto fra galantuomini'
con Calisto Tanzi? Qualcuno di loro rischia di fare la stessa fine.
O dei giornalisti che consideravano Cragnotti un genio, un
innovatore che avrebbe fatto ricadere i frutti del suo lavoro
sull'obsoleto mercato italiano? Se hanno investito in azioni Lazio o
in bond Cirio rischiano di dover lavorare fino a 102 anni, con o
senza scalone. Troppo facile sparare adesso sui due maghi della
finanza (la loro), la cui meritata caduta in disgrazia è stata
amplificata dalla visibilità calcistica. Molti altri dirigenti del
pallone, da Moratti a Galliani, si sono comportati e si stanno
comportando, per quanto riguarda le attività sportive, secondo gli
stessi schemi morali e contabili, fra plusvalenze gonfiate,
operazioni oscure, giocatori strapagati, mediatori che appaiono e
scompaiono. Da società a società cambiano solo le dimensioni del
buco, e qualche tecnica ragionieristica, ma la logica è una sola:
mascherare il disastro finanziario e rimandare al futuro il
pagamento dei debiti reali. Siamo preparati all'ondata di libri sul
crack del calcio, anche perchè presto molte squadre potrebbero
essere solo un ricordo, e non vorremmo che quanto uscirà venga
confuso con il lavoro che Marco Liguori e Salvatore Napolitano fanno
da anni, con pochissimi imitatori, cercando di spiegare che cosa
stia dietro allo sport più amato dagli italiani. Un lavoro ben
conosciuto dai lettori del Manifesto, di Diario, del Sole e di molte
altre testate (ci mettiamo anche Indiscreto? E mettiamocelo), che è
stato fissato in un libro uscito nel 2004 ma attualissimo, 'Il
pallone nel burrone - Come i maggiori imprenditori italiani hanno
portato il calcio al crac' (Editori Riuniti), che spiega nel
dettaglio, con tecnicismi ridotti al minimo e soprattutto con la
necessaria ironia, il modo in cui manager e capitani d'industria da
decenni riveriti e omaggiati dai giornali e tivù (anche perchè
spesso li possiedono o possono intervenire su chi li possiede),
oltre a ingannare il parco buoi della borsa italiana, hanno beffato
tifosi, creditori e più di tutti lo Stato italiano, con artifici
contabili che gli autori, in pura funzione antiquerela, definiscono
'creatività'.
Il libro
è diviso in nove capitoli, mettendo insieme fatti e analisi ignoti
alla maggioranza dei giornalisti sportivi, in parecchi casi facenti
parte del parco buoi della Borsa italiana, tanto che in molte
redazioni fino a qualche mese fa si parla più di covered warrant che
dei pezzi da scrivere. Liguori & Napolitano raccontano i retroscena
dell'asse Juventus-Milan, spezzatosi dopo le note vicende, e del
falso mito delle grandi società che potrebbero vivere di diritti
televisivi, se solo stessero da sole. Poi si va a parare sul mondo
di Capitalia e su tutta la galassia di società da essa di fatto
controllate o che comunque da Capitalia hanno ricevuto prestiti (ma
guarda, ci sono anche Inter e Milan...). Viene spiegato il
meccanismo delle plusvalenze, ricordando casi clamorosi, con quasi
tutte le grandi società nella duplice veste di vittime e complici.
In uno dei capitoli più sorprendenti, almeno per chi parla per
sentito dire, si prende un bilancio ufficiale della Juventus, pronta
a sparare sul doping finanziario degli altri ma indulgente verso sè
stessa, e si nota come sia stato aggiustato solo tramite plusvalenze
immobiliari con una sua controllata. La materia sembrerebbe ostica,
ma Liguori & Napolitano scrivono per il pubblico, dedicando la parte
in assoluto più esilarante, pur nella sua gravità (non dimentichiamo
che lo Stato creditore alla fine sarebbero i cittadini), alla Lazio
dell'epoca. Non tanto per i debiti e i problemi, quanto per gli
effetti reali dello strombazzato, dai giornali di area, piano
Baraldi, che non è stato altro che la riproposizione del vecchio
schema: rimandare il pagamento dei debiti al futuro, mettendo delle
toppe al presente facendo opera di convincimento sui creditori
principali (i giocatori). Con la semplice lettura del bilancio, poi,
e non per mezzo di una seduta spiritica, si nota che l'ultimo
bilancio firmato da Cragnotti, il 30 giugno 2002, aveva evidenziato
perdite per 103 milioni di euro circa, mentre in quello della
stagione successiva, nonostante il regalo del decreto
spalmaammortamenti, le perdite erano a quota 121.
Il libro
è da leggere tutto di fila, perchè fatti e personaggi di cui ci
occupiamo in maniera frammentaria, messi insieme costituiscono un
affresco del marcio italiano da tramandare ai posteri, una specie di
Cappella Sistina del cialtronismo, con il calcio nella sua consueta
veste di metafora (tanto può essere metafora di tutto). Le banche
che sostengono personaggi impresentabili, i misteri della ormai
defunta (?) Gea, i mille processi, oltre ai trucchi per rendere
presentabile una situazione contabilmente e moralmente da buttare
già da anni, con la malafede che in molti casi si mescola
all'incompetenza. Il libro conferma almeno uno dei luoghi comuni ai
quali ci aggrappiamo, per mascherare la nostra ignoranza, e cioè che
nell'ultimo decennio Massimo Moratti sia stato in Italia quello che
ha perso di più a livello finanziario con il calcio. Segno di
passione, visto che il peso maggiore delle ricapitalizzazioni è
gravato sulle sue spalle, ma anche modello gestionale da studiare
nelle scuole per non seguirlo. Insomma, non c'era bisogno di
aspettare il gennaio 2007 per capire come i grandi club mettano a
posto i bilanci, con metodi ai confini della realtà e spesso anche
della legge. Liguori & Napolitano spiegano perchè il calcio italiano
sia arrivato a questo punto di non ritorno, e già questo basterebbe
per consigliare la lettura del libro, anche se ovviamente non si
parla delle ultime due stagioni. Senza invettive, senza pistolotti
politici (non a caso si parla molto di Milan ma poco di Berlusconi),
con la forza di tanti piccoli particolari, si spiega poi perchè non
potranno essere i dirigenti attuali a rifondarlo: per questo
andrebbe regalato agli improvvisati risanatori, mendicanti gli aiuti
di Stato, ed ai cantori delle loro gesta. Per liberarci di un certo
modo di gestire la Juventus sono servite tonnellate di
intercettazioni del dirigente che si credeva il più furbo
dell'universo, quello che avendo la squadra nettamente più forte
taroccava lo stesso il campionato, per le altre grandi società siamo
ancora fermi al giornalismo da bar, quello del genere 'Moratti,
Berlusconi e Sensi con i loro soldi possono fare quello che
vogliono'. Speriamo in una seconda edizione, ma anche in un calcio
senza campionati e partite già scritti.
Tratto da
http://www.settimanasportiva.it/Terza/175/pallone, Libri
veramente letti, 19.01.07
Il mondo del
calcio assomiglia sempre più al Titanic. Mentre il transatlantico si
avvicina pericolosamente agli scogli, a bordo si continua a far festa,
tanto la nave è inaffondabile. Questo è ciò che pensano i dirigenti del
calcio che sono anche tra i maggiori imprenditori italiani.
tratto dalla
redazione RAI di "Chetempochefa", maggio 2006
Uno spettro si aggira per il mondo del pallone: lo spettro della licenza Uefa! Dall'edizione 2004-2005 chi vorrà partecipare alle competizioni internazionali dovrà avere i conti in ordine, pena l'esclusione immediata, comminata dal massimo organismo del calcio europeo: "Così è, se vi pare", avrebbe detto Luigi Pirandello! Un vero guaio per le società italiane; ma, come si dice, la speranza è ultima a morire. E il cappello a cilindro dei dirigenti del nostro calcio è una batteria di allevamento di conigli in piena regola: molti ne sono usciti, altrettanti aspettano il loro turno. A caccia del toccasana, il presidente federale, Franco Carraro, è stato categorico, parlando il 15 novembre 2003 in un albergo romano: "Rivedremo le norme economiche per l'ammissione delle squadre ai campionati, le adegueremo a quelle che richiederà l'Uefa per le coppe. Le nuove norme dovranno essere poi fatte rispettare in primo grado dalla Covisoc, che stiamo per rifondare, e in appello da un nuovo organismo esterno alla federazione, che chiamerei Corte di appello economico finanziaria". Strano che la "rifondazione carrarista" non abbia previsto anche una sorta di Cassazione economico finanziaria: un terzo grado di giudizio non guasta mai, anche perché, alla Figc, ne hanno introdotto persino un quarto nel caso Catania dell'estate 2003. È impossibile criticare i proponimenti del numero uno federale, ma è altresì doveroso ricordare che il suo è un ritornello troppe volte pronunciato dai capi dell'arte pedatoria. Meno di un anno prima, e cioè il 27 dicembre 2002, lo stesso Carraro aveva dichiarato solenne al Corriere della Sera: "Tagliamo le spese per salvare il calcio. Il 2002 è stato orribile, ma io sono ottimista: il nostro sport piace sempre di più e troveremo una soluzione". Mai giudicare orribile qualcosa, perché, se la situazione si deteriorasse ulteriormente, verrebbero inevitabilmente a scarseggiare gli aggettivi per descriverla ancora. E il 2003 è stato senz'altro peggiore del 2002. dunque, norme nuove, certe, rigorose e uguali per chiunque. "Tutto molto bello" commenterebbe Bruno Pizzul, telecronista di centinaia di partite. C'è, tuttavia, il solito particolare da rilevare, ben sapendo di essere purtroppo venuti a noia: le regole esistono già e sono ferree, però le parti più indigeste sono perennemente accantonate. Lunedì 28 aprile 2003 il Consiglio federale aveva approvato le nuove NOIF [Norme Organizzative Interne Federali, ndr]; e, nella sede della Federazione, il tono era ultimativo: "Il prossimo luglio saranno certamente applicate!" Ma di certo c'è solo la morte. E infatti passarono soltanto poche settimane per veder procrastinare al luglio 2004 l'entrata in vigore dei punti maggiormente rigidi, prescritti dall'ultimo testo delle NOIF all'articolo 89: l'assenza al 30 aprile di debiti verso Erario, tesserati ed Enti previdenziali nonché il rispetto di due parametri; quello classico del rapporto tra i ricavi e l'indebitamento non inferiore a tre e quello nuovo, costituito da un altro rapporto, stavolta tra il patrimonio netto e l'attivo patrimoniale, che deve risultare non inferiore a 0,5. Se le regole fossero state applicate per davvero, i tifosi avrebbero dovuto cercarsi un altro passatempo domenicale (...)
tratto da: http://sapere.virgilio.it/extra/078/licenza.html
Pag. 197, Euro 12,00 – Editori Riuniti (Primo piano) ISBN 88-359-5489-4 |