Questo primo tentativo di ricondurre
all’interno di un’unica riflessione e di un modello esplicativo coerente
temi così tra loro diversi, che spaziano dalla politica all’economia,
dalla religione alla scienza, dalla burocrazia all’arte, investendo un
altrettanto variegato insieme di gruppi e singole personalità, non
poteva realizzarsi se non adottando un metodo cumulativo e aggregativo,
i cui esiti quasi spontaneamente conducevano a successive germinazioni,
sottili ma solide trame, inedite associazioni, inattese contiguità. La
scelta di accompagnare la proposta interpretativa con alcuni quadri
esemplificativi e informativi (peraltro parziali per scelta e
necessità), oltre che rappresentare un sostegno all’argomentazione, può
servire a suggerire al lettore altre modalità di comparazione e di
composizione dei dati e a rilevare altri aggregati presenti e operanti
nella vicenda storica dell’isola. L’accumulo e l’affiancamento di tanti
disparati esempi hanno man mano costruito gli elementi minimi necessari
a procedere ad un’anastilosi credibile della società siciliana in età
spagnola, comprendente élites e popolo, regnicoli e stranieri, tale da
non rendere più possibile neppur pensare a separarla dal resto d’Italia
e d’Europa, o immaginarla perduta in chissà quali misteriosi e
artificiali meandri del tempo e dello spazio. Che la Sicilia non sia
stata nei secoli spagnoli pienamente partecipe di una comune civiltà e
cultura che definiamo italiana ed europea, è quindi teoria non più
sostenibile. Quali specifiche forme e modalità assunse tale
partecipazione, deve analizzarsi con strumenti adeguati e non obsoleti,
e cioè con concetti, categorie, metodi, apparati documentari, non tarati
da pregiudizi e false immagini. Nel momento in cui l’Europa cerca
faticosamente di crearsi un comune destino, ripensarne e ripercorrerne
in maniera organica e coerente la storia senza tagli e cancellazioni, è
opera di formazione civica oltre che di verità. (Dalla prefazione di
Domenico Ligresti
www.storiamediterranea.it ).
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