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La tragedia
di Marcinelle
Noi non la dimentichiamo!
di Giulio Larosa e Raffaello
Tontodonati
Quando sentiamo parlare di Marcinelle,
noi del circondario di Pescara, sentiamo una rabbia profonda insieme a
tanto dolore, anche oggi, dopo 50 anni. Vogliamo allora ricordare
l'avvenimento, accompagnando la rievocazione dei fatti con le parole
della bellissima poesia del poeta Giuseppe Tontodonati di Manoppello,
dedicata proprio a questa tragedia. Per i non abruzzesi, mettiamo
accanto la bellissima traduzione di Raffaello Tontodonati e Sergio
Masciarelli.
Nel dopoguerra l'Italia aveva
sottoscritto un trattato col Belgio in cui forniva manodopera in cambio
di carbone. Mentre si spendevano miliardi per industrializzare e
ricostruire il cosiddetto triangolo industriale, questi erano gli
investimenti per il Sud: biglietti gratuiti per il treno fino in Belgio
dove andare a cavare carbone per le fabbriche costruite e di futura
costruzione del Nord. Il patto prevedeva 2'500kg di carbone al mese per
l'Italia (cioè per il nord), ogni 1'000 minatori inviati in Belgio. Un
nostro minatore valeva 2 chili e mezzo di carbone al mese!
Lettomanoppello e dintorni fornivano
personale qualificato, questi, infatti, sono paesi di minatori, delle
celebri miniere di asfalto che sono alle pendici della Maiella e già
allora ormai non più remunerative.
In Belgio, i nostri nonni, erano
alloggiati in baracche fatiscenti e senza servizi, lavoravano senza
norme di sicurezza, in miniere tenute in piedi col minimo di
manutenzione. Pensate che solo dopo la tremenda tragedia di Marcinelle
venne finalmente introdotta in quelle miniere la maschera antigas!
Dal 1946 al 1956 furono centinaia i
minatori che perirono nei tragici pozzi del Belgio, almeno uno a
settimana. A questi si aggiungevano quelli che subivano ferite,
amputazioni, fratture gravi e non erano più idonei a lavorare.
La tragedia di Marcinelle, dunque era
stata più che annunciata: chi scavava in quei pozzi, soprannominati le
gole nere, sentiva che prima o poi sarebbe potuto toccare a lui. A casa,
i familiari, sentivano i racconti di chi era tornato e tremarono al
pensiero dei loro cari quando sentirono le prime notizie di una
disgrazia in una miniera.
IL PRESAGIO
L'ACULA FIRITE
Stu monne è proprie tutte
nu sfacele!
terror' e mmorte corre
tra le stelle..:
gne nnu demònie dendr'a
sta babbele,
Cajine spare e accide lu
fratelle..!
Na scellijàte.. e l'ombre
de na vele
scurì lu sole sopr'a
Manuppelle.
lu rapace firite pe lu
cele
jèmbie de strille tutte
la Majelle.
(Ah, lupe de Foce, uórze
marzecane.
àcule e fàlche de la
Pretarosse
sterminate nghe ffùria
desumane..!)
Gna lu sanghe la terr' à
rrecuperte,
la serpanere smàmme dalla
tane,
e striç sole ammezz'a nnu
deserte..! |
L' AQUILA FERITA
Questo mondo è proprio
tutto uno sfacelo!
terrore e morte corrono
tra le stelle..:
come un dèmone dentro a
questa babele
Caino spara e uccide il
fratello
Un colpo d'ali.. e
l'ombra di una vela
oscurò il cielo sopra a
Manoppello.
Il rapace ferito per il
cielo
riempì di stridi tutta la
Majella.
(Ah, il lupo della Foce,
l'orso marsicano.
aquile e falchi della
Pietrarossa
sterminati con furia
disumana..!)
Quando il sangue la terra
ha ricoperto
il serpente nero esce
dalla tana
e striscia solo in mezzo
al deserto ..! |
Era l'8 agosto del 1956, era
scoppiato un incendio in una miniera, non l'unico, purtroppo uno dei
tanti ma questa volta non rimasero uccisi pochi sfortunati ma 262
persone, 39 dei paesi di Lettomanoppello, Manoppello e Tocco
Casauria, praticamente quasi tutti gli emigrati di questi posti,
altri sei erano di Roccascalegna, che sta sull'altro versante della
Maiella.
Altri cento circa erano Molisani,
Lucani, Siciliani e Calabresi, una decina venivano dal Veneto, solo
a questi ultimi fu conferita nel 1996 una medaglia al valore dal
Ministero del Lavoro.
LA TRAGEDIA
MARÇINELLE
Quande se resapì de
la sciagure
desotte a le miniere
a Marçinelle,
jurnate de terrore e
de paure
ce fu pe Tturre e
Lettemanuppèlle.
Dendre a la taje, tra
le venature
dlu carvone, s'allúcede
la pelle,
mendr'arendróne cupe
pe lu scure
lu culpe de peccone e
dde martelle.
Da nu vedèlle strille
disperate
pell'aria chiuse
nvucarànne Ddije,
nghe le pupille
lúcede, sbarrate.
De sta traggèdie, a
cquá, sarré li fije,
che purtarànne 'n
còre sti jurnate
gne nna maledezzòne e
nnu castìjje. |
MARCINELLE
Quando si seppe della
sciagura
dentro la miniera a
Marcinelle,
giornate di terrore e
di paura
ci furono per Turri,
Letto e Manoppello.
Dentro alle gallerie,
tra le venature
di carbone, la pelle
si lucida
mentre risuonano cupi
nel buio
i colpi di piccone e
di martello
Da una fessura urla
disperate
nell'aria chiusa
invocheranno Dio,
con le pupille
lucide, sbarrate.
Di questa tragedia,
qui saranno i figli
che porteranno nel
cuore queste giornate
come una maledizione
ed un castigo. |
La tragedia ebbe una
risonanza internazionale, i giornali non solo d'Europa,
denunciarono le vergognose condizioni di lavoro dei minatori
emigrati, mostrarono al mondo le indegne baracche in cui erano
tenuti.
Il governo cercò di cavalcare
la commozione generale. La cosiddetta opposizione, che mai si
era interessata del problema, tentò di
approfittarne, presentando la cosa come una qualunque tragedia
del lavoro, un lutto "nazionale" da associare alle altre morti
bianche di sempre.
Ma ormai era troppo tardi:
nei paesi d'origine esplose la rabbia, fu una protesta senza
gesti eclatanti, senza tafferugli ma con una determinazione ed
una forza come non si erano mai viste prima. La nostra gente
pretese la immediata cancellazione dell'infame trattato col
Belgio e condizioni di lavoro dignitose e sicure nelle miniere.
Il governo italiano ritirò
l'accordo sul carbone col Belgio, poi indirizzò i nostri
emigranti nelle fabbriche del Nord, questa volta però i
biglietti del treno erano a pagamento e di sola andata, col
beneplacito ed il giubilo della cosiddetta opposizione che non
vedeva l'ora di "integrarli".
LA RABBIA
E MMO BBASTE !
E mmò baste ! ..la
vite è car' a ttutte!..
nze pó verzá lu
sanghe mbuneménde,
e mmamme e spose fà
vestì de lutte
senza mmucá
ggiustìzie pe sta ggende.
E mme scuse Gnore
Presedende
se j diche ca fu
senza costrutte
lu vijàgge pe li trè
cundenende
lu nocce rest' amare
gne lu frutte.
Sarrá bbelle pe
ttutte chiste fijje
rvedé la luce doppe
la nuttate,
e rrecumbónne mbàce
le famìjje!
E la Majella Matre,
abbandunate,
abbenedìce, dall'azzúrre
cìjje,
lu sole ch'areschiàre
sta vallate! |
E ORA BASTA !
E ora basta! .. la
vita è cara a tutti!..
non si può versare il
sangue impunemente
e madri e spose far
vestire a lutto
senza invocare
giustizia per questa gente.
E mi scusi Signor
Presidente
se le dico che fu
senza senso
il viaggio per i tre
Continenti
il nocciolo resta
amaro come il frutto.
Sarà bello per tutti
questi figli
rivedere la luce dopo
la nottata,
e ricomporre in pace
la famiglia.
E la Majella Madre,
abbandonata,
benedice, dalle cime
azzurre
il sole che rischiara
questa vallata! |
Nei nostri paesi cosi', sono
rimasti solo disoccupati, vecchi, qualche contadino. Ma nonostante
tutto, queste persone sono riuscite a cambiare ugualmente un pò le
cose: ci sono molti giovani che non emigrano più, nella vallata, la
fantasia e la volontà di ferro di alcuni, ha fatto nascere qualche
fabbrica, i pastori si sono associati in consorzi, insomma, invece
di andare ad arricchire altri paesi ed altre terre, la nostra gente
si sta dando da fare per far crescere e valorizzare la sua e per
fortuna, anche se con molte difficoltà, ci sta riuscendo.
Più corretto di quello italiano
si dimostrò il governo Belga: Marcinelle fu chiusa, si introdussero
leggi più severe sulla sicurezza, furono previste condizioni decenti
per l'alloggio dei minatori ed oggi le gole nere di Marcinelle sono
un museo, anzi un sacrario e annualmente si tiene anche uno
spettacolo teatrale di straordinario effetto che ricorda la tragedia
e rinnova la denuncia di tanta squallida vergogna.
Giulio Larosa e Raffaello
Tontodonati
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