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Il Giorno di Carbina

storia epica in versi di Italo Interesse

L’otto coricato [1]

 

Recensione  a cura di Pina Catino

…in apparenza operazione desueta, “Il giorno di Carbina”, L’otto coricato Ed. 2009, rappresenta una coraggiosa novità che vanta pochissimi precedenti. A conferire valore all’opera contribuisce un significativo senso della modernità percepibile nei termini di una esplicita denuncia della guerra e degli istinti rapaci che da sempre la fomentano.

“Il Giorno di Carbina”, storia epica in versi di Italo Interesse. Classificato al primo posto al Premio Martucci, Città di Valenzano (Ba) per la Categoria Libro edito.

Incontro con l’Autore (Bari, 13 settembre 2009)

Italo Interesse è giornalista (si occupa di cultura, spettacolo e costume su Quotidiano di Bari) e scrittore. In quest’ultima veste ha esordito nel 1979 con Storie di R. ed altre, Edizioni Interventi Culturali; Domenico una storia, Levante 1992, gli ha fruttato il Premio Speciale della Giuria del Concorso di letteratura e poesia “Città di Toritto”.

Un suo racconto, Mercoledì libero, si è aggiudicato il Premio di poesia e narrativa “Bici ti dico” ed. 1998. Nel 1999 ha dato alle stampe Le tempeste di Serranova, Calypso; a maggio 2001 col racconto L’otto coricato, si è classificato primo al Premio di poesia e narrativa “Le spighe”. La beffa dei falò, ed a Limni gli aquiloni, Calypso 2003, sono le più recenti pubblicazioni. Quest’anno col racconto Lo scemo e il sogno, si è classificato primo al Concorso Letterario “Un sogno fra le mani”.

Il Libro

Durante lavori di sterro nel borgo antico di Taranto è emersa, scavata nella roccia, una sepoltura di era precristiana a fossa rettangolare. Sollevata la lastra tombale sono emersi i resti di un uomo morto in età avanzata. Le caratteristiche della sepoltura fanno di questo ritrovamento un caso senza precedenti. A fare compagnia al defunto non c’erano come di consueto armi, lacrimatoi, olle o crateri. Avanzi tessili attaccati alle ossa si sono rivelati alle analisi di laboratorio di fattura grossolana, come se il defunto fosse stato avvolto in un comune sacco. Costume, questo, tipico delle inumazioni nella nuda terra, come si conveniva a gente di modesta estrazione sociale. Ad infittire il mistero, la presenza di due preziosi. Il primo è uno statere d’argento trovato tra gli avanzi della cavità orale, testimonianza del costume pagano di mettere i defunti in condizione di pagare l’obolo dovuto a Caronte. Il secondo è un medaglione in oro, un pendente o una fibbia, riproducente a sbalzo due delfini avvinti l’uno all’altro. L’elevata fattura di questo monile e la scuola orafa di provenienza consentono di datare la sepoltura intorno al V sec. a. C. Quasi un elemento decorativo, parole coprono le quattro pareti del sepolcro.

L’opera si compone di venticinque brevi canti di cifra omerica anticipati da un prologo e chiusi da un epilogo, espressi in una lingua che si è rivelata un oscuro idioma locale venato di greco.

Contenuto di queste parole è una storia epica in versi il cui oggetto conferma una pagina di storia che alcuni storici fanno risalire intorno al 473 a.C. Nel corso delle guerre messapo-tarantine l’abitato di Carbina, l’odierna Carovigno, venne messo a sacco. Durante l’eccidio le forze di Taras [2] si macchiarono di sacrilegio. Fin qui la Storia. La leggenda vuole che al sacrilegio facesse seguito la vendetta di Zeus.

Su questa esile traccia storica, confermata da Clearco di Soli [3] e Ateneo [4] di Naucrati, Italo Interesse costruisce una storia epica in versi che occhieggia al modello poemico.

Narrato in prima persona, “Il giorno di Carbina”, è la storia di un calafàto tarantino il quale un po’ per la voglia di scansare la sorte misera riservata a tutti i figli del popolo, sceglie di partire volontario con l’esercito che Taras ha messo in piedi per strappare ai Messapi il porto di Brentesion (Brindisi) ed aprirsi ai commerci con Atene. Ma la speranza di arricchirsi fra premio d’arruolamento e il frutto dei saccheggi naufraga miseramente nell’animo del protagonista davanti agli orrori della guerra. Devastato dall’eccidio di Carbina, ed unico superstite di quella spedizione sciagurata, il protagonista torna in Patria in incognito. Pur privato del nome, nel recuperato contatto con la perduta amata il reduce ritrova una ragione di vita. Facendo ricorso ad un collaudato espediente letterario, l’Autore presenta la sua opera come il risultato della personale traduzione di un testo rinvenuto all’interno di una sepoltura precristiana.

Narrato in versi liberi, contemporanei e musicali, e prendendo le distanze dai vari Monti, Pindemonte e Annibal Caro, “il giorno di Carbina”, vuole cantare la fede irresistibile nell’amore e nella fraternità pur in mezzo alla ferocia sanguinaria della sopraffazione.

Versi tratti dal Prologo

Giovani e senza malizia

accecati da parole false

di irragionevole furore nutrimmo il cuore

sino a smarrire le sacre leggi.

E ad altri a torto ritenuti ostili

riservammo cose che su figli e mogli

non avremmo tollerato

giacché irresistibili sono la voglia di bottino

e l’odore del sangue versato in battaglia

né meno seducenti si rivelano

gli strazi dei morenti e il crepitare delle fiamme.

Tanto può la ferocia degli istinti.

 

Né meno rovinoso è il fiato tagliente

di chi sulla brace che dorme nel cuore del guerriero

alita istigandolo alla strage.

Ma pure la gioia del trionfo può volgersi in mestizia

‘ché amara è la feccia

del calice dove brinda il malvagio

Note

[1] L’espressione (L’Otto Coricato) nella quale trova battesimo il logo dell’Infinito è posta in copertina a scopo di buon augurio. Essa pertanto non identifica alcuna impresa avente per oggetto l’editoria o l’arte tipografica.

[2] Taras, figura mitologica, legata alla città di Taranto, fondatore dell’antica colonia greca capitale della Magna Grecia. Figlio di Poseidone e della ninfa Satyria, sposò la figlia del re Minosse, Saturnia. Un giorno mentre compiva sacrifici per onorare suo padre, gli apparve un delfino. Taras leggendo un buon auspicio in questa improvvisa visione, fondò una città. A 15 km da Taranto, infatti, un porto è chiamato Saturo. A Porto Saturo, nel 706 a.C., approdaro-no i primi coloni provenienti da Sparta.

[3] Clearco di Soli, filosofo greco, (III–IV sec a.C.), discepolo di Aristotele.

[4] Ateneo di Naucrati, filosofo, II–III sec. a.C., nacque a Naucrati in Egitto, città fondata dai Greci sul delta del Nilo vicino al ramo canopico. Autore dell’opera Deipnosophistai (Sapienti a banchetto), di valore inestimabile per la lessicografia e per i frammenti di opere perdute della commedia greca (età alessandrina).

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