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L'Infanta di Ballarò

di Pippo Bonanno

 

Sulle tracce di Velasquez

nel mercato di Ballarò

Un giorno Santo Calavà - esperto di cose d'arte, perdigiorno per vocazione e uomo dalla travagliata vita sentimentale - riceve una busta gialla. Gliela manda una donna che in gioventù aveva amato ardentemente. Dentro ci sono cinque fotografie a colori e ritraggono vecchi e malmessi dipinti. Uno di questi ha un particolare che solletica la fantasia di Calavà: e se si trattasse della Natività di Caravaggio, il quadro rubato tanti anni prima a Palermo? Ma a guardare bene c'è anche un'altra foto che lo attrae irresistibilmente: si vede una bambina dipinta su tela che ha una "stupefacente rassomiglianza con l'Infanta Margareta di Velasquez". Suvvia, un Velasquez a Palermo!

Ma l'indagine - che si snoda fra i vicoli di Palermo, antiche dimore e gente di malaffare - porterà Calavà a fare alcune scoperte che trovavo sintesi e prova in un diario del Seicento fortunosamente ritrovato fra le macerie di un antico palazzo. E' una nobildonna spagnola che scrive, una principessa, Isabella, vissuta a Palermo verso la metà del 1600 in un palazzo che dava nel mercato di Ballarò. Scrive pagine strazianti per la sua condizione di "esiliata" e di "bastarda". Ma chi è questa donna inquieta e che molti del suo tempo definiscono "pazza". Calavà scopre che è nientemeno che la figlia naturale di Filippo IV, re di Spagna. E', appunto, l'erede al trono, l'infanta di Spagna, "L'Infanta di Ballarò", appunto.

Un breve racconto questo di Pippo Bonanno, pittore continuamente attirato dal richiamo della scrittura, che procede come un romanzo giallo (in cui, naturalmente, non manca il morto ammazzato) e geograficamente si sviluppa nel centro storico di Palermo. E diventa l'occasione per una passeggiata fra antiche vie, palazzi nobiliari, profumi e colori della città. Naturalmente l'autore (che pochi anni fa aveva scritto i racconti de "La bicicletta a sei ruote") permea tutta la narrazione facendo ricorso alle sue conoscenze storiche, artistiche e musicali. Ma non cede mai all'autocompiacimento. Una prova di buon livello, una naturale predisposizione alla narrazione quella dimostrata da Pippo Bonanno scrivendo quest'opera. Che è anche - secondo noi - un atto d'amore per Palermo, città "bella e imprevedibile. Miserabile e arrogante. Difficile, come tutti i luoghi dell'esilio". (gi. ma. - il Giornale di Sicilia).

Pippo Bonanno, L'Infanta di Ballarò, Serradifalco, pp.106 € 8

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