Lu vitti una, doi, tre sire e poi me disse
guarda ca ieu oiu fazzu amore cu tie.
Lampu moi no putimu dire amore ca si no
se pensane ca nimu curcati.
(U focalire, 2009, p. 52)
Sino alle generazioni dei nostri padri o dei nostri nonni, in assenza di
cucine a gas e di impianti di riscaldamento, u focalire era
cucina e calorifero, ma soprattutto luogo di ricomposizione del gruppo
familiare e di ritrovo con il vicinato. Nel segno dell’indigenza e del
risparmio, durante le lunghe e fredde sere d’inverno, esso riuniva
insieme nonni e padri, figli e nipoti, e con loro i vicini di casa,
spesso cumpari o nunni; si trasformava in scenario di una piccola
comunità di affetti e in teatro dell’oralità, del raccontare e
trasmettere fatti, favole e cunti.
Il libro “U Focalire – Frammenti di lingua, di memoria e di identità
popolare” è stato realizzato dall’associazione Club ’79 di Botrugno
(LE) presieduta dal prof. Luciano Vergari. La pubblicazione è stata
curata dal prof. Vito Papa, esperto di tradizioni e storia locale nonché
ex dirigente scolastico del Liceo Classico Capece di Maglie (LE). Il
volume è il risultato di una ricerca sul campo a cui hanno preso parte
Viviana Bello, Antonio Cantoro, Fernando di Bari, Gabriele Manzo, Tonino
Marra, Gianluca Palma, Zemira Palma, Marcello Stefanelli, Luciano
Vergari e Serena Vergari.
Otto autori, otto interviste che ci conducono in un viaggio per
recuperare la magia dell’oralità. Ad essere intervistati, botrugnesi
di età compresa tra i 70 e i 90 anni. Interviste interamente in lingua
dialettale, che mirano a mantenere viva nel tempo la memoria e
l’identità popolare attraverso il linguaggio, non tralasciando le
esperienze di vita vissuta, di storia sociale. Una sorta di bilinguismo
in cui il dialetto, lingua da custodire e preservare, la fa da padrone.
Dal suggestivo testo affiorano, attraverso le parole degli anziani ‘vitrugnisi’,
scorci di vita che fu, testimonianze di tempi lontani, di corrispondenze
di guerra, di amori, di passioni, di gesti semplici che oggi sembrano
quasi desueti, ma che ricordano il nostro passato del quale ognuno degli
intervistati è orgoglioso.
Dalle loro testimonianze, ecco la piazza ritornare luogo di
contrattazione di lavoro: “Allora la chiazza era china, china, anche
perché c’era il bracciante e lui produceva ricchezza con le sue braccia,
nulla altro se non le sue braccia come fonte di ricchezza, e quindi il
bracciante usciva, pure a “diciunu”, perché in piazza se buscava a
sciurnata, se contrattava u lavoru” (p. 70).
Dai ricordi delle anziane intervistate riemergono magicamente
spensierati ricordi di gioventù:
“Da signorine, ricordo che con il nostro gruppo di amici e amiche
usavamo organizzare feste da ballo, per i compleanni, la pentolaccia,
carnevale e altre occasioni. Si arrivava verso le ore 20 e il ritorno
era intorno alla 24” (p. 60)
E l’illuminazione pubblica si affaccia timidamente nella vita del paese:
“C’erano tre lampioni alimentati a petrolio per l’illuminazione del
nostro paese. Un certo Palma, che abitava alla Giudecca, la sera munito
di una scala, accendeva questi lampioni. Per questo suo lavoro, furono
soprannominati ‘i pitrujari’” (p. 60).
Il libro è la rievocazione di questi scenari. È un emozionante tuffo nel
passato, un viaggio nei ricordi di quelli che a tutti gli effetti
potremmo considerare i ‘nostri nonni’. Un misto tra realtà e credenze
popolari, un’atmosfere magica che non racconta una favola, ma le vicende
di Botrugno, un paese del Basso Salento, quasi un secolo fa.
Per consultare e scaricare gratuitamente il libro visitate il sito
club79botrugno.wordpress.com
dell’Associazione Club ’79 di Botrugno oppure cliccare su
it.calameo.com
Per info: Gianluca Palma,
Associazione Club ’79 Botrugno
club79botrugno@gmai.com |