Federico II Hohenstaufen, personaggio che a più di
ottocento anni dalla nascita fa sempre più discutere.
Per alcuni fu un modernizzatore, per altri uno spietato
sovrano medievale. Controverso, estremamente dibattuto
il suo rapporto con le donne. Ne amò tante ma qual’era
la sua “idea” di donna? Anche qui giù fiumi di
inchiostro ed interminabili dispute fra esperti. Quale
il rapporto fra Federico II e l’Islam con particolare
riferimento alla nostra regione? Desideriamo proporre al
riguardo alcune considerazioni. |
Nel nostro percorso ci saranno d’aiuto, come sempre,
studiosi di diversa matrice culturale e di differente
collocazione storica, cercando poi di incrociarne le
opinioni, rendendole il più possibile aderenti ai fatti
ed ai luoghi. Di recente, infatti, qualcuno ha ricordato
le capacità di mediazione fra lo svevo e l’Islam, altri
hanno parlato della lotta ai mussulmani di Sicilia come
una vera e propria pulizia etnica. Friedrich Nietzsche,
nato circa centosessant’anni fa, fu il primo ad
avvertire con chiarezza la stretta parentela spirituale
fra Federico II e l’Islam. Egli stesso ammiratore della
civiltà islamica scrisse: “Pace ed amicizia con
l’Islam! Così pensava e così fece quel gran spirito
libero, il genio fra gli imperatori tedeschi, Federico
II”. Perché questa attrazione, innegabile malgrado
le rispettabili considerazioni in senso contrario?
L’ideale politico-militare-istituzionale, ma ancor più
spirituale, del Califfato rappresentò per Federico II il
possibile superamento della irrisolta dicotomia tra
autorità spirituale e potere temporale. Questo dimostra
ancora una volta come sia sostanzialmente inesatta, o
comunque fortemente limitativa, la formula
dell’assolutismo illuminato, ancor oggi spesso applicata
alla politica federiciana.
Ascoltiamo cosa dice Raffaello Morghen a tale
proposito: “Non si può parlare di assolutismo
illuminato, né tanto meno di paternalismo. L’assolutismo
di Federico II era un assolutismo assolutamente
teocratico, attuato con criteri funzionali quanto si
voglia per ciò che concerne l’amministrazione, ma di
carattere prevalentemente orientale per quel che
riguarda la sua prima ispirazione. A questo
proposito è significativa l’invidia che egli portava ai
sovrani orientali che dominavano senza contrasto nei
loro Stati, senza l’incomodo controllo del potere
sacerdotale. E difatti lo stato maomettano era
essenzialmente uno Stato assoluto teocratico senza
sacerdozio quale, senza dubbio, vagheggiava anche
Federico II, non del tutto a torto detto dai suoi nemici
sultano battezzato”.
Appaiono qui ai nostri occhi assai discutibili alcuni
termini: assolutismo, orientale ed in maniera
particolare maomettano…, questo manderebbe su tutte le
furie qualunque mussulmano! Nell’insieme le affermazioni
del Morghen ci sembrano però condivisibili ancor più
della breve nota di Ernst Kantorowicz che evocò
“l’aura fatale dei califfi” in rapporto all’autoincoronazione
di Federico II a Gerusalemme.
Appare estremamente facile, riteniamo perdersi a
questo punto in attualizzazioni che oltre al rischio di
essere demagogiche e propagandistiche ci farebbero
perdere ogni filo logico, da perseguire con assoluta
severità. Apriamo quindi una parentesi sul periodo
storico in cui matura la vicenda federiciana e la sua
visione di imperium sovranazionale e
multiculturale.
L’Europa è divisa fra Francia e Spagna, sottoposta
all’arbitrato del Papa, esposta alle ingerenze inglesi.
Il Sacro Romano Impero era venuto ad affiancarsi
all’Impero Romano d’Oriente. Quest’ultimo poteva vantare
una continuità ininterrotta con l’impero fondato da
Augusto, cioè una legittimità non inferiore a quel
composito edificio politico fondato da Carlo Magno. Il
contesto è però molto più ampio e lo si può
legittimamente definire euromediterraneo, questo sì è un
concetto estremamente attuale per noi! Roma era allora
un simbolo ancora grandioso ma era già possibile, in
Europa come in Africa, prescindere dall’ideale romano;
ciò avveniva già, infatti, nella nuova monarchia
unitaria francese, nella Spagna mussulmana, nei Comuni
italiani o nella Repubblica di Venezia.
Federico II mirò ad edificare un impero che fosse un
edificio culturale e politico diverso da ogni entità
politica e statuale dell’Occidente cristiano. Un impero
sacrale, permeato di una fede salvifica. In parole
semplici l’Impero svolge una funzione analoga a quella
della Chiesa perché anche la sovranità politica è stata
istituita per rimediare alla natura corrotta e decadente
del genere umano. L’imperatore è l’autorità politica
nella quale culmina l’intera gerarchia dei poteri. Al di
sopra di lui c’è soltanto Dio. Nel solco delle
rivendicazioni formulate a suo tempo dal Barbarossa,
Federico II sostenne sempre, col massimo vigore,
l’origine esclusivamente divina della sovranità
imperiale.
Federeico II Hohenstaufen, “riuniva in sé i
caratteri dei diversi sovrani della terra; era il più
grande principe tedesco, l’imperatore latino, il
basileus, il sultano” ha scritto G. Cattaneo
. Il sultano d’Occidente mira a
riunire, come accennato i due poteri, ma nella sua
ricerca spirituale “il coranico Re dei re. Più che il
Dio cristiano, (lo) aveva esaltato miracolosamente sopra
tutti i principi della terra”
.
Al di là di ogni considerazione politica e quindi
necessariamente materiale, Federico II fu sicuramente
influenzato dai mistici sufi, mussulmani assai
singolari, a volte considerati pericolosi eversivi dagli
stessi mussulmani e pertanto perseguitarti fino alla
morte. A tutt'oggi la loro influenza è vivissima in
tutto il mondo sarabo ed islamico. Fra di loro
ricordiamo Avicenna che, secondo alcuni fra cui il Niese,
influenzò in misura decisiva l’imperatore nella
concezione della realtà, ed ebbe comunque sicuramente su
di lui grandissima influenza. In Avicenna i fenomeni
naturali acquistano trasparenza simbolica, rivestendosi
di un significato spirituale per il soggetto che entra
in contatto con loro nel viaggio spirituale verso la
Luce divina.
Federico II e l’esoterismo islamico
Scienza sacra occidentale e tradizioni iniziatiche
orientali. |
Abbiamo accennato all’indubbia influenza che la
cultura islamica rivestì nella formazione di Federico II
che fu comunque, ed è bene ricordarlo, in primo luogo un
sovrano medievale, il più importante del suo tempo. Le
tradizioni culturali, in specie quelle legate a gruppi
iniziatici devono aver in qualche modo aver trovato in
lui utile contenitore ed attualizzatore in chiave
profana, cioè in primo luogo politica.
Ripartiamo dunque da Avicenna, che non fu solo un
mistico ma anche un naturalista, un attento osservatore
dell’Universo il cui sapere intrinseco si fa base
metafisica per la conoscenza. “L’iniziato deve
compiere il suo viaggio”, scrive giustamente un
esperto di mistica sufi, S.H. Nasr
. È proprio la molteplicità degli
interessi culturali e scientifici che avvicina Federico
II ad Avicenna. Per redigere, ad esempio, il suo
trattato di falconeria De arte venandi cum avibus
Federico si avvalse, oltre che della sua personale
esperienza in materia, proprio del compendio di zoologia
di Avicenna, il De animalibus, resogli
accessibile da Michele Scoto. Questi, il più grande
dotto della corte palermitana, non solo tradusse
Avicenna, Averroè ed Alpetragio, ma si giovò delle fonti
mussulmane per i suoi studi di filosofia, astrologia,
alchimia, matematica, fisionomica, mantica.
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Federico II e il Sultano di Gerusalemme |
Non furono tuttavia le sole scienze esatte l’anello di
collegamento fra l’imperatore Svevo e l’Islam. Nelle
scienze filosofiche la scuola peripatetica araba era
l’unica tradizione culturale che potesse ritenersi
svincolata dall’influsso del papato. Anche qui Federico
II opera utile integrazione tanto che porta con sé in
Terrasanta un mussulmano di Sicilia.
Altra diretta fonte di ispirazione e di confronto fu
sicuramente ‘Abd al Haqq ibn Sab’in, un filosofo
mussulmano di origine visigota nativo di Murcia.
Federico l’interroga sulla durata del mondo, sullo scopo
dei presupposti della teologia, sui dieci concetti
fondamentali dell’essere nella Logica aristotelica. Ed
ancora sulla possibilità di dimostrare l’immortalità
dell’anima ed ancor di più sul significato esoterico
dell’hadith secondo cui “Il cuore del credente
sta fra due dita del Misericordioso”.
Prima di essere in contatto, ed in piena sintonia, con
Ibn Sab’in, l’imperatore d’Occidente si era rivolto ai
filosofi del Sultanato di Konya, poi a quelli dell’Iraq,
della Siria, dell’Egitto, e dell’Arabia. Non avendo
ottenuto adeguata soddisfazione chiese al califfo
almohade Rashid ‘Abd el Wàhid, che regnava sul Maghreb,
di metterlo in contatto col dotto di Murcia. Di tutto
questo intenso scambio filosofico, ma in ultima analisi
politico-culturale, esiste testimonianza in un codice
arabo custodito ad Oxford ed intitolato Quaestiones
Sicilianae, non ancora tradotto integralmente in
alcuna lingua europea.
La familiarità di Federico II con l’Islam derivava
quindi da legami intensi e di varia natura con ambienti
filosofici e spirituali islamici, ma non ne costituiva
unico asse portante. Consistenti comunità di Mussulmani
vivevano anche nei confini dell’Impero, sia nel Regno di
Gerusalemme che in diverse zone dell’Italia meridionale
dove la presenza musulmana datava secoli. Nella corte di
Palermo vi era, infatti, un gruppo di mussulmani dediti
ad attività amministrative mentre la guardia personale
dell’imperatore era costituita esclusivamente da
Mussulmani. Una realtà che oggi definiremmo
multiculturale ma occorre stare attenti alle
attualizzazioni che potrebbero risultare fuorvianti.
Occorre con Federico II cercare di andare oltre la
storia, senza esagerare!
Tante leggende sono sorte attorno alla sua vita ed
alla sua morte. Gli furono attribuiti ruoli messianici e
quasi escatologici, sicuramente come abbiamo accennato,
ebbe connessioni, non solo contatti, con centri
spirituali di varia natura.
I contati di Federico II con ordini iniziatici sia
cristiani che mussulmani sono attestati da varie fonti.
Egli intrattenne ad esempio rapporti con
l’organizzazione ismaelitica degli Assassini, nata fra
Siria ed Iran dopo che il Saladino abbatté nel 1171 la
dinastia ismaelitica dei fatimidi, che aveva regnato per
circa due secoli sull’Egitto e sul Nordafrica.
Si fa derivare il termine “Assassini” da mangiatori di
Hashish. In realtà la confraternita esoterica prende
nome da un sostantivo arabo, modificato, che significa
guardiano, quindi guardiano della Terrasanta. Ovvia
l’analogia in campo cristiano con i Templari ma anche
con la setta drusa, nata in ambito islamico ma
considerata eretica dai Mussulmani. Il capo nascosto,
occulto dell’organizzazione è il mitico Vecchio della
Montagna, che ovviamente non compare mai ufficialmente.
Nel
1232, a Melfi, Federico II avrebbe avuto come commensali
alcuni Assassini inviatigli come ambasciatori dal mitico
Vecchio. Seguirono, secondo alcuni studiosi, scambi
epistolari, accordi segreti ed elargizione in denaro per
il sostegno dell’organizzazione. Sempre secondo alcuni
gli Assassini avrebbero ucciso per conto di Federico II
nel 1231 il Duca di Baviera, ed una leggenda racconta
addirittura di una visita di Federico II al Vecchio
della Montagna nel castello di ‘Alamùt.
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Il Castello di
Melfi
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Un’analoga tradizione iniziatica occidentale è quella
del Prete Gianni, una sorta di Re-Sacerdote con poteri
spirituali ma anche temporali che avrebbe inviato messi
a Federico II con in dono tre pietre perché scegliesse
fra di esse la migliore. Federico accolse il dono ma non
decise ed il prete Gianni capì il messaggio di amicizia
ma al tempo stesso di forza insito nella risposta.
Federico II al di là di leggende e storie più o meno
reali ebbe per tutta la vita quasi un’unica missione:
riunire potere temporale e spirituale e da qui
sicuramente maturò l’ammirazione, e forse l’invidia per
l’Islam.
Federico II e gli assi geopolitici euromediterranei |
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L'Aquila sveva scolpita a Melfi |
L’azione dell’imperatore svevo creò un nuovo equilibrio nel
complesso quadro dell’intero Mediterraneo con inediti
scenari fra Nord, ossia Europa del nord, e Sud ossia
Paesi del sud dell’Europa ma al contempo del versante
settentrionale del mar Mediterraneo. In questo
articolato e mutevole quadro si inserisce il tentativo
di espansione islamica verso l’Europa ed il suo
consolidarsi nel nordafrica e nella penisola anatolica.
Il futuro vedrà sicuramente tensioni legate al controllo
delle risorse idriche, con il possibile spostamento di
milioni di individui negli stessi teatri sopra
descritti.
La destrutturazione della forza politica nelle società
occidentali dopo la II Guerra mondiale con il prevalere
della quasi egemonica potenza militar-politica
statunitense, la progressiva desertificazione in Africa
ed il calo demografico in Europa sono fattori
potenzialmente esplosivi.
Inutile comunque allarmarsi: i fenomeni migratori dovranno
essere governati con umanità ma con precise strategie di
incardinamento di culture e risorse umane, pena
l’estinzione della identità europea, cosa ben diversa
dalla…Civiltà occidentale cara a tutti i
filoamericani, anche questi di complemento, nati cioè
dopo l’11 settembre 2001!
Ritornando a Federico II è bene partire un po’ dalla sua
vita in famiglia, dal mondo in cui venne alla luce per
cercare di capire anche qualche più o meno segreto
retroscena di sue intuizioni, di scelte coraggiose e
pericolose in primis per lui. Naturalmente senza
dimenticare come abbiamo già ricordato, che comunque di
un sovrano medievale si tratta!
Il nostro è figlio unico di due eredi: il ventenne Enrico,
figlio di Federico Barbarossa, e la trentaduenne
Costanza D’Altavilla, unica erede di Ruggero il
Normanno, re di Sicilia, divenuta monaca in Calabria nel
Monastero di San Benedetto e dispensata da Innocenzo III
nel monastero di Santa Chiara in Napoli.
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La nascita di Federico a Iesi |
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Guglielmo II
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Il matrimonio venne celebrato a Milano nel 1187 alla
presenza del vecchio, e non più odiato, imperatore
Barbarossa e del vecchio, malato re
Guglielmo, fratello della sposa, a cui andrà in dote
il regno. Sette anni dopo nel 1194 la madre,
trentanovenne, in viaggio verso Palermo, sosta a Jesi
dove il giorno di Santo Stefano nasce Federico. Il
Barbarossa morirà tre anni dopo nel 1190 annegato nel
fiume Alef sulla via di Terra Santa, dove conduceva la
sua ultima guerra per conquistare il Santo Sepolcro.
Sette anni dopo, nel 1197, morirà il padre Enrico IV,
detto il crudele, mentre la madre morirà nel 1198.
Tutto questo incalzare di eventi rappresenta una vera
fortuna per il papa Innocenzo III. Per un po’ di tempo
l’Impero non sarà più un problema!
Costanza, preoccupata delle sorti del regno di Sicilia, cui
si sente legata per nascita e tradizione, aveva
designato tutore del giovane sovrano proprio il papa
che, troppo impegnato a Roma, non può prendersene cura
personalmente e designa così dei delegati che non
avranno mai una vera influenza su Federico II.
L’infanzia del futuro imperatore è tuttavia ricca di
stimoli culturali perché a Palermo vive una realtà
culturale estremamente stimolante, unica nel suo genere.
Nella Palermo del 1200, infatti, la monarchia cristiana dei
re normanni non aveva disperso la fiorente civiltà
islamica che aveva consentito alla città di risplendere
nel Mediterraneo e di far parlare di sé tutta l’Europa.
I normanni, espressione di una migrazione nordica di
guerrieri rudi, erano stati conquistati dal clima
mediterraneo ma in particolare dal composito retaggio
culturale: greco-romano, bizantino, islamico. Erano
diventati italiani e con i sudditi parlavano in
italiano, o meglio nei dialetti italici delle
Calabrie, una sorta di idioma multiculturale, vero mixer
di latino, greco, arabo ed idiomi locali, spesso diversi
fra loro.
La vita scorreva felice in Sicilia, più che in ogni altro
paese del “mondo civile” dell’epoca. Mondo civile in cui
era pratica comune lo sterminio per motivi religiosi in
clima di guerra perenne o per dirla colla vulgata di
oggi…infinita!
I nordici diventati mediterranei così come altri prima e
dopo di loro, regnavano in condizioni di tolleranza ben
più ampia e consolidata di quanto potesse risultare
dalle leggi, retaggio dei precedenti regnanti. I
cristiani di Sicilia, ampia maggioranza ovviamente, non
erano così costretti alla rinuncia ed al sacrificio,
come i loro correligionari preda delle escatologiche
visioni millenaristiche intrise di paura della fine del
mondo in specie allo scadere, appunto, del millennio. Le
case dei mussulmani di Sicilia erano bellissime.
Edificate per la pace, mentre quelle dei latini erano
costruite più per la guerra. In queste abitazioni
facevano bella mostra di sé fontane, specchiere e
laghetti, dove le donne cristiane e mussulmane potevano
liberarsi dei veli e vivere le gioie dell’amore, in un
tempo in cui per la Chiesa la carne era fonte di
peccato!
I mussulmani
avevano le tecniche per fabbricare profumi, tingere
stoffe, tessere tappeti. Nelle campagne coltivavano
piante rare e cotone ed allevavano persino cammelli. Ed
ancora conoscevano mille segreti. Da alcuni pozzi presso
Palermo estraevano un olio grasso chiamato olio di
pietra o petrolio, che incendiato, produceva fuoco,
fumo, luce palpitante, ma soprattutto mescolato alla
zolfo raccolto ai piedi dell’Etna, creava il “fuoco
greco”, formidabile per difendersi dagli attacchi
nemici. I dotti mussulmani conoscevano, ed insegnavano a
qualche cristiano, la matematica e le scienze mediche.
Gli scritti di Pitagora e quelli di Aristotele e
discutevano di Bibbia e di Corano con sapienza e fine
dialettica. Fu questa l’atmosfera in cui visse fino a
quattordici anni Federico II. Quel retaggio culturale di
tolleranza ed apertura alla cultura “altra” lo
accompagnerà per tutta la vita.
La tutela papale termina il
26 dicembre 1208 e da quel
momento Federico II comprende quale sarà la sua missione
di imperatore: combattere il potere della Chiesa ed i re
ed i comuni che credevano di potersi governare da soli.
Non disponendo di adeguate forze dovrà agire d’astuzia
anche perché apparentemente molti lo omaggiano ma
servendolo lo ostacolano in ogni modo. Significativa è
la sua presa di posizione circa la lotta del papato agli
Albigesi, gli oggi famosi catari della Francia
meridionale. Non potrà aiutarli, ma rifiuta comunque di
supportare il papa in quella che qualcuno ha definito,
giustamente a nostro avviso, la crociata contro il
Graal.
In altre occasioni non sarà affatto tollerante e la scelta
di non partecipare al massacro degli Albigesi è
influenzata largamente dall’ostilità verso il papato.
Alcuni hanno cercato anche di leggerlo alla luce di
componenti esoteriche del movimento ereticale in qualche
modo conosciute da Federico II per tramite di dotti
della sua corte. Su questo mancano però elementi, anche
dubbi, di riferimento.
Di recente sono stati ritrovati in Austria circa 200
documenti che riguardano gli ultimi anni di vita di
Federico II ed i quattro anni di regno del figlio
Corrado IV. Non sono originali ma copie eseguite
agli inizi del 1300 provenienti dal convento benedettino
di Allerengelberg, che le ha custodite fino a due secoli
fa.
Secondo il prof. Josef Riedmann, titolare della Cattedra di
Storia Medievale all’Università di Innsbruck e
coscopritore assieme all’ex bibliotecario Walter
Neuhauser dei documenti, denominati Notulae
Rhetoricales Diversae, emerge un ritratto in buona
parte noto di Federico con un’accentuata propensione a
ritenere il Regno di Sicilia la propria patria di
elezione per operare ampie azioni fuori d’Europa. Nel
resto dell’impero si sentiva dunque al sicuro?
Paradossalmente in Germania favorì le autonomie, sia dei
grandi principi che delle libere città. La sua
“Constitutio in favorem principum” é la vera
Magna Charta del federalismo germanico.
Nel Regno del Sud, perdonate la libertà di…espressione,
segue a conti fatti una politica accentratrice di
matrice bizantina ed araba.
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Castel del Monte, Andria |
Forse oggi qualcuno dovrebbe riflettere su questo tipo di
scelte, apparentemente illiberali. Sulla democrazia
esportata a suon di bombe e di armi, vere, di
distruzione di massa, in paesi come l’Iraq, dove vigono
legami clanici assolutamente indissolubili che la
modernità non ha scalfito.
Al di là di ogni considerazione ideologica, da cui nemmeno
noi siamo immuni ovviamente, Federico II operò una
politica di pace come sovrano di un regno posto al
centro del Mediterraneo. L’impero bizantino era stato
temporaneamente cancellato dalla IV crociata e
l’interlocutore era praticamente solo il sultano
d’Egitto, discendente dal Saladino e formalmente suddito
del califfo di Baghdad.
Su questi temi si discute da secoli ed anche noi torneremo
ad offrire idee e riflessioni, speriamo in piena
libertà.
Luigi Antonio Fino
Febbraio 2010
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