È il 18 giugno 1492, un editto di
Ferdinando il cattolico impone senza condizioni che gli ebrei devono
abbandonare per sempre la Sicilia entro tre mesi, pena la morte.
Gli ebrei erano vissuti in
Sicilia dai tempi biblici e in ogni modo la Trinacria era stata una
delle terre più importanti dove si erano fermati, partiti dalla
Palestina
[1] all’inizio della diaspora nel 70 d.C. La Sicilia è stata
abitata, fino all’anno 1492, da un numero d’ebrei, in percentuale
alla popolazione residente, superiore a quelli presenti in qualsiasi
altra regione o stato europeo o del bacino del mediterraneo. Le
percentuali di presenza nel territorio siciliano purtroppo non sono
certe, ma esse oscillavano da un minimo del cinque percento per
città ad un massimo del cinquanta percento, che si raggiunse nella
città di Marsala. La cifra approssimata più esatta dovrebbe uscire
da nuovi studi, controversa è la stima che fanno diversi storici.
Ferdinando il cattolico e Isabella di Castiglia presero una
decisione grave e così importante che in seguito ebbe sviluppi
tragici nell’economia del regno spagnolo e in Sicilia allora già
vicereame.
Nel 1492 Ferdinando il cattolico
era entrato vincitore nella città di Granada: aveva vinto la guerra
di reconquista contro i musulmani. La Spagna era stata liberata
definitivamente dall’infedele popolo arabo. Gli ebrei avevano
finanziato la guerra di Ferdinando il cattolico contro i mussulmani
di Spagna, ma avevano anche segretamente aiutato economicamente il
governo islamico contro lo stesso Ferdinando. Non potevano sottrarsi
alle richieste dell’imperatore in quanto, gli ebrei da sempre
piccoli e grandi banchieri, erano in ogni caso un popolo sottomesso.
Avevano finanziato segretamente il governo musulmano in Spagna
perché riconoscevano ai musulmani una disponibilità ed una
tolleranza nei loro confronti certamente più favorevole dei
governanti cattolici. I fatti storici successivi confermeranno che
la preoccupazione non sarà infondata.
Bisogna aggiungere che gli ebrei
erano sempre considerati come gli eredi di quel sinedrio che aveva
condannato Gesù alla morte. Un pregiudizio che agli ebrei è costato
una persecuzione ingiusta e fino ad oggi, viva nell’immaginario
collettivo. Perseguitati durante la lunga occupazione della
Palestina nel periodo della dominazione romana, perseguitati o mal
tollerati dai cristiani dopo che l’imperatore romano Costantino
decise, nell’anno 313 d.C. con l’editto di Milano, di considerare
per legge la religione cristiana religione di stato, gli ebrei di
Spagna e di Sicilia erano sempre in contrasto con i cristiani, gli
scontri più sanguinosi avvenivano durante la settimana santa. Le
prediche di monaci domenicani e francescani riscaldavano i fedeli
che spesso uscivano dalla chiesa e invece di predicare il vangelo
iniziavano vere cacce all’ebreo che finivano con violenze e omicidi.
Esempio eclatante di strage
avvenne nella città di Modica nel 1478, dove gli abitanti di Modica
uccisero numerosi ebrei, numero controverso che alcuni storici
fecero arrivare fino a 400. Un antichissimo proverbio raccolto dal
Pitrè ricorda ancora che:
pri la Bammina (8 settembre)
lu sangu a lavina (Modica)
(Giuseppe Pitrè seconda raccolta
dei proverbi siciliani ed. brancato 2002 pag.151 al capitolo:
meteorologia, stagioni, tempi dell’anno).
Quando andava bene i cristiani e
gli stessi ebrei si limitavano a sassaiole che qualche storico ha
definito “sante”. Gli ebrei erano inoltre particolarmente odiati in
quanto praticavano il prestito di denaro su pegno, e segretamente il
prestito usuraio con interesse oltre il 10%, che era il limite
ammesso in quel tempo dalle autorità spagnole. Una ragione che
preoccupava molto i governanti spagnoli, fu che gli ebrei stavano
facendo sempre più proseliti fra i cristiani, forse attirati dalle
migliori possibilità economiche e dalle attività che gestivano con
successo.
C’erano argomenti a sufficienza.
Di fronte all’editto di espulsione, se si decideva di rimanere,
bisognava chiedere il battesimo e convertirsi definitivamente
cristianesimo. Si doveva accettare il Cristianesimo o abbandonare la
Sicilia e la Spagna, vendere i beni mobili ed immobili entro tre
mesi, oppure rimanere e rinnegare l’antica fede. La quantità d’ebrei
che uscita dalla Sicilia non è stata mai accertata neanche con una
credibile approssimazione. Si può solo affermare che probabilmente i
poveri preferirono cercare nuove terre, molti ricchi ebrei si
convertirono apparentemente al cristianesimo.
La vendita probabilmente veniva
fatta con premura e con premura non si fanno mai buoni affari
specialmente se i compratori sanno la grave situazione in cui si
trovano i legittimi proprietari diffidati ad andarsene. Molti
andarono a Napoli, altri certamente in nord-africa, nella città di
Salonicco, nelle isole del Dodecaneso, altri sparsi per il mondo
come vuole una tradizione antica e modernissima che vede questo
popolo perseguitato ed errante in tutte le direzioni.
Il sultano ottomano inviò in
Spagna e Sicilia, a più riprese, un’intera flotta per accogliere
come profughi in Turchia i giudei cacciati, questa terra ed in
particolare Istanbul sono ancora abitate dagli eredi di Spagnoli e
Siciliani emigrati. Non fu solo un atto d’umanità, ma le autorità
turche si resero conto della grand’utilità economica che gli ebrei
avrebbero significato.
Chi rimase in Sicilia finse
d’essere cristiano, ma segretamente cercava di mantenere gli usi, le
tradizioni, ma soprattutto di rispettare la religione ebraica e le
cerimonie ad essa connesse.
Gli ebrei erano considerati un
popolo destabilizzante per il potere spagnolo, non si poteva
tollerare che la finta conversione passasse inosservata e impunita,
le autorità spagnole temevano veramente il potere economico degli
ebrei e la capacità di far adepti per la loro religione per questo
erano sottoposti sempre ad imposizioni fiscali a volte addirittura
umilianti e le richieste di pagamento dei “balzelli” mettevano a
dura prova le loro capacità finanziarie. I governanti spagnoli e
non, in tutti i tempi, avevano preso a piene mani dalle tasche degli
ebrei. Ricorderemo l’imposta della gezia o jizia creata contro di
loro dagli arabi ma mantenuta anche dopo da governanti Normanni.
Fino ad oggi a Catania esiste una Via Gisira che non è altro che la
strada o il luogo che ricorda dove era riscossa la tassa ad
esclusivo carico della comunità ebraica. Nonostante queste risorse
economiche sempre disponibili, le autorità spagnole preferirono
l’espulsione dai loro territori. Un gesto di fondamentalismo
cattolico.
Dopo alcuni anni esattamente nel
1506 fu rinvigorita la santa (?) inquisizione, mai abolita, che da
quel momento assunse le caratteristiche d’inquisizione spagnola e
che fino ad oggi c’è ricordata come un’istituzione particolarmente
severa e spietata nei confronti dei cosiddetti marrani.
Il grande inquisitore Torquemada
fu strumento in mano al potere politico, fu il “cattivo” che si
scagliava con livore irresponsabile fomentando la crociata
antigiudaica. Le crudeltà vere furono condivise dal re Ferdinando
che amministrava il potere temporale ultimo, in altre parole
applicava la “sanzione” cioè il rogo o pene minori come il carcere,
le frustate, la confisca dei beni. I papi e le autorità dello stato
pontificio non condivisero la severità dell’inquisizione spagnola,
la prova fu che accolsero una quantità notevole di fuggiaschi dalla
Spagna e dalla Sicilia. In seguito anche i Papi vennero “alle mani”
con gli ebrei di Roma e decideranno la loro espulsione. Espulsioni
che si finiranno dopo pochi anni col ritorno degli ebrei.
Nell’altalena fra amore e odio, gli ebrei rimasero definitivamente
nella città eterna, e, fino ad oggi il ghetto ebraico è un quartiere
di Roma con una grande sinagoga.
I siciliani e i catalani
fondarono scole o sinagoghe con riti diversi, esistenti in Roma fino
all’inizio del 1900. Esistevano in Roma cinque sinagoghe, e una di
queste era di rito siciliano. Un incendio, probabilmente non doloso,
distrusse dette scole romane nel 1906.
Nel regno di Spagna e nel
viceregno di Sicilia, gli ebrei falsamente convertiti scatenarono la
reazione dei custodi della fede cattolica. Marrani erano definiti i
neofiti ex ebrei che in realtà non avevano mai abiurato veramente,
lo scopo degli inquisitori spagnoli e siciliani, era quindi quello
di scoprirli. Certamente l’inquisizione spagnola in Sicilia prendeva
ad esaminare anche casi diversi come: magia, stregoneria, eresia
protestante, blasfemia. Nello studio di Francesco Renda: I marrani
in Sicilia (Storia degli ebrei in Italia, ed. Einaudi 1996-vol.1°
pag.686) sono evidenziati i dati che seguono e che si riferiscono
all’attività dell’inquisizione di Spagna in Sicilia dal 1500 al
1782.
Vi furono in Sicilia 6211
condannati, i giudeizzanti 2098, i luterani 395, i mori e i
rinnegati 608, gli eretici vari 100, negromanti e streghe 852. Nello
stesso periodo e in altre parole dal 1500 al 1782 i bruciati sul
rogo furono 584, quali: 473 giudei, 74 protestanti, 17 mori e
rinnegati, 11 eretici vari, 4 obiettori del sant’officio.
Per quanto tempo segretamente fu
professata la religione ebraica in Sicilia dopo il 1492, non è
facile a determinarsi. Possiamo certificare l’antica presenza
ebraica da molti cognomi rimasti in uso fra i siciliani e nomi di
strade e toponimi ancora esistenti che certificano la numerosissima
presenza di questo popolo. Molti storici si sono interessati alla
storia della cacciata degli ebrei di Sicilia cercando di scoprire
perché questa tragedia accadde e quanti furono gli ebrei che
abbandonarono realmente la Sicilia, le loro case, le attività ben
avviate e soprattutto i luoghi dove nacquero e avevano vissuto. Il
monaco inquisitore Giovanni di Giovanni nel 1748 e i monaci fratelli
Lagumina nel 1885, scriveranno sui giudei di Sicilia con documentata
penetrazione. I loro libri diventeranno gli studi da cui partire per
le successive ricerche e in ogni modo due libri che sono
fondamentali per affrontare quest’argomento. Com’è facile
considerare, Giovanni Di Giovanni e Giuseppe e Bartolomeo Lagumina
appartenevano al clero cattolico; non misero in buona luce la
civiltà ebraica di Sicilia. Le ricerche storiche fino ad oggi
continuano ad appassionare e l’argomento non è chiuso, sebbene molti
storici, sulle cose e vicende di Sicilia, hanno abbiano approfondito
quest’avvenimento.
Tutti riconoscono che la perdita
dei giudei di Sicilia fu un fatto grave per l’economia dell’isola.
(Denis Mack Smith, Lodovico Bianchini), perché gestivano attività
importanti in alcuni casi faticose, ma sempre a buon reddito.
Avevano in loro mano buona parte dell’economia commerciale e
soprattutto quella bancaria e finanziaria del regno e del viceregno
di Sicilia, anche se questo privilegio non era esteso a tutta la
comunità giudaica di Sicilia. Oltre all’attività di prestito di
denaro e alle attività commerciali, avevano aziende nell’attività
della concia delle pelli (cunziria di Vizzini), lavorazione del
ferro, lavorazione della seta, coltivazione della canna da zucchero
(Savoca), produzione di maioliche (Naso). Numerosi gli ebrei di
Sicilia nella professione medica con una presenza sorprendente anche
di donne, come l’ebrea Verdimura di Catania e Bella di Paja di Mineo
(vedasi a pag 39 del libro: “Medici e medicina a Catania dal
quattrocento ai primi del novecento” a cura di Mario Alberghina, ed.
Maimone 2001). Le donne non erano solo specializzate in ginecologia.
Ben 52 erano le giudecche esistenti con 60 sinagoghe ben localizzate
(Studi e ricerche della facoltà d’architettura di Palermo, pag 323
del primo tomo in “Storia degli ebrei d’Italia” ed. Einaudi 2001) e
oggi si possono ancora vedere i luoghi che testimoniano la loro
presenza se proviamo a fare una passeggiata in Sicilia e cercare di
scoprire ciò che è rimasto di questa civiltà, ci sorprenderà la
presenza di e le numerose testimonianze ancora visibili. Un
resoconto affascinante ed attendibile lo troviamo nel libro di
Nicolò Bucaria: “Sicilia judaica”, ed. Flaccovio 1996, un libro
d’archeologia medioevale e non di storia.
A queste segnalazioni elenco di
seguito testimonianze possibili per considerazioni intuitive o
tracce d’attività e nomi di luoghi che fanno sospettare detta
presenza.
Palermo era la città con il
numero di giudei residenti più numerosi. Una sinagoga tra le più
belle e più grandi della Sicilia. Ci rimane un chiaro disegno
pubblicato di recente nel libro edito da Einaudi negli annali della
storia d’Italia (op.cit. pag 326-327). La sinagoga di Palermo si
trovava in Piazza Meschita e il ghetto era compreso tra le vie San
Cristoforo, Calderai, Maqueda, Giardinaccio. Gli ebrei nel medioevo
siciliano chiamavano “meskita” le sinagoghe, termine utilizzato per
rispetto nei confronti dei musulmani che chiamavano e chiamano
“moschee” i loro luoghi di culto.
Siracusa città dove era presente
un’altra importante comunità, anch’essa limitata e controllata nel
ghetto dell’isola di Ortigia, dove fino ad oggi si leggono toponimi
che testimoniano la loro presenza. La giudecca si trovava fra
strette viuzze medievali vicino l’ex via mastra Rua e via delle
maestranze, dove fino ad oggi esistono resti della sinagoga e della
vasca dove facevano i bagni rituali le donne ebree. I residui
archeologici medioevali sono ancora visibili all’interno di un
antico palazzo di proprietà privata. Si conservano a Siracusa pure
lapidi di tombe ebraiche nelle catacombe di vigna cassia e nel museo
di Palazzo Bellomo.
Messina fu città importantissima
nel medioevo e tanti sono le prove documentali archivistiche che si
conservano. Per Messina i riferimenti topografici sono più difficili
da localizzare per i noti disastri causati da diversi terremoti. La
maggiore concentrazione d’ebrei si trovava nel quartiere Paraporto
tra il Duomo e il torrente Portalegni e oggi dovrebbe essere lungo
Via T.Cannizzaro. La sinagoga di Messina era grande come quella di
Palermo aveva forma ad esedra e si trovava dove poi fu costruita la
chiesa di San Filippo Neri. Fonti ebraiche parlano di diverse
sinagoghe in questa città che non sono facilmente localizzabili.
Dopo la cacciata, molti ebrei messinesi si trasferirono ad Istanbul.
Catania è stata città un tempo
occupata ampiamente dalla presenza giudea. Dall’attuale Piazza Dante
fino a piazza Duomo trovavasi case e sinagoghe ebraiche numerose.
Alcuni storici come il Policastro e Gaudioso hanno individuato due
ghetti e in altre parole la giudecca di Susu e quella di Jusu con
sinagoghe esistenti nell’attuale Via Recupero vicino la chiesa di
San Cosmo e Damiano e in Via Sant’Anna. Probabilmente vi erano altre
sinagoghe di cui non è certa l’ubicazione. A Catania è accertata una
notevole attività legata all’esercizio della professione medica ed
anche donne ebraiche esercitavano detta professione, come indicato
sopra. Il fiume Amenano, che sotterraneo attraversa ancora oggi
Catania, nel medioevo si chiamava Judicello, proprio perché
attraversava una parte del grande ghetto di Susu e di Jusu.
Vizzini, aveva il ghetto
nell’attuale cunziria che non fu solamente il luogo che vide il
duello rusticano fra cumpari Turiddu e cumpari Alfio ma era sede
attiva di una conceria ben avviata. Le concerie erano gestite quasi
esclusivamente dagli ebrei proprio perché il mestiere era pesante e
anche pericoloso in quanto si utilizzavano, nella concia delle
pelli, sostanze velenose come il tannino. Vicino la cunziria fino ad
oggi trovasi un macello a testimoniare che gli ebrei macellavano
alla giudea, in altre parole kasher secondo la prescrizione
talmudica, cioè sgozzando l’animale evitando la minor presenza di
sangue nelle carni.
Mineo aveva insediamenti sotto la
chiesa dedicata a Santa Agrippina, Caltagirone vicino all’attuale
galleria Don Sturzo, Piazza Armerina Nel quartiere Piano Canali.
Naso in provincia di Messina,
aveva una buona presenza in contrada Batia o Bazia, dove fino ad
oggi si leggono nomi di strade che testimoniano quell’insediamento.
Nello stesso quartiere di Badia trovasi una chiesa dedicata a Santa
Maria della Catena che prima del 1492 era la sinagoga.
Taormina aveva la giudecca vicino
porta Catania e la sinagoga quasi accanto al monastero di San
Domenico. Dalle cronache del tempo si racconta che la vicinanza
della sinagoga creava fastidio ai monaci cristiani, in quanto gli
ebrei cantavano forte e disturbavano le liturgie.
Savoca aveva anch’essa una
sinagoga i cui resti sono ancora visibili in quella che è chiamata
oggi chiesa di San Michele.
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San Fratello prov. Messina, Festa dei Giudei |
San Fratello ha una contrada che
fino ad oggi si chiama Catena e che era la giudecca. Ricordiamo che
tutti i toponimi che in Sicilia indicano catena e le chiese di Santa
Maria della Catena sono rispettivamente contrade abitate in quel
tempo da giudei e sedi d’antiche sinagoghe. Questa affermazione si
rileva dal libro dei fratelli Lagumina, codice diplomatico degli
ebrei, vol III pag 276, 283, 485, 509, 560. Pertanto Acicatena è il
ghetto di Acireale e diverse contrade siciliane ancora così si
chiamano e attestano quest’antica realtà. A San Fratello fino ad
oggi, durante la settimana santa si festeggia la festa dei giudei. I
giudei di San Fratello organizzano un carnevale durante la settimana
santa e sembra che prendano in giro Gesù e la passione. In realtà la
festa non è altro che il residuo delle sassaiole e manifestazioni di
violenza che i cristiani perpetuavano contro i giudei. Trattasi
infatti, non di giudei, ma di fanatici cristiani che minacciano gli
ebrei, sebbene questi non esistono più a San Fratello, e quindi la
manifestazione assume un aspetto strano e anomalo.
Agira: trovasi una parte di un
altare della sinagoga in altre parole un aron in stile
gotico-catalano, oggi visibile e ricostruito nella chiesa del
SS.Salvatore. Fu trasportato nel 1987 dall’oratorio di S.Croce che
era l’antica sinagoga d’Agira. La sinagoga ancora è visibile con i
muri in parte diroccati, necessita di un buon restauro.
Nel libro di Nicolò Bucarla:
“Sicilia judaica”, sono indicati reperti e oggetti di tradizione
ebraica in parte ancora rintracciabili e che si riferiscono ai
seguenti comuni siciliani: Acireale, Agira, Agrigento, Akrai,
Alcamo, Bivona, Caccamo, Calascibetta, Caltabellotta, Caltanissetta,
Cammarata, Castelbuono, Castiglione, Castronovo, Castroreale,
Catania, Caucana(Rg), Cittadella Maccari(Sr), Comiso, Enna, Erice,
Gela, Lentini, Lipari, Marsala, Mazara del vallo, Messina, Monreale,
Mozia, Noto, Palermo, Polizzi Generosa, Ragusa, Randazzo, Rosolini,
Salemi, San Fratello, San Marco d’alunzio, Santa Croce Camerina,
Sciacca, Scicli, Siculiana, Siracusa, Sofiana(Cl), Taormina; Termini
Imerese, Trapani.
Santo Catarame
Gennaio 2008
Note
[1] "Palestina" è la denominazione attribuita alla regione
dall'Impero Romano nella prima metà del II secolo d.C. Per l'epoca
di Gesù di Nazareth è perciò più corretto riferirsi al Regno di
Giudea.
Bibliografia
essenziale:
-
Giovanni Di Giovanni,
“L’ebraismo della Sicilia ricercato ed esposto”, Palermo 1784;
-
Giuseppe e Bartolomeo
Lagumina, “Codice diplomatico dei giudei di Sicilia”, Palermo
1885;
-
Isidoro La Lumia, “Gli ebrei
siciliani”, ed. Sellerio. Palermo, 1992;
-
Nicolò Bucaria, “Sicilia
Judaica”, ed. Flaccovio 1996;
-
Annali Storia d’Italia
Einaudi, “Gli ebrei in Italia”, due tomi, 2004;
-
Attilio Milano, “Storia degli
ebrei in Italia”, ed.Einaudi, 1963;
-
Matteo Gaudioso, “La comunità
ebraica di Catania nei secoli XIV e XV”;
-
Henri Bresc, “Arabi per
lingua ebrei per religione”, ed.mesogea, Messina 2001.
|