Pensiero Meridiano

 

Lezioni ed elezioni

Editoriale de Il Portale del Sud

Maggio, tempo d’elezioni: un banco di prova che ha emesso, a nostro parere, un severo giudizio sui governi di Inghilterra, Francia, Germania, Grecia e Italia.

L’Europa meno a destra

In Francia, a 31 anni di distanza dall'elezione di François Mitterrand, un altro socialista François Hollande ha sconfitto il presidente in carica Nicolas Sarkozy con il 51,6% ed il giorno stesso del suo insediamento, nonostante i fulmini del dio Mercato avessero tentato di fermarlo in extremis, è volato da Angela Merkel per ribadire quanto già dichiarato nel corso della campagna elettorale: la necessità di un cambio di rotta nelle politiche europee in favore della crescita piuttosto che del rigore ad oltranza.

Una Merkel reduce, a sua volta, da una pesante sconfitta in Nordreno-Westfalia. La sua Cdu è crollata al 26,3% mentre i socialdemocratici della governatrice uscente Hannelore Kraft hanno ottenuto il 39,1% dei voti e governeranno insieme ai Verdi. Buon successo anche dei Piraten, a dimostrazione che neanche i tedeschi sono soddisfatti dei lori partiti tradizionali e hanno privilegiato questa forza cresciuta nel web, a causa dell’avversione nei confronti di tutti gli altri partiti o del sistema partitico-politico tout court. I partiti tradizionali rimproverano ai Pirati l’inconsistenza del programma, il limitarsi alla questione della libertà in rete, la scarsa presenza di donne ed in ultimo di tollerare tra le loro file, esponenti di estrema destra e neonazisti.

La Kraft, dal canto suo ha saputo sfruttare il malcontento verso la linea dura dei tagli imposti dai “rigoristi” offrendo maggiore flessibilità, osservando, tra le altre cose che “reagire alla sfida europea unicamente con la pretesa di un programma di risparmio è una della più rilevanti cause del drammatico sviluppo della crisi” e promettendo la priorità di investimenti nell'economia reale per combattere la disoccupazione giovanile e  la tassazione dei mercati finanziari.

In Grecia i due partiti egemoni, Nea Demokratia e Pasok, sono crollati. La coalizione della sinistra radicale Syriza è passata dal 5 al 16,7% dei voti, è cresciuta “Alba dorata” un partito di estrema destra dando luogo alla impossibilità di formare un governo.

Nel Regno Unito le elezioni per il rinnovo di 181 consigli comunali sono andate appannaggio dei laburisti che hanno strappato importanti città ai conservatori tranne Londra.

La Lega ritorna… alle origini!

In Italia si sono svolte elezioni amministrative per il rinnovo di un migliaio di consigli comunali (circa 9 milioni e mezzo i cittadini chiamati alle urne). Il secondo turno, sebbene funestato dai drammi dell'attentato alla scuola Morvillo Falcone di Brindisi e del terremoto in Emilia, ha confermato le tendenze già emerse due settimane fa con l’affermazione del centrosinistra in 14 dei 19 comuni capoluogo dove si è andato al ballottaggio. Di particolare significato politico sono i trionfi di Marco Doria (SEL) a Genova e Leoluca Orlando (IDV) a Palermo e addirittura clamorosa ma non inattesa per i cultori del web è stata l'affermazione del grillino Federico Pizzarotti a Parma.

Impressionante il tracollo della destra che perde quasi ovunque e soprattutto nelle sue roccaforti storiche come Monza, Como, Rieti e Lucca. La Lega esce sconfitta in 7 ballottaggi su 7, ormai in pallone come il suo Leader e il Pdl si conferma un partito in decomposizione come il suo leader.

Molti, specie tra coloro che “hanno perso”, vogliono leggere dietro questi risultati un “voto di protesta” fomentato dalla crisi. A nostro parere si tratta invece di un vero e proprio terremoto che scuote l'intero continente europeo a dimostrazione del fallimento delle politiche neoliberiste.

Nel nostro Paese il tramonto di Berlusconi è coinciso con un repentino cambiamento del sentimento collettivo. Quasi improvvisamente lo sguaiato e cialtronesco ottimismo berlusconiano che ha sedotto milioni d’italiani per anni è scomparso davanti al precipitare della posizione sociale di oltre il 50% degli italiani, dell’aumento dei licenziamenti e della disoccupazione. «La fine del berlusconismo», ha scritto Ilvo Diamanti presentando questa ricerca sul Repubblica lo scorso 30 aprile, «ha decretato anche la fine della grande illusione. Che tutti gli italiani potessero diventare come Lui. Il Cavaliere».

Ma il cambiamento coinvolge tutta l’Europa. La crisi economica nelle opulente società occidentali, ha messo in discussione alcuni assunti intorno ai quali era stata fondata la società “postmoderna”. Gli elementi qualificanti di quel “sistema” si sono dimostrati carenti perché non è possibile eludere il “sociale”, ignorare l'esistenza di relazioni e vincoli sociali. Purtroppo non è scontato che questa presa di coscienza possa portare a nuovi progetti di progresso civile. Le crisi passate, come quella degli anni Trenta ci hanno insegnato che la loro soluzione, pur lasciata alla volontà popolare “consapevole”, possono portare a diverse soluzioni: il New Deal di Roosevelt oppure il fascismo o il Terzo Reich di Hitler.

Tornando in Italia e alle ultime “amministrative” possiamo facilmente dire: dalle città, un solo messaggio forte e chiaro. I partiti che fino ad ora hanno governato, il Pdl e la Lega sono implosi o esplosi, come preferite. I partiti dell’opposizione non sono esplosi e se non si affrettano ad operare un radicale cambiamento di uomini e progetti sono destinati a chiudere. Ne è prova il successo del Movimento 5 stelle che, analogamente al partito dei Pirati in Germania, ha raccolto il voto del malcontento e del malgoverno dei partiti tradizionali, proponendo l’idea della democrazia diretta.

Democrazia diretta

Un esempio di democrazia diretta l’abbiamo a due passi: la Svizzera, dove il governo ed il parlamento federale si occupano solo di economia e finanza, rapporti internazionali (pochi in verità), difesa. Le decisioni sulle questioni locale vengono prese per alzata di mano in pubbliche riunioni. Ogni cittadino è anche soldato e per tutta la vita custodisce le armi da guerra, poi c’è chi ha le chiavi dei bunker dove ci sono i carri armati o del silos corazzato degli aerei da combattimento. La Svizzera, per chi non lo sapesse, è tra le nazioni più e meglio armate del mondo. Gli Svizzeri, di origine multiculturale (germanica, ladina, franca ed italica) producono locomotive e apparecchi meccanici di precisione, hanno banche solide in cui accolgono capitali stranieri garantendo anonimato e lieve fiscalità. Sono educati, civili, buongustai e colti. Ci sono bunker antiatomici pronti all’occorrenza ad accogliere l’intera popolazione (gli immigrati rimangono fuori?). Fieri della propria specificità, hanno frontiere presidiate e di tanto in tanto minacciano di cacciare via gli stranieri che lì si recano per i eseguire i lavori più umili. Gli Svizzeri sostengono che il loro amalgama è l’orgoglio nazionale. Non esiste nel panorama politico svizzera la sinistra. In effetti, secondo loro, non esiste neanche la destra, solo il “buon governo”. Sanno di essere considerati razzisti, ma se la ridono. Per spendere i soldi necessari a inviare un ambasciatore all’ONU di tanto in tanto devono fare referendum confermativi e per molto tempo non c’è stato alcun ambasciatore svizzero alle Nazioni Unite. A che serve, visto che all’ONU si discutono i fatti di un mondo che essi pensano non riguardi loro? Se li chiamate “parassiti” per il fatto dei capitali stranieri, si offendono leggermente e rispondono sdegnati che i soldi arrivano perché loro lavorano bene, sono affidabili ed incorruttibili (ovvero corruttibili ad un prezzo molto più elevato della media europea).

L’Italia non è la Svizzera

Orgogliosamente vorremmo aggiungere un “per fortuna”, ma la sorte non è stata benevola neanche con noi Italiani. Per versi opposti. Perché noi siamo molto diversi dagli Svizzeri. Abbiamo prima di tutto molta difficoltà a considerarci un tutt’uno ed a guardarci come collettività. Non riusciamo a governare i nostri vizi, il nostro egoismo, il nostro favoritismo e clientelismo. Abbiamo l’abitudine di raccomandare e cercare intrallazzi. Diamo e prendiamo bustarelle non appena si presenta l’opportunità. Se siamo degli onesti, non si può mai scommettere per quanto lo resteremo: chi non si comprometterebbe per un posto di lavoro al figlio, oppure per una semplice cena gratis?

Soprattutto, da noi c’è la criminalità organizzata. Molti lo dimenticano, a cominciare dai sedicenti “meridionalisti”, oggi meno attivi in contemporanea con il dissolvimento della Lega (una coincidenza che fa pensare, non trovate…?). Poi le stragi senza autori. La disoccupazione. Il debito pubblico. Le contraddizioni tipiche di un paese laborioso ma sviluppatosi senza amalgama civile e politico: produciamo armi, vorremmo non farlo, ma che ne facciamo poi degli operai? Dovremmo rinunciare al petrolio, perché non ne abbiamo, ma chi ha il coraggio di dirlo all’America?

Senza un amalgama, chiamiamolo pure un po’ sontuosamente “base di pensiero comune”, è mancata la programmazione, non sono state perseguite strategie di lungo termine. Diciamo la verità: questo paese è diventato un guazzabuglio in cui ognuno dice la sua in maniera scoordinata e caotica. Un paese dove si vive di rendite di posizione, di caste, di intoccabili, di privilegiati… Di mazzette, favori, corruzioni che vanno dal miserrimo all’apocalittico. Un paese dove pensionati e dipendenti sono praticamente gli unici a contribuire al gettito fiscale (il 93% dell’Irpef). Un paese dove la destra ha aumentato le tasse all’inverosimile, dopo aver vinto elezioni politiche promettendo di abbassarle!

Nel quadro della crisi generale del capitalismo europeo, spolpato e dissanguato da quello anglosassone, ben più folle ed inarrestabile, una classe politica inadeguata, vecchia, scandalosa si arrocca sui privilegi. Difende l’indifendibile. Ora sembra che dimezzi i “rimborsi elettorali”…sempre che sia vero!

Partiti (per sempre?)

Effettivamente i partiti non hanno compreso la portata del problema ed il pericolo che incombe su di loro! I cittadini italiani, a torto o ragione, non vogliono più spendere una lira per i politici, si potrebbero fare ragionamenti sulla necessità di finanziare in qualche modo la democrazia perché non resti preda delle lobbies… ma non è questo il momento. È semplicemente l’ora di azzerare, contentarsi di uno stipendio da parlamentare o da consigliere abbassato al livello di quanto percepisce un insegnante di lettere nella Scuola Pubblica… è una conditio sine qua non, come si fa a non capirlo! Non è il momento di mazzette, di spartizioni di soldi pubblici, nemmeno di vacanze pagate da compiacenti “imprenditori”.

Il Paese sembra aver finalmente elaborato lo schifo cui si è autocondannato con Berlusconi e le sue donnine con i lustrini, con la sua corte di nani e ballerine, con la sua incompetenza globale e la sua irresponsabilità vittimistica e piagnosa. Il vecchio bavoso rattoso dovrebbe rendere conto ad una giuria delle leggi ad personam, dell’istigazione all’evasione, della perdita di decoro di un’intera nazione, del baratro in cui l’ha portata! Monti, l’abbiamo detto in precedenti nostri scritti, non ci salverà perché anche lui malato di liberalismo, ma gli dobbiamo rispetto per il decoro e la dignità riconquistate, per i toni usati che così contrastano con le bestemmie e le parolacce di bossiana e berlusconiana memoria! Monti, ricordiamolo, è come fosse stato nominato comandante della Costa Concordia “dopo” l’urto sugli scogli. Chi ha portato la nave a sbattere resta lo “schettino” di Arcore, a cui però nessuno griderà “torni a bordo, cazzo!”.

La forma serve nei rapporti tra le persone. Rende le idee percepibili a chi ascolta. Come la lingua. Chiamare “zombi”, “morti viventi” gli avversari politici, come fa Beppe Grillo, è un inutile ritorno al passato di cui non vediamo alcun bisogno. Abbiamo ancora nelle orecchie gli strafalcioni di Bossi padre e figli, le pulizie intime con la bandiera italiana, i medi alzati anche se tremuli… Perché non è possibile fare delle proposte, anche rivoluzionarie, ma con un linguaggio che parli di sostanza e non di improperi a questo o quello?

Ma il limite di Grillo non è certo il linguaggio un po’ scurrile, figuriamoci! Oltretutto fa anche ridere, e la risata, alla fine, è sempre distensiva.

Né destra, né sinistra?

Il limite di Grillo è strettamente personale, sta dentro la sua storia, da cui non può prescindere. È stato cacciato dal lavoro, in malo modo, anzi nel peggiore dei modi, col tentativo di farlo “sparire” definitivamente dalla circolazione. Come può un essere umano superare e dimenticare quello che ha dovuto subire? I suoi fantasmi sono morti, come Craxi, oppure invecchiati, come D’Alema. Anche Grillo è ormai vecchio. Questo è il suo limite: non riuscire più a distaccarsi dal passato, anzi lo esorcizza rispolverando un “né destra, né sinistra” che è stata da sempre una furbata intellettuale di chi vuole porsi, più facilmente, in posizione di concorrente, anche se alternativo. Anche la lega, a suo dire, non era né di destra né di sinistra, almeno nel lunghissimo inizio.

Lo slogan può servire a prendere dei voti, come nelle recenti amministrative, basati sull’avversione per l’odiosa casta. Ma “né destra, né sinistra” resta una non verità. Non è né vero, né corretto questo slogan nei confronti di altri cittadini, noi per esempio, che crediamo invece nella sinistra, pur non essendo iscritti ad alcun partito, pur essendo stati tra i primissimi a criticare il Pd, fin dalla sua nascita, e chi ci segue da tempo lo sa benissimo! Accumunarci ai berluscones è un atto di superbia intellettuale e viscerale che ferisce profondamente, perché ingiusto.

Rinfacciarci, come fa Grillo ed alcuni dei suoi, un’appartenenza ideale al valore dell’uguaglianza, o peggio ancora, equivocare furbescamente tra partiti ed ideali, tra uomini vecchi e valori universali è particolarmente ingiusto ed offensivo. Grillo ha fatto propri alcuni dei valori ed obiettivi della sinistra, dall’energia al trasporto, dalla pace alla partecipazione ed alla legalità, dal potere concentrato in gruppi al potere diffuso ecc., li ha svuotati di contenuto ideale (lui dice ideologico, ma la parola “ideologia” è sbagliata nel suo uso corrente: la vera ideologia è dinamica, non come si vuol far credere statica). È un’operazione pericolosa, è come togliere lo sfondo ad un quadro, come trasformare in bianco e nero una foto a colori. Alla fine, dei due colori manichei, la storia insegna che sopravvive solo il nero!

Certo meglio Grillo di Alba dorata. Lui almeno porta avanti un populismo scevro da tentazioni nostalgiche e criminali, incanala la protesta e lo sdegno in forme democratiche… Però non ci spieghiamo come in certe occasioni critiche si lasci sfuggire occasioni di dialogo: a Genova nel ballottaggio ad esempio si confrontavano Marco Doria, vincitore delle primarie del centro sinistra con programma del tutto nuovo, ed Enrico Musso, senatore nominato da Silvio Berlusconi “Schettino”, cioè uno di quelli che ha votato per “Ruby nipote di Mubarak”.

Il caso di Genova

È mai possibile che non si colga la differenza? Che si faccia di tutta l’erba un fascio con un professore universitario estraneo ai partiti, ma scelto democraticamente con delle elezioni primarie, ed un professionista della politica, complice morale del porco di Arcore? 5Stelle non ha appoggiato Doria, è rimasta sul palmizio… a che pro? Rifiutarsi di cogliere le differenze oggettive e incontrovertibili è un atto di superbia, comprensibile e coerente con la storia di Grillo, ma incomprensibile ed ingiustificabile per dei seguaci liberi di poter agire, scegliere e pensare senza condizionamenti personalistici.

Abbiamo letto che per fare il sindaco occorre solo saper amministrare onestamente e far spazzare bene le strade. Non è necessario essere di destra o di sinistra per poterlo fare… Magari fosse così semplice! E quando si tratterà di scegliere tra chiudere o aprire gli asili nido, diminuire o aumentare conseguentemente le tasse comunali, dismettere o rinforzare i trasporti pubblici, privatizzare o municipalizzare la distribuzione dell’acqua e del gas, in base a quale criterio verranno prese le decisioni? Di fronte all’imprevisto o all’emergenza, si chiederà a Grillo il da farsi? Alla “rete”?

Senza una base ideale, quella dell’uguaglianza, che significa – ahimè Grillo! – socialismo, partecipazione e condivisione di idee prima ancora che di soluzioni, si va solo verso il qualunquismo prima, la reazione dopo. Spiace dirlo, ma questo insegna la storia.

Occorrono i colori al mondo, che sono retroterra ideale e culturale, c’è bisogno di ideologia, cioè studio delle idee, che è confronto continuo per agire in maniera coerente su problematiche diverse, cioè fare politica partendo da principi ideali di solidarietà, uguaglianza e lotta di classe (che è la lotta ai privilegi). In Italia non esiste forse più un partito che rappresenti degnamente questa grande speranza di libertà ed emancipazione. Basta poco per prendere ed occupare tale spazio, non è difficile, ma bisogna farlo, senza nascondersi dietro la superbia di un transitorio incolore che alla fine darà solo spazio a qualche opportunista di turno, per la gioia imperitura dei proprietari di farmacie!

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Maggio 2012


Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso


Leggi il commento di Antonio Casolaro

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