Pensiero Meridiano

 

L'umanità ed il socialismo

Editoriale de Il Portale del Sud

La Terra è oggi abitata da sette miliardi di persone. Questo è soltanto un “fotogramma” della situazione che per essere capita meglio, insieme alla sue mille implicazioni, va vista  scorrere come un “filmato” in cui questo numero è in continuo aumento e rinnovamento. I singoli individui entrano in questo novero alla nascita e, da quel momento, si avviano inesorabilmente ad uscirne, sicché in ciascun istante la popolazione mondiale è sempre diversa. Ci sono tratti di tempo in cui c’è contemporaneità tra alcune esistenze, ma si  tratta  di brevissimi istanti se commisurati alle ere geologiche passate e future. Così come anche i sette miliardi stessi diventano pochi e trascurabili rispetto al numero totale di individui che già hanno concluso il proprio ciclo di vita sul pianeta od a tutti gli altri esseri che condividono con noi il  pianeta.

La conseguenza logica che si trarrebbe dalla coscienza dell’infinita trascurabilità dell’individuo rispetto ai numeri ed ai tempi dell’Universo dovrebbe orientarci alla solidarietà, che in natura si traduce in protezione della specie. Dovrebbe predisporci alla uguaglianza sociale ed al progresso condiviso. La Ragione, dote attribuitaci dalla natura non in maniera equanime purtroppo, dovrebbe portarci a capire cosa è importante e cosa è futile, a distinguere, tra tante,  le vie più adatte da percorrere per migliorare le condizioni di vita dell’umanità.

La storia ci insegna che non è così. La ragione non è risultata sufficiente per superare la paura della morte che tormenta ciascun individuo, tanto forte da costringerci al rifiuto della realtà, conducendoci da una parte all’irrazionale sublime, dall’altra alla sopraffazione ed alla violenza. Le forme per esorcizzare il terrore del nulla non hanno niente di razionale, bensì si riducono a crudeli conclusioni, del tipo “Dio ama solo me o al massimo quelli che sono come me o con me”, oppure “mors tua, vita mea”.

La intelligenza umana è stata  a lungo adoperata per organizzare forme di aggregazione tra individui, la cui definizione più moderna è nazione, all’interno delle quali sono state create regole di convivenza basilari (non uccidersi gli uni con gli altri) e di sopraffazione incruenta, quali le suddivisioni in caste, ceti, classi… lasciando i rapporti tra le varie nazioni alla competizione secondo legge del più forte e meglio armato.

Dal ‘700 in poi abbiamo assistito, in contemporanea con la rivoluzione industriale ed i suoi sviluppi, alla nascita delle ideologie che hanno un po’ sconvolto la prassi ancestrale, basata sul signoraggio di pochi sulle risorse vitali (terra, acqua ed aria) e la schiavitù di tanti, il tutto mediato e regolato da una religione terrena, che in nome di una divinità dogmatica, impone precetti di comportamento morale, sociale e civile.

In ogni caso nel mondo occidentale, le disuguaglianze economiche, sia in termini di reddito che patrimoniali, oggi sono enormemente superiori rispetto al passato pre-industriale e pre-democratico. Oggi i  Bill Gates, i Murdoch,  gli Job e, nel loro piccolo, i Berlusconi e i loro pari sono molto più ricchi di qualsiasi nobile dell'ancien régime che basavano la loro ricchezza sul possesso di qualcosa di tangibile, e perciò limitato,  e non di puramente finanziario, cioè illimitato. Ma  è anche vero che i poveri non sono mai stati così poveri rispetto a un tempo in cui, tranne una percentuale (relativamente) irrisoria di mendicanti, ognuno, pur occupando i gradini più bassi della scala sociale, disponeva comunque di un tetto, anche non suo, e poteva contare su una fittissima rete di servitù comuni che gli consentivano di sopravvivere. Anche il servo della gleba  poteva contare su un tozzo di pane e un tetto da dividere con il mulo e le galline.

Il sogno della rivoluzione americana, la prima liberale e liberista, fu quella di creare una società di uguali, dalla cui libera competizione i migliori sarebbero emersi come guida illuminata di tutti. Questo, beninteso, sempre all’interno delle classe dominante di origine anglosassone. In realtà la democrazia liberale di stampo americano  non promuove i migliori ma promuove i mediocri.  Essendo il potere, in linea di principio, accessibile a tutti, si sceglie a maggioranza e la maggioranza sceglie al proprio interno chi la rappresenta al meglio  e quindi inevitabilmente dei mediocri perché la maggioranza, per sua caratteristica intrinseca, non può essere un'élite. Circostanza questa già annotata da Alexis de Tocqueville che ne La democrazia in America,  scritta attorno al 1831,  scrive “Al mio arrivo negli Stati Uniti fui molto sorpreso fino a qual punto il merito fosse scarso nei governanti. Quando voi entrate nell'aula dei rappresentanti a Washington restate colpiti dall'aspetto volgare di questa grande assemblea. Invano voi cercate un uomo celebre, quasi tutti i suoi membri sono oscuri personaggi il cui nome non vi dice nulla”.

La politica americana inoltre è restata sempre quella tipicamente anglosassone: ingerenza, imperialismo, sfruttamento, sopraffazione, rincorsa al profitto a qualsiasi costo, possesso e controllo armato delle fonti di energia e dei luoghi strategici, guerra.

Forse il punto più alto, o quello più appariscente, dell’ideologia liberista è simbolizzato dall’elezione a presidente del nero Barak Obama, e prima ancora dalle innovazioni tecnologiche introdotte dai vari Ford, Gates, Job… Resta da vedere se ciò compensi le masse di diseredati interne ed il gangsterismo internazionale. Resta da giustificare i secoli di segregazione razziale in cui, per esempio, erano proibiti i matrimoni tra bianchi e neri, le scuole miste e perfino i posti sui mezzi pubblici erano discriminanti.

L’altro grande sogno, quello marxista, di una società libera dallo sfruttamento degli uni sugli altri, ha avuto il demerito di una sperimentazione troppo breve, in luogo troppo arretrato, e della precoce distorsione nello stalinismo.

Ma il socialismo resta pur sempre il miglior tentativo ideologico di unire gli uomini, considerandoli tutti uguali, abbattendo tutte le frontiere e le divisioni, alla ricerca di un progresso comune. Resta il più generoso sforzo ideale per liberare l’umanità dalle catene del Mercato e dell’alta finanza, le stesse che proprio adesso ci stanno strozzando, con gran soddisfazione di una classe politica europea del tutto inadeguata, inconsapevole, vecchia e cocciuta.

Dopo la crisi petrolifera degli anni '70 e le sue conseguenze, a partire dagli anni '80 si affermarono due diverse  modalità delle economie nazionali,  due modelli capitalistici distinti, a seconda del ruolo più o meno esclusivo giocato dal mercato rispetto allo Stato e ad altre istituzioni pubbliche e private: il modello renano ed il modello anglosassone.

La competizione, infatti, si gioca sulla capacità di esportazione, di produzione di prodotti flessibili e di qualità, in grado di sottrarsi alla concorrenza di prezzo imposta dai paesi emergenti nei settori a tecnologia matura ed a basso costo del lavoro,  dove si era affermato il capitalismo di tipo autoritario che non riconosce ai lavoratori i diritti ritenuti elementari dalle democrazie occidentali e non sostiene gli investimenti necessari alla tutela dell'ambiente e della salute.

I Paesi più rappresentativi del tipo di capitalismo renano sono Germania, Austria, Svizzera, Olanda e i paesi scandinavi; quelli legati al modello anglosassone sono Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda. Le due realtà si manifestano come nettamente antitetiche: in quella americana ed inglese si applica la legge del mercato, mentre in quella tedesca prevale il principio della solidarietà sociale, anche se a livello strettamente nazionale. Alla luce dei risultati ottenuti pare evidente che il modello renano funzioni meglio.

A ben vedere, con lo sguardo di chi riesce ad abbracciare i “famosi” sette miliardi di individui, che senso ha competere individualmente mettendo a rischio il benessere degli altri? Che senso ha parlare di “libertà”, se si rincorre l’arricchimento inaudito di pochi, se si permette loro di non ridistribuire le rendite parassitarie e, anzi, di comandare su tutti attraverso mercato, spread, bond e tutti i “prodotti” finanziari inventati per speculare!

La libertà, come disse Gaber, un semplice cantautore ma dotato di una chiara intelligenza speculativa, è partecipazione. Non è certo quello che crede Berlusconi, farsi cioè i cavoli propri prendendo il prossimo per fessi, né quello in cui credono Merkel (applicato però alle altre nazioni) o Monti & Fornero (applicato all’Italia) e cioè che la “grande” proprietà privata è sacra ed inviolabile, che l’arricchimento individuale non può e non deve conoscere imiti, che a comandare è il mercato finanziario,  che i ceti subordinati dei lavoratori e dei pensionati debbano pagare (come effettivamente fanno) il 93% dell’imposizione fiscale diretta, affinché “gli altri” possano produrre, o meglio delocalizzare, o meglio ancora licenziare… espellere, cacciare… oh, che orgasmo per un liberista è la semplice affermazione del principio di disporre degli “altri”!

A quel “famoso” spettatore imparziale, quello che dicevamo riesce ad abbracciare il pianeta con un solo sguardo, credete voi che consideri “naturale” la competizione e la sopraffazione in atto in questo mondo ipocritamente liberale? Pensate voi che trovi equo che in una piccola parte del globo, le city di Londra e New York, pochi individui succhino risorse a tutti attraverso i rating?! Noi pensiamo che tutto ciò sia semplicemente pazzesco.

La teoria neo liberista sostiene che se il Pil cresce tutti ci guadagnano, che rimuovere gli ostacoli alla crescita eliminando le regole, rendere il lavoro più flessibile ed i salari più competitivi è nell’interesse di tutti. Ma una disuguaglianza è accettabile soltanto se migliora la condizione anche di chi ha meno, il risultato di questa follia è stato  che all’arricchimento di pochi, soprattutto nella finanza, ha corrisposto un impoverimento della base della piramide sociale, con la perdita della capacità di essere una classe “per se”, una classe con una coscienza propria.  Dobbiamo accettare meno diritti e più flessibilità o la disoccupazione? No, non è così che dovrebbe funzionare!  Invece di diminuire quelli italiani, europei o americani, dovremmo porci il problema di far aumentare i salari dei lavoratori cinesi e indiani, denunciando le condizioni di sfruttamento.

La vera libertà, continuiamo a crederlo, consiste nella partecipazione al progresso sociale collettivo. Il merito va riconosciuto, ma senza creare differenza di classe. La proprietà privata è ammessa, ma non confusa con l’appropriazione indebita e lo sfruttamento sfrenato del suolo e delle sue risorse. La liberazione non può che essere collettiva, di massa, socialista.

Per la stessa ragione, per “liberare” bisogna allargare i confini. In particolare non può farcela da sola l’Italia, dopo la “cura Berlusconi” e le “vitamine Bossi” insozzata come non mai da corruzioni ad ogni livello, appesantita da rendite e privilegi, impresentabile in gran arte dei suoi politici, soggiogata ora al liberismo dei licenziamenti, della recessione, del rimandato fallimento.

Occorrerebbe una presa di coscienza ideologica almeno a livello europeo, per passare a politiche che pongano al centro non l’individuo, ma l’umanità. Un piano energetico europeo basato sulle rinnovabili, ma non sul guazzabuglio legislativo che ora permette praticamente a chiunque di “farsi” la propria pala eolica dove è meno adatto installare. Che ora consente di sottrarre terreni alla produzione agricola perché magari “conviene di più” mettere quattro pannelli fotovoltaici intascando gli incentivi o coltivare mais e frumento  per ricavarne combustibile per il guadagno di pochi e non cibo per sfamare i sette miliardi di persone… Una politica di risanamento del territorio, di valorizzazione del patrimonio culturale ed artistico… Una giustizia civile che assuma le procedure svedesi (per esempio), ed una giustizia penale liberata da formalismi che ne impediscono la rapidità d’azione. Partiti politici che vengano sovvenzionati su base volontaria, magari includendoli - perché no? - nella scelta di destinazione dell’8 per mille… Debiti sovrani europei garantiti dalla BCE che emette i titoli in luogo dei singoli ed indifesi Paesi. Idee in libertà, tanto per partecipare!

Se la Francia saprà far a meno del ducetto Sarkozy eleggendo un socialista, vorrà dire che il cambiamento è una prospettiva in cui riporre speranze. Vedremo. Intanto Berlusconi si appresta a fare il “padre nobile” della Destra; immaginatevi com’è quello ignobile!

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Aprile 2012


Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso


Leggi il commento di Antonio Casolaro

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