Fincantieri,
Castellammare e il Governo Che Non C’è
Editoriale de
Il Portale del Sud
Da quando si è fatta l’Italia unita,
l'industria nazionale ha vissuto e prosperato grazie ad un sistema
economico basato sugli ordinativi statali. Non fu di per sé una cattiva
scelta, anche se contraddittoria rispetto alla matrice liberale
fondativa dello Stato stesso. Con l’avvento della Repubblica, infatti,
il sistema economico statale italiano riuscì a realizzare l’Autostrada
del Sole, la Televisione, portò l’energia elettrica in tutti gli angoli
d’Italia, mentre le flotte pubbliche assicurarono finalmente
collegamenti regolari con le isole. Le famiglie italiane si muovevano
guidando delle piccole Fiat, l’industria privata cresceva, trainata
dalla economia statale e dalle commesse pubbliche. Ci furono sprechi,
intromissioni politiche, scelte discutibili… ma il sistema funzionava,
assicurando lavoro ai giovani e temperando l’opportunismo e le lacune
culturali che gli imprenditori privati italiani si portano dietro come
una tara secolare.
La cantieristica
antesignana della globalizzazione
La politica salvò, intorno al 1970,
la cantieristica privata italiana e la portò in ambito IRI, nella
Fincantieri che progressivamente assorbì tutti i maggiori stabilimenti
prima guidati da privati, da Genova Sestri a Castellammare, da
Monfalcone a Palermo, che avevano rischiato la chiusura ed il
fallimento. Infatti, l'industria navale è da sempre in competizione
mondiale, già da prima della c.d. globalizzazione.
Gli armatori privati hanno sempre
comprato dove conveniva loro, ossia dove la manodopera è meno costosa:
per gli operatori del settore, affidare la costruzione di una nave in
Italia, o in Spagna, o in Giappone, non crea alcun problema, vuol dire
solo far iniziare il nolo da una parte del mondo invece che dall'altra.
Gli aiuti alla cantieristica, presenti in passato, mirarono a colmare la
differenza tra i diversi costi del lavoro, per rimettere cioè in
condizioni di concorrenza i nostri cantieri. Inoltre, vi era l’armamento
pubblico, con varie società (Adriatica, Tirrenia, ecc) che davano
preferenzialmente lavoro ai cantieri nazionali, e che operavano senza
l’assillo del lucro a tutti i costi, avendo compiti anche sociali quali
quello di assicurare i collegamenti con le isole, tramite società
regionali da esse controllate (Caremar, Siremar ecc).
Fino a 10 anni fa, la Marina Militare
Italiana ordinava navi ai nostri cantieri: l’ultimo ordine per una nave
di superficie di nuova costruzione è dell’anno 2000: nave Cavour.
Le commesse pubbliche rappresentavano
per i cantieri nazionali un volano economico per superare le
fluttuazioni di mercato, sempre presenti anche nel settore dei prodotti
ad elevato contenuto tecnologico (piattaforme semoventi, navi da
crociera, navi per trasporti speciali). Le commesse per la Marina
Militare, dal loro canto, consentivano attività di ricerca, sviluppo e
innovazione tecnologica.
Dall’economia di
stato alla… persecuzione giudiziaria
Mentre sul mercato navale si
affacciavano man mano sempre nuovi cantieri di paesi emergenti, l’Italia
di Berlusconi preferiva passare all’economia liberista. L’Europa,
sull’onda emotiva dell’immigrazione extracomunitaria, rinunciava alla
guida socialdemocratica, passando a destra... ma questo è un altro
discorso, torniamo alla cantieristica, dove in pochi anni sono venute
meno tutte le condizioni per operare in maniera industriale e
competitiva e per costruire navi in Italia.
La Marina Militare non ha avuto più
stanziamenti, neanche per sostituire mezzi destinati alla protezione
civile ed alla lotta all’inquinamento, di cui avrebbe estremamente
bisogno. Finiti così i tempi in cui venivano ordinati 16 traghetti per
le “regionali”, o 8 fregate “Maestrale”, la cantieristica ha dovuto
sopravvivere con gli ordini dall’estero, insufficienti per saturare la
capacità costruttiva, proporzionata su un flusso di ordinativi nazionali
(navi mercantili per le compagnie di navigazione di Stato e navi
militari per la MMI). La situazione si sta trascinando da anni, ed i
piani del management Fincantieri sono ora proiettati
all’internazionalizzazione, cioè a costruire all’estero.
La annunciata (paventata?) chiusura
dei cantieri di Castellammare di Stabia (il
più antico d’Italia), Genova Sestri, Riva Trigoso, più il
ridimensionamento delle altre realtà produttive, è stato approvata dal
Consiglio di amministrazione di Fincantieri (i cui membri sono designati
da Tremonti, tra cui c'è il leghista Belsito, resosi celebre per la
capacità di accumulare poltrone) e presentata in via preliminare a
Fintecna, la finanziaria che possiede il pacchetto azionario,
controllata a sua volta da Tremonti, Sacconi, Romano ecc. ecc.
A livello governativo, il piano
industriale era ben noto, e su questo punto non ci deve essere ombra di
dubbio.
La crisi della cantieristica è
pertanto coerente con il passaggio traumatico da un sistema economico
solidale, ad uno spietatamente liberista di stampo berlusconiano.
Bisogna infatti essere coscienti che se si è votato destra (ed il caso
di Castellammare di Stabia è assolutamente emblematico), poi non bisogna
lamentarsi delle chiusure, del precariato, della sanità e scuola
pubblica abbandonate e se stesse. Questi risvolti, per noi negativi,
sono voluti, idealizzati e ideologizzati dal berlusconismo, che li
persegue come risultati nelle sua ottica liberista.
Ricordiamoci che Berlusconi ha
affidato il Ministero dello Sviluppo (Ministero dell’Industria) ad un
losco personaggio prima (lo Scaiola del G8 genovese), poi lo ha tenuto
vacante un anno intero perché gli serviva per scambio di voti, e adesso
lo ha dato a uno qualsiasi pur di assicurarsi la permanenza a Palazzo
Chigi.
Poi ci
meravigliamo che i cantieri chiudono?
Bono, amministratore delegato di
Fincantieri, è stato lasciato solo, non è giusto dare addosso solo a
lui. Montezemolo, D’Amato, adesso anche della Marcegaglia stanno da
tempo denunciando il vuoto assoluto, la mancanza di una politica di
industriale da parte di questo governo. Hanno le loro responsabilità,
per aver creduto a cialtroni come Berlusconi, Bossi e Tremonti (colui
che ha anticipato con le cartolarizzazioni quella finanza creativa che
ha portato alla bolla speculativa ed alla grande crisi). Ma sono stati i
soli a credere alle favole?
Ricordiamoci, vi prego, che questo
spietato liberismo berlusconiano può continuare a far male solo perché
riceve, ancora e nonostante tutto, voti dal Sud. Eppure noi tutti
avremmo dovuto notare che la trave portante del berlusconismo è la Lega
Nord! Che ha già detto che di Castellammare non le frega nulla! Come si
fa ad appoggiare questa destra e non sentirsi di fatto traditori del
Sud, me lo spiegate?
Con l’espressione colorita di
infamità, riferita al voto meridionale a destra, cui ci ha spesso
portato il nostro slancio passionale, forse ingenuo, di amore verso la
nostra terra, abbiamo inteso risvegliare la coscienza e la dignità di
coloro che parteggiano per un sistema politico dichiaratamente
antimeridionale, che fa chiudere il cantiere navale più antico d'Italia.
Votate per il
cambiamento!
Non penso che il piano industriale
verrà messo realmente in pratica e che verranno chiusi tre cantieri, ma
è pur vero che in passato furono chiusi gli stabilimenti adibiti delle
riparazioni navali, però in un contesto politico-sociale ben diverso,
con ristrutturazioni, ricollocazioni e ampie misure di salvaguardia dei
lavoratori.
Oggi quel contesto non c’è. Con la
riduzione dei valori nazionali ed europei e con il trionfo dell’economia
di becero mercato, l’annuncio della chiusura di tre cantieri non è stato
accompagnato da alcun piano alternativo garantito dal governo. Lo ha
deciso una persona sola (in tutti i sensi), il dr. Bono, assumendosene
la responsabilità. Seguirà, sulla pelle dei lavoratori, la speculazione
politica: il ministro che vorrà farsi bello, acquisendo qualche non
dovuto merito nella fase di trattativa con le parti sociali, la Lega che
ha già fatto sapere che difenderà “solo” i cantieri del Nord, ecc. ecc.
State sicuri, però, che il governo
non ci metterà il resto di niente per salvare i cantieri, solo parole.
Come ha sempre fatto Berlusconi da quando è al potere. Vi fa votare per
lui riempiendovi di chiacchiere, vi fa impietosire con suo vittimismo da
perseguitato (in realtà non ha fatto un solo giorno di galera, e
continua a vivere nel lusso più sfrenato e licenzioso delle sue ville).
Vi parla di comunisti… di moschee… di Rom… di pericolosi terroristi
pronti a farvi la pelle, di giudici pazzi che vi arresteranno senza
motivo… vi terrorizza, è il suo mestiere e lo sa fare bene. Poi vi fotte
col precariato e con il “mercato”. Poi vi sfotte tramite la Lega. Poi vi
propone come sindaco un signorsì di Cosentino…
Bisogna dir loro di no. No al declino
morale, civile e industriale dell’Italia e del Sud in particolare, cui
il berlusconismo ci ha portato. Non facciamoci impaurire dai servi
di Cosentino e dai poteri forti filoberlusconiani, tra cui c’è
certamente la camorra, che altrettanto certamente non vota per De
Magistris…
Assumiamoci le responsabilità di
cittadini e cerchiamo il cambiamento, la cui brezza fresca sta
cominciando finalmente a soffiare. Vi prego di partecipare al voto, e di
votare il candidato sindaco progressista De Magistris, uomo libero. Mai
come questa volta, ricordiamoci che siamo tutti sulla stessa barca.
Alfonso Grasso – Il Portale del Sud
Maggio
2011