Unità e separatismo
Se
vi era una cosa di cui l’Italia non aveva assolutamente bisogno, che
anzi avrebbe dovuto aborrire e combattere senza tregua, è di questo
separatismo vile, cialtrone e gretto della Lega nord. Se vi è una cosa
che i meridionali dovrebbero evitare, è di suicidarsi scimmiottandone
idee e comportamenti.
A grandi passi si avvicina l’anno delle “celebrazioni”
del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e, contemporaneamente, si
moltiplicano le iniziative tese a ristabilire una verità storica che,
fino a qualche decennio fa, è stata mistificata per un ovvio interesse
dinastico e per l’ingordigia di una casata, quella dei Savoia, che
coltivò per lunghi anni l'avidità per le casse del Regno delle Due
Sicilie e dello Stato della Chiesa e, successivamente, per i loschi
interessi economici e politici di lobbies affaristiche padaniche e
meridionali
.
Ricordiamo,
per correttezza e ancora una volta, che il Risorgimento non fu un fatto
solo italiano ma si collocò in un contesto europeo, frutto della Grande
Rivoluzione sociale del 1789, nell'ambito dei movimenti
nazional-patriottici del XIX secolo, che aveva lo scopo nobile di
cancellare gli Stati paternalistici, fondati su concezioni proprietarie
del potere. Ebbe un carattere indubbiamente emancipatore a diversi
livelli, da quello economico-sociale a quello politico, a quello
religioso e culturale.
Ma in Italia si andò all'unificazione quando il paese
non era ancora pronto per costituirsi in nazione,
e questo come detto avvenne soprattutto per l’ingordigia piratesca di
Casa Savoia e dei suoi “dignitari”. Una unità perseguita soprattutto per
motivi finanziari da parte di Cavour, essendo il Piemonte alla
bancarotta
, e anche per
l’ambizione di Vittorio Emanuele che, in fondo, pensava di vantare
qualche diritto sul Regno di Sicilia.
In primo
luogo ci fu la mala gestione da parte di Casa Savoia e della classe
dirigente, attratta più che dai nobili
motivi, dallo scintillio dell'oro di Napoli e dalla necessità di
disporre di capitale umano, di braccia da conferire nei vari macelli,
chiamati “guerre d’indipendenza”, del Lombardo-Veneto.
Ci permettiamo inoltre ricordare che si trattava di una classe dirigente
eletta solo dal 2% della popolazione e che rappresentava esclusivamente
gli interessi degli aristocratici per nascita o per censo.
L’annessione
del sud, dopo la passeggiata di Garibaldi, avallata come abbiamo avuto
occasione di dire più volte dall’Inghilterra e dalla Francia come già
era avvenuto per la Repubblica di Genova nel 1811, fu di una brutalità
spaventosa. Dieci anni di repressione con decine e decine di migliaia di
morti civili e la depredazione di tutti i suoi beni
. Quello che ne uscì
fuori fu un paese in ginocchio cui era rimasta come ultima possibilità
vendere le braccia dei suoi figli alla nascente ricchezza del nord.
Oggi la Lega
nord con le sue “grida” continua a riempire la testa vuota dei suoi
elettori con menzogne come quella che il Sud drenerebbe le risorse
realizzate dal Nord. A costoro bisognerebbe innanzi tutto ricordare che
lo squilibrio tra le due aree è stato favorito da un processo di
industrializzazione che si è “caparbiamente ” localizzato quasi
esclusivamente nelle regioni settentrionali a scapito del Mezzogiorno e
ribadire che questo Sud, fu allora ed è tuttora un mercato essenziale
per le imprese produttrici del Nord e, infine, ricordare che i
protagonisti della seconda unificazione del paese e della ricostruzione
nel secondo dopoguerra sono stati proprio gli immigrati meridionali a
Torino, Milano e nelle aree industriali limitrofe che resero possibile
la fortuna delle imprese e degli imprenditori ivi collocate a scapito ed
a spese del Meridione.
Sono passati
150 anni e non solo, è passato anche un ventennio fascista e una guerra
che portò alla eliminazione del regno piemontese e all’esilio dei suoi
prìncipi. Abbiamo avuto la possibilità di costruire, non ricostruire ma
COSTRUIRE, uno stato repubblicano, anzi per essere più precisi una nazione. Se questo non è avvenuto, la colpa va attribuita agli
interessi che unirono nel secondo dopoguerra la borghesia industriale
del nord e la borghesia-aristocrazia agraria del meridione.
Per coloro i
quali, come noi che scriviamo, conservano ostinatamente un’idealità di
solidarietà universale e di uguaglianza al di là di ogni ristretta
frontiera, è sempre stato difficile e limitativo sentirsi italiani.
Inoltre, pur credendo nel vincolo della Costituzione Repubblicana, riconosciamo che esso non è bastato a creare la Nazione italiana.
Ma contemporaneamente non ci sentiamo assolutamente di avallare la
strumentalizzazione della verità storica per soddisfare le velleità dei
separatisti “padanici”, che hanno una visione della società troppo
aliena dalla nostra, basata sulla discriminazione razziale, sulle gabbie
salariali, sullo sfruttamento delle regioni e dei lavoratori del sud.
Del sud italico e del sud del mondo. Non vogliamo avallare il loro
sporco gioco.
Di più:
vogliamo denunciare con forza ed ai quattro venti che i meridionali che
scimmiottano Bossi, o che pecorescamente si inchinano a quel
berlusconismo che è il vero motore di tutto lo sfacelo che ci incalza,
che ai nostri occhi sono nient’altro che traditori. Per quel che conta
il nostro giudizio, li consideriamo degli infami.
La nostra
piccola battaglia è quella di spingere e convincere, grazie alla
conoscenza della verità storica, che non deve fermarsi solo al 1860 e
dintorni, ma deve essere estesa a quanto è successo nei primi anni del
secondo dopoguerra, alla formazione di una Nazione veramente
unita dove non si perpetui lo sfruttamento di una parte sull'altra. Ma
se oggi noi consentissimo ai "padani" di realizzare il separatismo
avremo sicuramente condannato a morte tutto il meridione che da colonia
interna diverrebbe una colonia esterna molto più facile da
sfruttare e sulla quale non varrebbe nessuna legge di salvaguardia dei
diritti dei lavoratori e umani in genere. Ne abbiamo avuto già le
avvisaglie con Pomigliano.
Fara
Misuraca e Alfonso Grasso
Luglio 2010
continua...