PENSIERO MERIDIANO

 

Editoriale de Il Portale del Sud

Unità e separatismo

Se vi era una cosa di cui l’Italia non aveva assolutamente bisogno, che anzi avrebbe dovuto aborrire e combattere senza tregua, è di questo separatismo vile, cialtrone e gretto della Lega nord. Se vi è una cosa che i meridionali dovrebbero evitare, è di suicidarsi scimmiottandone idee e comportamenti.

A grandi passi si avvicina l’anno delle “celebrazioni” del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e, contemporaneamente, si moltiplicano le iniziative tese a ristabilire una verità storica che, fino a qualche decennio fa, è stata mistificata per un ovvio interesse dinastico e per l’ingordigia di una casata, quella dei Savoia, che coltivò per lunghi anni l'avidità per le casse del Regno delle Due Sicilie e dello Stato della Chiesa e, successivamente, per i loschi interessi economici e politici di lobbies affaristiche padaniche e meridionali [1].

Ricordiamo, per correttezza e ancora una volta, che il Risorgimento non fu un fatto solo italiano ma si collocò in un contesto europeo, frutto della Grande Rivoluzione sociale del 1789, nell'ambito dei movimenti nazional-patriottici del XIX secolo, che aveva lo scopo nobile di cancellare gli Stati paternalistici, fondati su concezioni proprietarie del potere. Ebbe un carattere indubbiamente emancipatore a diversi livelli, da quello economico-sociale a quello politico, a quello religioso e culturale.

Ma in Italia si andò all'unificazione quando il paese non era ancora pronto per costituirsi in nazione, e questo come detto avvenne soprattutto per l’ingordigia piratesca di Casa Savoia e dei suoi “dignitari”. Una unità perseguita soprattutto per motivi finanziari da parte di Cavour, essendo il Piemonte alla bancarotta [2], e anche per l’ambizione di Vittorio Emanuele che, in fondo, pensava di vantare qualche diritto sul Regno di Sicilia.

In primo luogo ci fu la mala gestione da parte di Casa Savoia e della classe dirigente, attratta più che dai nobili motivi, dallo scintillio dell'oro di Napoli e dalla necessità di disporre di capitale umano, di braccia da conferire nei vari macelli, chiamati “guerre d’indipendenza”, del Lombardo-Veneto. Ci permettiamo inoltre ricordare che si trattava di una classe dirigente eletta solo dal 2% della popolazione e che rappresentava esclusivamente gli interessi degli aristocratici per nascita o per censo.

L’annessione del sud, dopo la passeggiata di Garibaldi, avallata come abbiamo avuto occasione di dire più volte dall’Inghilterra e dalla Francia come già era avvenuto per la Repubblica di Genova nel 1811, fu di una brutalità spaventosa. Dieci anni di repressione con decine e decine di migliaia di morti civili e la depredazione di tutti i suoi beni [3]. Quello che ne uscì fuori fu un paese in ginocchio cui era rimasta come ultima possibilità vendere le braccia dei suoi figli alla nascente ricchezza del nord.

Oggi la Lega nord con le sue “grida” continua a riempire la testa vuota dei suoi elettori con menzogne come quella che il Sud drenerebbe le risorse realizzate dal Nord. A costoro bisognerebbe innanzi tutto ricordare che lo squilibrio tra le due aree è stato favorito da un processo di industrializzazione che si è “caparbiamente ” localizzato quasi esclusivamente nelle regioni settentrionali a scapito del Mezzogiorno e ribadire che questo Sud, fu allora ed è tuttora un mercato essenziale per le imprese produttrici del Nord e, infine, ricordare che i protagonisti della seconda unificazione del paese e della ricostruzione nel secondo dopoguerra sono stati proprio gli immigrati meridionali a Torino, Milano e nelle aree industriali limitrofe che resero possibile la fortuna delle imprese e degli imprenditori ivi collocate a scapito ed a spese del Meridione.

Sono passati 150 anni e non solo, è passato anche un ventennio fascista e una guerra che portò alla eliminazione del regno piemontese e all’esilio dei suoi prìncipi. Abbiamo avuto la possibilità di costruire, non ricostruire ma COSTRUIRE, uno stato repubblicano, anzi per essere più precisi una nazione. Se questo non è avvenuto, la colpa va attribuita agli interessi che unirono nel secondo dopoguerra la borghesia industriale del nord e la borghesia-aristocrazia agraria del meridione.

Per coloro i quali, come noi che scriviamo, conservano ostinatamente un’idealità di solidarietà universale e di uguaglianza al di là di ogni ristretta frontiera, è sempre stato difficile e limitativo sentirsi italiani. Inoltre, pur credendo nel vincolo della Costituzione Repubblicana, riconosciamo che esso non è bastato a creare la Nazione italiana. Ma contemporaneamente non ci sentiamo assolutamente di avallare la strumentalizzazione della verità storica per soddisfare le velleità dei separatisti “padanici”, che hanno una visione della società troppo aliena dalla nostra, basata sulla discriminazione razziale, sulle gabbie salariali, sullo sfruttamento delle regioni e dei lavoratori del sud. Del sud italico e del sud del mondo. Non vogliamo avallare il loro sporco gioco.

Di più: vogliamo denunciare con forza ed ai quattro venti che i meridionali che scimmiottano Bossi, o che pecorescamente si inchinano a quel berlusconismo che è il vero motore di tutto lo sfacelo che ci incalza, che ai nostri occhi sono nient’altro che traditori. Per quel che conta il nostro giudizio, li consideriamo degli infami.

La nostra piccola battaglia è quella di spingere e convincere, grazie alla conoscenza della verità storica, che non deve fermarsi solo al 1860 e dintorni, ma deve essere estesa a quanto è successo nei primi anni del secondo dopoguerra, alla formazione di una Nazione veramente unita dove non si perpetui lo sfruttamento di una parte sull'altra. Ma se oggi noi consentissimo ai "padani" di realizzare il separatismo avremo sicuramente condannato a morte tutto il meridione che da colonia interna diverrebbe una colonia esterna molto più facile da sfruttare e sulla quale non varrebbe nessuna legge di salvaguardia dei diritti dei lavoratori e umani in genere. Ne abbiamo avuto già le avvisaglie con Pomigliano.

Fara Misuraca e Alfonso Grasso

Luglio 2010

continua...



Gli editoriali del sito sono scritti congiuntamente da Fara Misuraca ed Alfonso Grasso

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