Le pagine della cultura

 

 

Demetra e Kore in Sicilia

di Rosa Casano Del Puglia

Acroliti Demetra e Kore (da toursicilianews.blogspot.it)

 

Omero (?)

"Pungolo acuto, l'angoscia le straziò il cuore;

le sue care mani lacerarono il velo sui capelli fragranti d'ambrosia,

ambo le spalle poscia coprì con vesti scure,

si precipitò sopra terre e mari come san fare gli uccelli, sempre cercando.

Nessuno però volle darle notizie, né dio alcuno, né veruno degli uomini mortali.

Per nove giorni Dea sovrana vagò per la terra, con nelle mani luci accese,

sofferente ricusò l'ambrosia, disdegnò del nettare la bevanda, dolce di miele,

e mai non bagnò le membra."

le radici del mito

Nel Paleolitico una grande dea madre, senza volto, raffigurata con simboli che si sono profondamente radicati nell'inconscio collettivo, ha abitato l'immaginario umano. 

L’insopprimibile esigenza dell’uomo di ricercare un “principio”, una fonte di vita, ebbe come esito la creazione di un archetipo “femminino", una divinità onnipotente, onnisciente, che crea da se stessa, per partogenesi: la Grande Madre, dea senza volto, personificazione sia della Terra, che porta in grembo le messi da cui nasce il nuovo grano, sia della fertilità della donna, la sola a possedere il segreto della vita.

Principio assoluto la “Grande Madre” è la divinità che ispirò le Veneri del Paleolitico e i graffiti rinvenuti in varie grotte, ove è raffigurata con particolari tratti iconografici che, al fine di sottolineare il suo potere di generare, nutrire, ed accudire, enfatizzano gli attributi sessuali femminili e la ritraggono gravida. Una dea partenogenica, che crea dal nulla.

Nel Paleolitico, infatti, l'uomo non era ancora consapevole del suo ruolo nel processo di creazione di una vita, tant'è che agenti fecondanti erano ritenuti i raggi della luna, il vento e le acque come è attestato in alcune tavolette di argilla.

Statuetta di Venere

Col passaggio dal Paleolitico al Neolitico, l’uomo matura la capacità di allevare il bestiame, e di coltivare i campi trasformandosi da “raccoglitore di cibo” in agricoltore; è in questo periodo che prende coscienza del suo ruolo nella creazione di una vita. Si tratta di una rivoluzione epocale che non poteva non ripercuotersi nel mondo delle divinità. La figura dell’antica Madre, senza volto, viene rielaborata, trasformandosi in una divinità poliedrica che si carica di valenze simboliche nuove e assume i volti ora di Signora del destino dispensatrice di vita e di morte, Signora degli animali, Signora della vegetazione; a lei sono legati simboli tratti dal mondo vegetale e animale: frutti, erbe, serpenti, vacche. In India e in Egitto il fiore di loto, nel mondo greco il melograno o la capsula di papavero, fino alla raffigurazione della greca Cerere che tiene in mano un mazzo di spighe. Al confine tra mondo animale e mondo vegetale si pone l’ape, come messaggera della grande madre simbolicamente associata a Demetra, Artemide e Persefone; l’ape simboleggia l’operosità incessante e provvidenziale tipica del femminile, il continuo prodigarsi per nutrire ed accudire.

Nell'agricoltura comincia ad essere preso in considerazione il ciclo delle stagioni, probabilmente, a questo periodo risalgono le prime feste rituali che ne segnano l’inizio e la fine. In questo momento nasce una figura divina maschile: il "paredro” della dea, suo figlio e fecondatore che muore come spirito della vegetazione, per rinascere la primavera successiva.. L'idea di un dio maschile risale approssimativamente al 5° millennio a.C., anche se ancora si tratta di un dio minore, prelude al passaggio dalla società matriarcale a quella patriarcale.

demetra e kore. Il mito

Demetra era figlia di Kronos e di Rhea e sorella di Zeus, da questi ebbe una figlia: Persefone, chiamata anche Kore.

Il mito narra che mentre Persefone raccoglieva fiori, nella pianura sotto il monte Nysa, venne rapita da Ade. Demetra, la madre, cercò la figlia per nove giorni, girando per tutto il mondo conosciuto. Esausta, alla fine, si fermò ad Eleusi, presso il pozzo di Callicoro, per riposare lì prese le sembianze di una vecchia. Vedendola affranta, la figlia del re Celeo, danzò per distrarla, e la portò alla reggia del padre, dove fu accolta con grande benevolenza. In cambio la dea donò a Trittolemo, primogenito del re, un chicco di grano che nessun altro mortale aveva mai visto, e gli rivelò il modo per farlo fruttare, gettando le basi per lo sviluppo dell'agricoltura. Elios, rivale di Ade, rivelò alla dea che la figlia era stata rapita da quest’ultimo e che Zeus aveva deciso di dargliela in sposa. La dea irata, fece appassire ogni pianta e provocò una terribile siccità, minacciando ogni forma di vita. Zeus tentò convincere la dea a riprendere il suo posto, ma lei rispose che non l'avrebbe fatto fino a quando Kore fosse stata costretta a vivere nel mondo sotterraneo. Messo alle strette, Zeus chiese ad Ade di restituire la giovane, Ade acconsentì, ma indusse la fanciulla a mangiare un chicco di melograno, cibo dei morti, di conseguenza, Persefone, avrebbe dovuto trascorrere, almeno una parte dell’anno, nel mondo sotterraneo, proprio come il seme, che vive nel sottosuolo, per germogliare, poi, alla luce del sole e portare frutti. Kore venne quindi restituita alla madre, con la condizione che un terzo dell'anno avrebbe dovuto trascorrerlo con Ade nel regno dei morti. Il ritorno di Kore sulla terra pose fine alla siccità, il grano tornò a germogliare. Questo il mito.

Il ratto di Kore

demetra e kore. all’origine dei misteri eleusini

Alla radice dei misteri eleusini sta la ricerca disperata di Kore da parte della madre, Demetra. Kore altri non rappresenta se non il soffio vitale, colei che dà vita, che fa germogliare, rinascere. Si tratta di riti propiziatori, che simboleggiavano il superamento della morte e la rinascita e comprendevano sia la sepoltura del seme del grano, sia la raccolta. Già nel VII sec. a. C., li ritroviamo attestati nelle fonti, ma sembra che la loro origine risalga tra il XVIII e il XV secolo a.C. Parecchi studiosi concordano nell’affermare che sono di età pre-ellenica, legate al culto delle grandi Dee Madri, presenti in tutto il Mediterraneo da tempi immemorabili.

Alla sua nascita, il rito venne officiato soltanto ad Eleusi, ove sorgeva l’Eleusinio, santuario sacro a Demetra, successivamente si estese a tutta la Grecia perdurando fino al 392 d.C., anno in cui l’imperatore Teodosio lo mise al bando. Nel 396 Eleusi venne saccheggiata dai Visigoti di Alarico, il tempio venne distrutto, 2000 anni di storia cancellati.

I Mysteria erano periodi di festa durante i quali si svolgevano riti atti a consentire agli iniziandi di entrare nell’oscurità della morte di vincerla e di risalire alla luce della vita; ricorrevano due volte l’anno: a metà febbraio (Anthesterion), e da settembre a ottobre (Boedromion).

La festa durava otto giorni, iniziava il 16 di Boedromion (1 ottobre), giorno in cui i puri, cioè gli iniziandi venivano riuniti. Successivamente, con un porcellino destinato al sacrificio, si immergevano in acqua per purificarsi, dopo la catarsi, diventavano membri effettivi della comunità e potevano accedere alla definitiva consacrazione. Il 19 di Boedromion aveva luogo una processione ed un’altra cerimonia di purificazione, la notte era dedicata a danze e canti in onore di Demetra e Kore. Il 20 Boedromion gli iniziandi digiunavano e offrivano sacrifici, chi si accingeva sottoporsi ai misteri non poteva bere vino (probabilmente il rito è anteriore all’introduzione della coltura della vite in Grecia).

Il 21 si dava un banchetto a base di cereali, si beveva il kykeon, bevanda sacra a Demetra, composto da acqua, farina d’orzo e menta, durante il banchetto veniva messo in scena il mito di Demetra e Kore.

La festa raggiungeva il culmine nelle notti tra il 21 e 23 coloro che non erano iniziati dovevano allontanarsi, mentre gli iniziandi si sottoponevano a cerimonie segrete, che si svolgevano nel telesterion, per rinascere simbolicamente. Il rito di iniziazione si concludeva con un grande fuoco ed una luce sfolgorante, gli officianti o mystes recitavano alcune parole sacre: “hye” (piovi) guardando il cielo e “kye” (accogli, porta frutti) guardando la terra.

Mysteria, mystes o mystikos erano termini che indicavano una festa notturna, il rito era segreto, era espresso il divieto di rivelare le forme del culto. Scrive Proclo: “forse per l’indicibilità dell’esperienza (i mysteria) provocano consonanza delle anime con il rito in una maniera che risulta a noi incomprensibile, alcuni iniziandi sono presi dal panico colmi di divino orrore, altri si identificavano con i simboli sacri, abbandonano la loro identità, acquistano familiarità con gli dei”. (Proclo in Remp. II 108).

demetra e kore a Henna

Se la posizione geografica della Sicilia giocò un ruolo di primo piano nel determinare le rotte commerciali dei primi popoli navigatori, sicuramente anche la capacità produttiva dell'Isola, specie nel settore cerealicolo dell' area centro-meridonale, ebbe un peso non trascurabile nel determinarne l'importanza, tant'è che i Romani, dopo le guerre puniche ne fecero una provincia, e, in certi momenti, la loro principale fonte per l'approvvigionamento del grano. Considerando questa condizione era inevitabile, per il "granaio di Roma", non accogliere il mito di Demetra, dea del Grano. Proprio a Enna, nel cuore della Sicilia, il mito e il culto di Demetra e Kore erano profondamente sentiti. Dionigi d'Alicarnasso (Epitome 5, 5) ci informa che Enna, già nel 552 a.C., era abitata dai greci e che la città antica occupava una rocca naturale situata proprio nel centro della Sicilia. Nel 403 a.C., Dionigi il Vecchio conquistò la città, che successivamente passò dalle mani degli agrigentini a quelle dei Cartaginesi per pervenire poi, nel 258 a,C., a quelle dei Romani e infine a quelle degli Arabi e dei Normanni. Due episodi drammatici segnarono l'inizio della decadenza di Enna: il massacro degli abitanti perpetrato a tradimento dalla guarnigione romana, nel 214 (durante la seconda guerra punica), e le due guerre servili che ne segnarono poi il crollo definitivo. Dopo quest'ultimo tragico evento, la città non si riprese più ne è testimonianza la modesta quantità di grano che versava allo stato romano (Cicerone, Verrine II, 3). Dopo la conquista araba, Enna, prese il nome di Kars Janna, deformato in Castrogiovanni, con questo nome è stata indicata fino a tempi, relativamente, recenti quando si ritornò ad indicarla con l'antica denominazione.

Calascibetta (Enna)

Enna, Santuario di demetra e kore

L’acropoli di Enna corrispondeva al luogo ora occupato dal normanno Castello di Lombardia, all’estremità orientale del pianoro; a nord di questo è un roccione lungo circa 60 m, detto Rocca Di Cerere, qui, probabilmente va situato un celebre santuario della divinità, il cui culto aveva reso Enna nota in tutto il mondo antico. In merito non abbiamo fonti dirette, né consistenti evidenze archeologiche ma solo memorie tramandateci da alcuni scrittori; Cicerone ne ha lasciato una descrizione nelle Verrine, a proposito delle ruberie di Verre, scrive: “questi, non potendo asportare le due gigantesche statue di Demetra (la dea greca corrisponde alla Cerere romana) e di Trittolemo, si contentò di impadronirsi della statua di Vittoria, che la dea teneva in mano”; oggi nessuna traccia antica è visibile sulla roccia, ma la localizzazione su di essa del santuario, oltre che da descrizioni antiche, è confermata da una iscrizione con dedica a Demetra, incisa su un masso ai suoi piedi.

Enna, castello Lombardia

Lo splendido panorama, su gran parte della Sicilia centrale, che si gode da questo luogo eccelso, esercita una intensa suggestione che rimanda al mito localizzato in questo luogo, il mito del ratto di Persefone da parte di Ade. Cicerone, che conosceva bene la zona, ce lo racconta così: “Enna è un luogo altissimo e dominante, alla sommità del quale è un pianoro con fonti perenni, a picco e tagliato fuori da ogni accesso. Intorno a essa sono un lago e numerosi boschi, e sbocciano, in ogni stagione, i fiori più belli: lo stesso luogo sembra proclamare il ratto della fanciulla, di cui tanto abbiamo udito parlare, fin da bambini. E, infatti, nei pressi è una grotta rivolta a nord, di profondità incommensurabile, dalla quale, si dice che Ade uscisse fuori all’improvviso col suo carro, e, avendo rapita la vergine la portasse via con sé e subito dopo, non lontano da Siracusa, scomparisse nuovamente sotto terra; in quel punto apparve improvvisamente un lago: qui i Siracusani celebrano feste annuali, con grande affluenza di uomini e donne” (Verrine, II 4.)

È interessante notare come il luogo descritto da Cicerone richiami, inevitabilmente, alla memoria la Dittianna cretese e l’antro di Ditte, sul monte Ida, sede del culto della dea, anche a Creta la Dea viene raffigurata, in posizione eretta su un monte.

demetra e kore a Morgantina

Morgantina si trova nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna. La localizzazione dell’antico centro, fondato, secondo quanto riferisce Strabone, dai Morgeti è rimasta a lungo problematica. Sembra che l’antica città sorgesse a Serra Orlando, ampio pianoro ondulato culminante nella collina di Cittadella. Proprio incuneata tra Cittadella e Serra Orlando, si trova la contrada San Francesco Bisconti, territorio caratterizzato morfologicamente da ripidi e scoscesi terrazzamenti. La zona est di quest’area, prossima al fiume Gornalunga, è occupata da un monumentale santuario costituito da numerosi sacelli cultuali e da edifici utili allo svolgimento dei rituali ctoni, disposti lungo i terrazzamenti. In prossimità non mancano alcune sorgenti, la presenza dell’acqua, nel mondo greco e siceliota, è sempre connessa allo svolgimento del culto ctonio.

I primi scavi archeologici, iniziati nel 1979, hanno evidenziato una complessa articolazione planimetrica, il santuario, infatti, si sviluppa, a diversi livelli, lungo un pendio; sembra essere sorto alla fine del VI secolo, mentre la continuità del culto è testimoniata fino al III sec a.C. Il materiale archeologico rinvenuto fa supporre tre fasi di vita: la prima, testimoniata da deposizioni votive di età arcaica, da riferire a culti ctoni praticati all’aperto; la seconda di età classica, in questo momento si sarebbe avuta la monumentalizzazione dell’area e la costruzione dei primi “naiskoi”. Sporadiche presenze di età romana caratterizzano la terza fase e documentano la frequentazione del santuario fino alla fine del I secolo d.C.

Tra il 1987 e il 1989, in seguito alle indagini giudiziarie intraprese dalla procura di Enna, in ragione del fatto che al Museo Getty di Malibu erano comparsi diversi acroliti in marmo, provenienti sicuramente da Morgantina, ebbe luogo una nuova campagna di scavi. (Già nel 1977 erano stati segnalati devastanti scavi clandestini).

Nel 2002, momento in cui il governo italiano portava avanti una trattativa con gli Stati Uniti, finalizzata a tornare in possesso dei famosi acroliti arcaici in marmo, provenienti dal suolo di Morgantina e, raffiguranti certamente Demetra e Kore, la Soprintendenza di Enna e l’assessorato regionale ai BB.CC., con l’intento di acquisire dati utili a dimostrare la provenienza siciliana di quei marmi, danno inizio a una nuova campagna di scavi, avviata nel 2002, nel terrazzo settentrionale.

Acroliti

È opportuno ricordare che il santuario di Morgantina si sviluppa lungo un pendio che presenta tre terrazzamenti, in ognuno dei quali sono ancora visibili diversi sacelli, adibiti al culto.

Il dato archeologico più significativo, che è emerso ha rivelato due fasi di vita nel sacello B; risulta, infatti, che le fondazioni dell’edificio erano poste al di sopra di quelle di un naiskos più antico, di dimensioni più ridotte. Questo autorizza a pensare che i primi sacelli votivi fossero sorti già nella seconda metà del VI sec. a.C.(prima fase edilizia) Sul pavimento di questo naiskos più antico sono stati rinvenuti: una statuetta fittile, un ago in bronzo, frammenti di statuette di offerenti con porcellino. [1]

Ago bronzeo

La seconda fase edilizia del naiskos corrisponde alla realizzazione di un sacello di forma rettangolare, in questo momento le strutture murarie precedenti vengono obliterate, viene costruito un nuovo pavimento; il materiale usato per questa nuova pavimentazione costituisce un ottimo indicatore cronologico che permette di collocare l'intervento in piena epoca ellenistica.

Nel, terrazzo mediano, dedicato alle cerimonie all'aperto, è stato rinvenuto un altare di forma circolare con botros centrale, attorno a questo numerose deposizioni votive e tracce di bruciato. Questo terrazzo costituisce il “cuore idelogico” del culto alle divinità ctonie, lo sottolinea tra l'altro anche la centralità strutturale dell'area. In esso aveva luogo il momento più significativo del rito, che consisteva in una "processione” notturna con ceri e spighe tra le mani, seguendo un percorso ascensionale tra le scoscese balze collinari; il momento più importante consisteva in una sosta attorno all'altare di forma circolare. Qui, infatti sono stati rinvenuti phialai bronzee del tipo rinvenuto ad Agrigento, piccole olpai e lucerne. Sono evidenze archeologiche che consentono la ricostruzione di un rituale che comprendeva anche pasti collettivi, seguiti dalla deposizione del vasellame utilizzato, a dimostrarlo è una grande quantità di coppe miniaturistiche rinvenute impilate e capovolte.

Nel terrazzo tre si trova un temenos, anche questo di forma circolare, che è stato, per tanti versi, la chiave di lettura utile a interpretare la funzione di questo spazio cultuale. L'interno dell'edificio, di dimensioni notevoli, è costituito da un grande botros ricco di depositi archeologici tra cui numerose figure di offerenti, questi rinvenimenti fanno pensare che l'area sia stata destinata per lungo tempo o alla rideposizione votiva delle ceneri e delle offerte provenienti dalla sgombero periodico dei materiali consacrati, o alle offerte votive spesso associate ai resti del pasto rituale.

La Dea di Morgantina: Afrodite, Demetra o Kore?

Restituita all’Italia nel 2002, questa scultura del V sec. a.C. rilancia ancora oggi e con prepotenza interrogativi sull’identificazione del personaggio. A contendersela sono Afrodite, Demetra e Kore. Si era in un primo momento affermata la convinzione che la scultura identificasse Afrodite, ma l’ipotesi è stata confutata da alcuni specialisti che hanno sottolineato come alla dea di Morgantina manchi quella prorompente sensualità, quel chitone maliziosamente scivolato sulla spalla che caratterizzano tutte le sculture di Afrodite. La fisicità matura della dea di Morgantina, lontana dalla snellezza giovanile della dea dell’amore, ha orientato la ricerca su Demetra o Kore e tra queste due: sembra che la prepotente fisicità, ed il movimento della figura alludano a Demetra, scolpita nel momento in cui si lancia alla ricerca disperata di Persefone. Del resto l’ipotesi resta convincente in quanto Demetra che insegue la figlia rapita da Ades costituisce il nucleo centrale del mito.

Dea di Morgantina con segni di archeomafia

demetra e kore a Gela

Nella vasta area della Sicilia centro-meridionale, si era insediata, nel VII sec a.C., una colonia rodio -cretese; è noto che a Creta, dove l'agricoltura, in quel secolo, era già conosciuta, il culto della Grande Dea Madre, Dittianna per loro, Rhea madre di Demetra, per i popoli ellenici, era profondamente sentito. Attraverso i rodio - cretesi prima e i greci dopo il culto di Demetra si radicò profondamente e si diffuse capillarmente anche in Sicilia e, in modo particolare, in quelle aree feraci di messi che facevano della Sicilia una delle terre più note per la produzione di grano.

Erodoto scrive che Teline, discendente dall'ecista rodio-gelone, era sacerdote di Demetra ed in seguito ad un episodio di lotta intestina tra le fazioni di Gela sarebbe stato costretto a fuggire dalla città, ove poi sarebbe ritornato grazie al carisma del suo prestigioso sacerdozio. Questo episodio si colloca verso la metà del VI sec. a.C., momento di crescita per Gela e della costruzione del primo edificio in pietra: il santuario tesmoforico di Bitalemi.

La Gela arcaica aveva la sua acropoli sul versante orientale della collina, in località Molino a Vento; se di questo primo nucleo poco ci rimane, parecchie testimonianze abbiamo ancora circa le aree sacre extraurbane, site sulle pendici meridionali della collina. Di particolare interesse risulta il complesso di Predio Sola, nato in un primo momento( VII sec. a.C.), come culto sub divo e officiato poi in un sacello a partire dal VI sec. a.C.. Dalla tipologia delle offerte votive si evince che la divinità venerata era indubbiamente Demetra alla quale, in territorio geloo, erano dedicati altri santuari come quello presso lo scalo ferroviario e l'altro in località Carrubbazza.

Altare circolare

Ma il più importante santuario della dea eleusina si trova sulla riva sinistra del fiume Gela, esattamente su quella collinetta che reca il nome di Bitalemi, dalla chiesetta della Madonna di Betlemme che la sovrasta. Si tratta di un santuario antichissimo che ha restituito anche testimonianze indigene che, sicuramente non indicano una preesistenza di culto locale, ma solo una frequentazione sicula coeva a quella greca. Questo santuario comprende resti di piccoli edifici della metà del VI sec. a.C., creati dopo una prima fase di culto all'aperto e, ricostruiti nel V sec a.C. e inoltre una stratificazione ricca di deposizioni votive spesso sigillate in vasi capovolti e infissi nel terreno sabbioso. Non meno significativi sono i doni votivi di idrie, che troviamo sempre collegate al culto di Demetra, e il frammento di un vaso attico del V sec a.C. con l'iscrizione: “hiarà tesmophoro ek tas Dikaios skanas” cioè: “sacro a Demetra tesmophoros dalla tenda di Dikaios". L'iscrizione è fino a questo momento la prima testimonianza archeologica ed epigrafica del rituale delle tesmophorie, feste durante le quali le donne (in questo caso) Dikaios ) solevano isolarsi all'interno di una tenda. Il santuario ha rivelato strati che giungono alla conquista di Cartagine 405a.C. È probabile che il culto, nonostante l'abbandono di Gela, sia proseguito a lungo fino ad epoca cristiana, tutto lascia supporre che la Madonna di Bitalemi sostituiisca l'antica venerazione di Demetra.

Demetra a Gela

demetra e kore ad Agrigento

Akragas, odierna Agrigento, venne fondata nel 528 a.C., da coloni rodio–cretesi di Gela guidati dagli ecisti Aristonoo e Pistilo. Quella vasta area della Sicilia meridionale, ove sorge Agrigento, era abitata, come si apprende dalla tradizione, dai Sicani presso cui non si esclude, a dire degli specialisti, il culto di divinità ctonie e delle acque; culto che sicuramente si è ancor più radicato con l’arrivo dei cretesi, venuti in Sicilia con Minosse, a questi ultimi si attribuisce uno dei più grandi santuari dell’Isola :quello delle “Meteres”, che assieme a quello dei Palici, presso Mineo, e a quello di Demetra e Kore, a Enna, fu uno dei poli essenziali della vita non solo religiosa ma anche economica e politica delle prime popolazioni della Sicilia centrale. Ma sicuramente il culto di Demetra e Kore penetrò in Sicilia attraverso i Greci, nel periodo della precolonizzazione prima e della colonizzazione dopo. Il santuario rupestre di Agrigento, è, per la sua singolare struttura, uno dei più complessi tra quelli della Sicilia, tant’è che, ancora in periodo relativamente recente, era chiamato “casa delle fonti”. Per fare un po’ di chiarezza è necessario tenere presente che si tratta di un antico impianto per l’adduzione delle acque, senza però tralasciare che, fino ad età ellenistica avanzata, in Grecia è impossibile dissociare funzioni sacrali e funzioni utilitarie nei complessi idraulici, soprattutto se sorti in età arcaica o classica.

Il grande santuario rupestre è costituito da due grotte in parte ricavate, in parte addossate alla parete a picco sul dorsale est della Rupe Atenea, da queste due cavità, attraverso una tubazione in cotto, l’acqua si incanalava verso l’esterno riversandosi poi in apposite vasche. A nord delle grotte si trova un tunnel, interpretato come sostituto delle originali condutture costituite dalle grotte.

Addossato alle due cavità si trova un edificio, una stanza divisa in due piani, non perfettamente allineati sullo stesso asse verticale. Nel piano superiore si raccoglievano in preghiera i pellegrini, quello inferiore fungeva da cisterna raccogliendo le acque sgorganti dalla grotta destra. Al di sotto della vasca inferiore si riscontrano, lungo il pendio, a vari livelli, altre cisterne intercomunicanti.

L’edificio addossato alla grotte presenta poderose mura sormontate da una semplice cornice e arricchite da protomi leonine. Sul lato a valle è la terrazza sulla quale è costruito il santuario, è delimitata da un muro di cinta, l’accesso è favorito da due strade, scavate nella roccia e da qualche gradino.

Sul lato nord del tempio sono due altari circolari, uno per i sacrifici, l’altro, che presenta una cavità centrale, per le offerte votive. Il ritrovamento, nell’area, di busti fittili e statuette tipiche del culto di Demetra insieme alla forma circolare tipica degli altari della dea eleusina consentono di attribuire il santuario alla coppia delle divinità infere, tanto popolari, sia a Gela che nella sua colonia Agrigento. da poter fare affermare a Pindaro che Agrigento era un vero e proprio “Persephonas hedo” trono di Persefone.

La struttura della fontana, sicuramente progettata da Feace, ha subito continui restauri ed aggiunte almeno fino all’epoca ellenistica. Il ritrovamento di ceramiche indigene anteriori al 528 a.C., data di fondazione di Agrigento, conferma l’uso della fonte in età protostorica, fatto che avvalora la tesi secondo cui l’aspetto religioso non era disgiunto dallo sfruttamento utilitaristico della preziosa fonte del bene primario sia per gli autoctoni che per i coloni greci. A questo riguardo non si può parlare di sincretismo religioso ma di una continuità d’uso tra fase pre-greca e fase coloniale. Recenti studi di Waele tendono a datare la struttura della fontana al l’inizio del v sec. a.C. collegandola all’intensa attività idraulica del greco Feace, con restauri che si protraggono fino ad epoca ellenistica.

Agrigento, chiesa di San Biagio

Le feste dedicate a demetra e kore

Diverse erano le feste dedicate alla dea eleusina e alla giovane Persefone.

Le Tesmophorie celebravano Demetra Tesmophoros o legislatrice. Diodoro Siculo scrive che Demetra era detta tesmophoros perché aveva inventato oltre all’agricoltura, le prime leggi sociali. Quindi dea che, in quanto protettrice della legge, veniva invocata nei giuramenti. Il culto derivava dall’idea di fecondità della terra messa in rapporto con la maternità, Demetra legislatrice rappresenta la legge dell’unione coniugale. Lo stesso storico ci informa che durante i festeggiamenti si usava un linguaggio scurrile finalizzato a suscitare il sorriso della Dea .Ancora a proposito di Demetra Ateneo scrive che in quella festa, a Siracusa, si preparavano dolci, con miele e sesamo, raffiguranti i genitali femminili per offrirli alla dea come simbolo di maternità, a queste feste partecipavano solo le donne.

Ancora c’erano le feste dell’Anodos, che ricordavano il ritorno di Kore dall’Ade. Nelle sculture Kore è ritratta sul carro assieme alla madre che la porta via.

La Katagoge invece rievocava la discesa di Kore nell’Ade.


Glossario

Philiai = piatti greci poco profondi utilizzati per bere e per le libagioni.

Protome = Elemento decorativo costituito dal busto o dalla sola testa di un uomo o di un animale.

Olphai = vasi panciuti con una sola ansa.

Idria = vaso greco usato per contenere acqua.

Temenos = santuario o recinto sacro, che poteva essere costituito dalla cella dov’era la statua del nume e dai tesori.

Sacello = Luogo sacro recintato.


Bibliografia

  • Rizzo V. Akragas, in Kokalos, XXI-1978

  • Coarelli F. Sicilia Ed. Laterza

  • Rangoni L. La Grande Madre Xenia

  • Kerenyi K. Miti e Misteri Torino 1980

  • Perrera S. La Grande Dea Como 1987

  • Bachofen J. il matriarcato Torino 1988


Nota

[1] Vale la pena ricordare che nei misteri eleusini, dedicati a Demetra, la festa cominciava il 16 Boedromion (1 ottobre) giorno in cui si radunavano gli iniziandi. Il giorno successivo, costoro accompagnati da mistagoghi si recavano alla baia del Falero per essere purificati e al grido di "Halade mystai" (iniziandi al mare) si immergevano in acqua con un porcellino, che poi veniva sacrificato alla dea.


Articolo inviato dall'autrice al Portale del Sud, che la ringrazia, nel mese di luglio 2012. Vietata la riproduzione, anche parziale, del testo e delle immagini.

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