Recensione di Domenico Mingione
"Mal pagato, male alloggiato, mal nutrito, schiacciato da un lavoro
soverchio che esercita nelle condizioni più insalubri, per il contadino
[del Sud] ogni consiglio di risparmio è un'ironia; ogni legge che lo
dichiari libero e uguale ad ogni altro cittadino, un amaro sarcasmo",
così scriveva Sidney Sonnino, riferendosi alle condizioni dei contadini
del Sud e delle isole, dove era assente l'industria, il commercio era
ridotto e le vide di comunicazione non erano più praticabili; il tutto a
causa di un sistematico sfruttamento dei "baroni". Tale stato di
cose era nato a seguito della "invasione" dei savoiardi e del loro
malgoverno. Continua Sonnino: "[...] il nome d'Italia suona leva,
imposte, prepotenze delle classi agiate. [...] Nella classe che
sta sopra di lui, [il contadino] ravvisa gente che abusa di ogni
mezzo per opprimerlo e per costringerlo a dare il suo lavoro sempre a
minor prezzo".
Nelle parole del Sonnino si può prefigurare la denuncia insita nel
lavoro di Angelo D'Ambra, il quale attraverso una certosina ricerca
d'archivio, propone una documentazione che pochi, per non dire
pochissimi, si prenderebbero la briga di andare a consultare, per
rendersi conto di ciò che il nuovo governo, quello della nuova Italia,
cioè dell'Italia unità, avrebbe poi perpetrato a danno delle classi meno
abbienti; queste non avevano il danaro per acquistare "quelle terre"
(come scrive il napoletano Pasquale Villari), che "in un modo o
nell'altro andarono ad accrescere i vasti latifondi dei grandi
proprietari".
Il brigantaggio postunitario nell'immaginario collettivo assume i
connotati di una "protesta selvaggia e brutale della miseria", come
scrisse Giuseppe Massari nel 1863; a noi invece, come dice D'Ambra, a
seguito di tante ribellioni a violenze gratuitamente perpetrate da parte
dei Savoia, il cosiddetto brigantaggio appare come la giusta risposta,
peraltro senza favorevole esito, all'arroganza sabauda, a tanta cattiva
amministrazione e a tante prepotenze volute dal vincitore contro i
deboli.
Il libro di D'Ambra propone una nuova lettura del "brigantaggio", che
viene visto non tanto come il vendicatore delle ingiustizie subite dai
contadini e dall'intera popolazione poco abbiente, ma soprattutto come
una ribellione ad un'impresa (quella dei Savoia) di stampo coloniale,
che peggiorò di gran lunga le condizioni di vita del Meridione. Non a
caso il duca di Maddaloni, Marzio Francesco Proto Carafa Pallavicino,
deputato al primo Parlamento Italiano, il 6 novembre 1861, sollevò una
storica e inascoltata mozione d'inchiesta a Torino (all'epoca capitale
d'Italia), coraggiosamente denunciando: "[...] tutto si fa venir dal
Piemonte, persino le cassette della posta, le carte per gli uffici
[...] Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose;
burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente ben più
corrotta degli antichi burocrati napoletani [...]". I Savoia avevano
trovato l'Eldorado nel Sud, a scapito del popolo.
Il libro di D'Ambra dimostra come il fenomeno del "brigantaggio" abbia
coinvolto ampi strati della popolazione e come sia stato messo alle
strette dalla repressione violenta ed irrispettosa degli orientamenti
della maggioranza del popolo... Uno dei principi della riflessione di
Tucidide, autore greco del V sec. A.C., era la relatività della nozione
di "giusto": "[...] nelle discussioni tra gli uomini ciò che è giusto
funge da metro di giudizio solo se fra le parti vi è un uguale stato di
necessità, altrimenti i più potenti vanno avanti per quanto possono, e i
più deboli cedono altrettanto" (Storia, V, 89). Tucidide intendeva
che i vincitori fanno le leggi e la storia... I vincitori savoiardi in
quanto tali hanno chiamato briganti coloro che si sono ribellati o hanno
reagito alle violenze; ma, come sarebbero stati etichettati i "briganti"
se questi ultimi avessero storicamente avuto ragione dei Savoia? Forse
patrioti? Il lavoro di Angelo D'Ambra propone questa o simile lettura.
Domenico Mingione |