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Il brigantaggio postunitario in Terra di Lavoro

di Angelo D’Ambra

Edizioni Delta 3, Napoli, 2010

Recensione di Domenico Mingione

"Mal pagato, male alloggiato, mal nutrito, schiacciato da un lavoro soverchio che esercita nelle condizioni più insalubri, per il contadino [del Sud] ogni consiglio di risparmio è un'ironia; ogni legge che lo dichiari libero e uguale ad ogni altro cittadino, un amaro sarcasmo", così scriveva Sidney Sonnino, riferendosi alle condizioni dei contadini del Sud e delle isole, dove era assente l'industria, il commercio era ridotto e le vide di comunicazione non erano più praticabili; il tutto a causa di un sistematico sfruttamento dei "baroni". Tale stato di cose era nato a seguito della "invasione" dei savoiardi e del loro malgoverno. Continua Sonnino: "[...] il nome d'Italia suona leva, imposte, prepotenze delle classi agiate. [...] Nella classe che sta sopra di lui, [il contadino] ravvisa gente che abusa di ogni mezzo per opprimerlo e per costringerlo a dare il suo lavoro sempre a minor prezzo".

Nelle parole del Sonnino si può prefigurare la denuncia insita nel lavoro di Angelo D'Ambra, il quale attraverso una certosina ricerca d'archivio, propone una documentazione che pochi, per non dire pochissimi, si prenderebbero la briga di andare a consultare, per rendersi conto di ciò che il nuovo governo, quello della nuova Italia, cioè dell'Italia unità, avrebbe poi perpetrato a danno delle classi meno abbienti; queste non avevano il danaro per acquistare "quelle terre" (come scrive il napoletano Pasquale Villari), che "in un modo o nell'altro andarono ad accrescere i vasti latifondi dei grandi proprietari".

Il brigantaggio postunitario nell'immaginario collettivo assume i connotati di una "protesta selvaggia e brutale della miseria", come scrisse Giuseppe Massari nel 1863; a noi invece, come dice D'Ambra, a seguito di tante ribellioni a violenze gratuitamente perpetrate da parte dei Savoia, il cosiddetto brigantaggio appare come la giusta risposta, peraltro senza favorevole esito, all'arroganza sabauda, a tanta cattiva amministrazione e a tante prepotenze volute dal vincitore contro i deboli.

Il libro di D'Ambra propone una nuova lettura del "brigantaggio", che viene visto non tanto come il vendicatore delle ingiustizie subite dai contadini e dall'intera popolazione poco abbiente, ma soprattutto come una ribellione ad un'impresa (quella dei Savoia) di stampo coloniale, che peggiorò di gran lunga le condizioni di vita del Meridione. Non a caso il duca di Maddaloni, Marzio Francesco Proto Carafa Pallavicino, deputato al primo Parlamento Italiano, il 6 novembre 1861, sollevò una storica e inascoltata mozione d'inchiesta a Torino (all'epoca capitale d'Italia), coraggiosamente denunciando: "[...] tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, le carte per gli uffici [...] Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose; burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani [...]". I Savoia avevano trovato l'Eldorado nel Sud, a scapito del popolo.

Il libro di D'Ambra dimostra come il fenomeno del "brigantaggio" abbia coinvolto ampi strati della popolazione e come sia stato messo alle strette dalla repressione violenta ed irrispettosa degli orientamenti della maggioranza del popolo... Uno dei principi della riflessione di Tucidide, autore greco del V sec. A.C., era la relatività della nozione di "giusto": "[...] nelle discussioni tra gli uomini ciò che è giusto funge da metro di giudizio solo se fra le parti vi è un uguale stato di necessità, altrimenti i più potenti vanno avanti per quanto possono, e i più deboli cedono altrettanto" (Storia, V, 89). Tucidide intendeva che i vincitori fanno le leggi e la storia... I vincitori savoiardi in quanto tali hanno chiamato briganti coloro che si sono ribellati o hanno reagito alle violenze; ma, come sarebbero stati etichettati i "briganti" se questi ultimi avessero storicamente avuto ragione dei Savoia? Forse patrioti? Il lavoro di Angelo D'Ambra propone questa o simile lettura.

Domenico Mingione

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