Il re di Francia Carlo VIII, erede dei diritti angioini, sceso in Italia senza incontrare resistenza, fa il suo ingresso trionfale a Napoli il 22 febbraio 1495.
Contro Carlo, che rompe il fragile equilibrio italiano, si coalizza un'alleanza organizzata da Ferdinando il Cattolico, re d'Aragona e consorte di Isabella di Castiglia. Segue una breve restaurazione aragonese, mentre Venezia occupa i principali porti pugliesi, che tiene fino alla sconfitta di Agnadello (1509).
Si apre una stagione dura, in cui tutta l'Italia è ridotta a terra di conquista per gli stati europei. Dopo Carlo, è la volta di Luigi XII di Francia, che, stipulato un trattato segreto di spartizione del regno con Ferdinando il Cattolico, costringe alla resa gli aragonesi.
Tradito da un consanguineo, Federico d'Aragona trasferisce tutti i diritti a Luigi XII, tramutando la precedente alleanza tra Francia e Spagna in aperto conflitto. Tra il 1502 e il 1504, il Sud subisce una serie di gravi devastazioni. I francesi, vengono sconfitti in più riprese da Consalvo di Cordoba, alla guida delle truppe spagnole: a Cerignola, dopo la famosa disfida di Barletta, ed a Seminara. Sono definitivamente allontanati dal Regno ed il 14 maggio 1503 Consalvo entra in Napoli.
Il conflitto franco-spagnolo, che si protrae con il re di Francia Francesco I e il re di Spagna Carlo V d'Asburgo, consolida il predominio spagnolo in Italia. A Carlo succede Filippo II, che continua a governare l'Italia del Sud con i vicerè. Dei due parlamenti l'unico con un reale potere è quello siciliano. Napoli e Palermo conoscono una grande ma disordinata espansione. Ogni tentativo di introdurre l'Inquisizione spagnola incontra un'opposizione compatta in tutta la popolazione. Si va verso un periodo di generale decadenza, dovuta alla progressiva diminuzione d'importanza del bacino mediterraneo e al ruolo subalterno di colonia cui il Sud è ormai condannato.
I fermenti antispagnoli riemergono nel secolo successivo, per la pressione fiscale. Tra le rivolte, la più celebre è quella di Masaniello. Iniziata a Napoli il 7 luglio 1647 in seguito all'ennesima tassa, si diffonde rapidamente in tutto il regno. Coglie l'occasione propizia Enrico di Guisa, duca di Lorena, che appoggia la rivolta ed è riconosciuto capo della città, mentre la Francia di Mazarino, che tesseva trame eversive con Tommaso di Savoia, resta a guardare. La situazione si normalizza l'anno seguente: la vittoria di Luigi XIV a Lipari contro spagnoli e olandesi, cui si associa la ribellione di Messina (1674), non muta gli equilibri, come ribadisce la pace di Nimega.
La guerra di successione spagnola sconvolge l'assetto dell'Italia meridionale. Un esercito austriaco attraversa, nel 1707, la penisola e si impadronisce senza fatica del Mezzogiorno. Con gli accordi di Utrecht e Rastadt, è proprio Carlo VI del ramo austriaco degli Asburgo a impadronirsi di Napoli e della Sardegna, mentre la Sicilia passa a Vittorio Amedeo II di Savoia, che acquisisce il titolo regale.
Il cardinal Alberoni, che agisce per conto della regina Elisabetta Farnese, moglie di Filippo V, primo monarca spagnolo della dinastia dei Borbone, cerca di riacquistare i territori perduti in Italia, occupando Sicilia e Sardegna (1717- 8), ma la Quadruplice Alleanza sconfìgge in acque siciliane la flotta spagnola, ristabilendo col trattato dell'Aja la situazione precedente. L'unica variante è costituita dallo scambio tra austriaci e piemontesi della Sicilia e della Sardegna. Lo scontro tra i grande antagonisti Asburgo e Borbone prosegue durante la guerra di successione polacca (1733-8). Sconfitti gli austriaci presso Bitonto, il Regno di Napoli e la Sicilia vengono occupati dalle truppe borboniche franco-spagnole e passano, con la pace di Vienna, al figlio di Filippo V, Carlo di Borbone. Con la pace di Aquisgrana che segue la guerra di successione austriaca (1740-8), si apre per la penisola italiana un cinquantennio di pace. |