Questo romanzo d’esordio di Claudio
Comandini è ambientato nell’hinterland di un’ ex provincia ormai logora
di troppi eventi o, altrimenti, svanita tra ricordi di dolce vita. Nel
cuore di quello che un tempo fu, nonostante tutto, anche impero, si
anima, accanita e puntuale, una penna (o tastiera che si voglia) pronta
a scandagliare ricercando ogni possibile riferimento ormai inesistente
nel suo essere licenziosa e irriverente. Una scrittura canalizzata in un
fondo, quello di un Basso Impero che, attraverso secoli ricolmi
d’intrighi e cortigiane, si avvicenda ancora, longevo e implacabile,
espletandosi in tutto il suo più infimo degrado. Siamo agli sgoccioli
del Novecento, corre l’anno 1994 e l’Italia conosce il suo primo governo
Berlusconi. Comandini, per l’occasione, trova due date intense ed
evocative per meglio rimarcare la sua narrazione, quella del 25 aprile e
quella dell’ 8 settembre: dalla liberazione all’armistizio. Con questa
stessa sequenza, traccia principio ed epilogo di tutti gli accadimenti
che si susseguono nel suo libro. Sono eventi racchiusi in un diacronico
accavallarsi di sequenze che imperversano, ma non a caso, rappresentando
una stagione rissosa, persino dolorosa e nondimeno provocatoriamente
spassosa. Sono mutamenti che toccano anche luoghi disconnessi nella
memoria, davanti una televisione spenta che parla e un calendario senza
giorni penzolante sul muro.
C’è un bar che anima il tutto insieme
alla piccola comunità che vi bivacca intorno. Dentro ci scorrono i
personaggi del luogo, con le loro singolari vicissitudini, che si
alternano in un comune vivere divenuto inconsulto. Ci sono Ludovico,
Porkospin, Cecco lo sciamano, il grande amico Eugenio e le “femmine”
che, sebbene qui vengano meno come tematica portante, prendono qua e là
il sopravvento, fino ad occupare letteralmente un’intera pagina
attraverso i loro attributi più intimi. Attributi dove lasciarsi andare
in elucubrazioni mitologico-filosofiche con voluttuosità canzonatorie;
cavalcare ardite fantasie per stordirsi nell’esperienza e galoppare,
dopotutto, sul “fondo”. Bukowski che fa capolino, ma qui abbondano anche
androgeni transessuali. L’amore c’è, mai scritto maiuscolo eppure totale
ed incondizionato: è quello sentito per Serena. Ishtar è la loro gatta
invalida, trovata in fin di vita, dentro un cassonetto dei rifiuti, sarà
lei la loro complice e più diretta testimone. In questo “basso impero
dove solo i servi hanno potere” compare, in primis, Jim Morrison, ci
parla in greco e scivola sulle labbra “aspirapolvere” delle ragazze “crickcrock”.
Mito e mercato post mortem non potevano tralasciare Kubain coinvolgendo
persino Hegel ne “l’effettualità come criterio decisivo del farsi della
realtà”. Un Basso Impero “maionese globale” dove The end è “l’unica
canzone dei Doors da non sembrare datata”, “uovo del mondo alla fase
terminale” con qualche turbato sorriso acceso sulle note di On the
Sunday of Life dei Porcupine Three o Sunday morning dei Velvet. Stile
fluido e intenso, fortemente intellettualistico nel suo essere triviale,
ma che non rinuncia a calarsi nel gergo del mondo di cui, in fin dei
conti, è parte: “a uno scudo dal collasso”.
Tanta foga, rabbia, denuncia, tanto
passato prossimo ancora da archiviare, che pulsa di armonioso disordine,
materia viva e ancora tutta da plasmare, così scorrono i tanti aneddoti
descritti da Comandini. Storia, oltre storielle e inferni personali che
si aprono tra chiassosi echi delle risa di amici; fantasmi che,
puntualmente, ritornano. La strage di Bologna, in questo libro, potrebbe
rappresentare un comune nodo per tutto, tanto nel personale del
protagonista quanto nelle più pubbliche faccende di questo paese. La
memoria intanto corre, ritorna in Grecia, ai viaggi con Serena e i
ricordi di scuola. Tragedia e piacere s’incontrano. Un’amara casualità è
quella della notizia dell’attentato sopraggiunta sul primo acerbo
piacere di un’eiaculazione, nella più aspra, pungente e vitale poesia
adolescenziale.
Enrico Pietrangeli
Claudio Comandini,
Basso Impero
Sovera, 2006 – 12,00 Euro
La pagina
è stata realizzata con testi ed immagini inviatoci da
Enrico
Pietrangeli, ottobre 2007 |