Brutti ricordi quelli che riaffiorano alla memoria dalla lettura dell’ultimo
bel saggio del Portale del Sud.
Era
di martedì quel 2 gennaio del 2002 ed intorno alle 9,00 uscivo dalla
stazione di Montesanto della metropolitana di Napoli per poi proseguire
verso via Chiatamone attraverso via Montesanto, l’Ospedale dei Pellegrini,
la Pignasecca, piazza Carità, via Roma, piazza Trieste e Trento, piazza del
Plebiscito, via Santa Lucia.
La
Pignasecca è un’antica strada di Napoli piena di voci nonché di magazzini ed
ambulanti fissi di ogni tipo, razza e religione coi loro banchi. È una
strada dove immediatamente la massaia, l’anonimo viandante, l’habitué che si
avvia al lavoro, percepiscono, percorrendo quelle vie dove insistono e si
riversano oltre ai passeggeri della già citata metropolitana, anche quelli
del treno della Cumana nonché infine quelli della funicolare che dal Vomero
scende giù a Napoli come si diceva una volta, il polso dei prezzi e delle
primizie del giorno che possono essere acquistate. È anche una strada,
perché antica, piena di storia come quella dei comunisti napoletani che si
opposero alla svolta di Salerno e del “partito nuovo” di Togliatti e che da
quelle parti costituirono un’altra federazione.
L’avevo lasciata “piazzetta” Pignasecca il venerdì precedente 30 dicembre
2001 dopo aver acquistato due fasci di carciofi pagandoli 2000 lire cioè
1000 lire al fascio.
A
distanza di tre giorni quegli stessi carciofi erano venduti ad 1 euro. Conti
alla mano in tre giorni l’aumento era stato quasi del 100%, mentre, invece,
la pensione era stata accreditata per l’equivalente di quanto risultava
dalla divisione dell’ammontare in lire per 1936,27.
“L’Adone” di Arcore era andato a cassetta il 9 giugno 2001, ossia sei mesi e
più prima dell’entrata in circolazione dell’euro. Aveva avuto quindi tutto
il tempo per rendersi conto di quali potevano essere gli effetti della nuova
moneta nei confronti della finanza, ma soprattutto rispetto ai redditi fissi
ossia quelli dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti e dei pensionati
e delle pensionate.
Avrebbe dovuto, lui che diceva e dice di sapere e prefigurare tutto,
intervenire sulla composizione dei prezzi, i quali nel 2002 non essendo
conseguenza di eventi straordinari e catastrofici (guerre, invasioni,
terremoti, pestilenze e così via) si sarebbero dovuti formare secondo la
tanto decantata legge del mercato tanto cara al “califfo” ed al suo harem
ossia attraverso la contrapposizione della domanda e dell’offerta.
Operazione ciclopica quanto inutile quella di sostituirsi ai possessori dei
mezzi di produzione e di distribuzione, i quali com’è noto in un sistema
liberistico appartengono ai privati. Allo Stato tuttavia è fatto obbligo,
ripeto è fatto obbligo d’intervenire per tutelare l’interesse generale nel
caso di distorsioni che talvolta (sarebbe meglio dire spesso o forse sempre:
chissà perché ?) si manifestano, come per esempio con la presenza ed il
condizionamento dei monopoli, dei trust, dei cartelli fino alla scomparsa o
quanto meno alla notevole limitazione che subisce il prezzo per effetto
dell’agire delle mafie che intervengono a livello della produzione (per
esempio con l’imposizione dei prezzi di vendita nei confronti degli
agricoltori) che in quella della distribuzione ( nei mercati generali) e del
trasporto (i forconi in ultima analisi hanno denunciato le storture dei
prezzi dei carburanti, i ritardi dei contributi, ma anche l’anarchica
gestione del settore).
Ed
invece il settimo uomo più ricco d’Italia secondo la classifica di Forbes
(dati riferiti al 2011) con 4,4 miliardi di euro non trovò di meglio che
denunciare le improvvide decisioni (secondo lui) di Prodi, accettandole e
lasciandole in circolazione, senza per nulla rendersi conto dei disagi e
delle storture che il cambio di 1 € = 1000 lire avrebbe causato tra i
percettori di reddito fisso.
L’azione di uno dei più incompetenti politici che forse si siano avvicendati
sulla sedia di palazzo Chigi, dichiaratamente enunciata per liberista cioè
di contenuto liberale ha prodotto a conti fatti solo nuovi disagi e
distruzione di posti di lavoro, abbassamento dei salari e degli stipendi
delle lavoratrici e dei lavoratori, diminuzione dei fatturati delle piccole
imprese, concentramento di capitale in poche ricchissime mani, peggioramento
del rendimento finanziario delle aziende privatizzate rispetto alla
generalità del mercato finanziario italiano. A ciò va aggiunto last but
not least l’aumento dell’imposizione fiscale che, secondo “l’uomo più
amato d’Italia” - così autodefinitosi il 31 agosto 2001 leggendo un
sondaggio di Datamedia -, concorrente della “cucina più amata in Italia”,
doveva diminuire drasticamente in ossequio alla panzana di “non mettere le
mani in tasca agli italiani”.
Se
poi al tirar delle somme le tasse invece di diminuire sono, come documenta
ogni tanto Bankitalia o il centro studi di Confindustria, aumentate c’è il
classico salvataggio in angolo della burla o di chi ha capito male della
serie del Gastone di Petrolini per cui “ogni cuor si accende ed arde, perché
ci ho gli occhioni belli, le basette a la Bonnard ed i gesti alla Borelli.
Ovvero a me tutto è permesso pure lasciare lo spread ad oltre 500 tanto poi
si troverà sempre qualcuno che lo farà scendere: a quali costi è d’obbligo
chiedere. Beh il governo dei professori - sezione della croce rossa
internazionale – in sette mesi ha dispensato botte da orbi in un solo senso
e cioè quello dei lavoratori e delle lavoratrici dipendenti, quello dei
pensionati e delle pensionate, quello dei disoccupati e delle disoccupate –
e si anche quelli che non lavorano pagano; infatti tutte le imposte
indirette a cominciare dall’Iva colpiscono indiscriminatamente senza alcuna
esclusione -.
Chissà se tra qualche giorno dopo l’annuncio di Ginevra del 4 luglio “l’uomo
più bello dell’universo” non dirà che il bosone di Higgs è opera sua.
Se
Troisi concludeva con un “non ci resta che piangere” è meglio chiudere con
il più ottimistico e ben augurante: “non ci resta che ridere”: e sia così!
A.
Casolaro - Caserta
3
luglio 2012