Il liberismo ovvero il Moloch del XXI secolo
di Antonio Casolaro
Sempre chiaro e puntuale
l'editoriale del "Portale del Sud". Quello di febbraio s'iscrive nel
solco dell'analisi di fase, suggerendo temi d'intervento. Nel leggerlo, per
esempio, mi sono ricordato dell'articolo apparso sul quotidiano Il
Messaggero di Roma all'indomani del cataclisma di Fukuiama. Era firmato da
un illustre giornalista del pensiero liberista. Ebbene questo autore, senza
nemmeno aspettare uno o due giorni, al fine di verificare come dire "sul
campo" gli esiti del disastro che si annunciava tremendo, pensò bene di
rispondere a modo suo agli antinuclearisti con l'editoriale "Nucleare
sicuro è la prova del nove". Ad un anno da quel
cataclisma di sicuro c'è, così come è avvenuto a Cernobyl, che i territori
intorno alla centrale sono stati definitivamente cancellati sul piano della
riproduzione della vita né è dato sapere quanti secoli dovranno passare per
coltivarci qualcosa o portarci al pascolo una pecora od una mucca.
L'illustre giornalista, inguaribile esteta, dai gusti raffinati anche nel
vestire, memore forse di un suo concittadino come GianLuigi Marianini che,
partecipando al quiz Lascia o Raddoppia, tanto appassionò nei lontani
anni cinquanta gli spettatori raggiunti dalla TV, nel frattempo continua ad
intervenire e spesso a sermonare sulle cose che non vanno nel paese, le
quali a suo dire potrebbero essere risolte affidando tutto al privato a
cominciare per esempio dall'acqua, la quale per fortuna, dopo il referendum
popolare, è rimasta pubblica.
La
riduzione dello Stato nell'economia fino alla scomparsa è il fine che
intende raggiungere il liberismo. Il quinquennio '70-'75 costituisce il
crinale, tra un'epoca di identificazione della crescita economica e del
benessere sociale e una della quale il meno che si possa dire è che
l'intensità e la direzione della crescita e del benessere ad esser moderati
e serafici si è fatta incerta e diseguale (we are 99% gridano da tempo i non
garantiti negli Usa).
I
quinquenni precedenti e successivi a quello cui si è fatto cenno prima
differiscono sostanzialmente su di un punto che è quello che mentre i primi
si caratterizzano per la convergenza delle grandezze più significative della
prosperità e del benessere sociale, nei secondi invece s'impone la
divergenza, la quale via, via determina sempre più profonde e marcate
differenze nella società. Gli anni '60 si sono succeduti con passo quasi
monotono. Nello stesso senso e più o meno con lo stesso ritmo si sono
sviluppate la produzione globale, la produttività, l'occupazione, i profitti
i salari. Propensioni divergenti nei vari settori come nell' agricoltura e
nell'industria tendevano a compensarsi. Gli squilibri regionali nel
tentativo di colmarli venivano assunti dalle politiche compensatrici degli
Stati nazionali così come il nuovo Stato del benessere il cd welfare state
si sviluppava attraverso la parallela partecipazione dello Stato appunto e
col prelievo dal reddito dei lavoratori innanzitutto.
Ma
la voracità del capitalismo non poteva consentire che la distribuzione della
ricchezza prodotta assumesse come dire una più equa collocazione. Di qui la
decisione di passare alla controffensiva. In ordine a ciò va detto che già
alla fine degli anni sessanta Galbraith osservava che nel capitalismo delle
grandi tecnostrutture si assisteva alla tendenza a gonfiare la domanda
opulenta di beni privati a scapito di un'offerta "squallida" di beni
pubblici. Tuttavia la tendenza era rallentata non solo in Europa mediante il
welfare state, ma anche nell'America della Great Society, da una forte
domanda di diritti sociali, di beni pubblici, di servizi collettivi che si
traduceva nell'aumento della spesa pubblica e correlativamente da una
maggiore pressione fiscale.
A
partire dalla seconda metà degli anni '70 il monetarismo di Freedman, la cd
scuola di Chigago, prende il sopravvento - invero già con il colpo di Stato
di Pinochet-CIA in Cile dell'11 settembre 1973 i Chigago boy's instaurano
una forma di liberismo puro, che si protasse fino al 1982 e che secondo
Amartya Sen produsse "una
considerevole instabilità e nessuna consistente e monotòna tendenza alla
crescita economica".
È
l'epoca della sig.ra Thatcher prima e di Mr.Reagan dopo. I successi della
dama di ferro, secondo i critici del thatcherismo, sono stati ottenuti solo
a spese di grandi costi sociali per la popolazione britannica. La produzione
industriale durante il governo Thatcher è diminuita notevolmente. Ciò ha
causato un aumento della disoccupazione. Rispetto a ciò si sottolinea che
nel 1984 c'erano quasi 3,3 milioni di disoccupati rispetto ai 1,5 milioni di
prima. Quando nel 1990 la sig.ra Thatcher si dimise il 28% dei bambini in
Gran Bretagna era considerato al di sotto della soglia di povertà. Una
percentuale che continuò a salire fino a raggiungere il 30% del 1994.
Non
miglior sorte, stando ai risultati sulla spesa pubblica vero cavallo di
battaglia del "grande comunicatore", ebbero gli otto anni del liberismo di
R.R. Certo "The Gipper" - come fu soprannominato R.R. - diminuì le imposte e
vinse la Guerra Fredda contro la Russia senza sparare un colpo come disse il
suo omonimo in Europa ossia la lady di ferro Margareth Thatcher. Tuttavia in
termini di cd rigore liberista va ricordato che il 40° presidente degli Usa
aumentò cmq la spesa pubblica, presentando otto finanziarie in deficit.
Nel
nostro paese le ricette liberiste sono state alla base dei circa nove anni
di governo di Berlusconi, il quale va ricordato che all'inizio di ogni
mandato assicurava e prometteva, insieme ai suoi ministri, che avrebbe
trasformato il paese (una volta affermò finanche che l'avrebbe rivoltato
come un pedalino) facendone uno Stato liberale, diminuendo le tasse e la
spesa pubblica. Alla fine secondo un calcolo elaborato ed esplicitato dallo
stesso giornalista autore dell'articolo apparso sul Messaggero e citato
all'inizio, (facilmente scaricabile collegandosi a
www.youtube.com/watch?v=_830Sz1S5_A), il record dell'aumento giornaliero
del debito pubblico appartiene al 1° Governo Berlusconi (10/5/94 - 17/1/95),
che aumentò lo stesso di 330,1 milioni di euro al giorno; segue al secondo
posto "manco a dirlo" il IV Governo Berlusconi, quello insediatosi il
7/5/2008 e dimessosi senza rimpianto del paese il 16/11/2011 con 217,8
milioni al giorno di euro. Altro che debito ereditato, altro che
risanamento, il gigante liberale/liberista del pianeta Lilliput ha
realizzato sempre il contrario di quello che forse intendeva fare o che gli
dicevano che dovesse fare, ma che per manifesta incapacità non ha
realizzato. O forse come più di uno pensa in tutti questi anni ha pensato ad
eliminare il reato del falso in bilancio, all'introduzione dell'istituto
della prescrizione, al mantenimento del conflitto d'interesse, ai condoni
fiscali, edili e così via.
Il
paese al di là delle assicurazioni del "corpo accademico" della Bocconi
continua la traversata del deserto senza vederne la fine. Intanto la
disoccupazione, specialmente quella giovanile, aumenta sempre di più.
Proprio oggi 5 marzo una TV nazionale ha dato la notizia che la Fiat entro
il 2016 (è stato anche pubblicato su Affaritaliani.it il piano Fiat attinto
da una fonte vicina all'azienda automobilistica e secondo la quale al centro
ricerche Fiat di Pomigliano d'Arco sono emerse gravi criticità
sull'industrializzazione dell'Alfa Romeo 4C) ipotizza la chiusura di
Pomigliano d'Arco e di Mirafiori.
Da
un altro versante la BCE alcuni giorni orsono ha dirottato al sistema
bancario italiano qualcosa come 123 miliardi di euro per "riempirlo" di
liquidità. Questa decisione la dice lunga sulla tenuta del sistema, cosa che
avrebbe trovato legittimazione e concretezza se per esempio gli organi di
controllo delle banche, a cominciare dalla Banca d'Italia avessero reso
pubblico l'effettivo ammontare dei titoli subprime detenuto dell'intero
sistema bancario italiano. In mancanza di una più ampia informazione più di
un sospetto può nascere. Cosa che troverebbe più di una conferma nel fatto
che buona parte dei miliardi ricevuti potrebbe essere investita
nell'acquisto di titoli del Tesoro che fruttano il 4%, mentre il costo del
denaro della BCE è appena dell'1%. Insomma la ricostruzione della solidità
avverrebbe a carico del debito pubblico, mentre il sistema industriale e le
famiglie in crisi di liquidità non ne possono usufruire.
In
conclusione il liberismo sia nella versione "nobile" così come è stato
applicato nei paesi europei ed americani che nella tragica versione
berlusconiana, i cui risultati sono sotto gli occhi di tutti ha acuito le
differenze tra le classi, proponendo enormi arricchimenti e spaventose
povertà. Di certo a cominciare dal nostro paese la soluzione dei problemi è
molto lontana. I professori non possono proporre salassi su di un corpo già
indebolito. Ben altre dovrebbero essere le cure a cominciare dal lavoro,
ancor unico e valido ricostituente che può rimettere in moto l'economia e la
domanda.
Qualcuno potrebbe dire che spetta alla politica intervenire. Infatti! Ma
dov'è la politica?
Antonio Casolaro - Caserta
Articolo
trasmesso
dall'autore il 6/03/2012
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