I Campi Flegrei
sono i mitici Ciclopi
di Polifemo,
i giganti con un occhio solo cantati da Omero nell'Odissea, poetica
trasposizione dei vari vulcani, oggi spenti o in quiescenza, che
hanno dato il nome al territorio. Infatti,
"flegrei" deriva dal greco "flegraios",
che vuole dire "ardente" e che si riferisce ai fenomeni vulcanici e
idrotermali di tipici questa vasta zona, ben noti sin
dall'antichità.
Il territorio
dei Campi Flegrei,
oltre ad essere fertilissimo, è uno straordinario concentrato di
impareggiabili bellezze naturali, testimonianze artistiche, classicità, storia e cultura.
Senza alcun'ombra di dubbio un posto tra i più belli ed affascinanti
del mondo. Esso comprende anche le bellissime isole di
Ischia,
Procida e
Vivara, cui Brigantino - il Portale del Sud ha già
dedicato molte pagine monografiche. Il paesaggio Campi Flegrei si
presenta come un fitto e irregolare aggregato di basse colline e
conche crateriche che talvolta ospitano caratteristici laghetti.
Particolarmente suggestivo è il lago d’Averno,
che gli scrittori classici identificarono con l’ingresso al mondo
degli Inferi. |
Pozzuoli
E' uno dei centri più antichi della Campania. Intorno
al VII secolo a.C. nasceva la colonia greca di
Dicearchia. Nel 529 a.C. divenne emporio
di Cuma, e nel 421 a.C. cadde, con tutta la zona flegrea, sotto il dominio
dei Sanniti. Nel 338 a.C. fu conquistata dai Romani che nel 194 a.C.
fondarono Puteoli
(piccoli pozzi, per le numerose sorgenti termali).
Il Macellum, comunemente detto
tempio di Serapide
La città divenne uno dei principali porti del
Mediterraneo, dai fiorenti commerci. Il
Serapeo era un grande mercato pubblico ed è
oggi in parte sommerso dalle acque il cui livello varia a seconda del
movimento bradisismico. Risale all'età flavia e consisteva in un vasto
quadrilatero a portico fiancheggiato da numerose botteghe; su un basamento
centrale colonne corinzie sostenevano la cupola e al centro sorgeva una
fontana. Il lato di fondo, absidato, era ornato da nicchie con statue. Nel
lato opposto al mare si apriva una cella absidata preceduta da colonne.
Il Macellum, comunemente detto
tempio di Serapide
Nei pressi del
Terracciano si notano i resti del tempio di Nettuno,
terme risalenti forse al periodo neroniano. L'antico Rione Terra
conserva l'impianto urbano romano, arroccato su una propaggine che sormonta
il porto, fatto di un dedalo inestricabile di stradine, incalzato del
fenomeno del bradisismo negativo (lento innalzamento del suolo), che aveva
pregiudicato la staticità degli edifici.
L'Esedra vanvitelliana di
Villa Campolito
Nel Duomo di San
Procolo un incendio ha rivelato le
strutture di un tempio romano, il Capitolium.
A testimoniare l'importanza raggiunta dalla città è l'Anfiteatro
Grande (o Flavio) tra i più antichi
d'Italia, con tre piani di gradinate, per 40.000 spettatori. Costruito
intorno al 70 d.C., è uno dei più grandi anfiteatri dell'antichità. Il lato
esterno è a triplice ordine di arcate, con portico d'ingresso in gran parte
distrutto. L'arena, ellittica, che misura 75x42 m, è aperta al centro da un
corridoio. Due scale nei lati lunghi conducono agli imponenti sotterranei,
dove erano poste le gabbie per gli animali e i macchinari per portarli in
scena, oltre a impianti per la raccolta delle acque. L'Anfiteatro
Minore, di età augustea, è precedente a
quello Flavio.
L’Anfiteatro Flavio fu edificato, in
sostituzione di quello di epoca repubblicana, dal primo imperatore
della dinastia dei Flavi, Vespasiano, come donazione ai Puteolani (Puteoli
era l’antica Pozzuoli), che nella guerra civile si schierarono dalla
parte dell’imperatore, insieme agli uomini della base navale di
Miseno, dove stazionava la potente “classis Misenensis”. Per
Pozzuoli Vespasiano scelse di fare erigere un anfiteatro di grandi
dimensioni: il terzo, per ampiezza, dopo quelli di Roma e Capua.
Secondo la leggenda, qui si consumarono i primi martiri dei
cristiani e si dispose il supplizio, poi inflitto alla Solfatara, di
San Gennaro e dei suoi compagni nel 305 d.C. In epoca tardo-antica
il monumento fu abbandonato e in parte sepolto dal terreno
alluvionale e dall’eruzione della Solfatara. Nel Medioevo fu
utilizzato per masserie e vigne. Esplorato dall’‘800, fu
completamente liberato dai terreni che lo obliteravano solo nel
1947. L’Anfiteatro fu costruito dagli stessi architetti che eressero
il Colosseo di Roma, in opus reticulatum e laterizio.
Pozzuoli, l'Anfiteatro Flavio
Le sue
imponenti misure sono 147 × 117,44 m, con l’arena di 72,22 × 42,33
m. I sotterranei dell’anfiteatro sono perfettamente conservati, a
differenza delle strutture in elevazione, essendo stati per secoli
sepolti dai detriti della vicina Solfatara. In particolare, l’arena
è attraversata, lungo l’asse maggiore, da una fossa scenica,
corrispondente a un lungo corridoio utilizzato per innalzare gli
scenari dipinti che dovevano animare i giochi, per improvvise
apparizioni su piattaforme di gladiatori, o cori in costume. Tale
corridoio s’interseca perpendicolarmente, al centro, con un altro
corridoio, corrispondente all’asse minore dell’arena. Sempre sotto
il livello dell'arena si sviluppa un corridoio ellittico, sul quale
si affacciano numerosi piccoli ambienti dove sono sistemate le
gabbie per le fiere. In corrispondenza a questi ambienti si aprono
le botole disposte lungo il perimetro dell'arena. Gli ordini dei
posti per gli spettatori (praecinctiones) erano tre, suddivisi
all’interno in cunei. Dal portico esterno dell’anfiteatro si
dipartivano venti rampe di scale, che arrivavano sino alla
precinzione più alta della summa cavea. Anche le altre due
precinzioni erano raggiungibili dal portico esterno, attraverso
rampe di scale che portavano all’ambulacro intermedio. Sotto il
podio correva un corridoio più interno, per i servizi, con varie
aperture sull’arena. Gli ingressi maggiori erano quattro, i
secondari dodici. L’intera cavea, con i suoi tre ordini sormontati
da un attico ornato di statue, poteva contenere almeno 20.000
spettatori. Un portico circondava, infine, il perimetro esterno
dell’Anfiteatro Indirizzo Via Terracciano, 75 - 80078 Pozzuoli (NA)
(è possibile chiedere foto in formato elettronico dell’Anfiteatro)
(fonte: comune.pozzuoli.na.it). |
Verso il mare, sorge invece il cosiddetto Tempio di Serapide
(Il secolo d.C.), in realtà macellum,
quel che resta della Ripa puteolana,
l'antico quartiere portuale. Ma altre meraviglie ancora presenta questa
città di mare: la Chiesa di San Gennaro
(dove il patrono di Napoli fu decapitato nel 305), al cui interno è visibile
la pietra sulla quale, due volte all'anno, si rinnova il portento della
liquefazione del sangue raggrumato; la
Solfatara, un vulcano che consente al
visitatore di inoltrarsi in un ambiente dall'aspetto lunare, dove i soffioni
di anidride carbonica ed i getti di fango caldo e vapore a 162°C (mofete e
fumarole) conferiscono alla zona un aspetto particolarmente affascinante.
La Solfatara
L'area degli
Astroni è gestita dal WWF in un cratere vulcanico spento, un tempo tenuta
aragonese.
Cuma
Scorcio del Parco Archeologico
di Cuma
Fondata nell'VIII secolo a.C. da coloni greci
provenienti dall'Eubea, Cuma
è la più antica città della Magna Grecia, oggi centro archeologico di
grandissimo interesse. La città si sviluppò nei due secoli successivi alla
fondazione fino a comprendere il territorio flegreo, i porti di
Miseno, Puteoli
e Neapolis.
Cuma fu quindi occupata dai Sanniti, passando poi sotto il dominio romano.
Sulle rovine della città nacque, tra il V ed il VI secolo, un villaggio più
povero, distrutto dai saraceni nel 915. L'insediamento, in parte compreso
nei confini del Parco Archeologico, si divide in necropoli, nella
zona pianeggiante, e acropoli,
sull'altura a nord-ovest. Quest'ultima si presenta difesa da una robusta
cinta muraria in parte greca e in parte romana, con due templi: quello di Apollo e
quello di Giove,
entrambi ristrutturati in età augustea e paleocristiana.
Il tempio di Giove,
eretto dai Greci, fu ricostruito in epoca augustea e trasformato, nel V-VI
secolo, in chiesa paleocristiana, di cui sono visibili altare e battistero.
Anche il tempio di Apollo
(v. inserto successivo),
edificio con podio del periodo greco e colonne di età augustea, fu adattato
a basilica cristiana intorno al VI secolo, e nella platea furono scavate
fosse sepolcrali. Gran parte dei reperti risale comunque alla
ristrutturazione di età augustea.
Ai piedi dell'acropoli si apre l'accesso al cosiddetto
Antro della Sibilla.
Secondo una tradizione, sarebbe stata la sede dell'oracolo che accompagnò
Enea agli Inferi. L'antro della Sibilla
Cumana fu un famoso santuario del V secolo
a.C. dove folle provenienti da terre lontane andavano a chiedere responsi.
Si tratta di una poderosa galleria, lunga oltre 131 m, scavata nei tufo con
volte a trapezio. La luce che penetra da aperture regolari ne accentua
l'atmosfera di mistero. A metà del percorso si notano tre cisterne, e in
fondo un ambiente rettangolare a nicchie, coperto da un'alta volta, che
probabilmente era il luogo in cui la Sibilla faceva le sue predizioni. Si
ipotizza che la galleria facesse parte dei percorsi sotterranei creati per
esigenze militari che congiungono Cuma con il
lago d'Averno. Nell'ultimo
tratto di uno di questi passaggi si apre la
Cripta Romana, oggi visibile attraverso il varco creato dal crollo della volta.
Nella
città bassa sono il foro,
complessi termali e un
anfiteatro. Il foro, di
epoca sannitica, nasconde l'antica agorà; vicini sono i ruderi del tempio
della Triade Capitolina (IV secolo a.C.) e le vaste costruzioni delle terme
del I-II secolo. Presso il porto è il santuario di Iside, distrutto in età
cristiana.
Lungo la via Domiziana s'incontra la grotta di Cocceio,
un'imponente galleria lunga 1 km scavata per collegare Cuma al lago di
Averno. L'anfiteatro, era fuori della cinta muraria e risale al I secolo
a.C. Di forma ellittica, ne restano solo le arcate perimetrali.
Liternum fu una piccola colonia romana situata vicino
al lago Patria. La sua fama deriva soprattutto dal fatto che vi si
rifugiò, amareggiato, Cornelio Scipione Africano, quando fu accusato di aver
trattenuto per sé parte dell'indennità di guerra versata dal re Antioco a
Roma. Visibili il foro, la basilica e il vicino teatro.
Baia
Il Castello Aragonese,
sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei
E'
nota per la sontuosità delle ville romane, per le acque termali raccolte in
cisterne poste in gallerie scavate nel tufo: il complesso impianto di
conserva dell'acqua della villa romana delle
cento Camerelle risalente al I secolo e per
il castello aragonese, ora Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Nella
fortezza, riedificata in età vicereale, sono esposti i reperti dell'area
flegrea e, nella torre di nord-est si possono vedere la ricostruzione del
Sacello degli Augustali e i calchi romani in gesso di statue greche.
Brigantino - il Portale del Sud ha già dedicato una pagina monografica al
Castello Aragonese ed al
Museo
Archeologico dei Campi Flegrei.
Gli scavi di Baia, visibili nel Parco Archeologico,
rappresentano un grandioso complesso architettonico distribuito a vari
livelli, di struttura articolata, che comprende terrazze porticate, locali
chiusi, colonnati, scalee: sono i resti di un grandioso Palatium imperiale,
eretto a più riprese, dal I al IV secolo, che comprende tra l'altro un
teatro e strutture termali. Queste, coperte da grandi cupole, comprendevano
i bagni intitolati a Venere, a Mercurio ed a Sosandra. Nei pressi del porto
vi sono i resti del tempio di Venere, di forma ottagonale all'esterno e
circolare all'interno, aperto da finestroni e nicchie.
Il Bagno di Mercurio, nel Palatium di Baia
Spostandosi a
Bacoli, sorto sul mare e saldato con i
moderni quartieri di
Miseno, ci si trova nella zona colonizzata nell'VIII
secolo a.C. dai Greci dell'Eubea e che si sviluppò come centro residenziale
romano, col nome di Bauli, intorno al II secolo a.C. La tomba di Agrippina
non è in realtà la tomba della madre di Nerone, fatta uccidere dal figlio e
sepolta a Bacoli, ma il ninfeo di una villa romana.
Il porto di Miseno, già sfruttato dai Greci come
importante approdo, in epoca romana divenne il principale porto militare del
Tirreno e sede della flotta militare romana. Era dotato della Piscina mirabilis, la più grande cisterna antica visibile ai nostri giorni: poteva
contenere 12.000 m3 d'acqua, è lunga 70 m e larga 25,50 m. Forti pilastri ne
sorreggono la copertura e la dividono in cinque navate. È del primo periodo
augusteo e fu costruita alla fine dell'acquedotto del Serino per rifornire
d'acqua la flotta del porto di Miseno. Una diga divide il
lago di Miseno,
raccolto in un antico cratere e di scarsa profondità, dal Porto di Miseno,
anch'esso costituito da un cratere tufaceo. Entrando nell'abitato si notano
le basi di un edificio rotondo e di un salone che facevano parte delle
terme. Presso la punta della Sarparella si vede il teatro romano scavato nei
fianchi della collina, di cui resta la cavea. Sulla spiaggia di Miseno si
trova la grotta Dragonara scavata nel monte Miseno, antico serbatoio
d'acqua.
Nei dintorni sorgono
Arco Felice, che nel I sec.
segnava l'accesso a Cuma, e la
Palazzina
Vanvitelliana voluto alla fine del
Settecento da
Ferdinando IV
sul lago Fusaro.
La Palazzina Vanvitelliana
Il lago anticamente chiamato Palus Acherusia,
prese l’attuale nome nel periodo angioino, quando veniva utilizzato per la
macerazione della canapa, che si coltivava nel territorio già ai tempi di
Plinio il Vecchio. Fu anche detto lago della Coluccia. Divenne di proprietà
della Casa Borbone allorché Carlo III lo acquistò per farvi organizzare
battute di caccia e di pesca.
Estremamente suggestiva ed
emozionante è la vista del Lago d'Averno, dove gli antichi collocavano
l'ingresso dell'aldilà. Nelle vicinanze si trova il lago Lucrino, antica
laguna divisa dal mare per mezzo di una striscia di terra. Ai fianchi della
collina che sovrasta la riva orientale si vede l'ingresso delle Stufe di
Nerone, grotte tufacee per i bagni di sudore.
Il lago d’Averno
Il lago
d'Averno
Il lago
d'Averno è uno dei luoghi maggiormente legati alle
figure di Omero, Virgilio e al culto
dell'Oltretomba. Caratterizzato dalla forma
ellittica tipica dei crateri-lago, è circondato da
una fitta vegetazione che circonda i 2860 metri di
perimetro del lago, per gran parte percorribili
grazie a due strade. Un luogo senza dubbio
suggestivo in cui la natura incontaminata si fonde
con le tracce del mito che voleva il lago come
ingresso dell'Ade (il Regno dei morti). Il nome del
lago Averno è frutto del suo aspetto: l'etimologia
riconduce a Aornis, ovvero "senza uccelli", in
quanto sembra che nell'antichità le esalazioni
(ancora oggi presenti) fossero così intense da
allontanare gli uccelli. La storia del lago è
inoltre legata alla figura della Sibilla Cumana e
alla mitica popolazione dei Cimmeri, popolazione che
secondo la tradizione viveva rinchiusa in antri per
paura del sole e ne usciva solo dopo il tramonto: il
ritrovamento di numerose caverne scavate nel tufo ha
alimentato questa credenza. La frequente
associazione della zona con gli inferi ha fatto sì
che restasse disabitata almeno fino all'Età Augustea,
quando Lucio Cocceio Aucto fece realizzare una
galleria che portava fino a Cuma. La realizzazione
del progetto diede il via al sorgere di numerose
ville che giustificarono anche un complesso termale
(II se. d.C.), di cui ci resta una grande sala
ottagonale che fungeva da sala di intrattenimento.
La sala termale (situata lungo la sponda orientale)
è nota con il nome di "Tempio di Apollo" ed è
coperta da una grande cupola (38 metri di diametro)
di poco inferiore al Pantheon di Roma. In precedenza
la zona era già stata dotata di un altro percorso
militare che conduceva al lago Lucrino (il progetto
era stato ideato da Marco Vipsanio Agrippa e
risaliva al 37 a.c.). Il percorso, che attraversa la
collina della Ginestra, è conosciuto come "Antro
della Sibilla".
[fonte:
www.flegreinarte.it -
www.cirobiondi.it]
Il Tempio di
Apollo
Il tempio
di Apollo è un'imponente edificio termale risalente
alla seconda metà del II secolo d. C., che si
inserisce in un complesso termale di epoca
precedente (inizi I secolo d. C.). Attualmente
appare fortemente danneggiato ed in parte
sprofondato a causa del bradisismo. L'edificio è
collocato proprio sulle sponde dell'Averno, anche
per utilizzare le acque del lago, che mescolate con
quelle provenienti da sorgenti termali, alimentavano
una grande vasca utilizzata probabilmente come
frigidarium. L'edificio era a pianta centrale,
ottagona all'esterno e circolare all'interno. Si
articolava su due livelli: quello inferiore, non più
visibile, caratterizzato da quattro piccole esedre e
quello superiore, in parte ancora visibile, forato
da quattro grandi aperture ad arco. Era coperto da
una cupola, ormai crollata, le cui dimensioni erano
di appena 5 m. inferiori a quelle del Pantheon a
Roma. L'edificio è realizzato completamente in opera
laterizia e recava all'interno un rivestimento
d'intonaco, di cui ancora restano tracce.
[fonte:
www.flegreinarte.it -
www.cirobiondi.it] |
Bibliografia
-
Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei - a
cura di Ciro Amoroso
-
Gianni Picone
"Il Castello di Baia"
-
Guida d’italia De Agostini, 1994 -
Italia del Sud e Isole, Mondadori, 2000
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