Le mille città del Sud

I Campi Flegrei

 "Veduta dei Campi Flegrei presa dal belvedere dei monaci Camaldulensi al San Salvatore di Napoli", 1797

 

I Campi Flegrei sono i mitici Ciclopi di Polifemo, i giganti con un occhio solo cantati da Omero nell'Odissea, poetica trasposizione dei vari vulcani, oggi spenti o in quiescenza, che hanno dato il nome al territorio. Infatti, "flegrei" deriva dal greco "flegraios", che vuole dire "ardente" e che si riferisce ai fenomeni vulcanici e idrotermali di tipici questa vasta zona, ben noti sin dall'antichità. Il territorio dei Campi Flegrei, oltre ad essere fertilissimo, è uno straordinario concentrato di impareggiabili bellezze naturali, testimonianze artistiche, classicità, storia e cultura. Senza alcun'ombra di dubbio un posto tra i più belli ed affascinanti del mondo. Esso comprende anche le bellissime isole di Ischia, Procida e Vivara, cui Brigantino - il Portale del Sud ha già dedicato molte pagine monografiche. Il paesaggio Campi Flegrei si presenta come un fitto e irregolare aggregato di basse colline e conche crateriche che talvolta ospitano caratteristici laghetti. Particolarmente suggestivo è il lago d’Averno, che gli scrittori classici identificarono con l’ingresso al mondo degli Inferi.

Pozzuoli

E' uno dei centri più antichi della Campania. Intorno al VII secolo a.C. nasceva la colonia greca di Dicearchia. Nel 529 a.C. divenne emporio di Cuma, e nel 421 a.C. cadde, con tutta la zona flegrea, sotto il dominio dei Sanniti. Nel 338 a.C. fu conquistata dai Romani che nel 194 a.C. fondarono Puteoli (piccoli pozzi, per le numerose sorgenti termali).

Il Macellum, comunemente detto tempio di Serapide

La città divenne uno dei principali porti del Mediterraneo, dai fiorenti commerci. Il Serapeo era un grande mercato pubblico ed è oggi in parte sommerso dalle acque il cui livello varia a seconda del movimento bradisismico. Risale all'età flavia e consisteva in un vasto quadrilatero a portico fiancheggiato da numerose botteghe; su un basamento centrale colonne corinzie sostenevano la cupola e al centro sorgeva una fontana. Il lato di fondo, absidato, era ornato da nicchie con statue. Nel lato opposto al mare si apriva una cella absidata preceduta da colonne.

Il Macellum, comunemente detto tempio di Serapide

Nei pressi del Terracciano si notano i resti del tempio di Nettuno, terme risalenti forse al periodo neroniano. L'antico Rione Terra conserva l'impianto urbano romano, arroccato su una propaggine che sormonta il porto, fatto di un dedalo inestricabile di stradine, incalzato del fenomeno del bradisismo negativo (lento innalzamento del suolo), che aveva pregiudicato la staticità degli edifici.

L'Esedra vanvitelliana di Villa Campolito

Nel Duomo di San Procolo un incendio ha rivelato le strutture di un tempio romano, il Capitolium. A testimoniare l'importanza raggiunta dalla città è l'Anfiteatro Grande (o Flavio) tra i più antichi d'Italia, con tre piani di gradinate, per 40.000 spettatori. Costruito intorno al 70 d.C., è uno dei più grandi anfiteatri dell'antichità. Il lato esterno è a triplice ordine di arcate, con portico d'ingresso in gran parte distrutto. L'arena, ellittica, che misura 75x42 m, è aperta al centro da un corridoio. Due scale nei lati lunghi conducono agli imponenti sotterranei, dove erano poste le gabbie per gli animali e i macchinari per portarli in scena, oltre a impianti per la raccolta delle acque. L'Anfiteatro Minore, di età augustea, è precedente a quello Flavio.

L’Anfiteatro Flavio fu edificato, in sostituzione di quello di epoca repubblicana, dal primo imperatore della dinastia dei Flavi, Vespasiano, come donazione ai Puteolani (Puteoli era l’antica Pozzuoli), che nella guerra civile si schierarono dalla parte dell’imperatore, insieme agli uomini della base navale di Miseno, dove stazionava la potente “classis Misenensis”. Per Pozzuoli Vespasiano scelse di fare erigere un anfiteatro di grandi dimensioni: il terzo, per ampiezza, dopo quelli di Roma e Capua. Secondo la leggenda, qui si consumarono i primi martiri dei cristiani e si dispose il supplizio, poi inflitto alla Solfatara, di San Gennaro e dei suoi compagni nel 305 d.C. In epoca tardo-antica il monumento fu abbandonato e in parte sepolto dal terreno alluvionale e dall’eruzione della Solfatara. Nel Medioevo fu utilizzato per masserie e vigne. Esplorato dall’‘800, fu completamente liberato dai terreni che lo obliteravano solo nel 1947. L’Anfiteatro fu costruito dagli stessi architetti che eressero il Colosseo di Roma, in opus reticulatum e laterizio.

Pozzuoli, l'Anfiteatro Flavio

Le sue imponenti misure sono 147 × 117,44 m, con l’arena di 72,22 × 42,33 m. I sotterranei dell’anfiteatro sono perfettamente conservati, a differenza delle strutture in elevazione, essendo stati per secoli sepolti dai detriti della vicina Solfatara. In particolare, l’arena è attraversata, lungo l’asse maggiore, da una fossa scenica, corrispondente a un lungo corridoio utilizzato per innalzare gli scenari dipinti che dovevano animare i giochi, per improvvise apparizioni su piattaforme di gladiatori, o cori in costume. Tale corridoio s’interseca perpendicolarmente, al centro, con un altro corridoio, corrispondente all’asse minore dell’arena. Sempre sotto il livello dell'arena si sviluppa un corridoio ellittico, sul quale si affacciano numerosi piccoli ambienti dove sono sistemate le gabbie per le fiere. In corrispondenza a questi ambienti si aprono le botole disposte lungo il perimetro dell'arena. Gli ordini dei posti per gli spettatori (praecinctiones) erano tre, suddivisi all’interno in cunei. Dal portico esterno dell’anfiteatro si dipartivano venti rampe di scale, che arrivavano sino alla precinzione più alta della summa cavea. Anche le altre due precinzioni erano raggiungibili dal portico esterno, attraverso rampe di scale che portavano all’ambulacro intermedio. Sotto il podio correva un corridoio più interno, per i servizi, con varie aperture sull’arena. Gli ingressi maggiori erano quattro, i secondari dodici. L’intera cavea, con i suoi tre ordini sormontati da un attico ornato di statue, poteva contenere almeno 20.000 spettatori. Un portico circondava, infine, il perimetro esterno dell’Anfiteatro Indirizzo Via Terracciano, 75 - 80078 Pozzuoli (NA) (è possibile chiedere foto in formato elettronico dell’Anfiteatro) (fonte: comune.pozzuoli.na.it).

Verso il mare, sorge invece il cosiddetto Tempio di Serapide (Il secolo d.C.), in realtà macellum, quel che resta della Ripa puteolana, l'antico quartiere portuale. Ma altre meraviglie ancora presenta questa città di mare: la Chiesa di San Gennaro (dove il patrono di Napoli fu decapitato nel 305), al cui interno è visibile la pietra sulla quale, due volte all'anno, si rinnova il portento della liquefazione del sangue raggrumato; la Solfatara, un vulcano che consente al visitatore di inoltrarsi in un ambiente dall'aspetto lunare, dove i soffioni di anidride carbonica ed i getti di fango caldo e vapore a 162°C (mofete e fumarole) conferiscono alla zona un aspetto particolarmente affascinante.

La Solfatara

L'area degli Astroni è gestita dal WWF in un cratere vulcanico spento, un tempo tenuta aragonese.

Cuma

Scorcio del Parco Archeologico di Cuma

Fondata nell'VIII secolo a.C. da coloni greci provenienti dall'Eubea, Cuma è la più antica città della Magna Grecia, oggi centro archeologico di grandissimo interesse. La città si sviluppò nei due secoli successivi alla fondazione fino a comprendere il territorio flegreo, i porti di Miseno, Puteoli e Neapolis. Cuma fu quindi occupata dai Sanniti, passando poi sotto il dominio romano. Sulle rovine della città nacque, tra il V ed il VI secolo, un villaggio più povero, distrutto dai saraceni nel 915. L'insediamento, in parte compreso nei confini del Parco Archeologico, si divide in necropoli, nella zona pianeggiante, e acropoli, sull'altura a nord-ovest. Quest'ultima si presenta difesa da una robusta cinta muraria in parte greca e in parte romana, con due templi: quello di Apollo e quello di Giove, entrambi ristrutturati in età augustea e paleocristiana.

Il tempio di Giove, eretto dai Greci, fu ricostruito in epoca augustea e trasformato, nel V-VI secolo, in chiesa paleocristiana, di cui sono visibili altare e battistero. Anche il tempio di Apollo (v. inserto successivo), edificio con podio del periodo greco e colonne di età augustea, fu adattato a basilica cristiana intorno al VI secolo, e nella platea furono scavate fosse sepolcrali. Gran parte dei reperti risale comunque alla ristrutturazione di età augustea.

Ai piedi dell'acropoli si apre l'accesso al cosiddetto Antro della Sibilla. Secondo una tradizione, sarebbe stata la sede dell'oracolo che accompagnò Enea agli Inferi. L'antro della Sibilla Cumana fu un famoso santuario del V secolo a.C. dove folle provenienti da terre lontane andavano a chiedere responsi. Si tratta di una poderosa galleria, lunga oltre 131 m, scavata nei tufo con volte a trapezio. La luce che penetra da aperture regolari ne accentua l'atmosfera di mistero. A metà del percorso si notano tre cisterne, e in fondo un ambiente rettangolare a nicchie, coperto da un'alta volta, che probabilmente era il luogo in cui la Sibilla faceva le sue predizioni. Si ipotizza che la galleria facesse parte dei percorsi sotterranei creati per esigenze militari che congiungono Cuma con il lago d'Averno. Nell'ultimo tratto di uno di questi passaggi si apre la Cripta Romana, oggi visibile attraverso il varco creato dal crollo della volta.

Nella città bassa sono il foro, complessi termali e un anfiteatro. Il foro, di epoca sannitica, nasconde l'antica agorà; vicini sono i ruderi del tempio della Triade Capitolina (IV secolo a.C.) e le vaste costruzioni delle terme del I-II secolo. Presso il porto è il santuario di Iside, distrutto in età cristiana.

Lungo la via Domiziana s'incontra la grotta di Cocceio, un'imponente galleria lunga 1 km scavata per collegare Cuma al lago di Averno. L'anfiteatro, era fuori della cinta muraria e risale al I secolo a.C. Di forma ellittica, ne restano solo le arcate perimetrali.

Liternum fu una piccola colonia romana situata vicino al lago Patria. La sua fama deriva soprattutto dal fatto che vi si rifugiò, amareggiato, Cornelio Scipione Africano, quando fu accusato di aver trattenuto per sé parte dell'indennità di guerra versata dal re Antioco a Roma. Visibili il foro, la basilica e il vicino teatro.

Baia

Il Castello Aragonese, sede del Museo Archeologico dei Campi Flegrei

E' nota per la sontuosità delle ville romane, per le acque termali raccolte in cisterne poste in gallerie scavate nel tufo: il complesso impianto di conserva dell'acqua della villa romana delle cento Camerelle risalente al I secolo e per il castello aragonese, ora Museo Archeologico dei Campi Flegrei. Nella fortezza, riedificata in età vicereale, sono esposti i reperti dell'area flegrea e, nella torre di nord-est si possono vedere la ricostruzione del Sacello degli Augustali e i calchi romani in gesso di statue greche. Brigantino - il Portale del Sud ha già dedicato una pagina monografica al Castello Aragonese ed al Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Gli scavi di Baia, visibili nel Parco Archeologico, rappresentano un grandioso complesso architettonico distribuito a vari livelli, di struttura articolata, che comprende terrazze porticate, locali chiusi, colonnati, scalee: sono i resti di un grandioso Palatium imperiale, eretto a più riprese, dal I al IV secolo, che comprende tra l'altro un teatro e strutture termali. Queste, coperte da grandi cupole, comprendevano i bagni intitolati a Venere, a Mercurio ed a Sosandra. Nei pressi del porto vi sono i resti del tempio di Venere, di forma ottagonale all'esterno e circolare all'interno, aperto da finestroni e nicchie.

Il Bagno di Mercurio, nel Palatium di Baia

Spostandosi a Bacoli, sorto sul mare e saldato con i moderni quartieri di Miseno, ci si trova nella zona colonizzata nell'VIII secolo a.C. dai Greci dell'Eubea e che si sviluppò come centro residenziale romano, col nome di Bauli, intorno al II secolo a.C. La tomba di Agrippina non è in realtà la tomba della madre di Nerone, fatta uccidere dal figlio e sepolta a Bacoli, ma il ninfeo di una villa romana.

Il porto di Miseno, già sfruttato dai Greci come importante approdo, in epoca romana divenne il principale porto militare del Tirreno e sede della flotta militare romana. Era dotato della Piscina mirabilis, la più grande cisterna antica visibile ai nostri giorni: poteva contenere 12.000 m3 d'acqua, è lunga 70 m e larga 25,50 m. Forti pilastri ne sorreggono la copertura e la dividono in cinque navate. È del primo periodo augusteo e fu costruita alla fine dell'acquedotto del Serino per rifornire d'acqua la flotta del porto di Miseno. Una diga divide il lago di Miseno, raccolto in un antico cratere e di scarsa profondità, dal Porto di Miseno, anch'esso costituito da un cratere tufaceo. Entrando nell'abitato si notano le basi di un edificio rotondo e di un salone che facevano parte delle terme. Presso la punta della Sarparella si vede il teatro romano scavato nei fianchi della collina, di cui resta la cavea. Sulla spiaggia di Miseno si trova la grotta Dragonara scavata nel monte Miseno, antico serbatoio d'acqua.

Nei dintorni sorgono Arco Felice, che nel I sec. segnava l'accesso a Cuma, e la Palazzina Vanvitelliana voluto alla fine del Settecento da Ferdinando IV sul lago Fusaro.

La Palazzina Vanvitelliana

Il lago anticamente chiamato Palus Acherusia, prese l’attuale nome nel periodo angioino, quando veniva utilizzato per la macerazione della canapa, che si coltivava nel territorio già ai tempi di Plinio il Vecchio. Fu anche detto lago della Coluccia. Divenne di proprietà della Casa Borbone allorché Carlo III lo acquistò per farvi organizzare battute di caccia e di pesca.

Il lago Fusaro

Estremamente suggestiva ed emozionante è la vista del Lago d'Averno, dove gli antichi collocavano l'ingresso dell'aldilà. Nelle vicinanze si trova il lago Lucrino, antica laguna divisa dal mare per mezzo di una striscia di terra. Ai fianchi della collina che sovrasta la riva orientale si vede l'ingresso delle Stufe di Nerone, grotte tufacee per i bagni di sudore.

Il lago d’Averno

Il lago d'Averno

Il lago d'Averno è uno dei luoghi maggiormente legati alle figure di Omero, Virgilio e al culto dell'Oltretomba. Caratterizzato dalla forma ellittica tipica dei crateri-lago, è circondato da una fitta vegetazione che circonda i 2860 metri di perimetro del lago, per gran parte percorribili grazie a due strade. Un luogo senza dubbio suggestivo in cui la natura incontaminata si fonde con le tracce del mito che voleva il lago come ingresso dell'Ade (il Regno dei morti). Il nome del lago Averno è frutto del suo aspetto: l'etimologia riconduce a Aornis, ovvero "senza uccelli", in quanto sembra che nell'antichità le esalazioni (ancora oggi presenti) fossero così intense da allontanare gli uccelli. La storia del lago è inoltre legata alla figura della Sibilla Cumana e alla mitica popolazione dei Cimmeri, popolazione che secondo la tradizione viveva rinchiusa in  antri per paura del sole e ne usciva solo dopo il tramonto: il ritrovamento di numerose caverne scavate nel tufo ha alimentato questa credenza. La frequente associazione della zona con gli inferi ha fatto sì che restasse disabitata almeno fino all'Età Augustea, quando Lucio Cocceio Aucto fece realizzare una galleria che portava fino a Cuma. La realizzazione del progetto diede il via al sorgere di numerose ville che giustificarono anche un complesso termale (II se. d.C.), di cui ci resta una grande sala ottagonale che fungeva da sala di intrattenimento. La sala termale (situata lungo la sponda orientale) è nota con il nome di "Tempio di Apollo" ed è coperta da una grande cupola (38 metri di diametro) di poco inferiore al Pantheon di Roma. In precedenza la zona era già stata dotata di un altro percorso militare che conduceva al lago Lucrino (il progetto era stato ideato da Marco Vipsanio Agrippa e risaliva al 37 a.c.). Il percorso, che attraversa la collina della Ginestra, è conosciuto come "Antro della Sibilla". [fonte: www.flegreinarte.it - www.cirobiondi.it]

Il Tempio di Apollo

Il tempio di Apollo è un'imponente edificio termale risalente alla seconda metà del II secolo d. C., che si inserisce in un complesso termale di epoca precedente (inizi I secolo d. C.). Attualmente appare fortemente danneggiato ed in parte sprofondato a causa del bradisismo. L'edificio è collocato proprio sulle sponde dell'Averno, anche per utilizzare le acque del lago, che mescolate con quelle provenienti da sorgenti termali, alimentavano una grande vasca utilizzata probabilmente come frigidarium. L'edificio era a pianta centrale, ottagona all'esterno e circolare all'interno. Si articolava su due livelli: quello inferiore, non più visibile, caratterizzato da quattro piccole esedre e quello superiore, in parte ancora visibile, forato da quattro grandi aperture ad arco. Era coperto da una cupola, ormai crollata, le cui dimensioni erano di appena 5 m. inferiori a quelle del Pantheon a Roma. L'edificio è realizzato completamente in opera laterizia e recava all'interno un rivestimento d'intonaco, di cui ancora restano tracce. [fonte: www.flegreinarte.it - www.cirobiondi.it]


Bibliografia

  •  Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei - a cura di Ciro Amoroso

  •  Gianni Picone "Il Castello di Baia"

  •  Guida d’italia De Agostini, 1994

  •  Italia del Sud e Isole, Mondadori, 2000

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