Le Pagine di Storia

Il brigantaggio distrutto negli Stati Pontificii

di p. Raffaele Ballerini S.J.

Il brigante Papa fucilato

Uno dei malanni più atroci che l'impresa della politica unificazione d'Italia attrasse sopra quasi la metà della Penisola, fu la piaga del così detto brigantaggio, che anche ora, dopo dieci anni di continua e sanguinosa repressione, seguita ad infierire e a desolare i popoli di una buona parte del Regno di Napoli. Che origine di questo flagello fosse l'invasione armata del Piemonte nell'Italia meridionale e l'usurpazione fattavi del suo indipendente Governo, si è voluto negare dagli autori e dai complici di questo gran delitto sociale: ma cogli atti stessi onde si provavano di negarlo venivano a confessarlo chiarissimamente . Del resto come negare la luce dell'evidenza? Se non che il carattere politico del brigantaggio degenerò pian piano in criminoso: a tale che le bande, le quali prima combattevano aspra ed ostinata guerra d'indipendenza, a mano a mano che se ne ritiravano i migliori condottieri e soldati del legittimo Re delle Due Sicilie riparatosi in Roma, si trasformarono in turbe di ladroni e di malfattori; aizzati agli assassinii ed alle ruberie, quali da spirito di vendetta, quali da istinto di viziosa natura, quali da errore di mente e quali da turpe cupidità d'interesse.

La rivoluzione trionfatrice e signora impunita di quasi tutta la Penisola sentì altamente l'obbrobrio e il danno che questa orribile piaga, da lei medesima suscitata, le cagionava e nell'interno del nuovo Regno e di fuori nell'opinione dei popoli civili. Indarno profuse ori, indarno promulgò bandi saracineschi, indarno arse città e castella, indarno macellò, imprigionò, mandò a domicilio coatto per miriadi gli abitanti del napolitano; indarno empì il mondo di menzogne, indarno scialacquò il sangue e la vita del fiore del suo esercito. Lo spaventevol mostro le si tenne pur sempre lì in faccia, vivo, indomito e minaccioso.

Su la fine del 1861, stando alle informazioni ufficiali date dal supremo comandante delle milizie, i briganti in tutte le province del napolitano non erano più che 540. Si adoperarono 80.000 uomini per distruggere quel pugno di nemici, facendosi dai Piemontesi e dai Francesi rigorose guardie alle frontiere pontificie, donde falsamente sospettavasi che passassero aiuti d'uomini, d'armi e di danaro. Dei 540 briganti che erano in tutto, furono fucilati, o moriro combattendo, oltre a 2.800; circa 10.000 furono chiusi nelle carceri; più di 12.000 furono confinati o in Sardegna o nelle Maremme di Toscana. E tutto ciò non ostante, tre anni dopo, al nascere cioè del 1865, il famoso numero dei 540 briganti, secondo autentici documenti, non era diminuito che di pochissimo, poiché ne rimanevano ancora liberi ed intesi all'opera loro nientemeno che 519.

Non potendo altro, la rivoluzione pigliò a sfogare l'ira di così umiliante disdetta contro il Governo pontificio; e nessun'arte di mendacità e di calunnia lasciò intentata, per versare contro di esso l'ignominia ch'ella meritamente pativa. Per circa otto anni dunque, non pure i giornali salariati dal Regno Italiano o a lui ligi, ma e i deputati nel Parlamento e gli stessi Ministri nelle loro note diplomatiche, con una pervicacia più unica che rara, vennero accusando la Santa Sede di alimentar essa il brigantaggio nelle province dell'antico Regno di Napoli. Ma nemmeno questo sutterfugio servì punto; giacché il Governo imperiale di Francia, che occupava colle sue forze le terre del Papa e ne sopravvegliava i confini meridionali, fu pronto sempre a dare espresse mentite a quelle accuse, le quali in ultimo sarebbero ricadute sopra l'onore della bandiera francese. Né l'Europa savia prestò mai fede a cotali imposture; tanto più che sapevasi come, in altri tempi, il Governo della Santa Sede avesse speso ben quindici milioni di franchi, per estirpare il brigantaggio da quelle tra le sue province che confinano col territorio napolitano. Or, mettendo in disparte i riguardi di onore e di convenienza morale, e considerando il lato anche solo dell'interesse, poteasi mai ragionevolmente supporre che questo Governo favorisse a bel diletto gl'incrementi di un incendio, i cui vortici avrebbero senza dubbio ravvolto lui pure nelle fiamme? Onde la rivoluzione, regnante in Torino prima e poi in Firenze, si dovette portare in pace l'onta e il danno di un cancro sì vituperevole.

Sopraggiunse intanto la Convenzione italofranca del 15 Settembre 1864, la quale statuendo il ritiro delle armi francesi dai Dominii pontificii entro il termine di due anni, riservava sì al Governo del Santo Padre la facoltà di arrolare truppe a suo servigio, per surrogarle alle imperiali, ma insieme gl'imponeva l'obbligo di tener purgati dal brigantaggio i confini. "Si stabilì che queste forze non debbano degenerare in mezzo d'attacco contro il Governo italiano. Furono aggiunte inoltre le parole tranquillità sulla frontiera, per indicare l'obbligo del Governo pontificio, d'impedire che la sua frontiera diventi riparo al brigantaggio". Così il cav. Nigra nel suo dispaccio del 15 Settembre 1864 al Ministro sopra gli affari esterni in Torino.

Questa condizione inserita dentro un trattato che, attese le interpretazioni dategli dal Governo italiano, era un viluppo di doppiezze e d'ambiguità, se si metteva a riscontro coi fatti i quali venivano accadendo nel 1863 alle frontiere napolitane dello Stato pontificio, e colle dichiarazioni del giornalismo settario più accreditato, appariva un semplice pretesto che si meditava prendere, per giustificare un'invasione, appena partiti i Francesi dal territorio lasciato al Pontefice.

E in effetto poco dopo la Convenzione del Settembre, il brigantaggio. diminuendo notabilmente nelle confinanti province del Regno, tolse d'improvviso ad allargarsi nelle due di Frosinone e di Velletri: anzi restò provato che alcune bande vi erano spedite e prezzolate da mani misteriose . E chi sa dire quale occulta potenza vi suscitasse le bande indigene?

Inoltre, correndo tutto l'anno 1865, questo brigantaggio crebbe nelle due suddette province a tal segno, che le milizie francesi, rinforzate dalle pontificie, duravano grande fatica a perseguitarlo, a combatterlo ed a respingerlo; con tutto che le predette milizie fossero in perfettissimo accordo cogli ufficiali italiani, e dessero loro braccio forte per abbattere il nemico. E ciò fino a che, al cadere di quell'anno, i Francesi, che apparecchiavan lo sgombero a grado a grado, si furono ritratti dalle terre del frosinonese e del veliterno, cedendo la guardia dei confini alle truppe del Santo Padre.

Di più, mentre lo Stato papale era così infestato da bande, i giornali più devoti alla rivoluzione, non solamente ingagliardivano la loro guerra di calunnie contro Roma, quasi ella fosse il focolare dei brigantaggio che desolava il mezzodì dell'Italia; ma più s'appressava il tempo assegnato alla partita dei Francesi, e più gridavano alto che, in virtù della Convenzione del 15 Settembre, le truppe italiane vi entrerebbero, per finirla una volta e spegnervi la fucina di tutti i mali della Penisola.

Ecco però qual fosse il vero stato delle cose, allorché il Governo della Santa Sede, privato dei quattro quinti de' suoi Stati e delle rendite loro e fornito di truppe assai scarse, fu costretto di sottentrare ai Francesi nella custodia delle frontiere, con la minaccia di essere oppresso dal regno d'Italia, se non le teneva nette da quel brigantaggio, che il Regno stesso o gli avea spinto o gli avea fomentato in casa.

Or bene questo Governo, così insidiato, così impoverito e così calunniato non venne punto meno al suo dovere ed alla sua dignità. Sprezzò le vili imputazioni, di cui la setta dominatrice in Italia lo facea segno; poco o nulla curò le minacce di lei, che sapeva tenuta a freno dagli ordini di Parigi. Fu invece sollecito, com'è debito di ogni onesto Governo, di assicurare principalmente la quiete ed il riposo de' suoi popoli. Per lo che mise tosto mano ai mezzi più efficaci che. entro i limiti della giustizia e della umanità, possedesse, senza trasandare quegli avvenimenti prudenziali, che spesso valgono più e meglio della forza. A tal uopo il giorno 7 Decembre 1865, in quella che numerose colonne mobili di truppe pontificie snidavano da ogni parte del frosinonese le bande, ridottesi in fortezza sopra le cime dei monti o imboscate nelle foreste, monsignor Luigi Pericoli, delegato apostolico, pubblicava una legge, sancita dal Santo Padre, colla quale sottraeva i banditi ai tribunali ordinaria e sottoponeali a giurisdizione e pene speciali.

Per vigore di questa legge, era istituita nella città di Frosinone una commissione mista di tre togati e di tre militari, la quale giudicherebbe tutti i delitti che in quella provincia e nella contigua di Velletri si riferissero al brigantaggio: era prescritto un procedimento in via spedita e sommaria; escluso l'appello, esclusa la revisione; ammessa però l'interpellazione al superiore Governo, nel caso di condanna capitale; regolate con prudente severità le condizioni della contumacia; intimata la pena di morte colla fucilazione alle spalle, applicabile a tutti i componenti una conventicola armata, e la galera perpetua ai rei non appartenenti a conventicole. I manutengoli e fautori delle bande erano pure dichiarati soggetti a varie punizioni. Si promettevano poi le ricompense di scudi cinquecento a chi avesse catturato un brigante, e di mille a chi avesse arrestato un capobanda; ricompense conseguibili ancora dai militi, nel caso eziandio che, non riuscendo a catturare i masnadieri, li avessero uccisi. Finalmente si dava lo spazio di quindici giorni a tutti que' malviventi che volessero presentarsi di loro spontanea volontà e costituirsi nelle carceri, con guarentigie di clemenza.

Chi paragoni una tal legge con la legge che da due anni prima il regno d'Italia avea pubblicata, a sterminio del brigantaggio nel napolitano, non può fare che l'antiponga a questa, per la saviezza dei temperamenti. La legge pontificia di fatto non abbandonava briganti, come l'italiana, al giudizio di un tribunale unicamente militare; né, come l'italiana, concedea facoltà di assegnare a un domicilio coatto "gli oziosi, i vagabondi e le persone sospette"; facoltà che condusse i proconsoli della rivoluzione a spopolare arbitrariamente paesi presso che interi, ed a trasportare gli abitatori, senza riguardo ad età, a sesso, ed aggiunti personali, nelle terre più insalubri della Toscana e delle isole mediterranee. Molto meno il Governo della Santa Sede imitò quello d'Italia nel modo di attuare la legge. Questo, con decreto regio del 20 Agosto 1863, cominciò ad eseguirla, bandendo subito lo stato di assedio in undici delle province dell'antico reame di Napoli: il Governo della Santa Sede invece si astenne da sì odiosi rigori, sempre nocivi alla legittima libertà dei cittadini.

Quale è stato il frutto effettivamente riportato dal Governo del Santo Padre, con queste sue disposizioni contro il brigantaggio? È stato di giungere, in meno di quattro anni, ad estirpare fino dalla radice questo morbo malefico nel suo territorio; e ciò con spargimento di sangue e con dispendii proporzionatamente inferiori di lunga mano a quelli cui è soggiaciuto il regno d'Italia, senza ottenere un esito ugualmente felice. Imperocché negli Stati del Papa il brigantaggio è già da più mesi del tutto estinto: ovechè negli Stati occupati da Vittorio Emmanuele seguita ad inferocire.

Fortissime erano le difficoltà che nelle due province di Frosinone e di Velletri si avevano a sormontare, per la condotta perseverante di questa guerra, spesso sterile e sempre faticosissima, dalle milizie pontificali. Per oltre 150 chilometri la frontiera del napolitano è tutta aperta, con innumerevoli trapassi dall'una parte all'altra dei due Stati. Monti altissimi, vestiti d'irte boscaglie, e dirupi quasi inaccessibili ne costeggiano una buona porzione, massimo verso il Liri; basse pianure, macchie, stagni e paludi di aria micidiale si distendono sotto la catena dei Lepini sino al mare e formano l'agro pontino, inabitabile parecchi mesi all'anno. Aggiungasi a questi naturali ostacoli, che gli stessi Francesi giudicavano ardui al sommo, l'inesperienza delle truppe, non esercitate a un tal genere di guerra, che non di rado stanca e disanima soldatesche le più valorose; avendosi a fare con partigiani praticissimi dei siti, i quali più cogli agguati e colla fuga, che alla scoperta e di piè fermo provocano i combattimenti.

Eppure ciò non ostante le truppe del Pontefice, con una costanza o con una bravura degna di grandissima commendazione, son venute a capo di smorbare tutti quei monti, e tutte quelle selve, e tutte quelle paludi di malviventi che ostinatamente vi si annidavano. Anzi si può dire con verità, che in questa dura campagna, fatta a muta a muta da tutti i corpi dell'esercito pontificio, scorti e spalleggiati sempre dall'impareggiabile gendarmeria, esso si addestrò a quella prontezza, a quella audacia ed a quella gagliardia, di cui diede poscia prove così splendide nell'autunno 1867, ributtando l'invasione garibaldesca e trionfando delle masnade nemiche, in forse più che trenta belle fazioni.

Ci è graziosamente comunicata una raccolta di documenti, compilati con militare esattezza dal Ministero delle armi, intitolata: Brigantaggio nelle province di Velletri e Frosinone dal 1865 al 1869 e sua totale distruzione; da cui risultano parecchie notizie, che è pregio dell'opera far qui conoscere ai nostri lettori. Per non diffonderci di soverchio, staremo paghi a dare sommariamente i ragguagli più notabili.

Nel corso di questi quattro anni, fra le truppe e le bande, si ebbero, senza valutar quelli di minor conto, ben venti combattimenti, de' quali si è tenuta particolareggiata memoria, per la bravura ed intrepidità che mostrarono le milizie e per l'importanza dei vantaggi che se ne conseguirono; e ve n'ebbero di quelli in cui piccoli gruppi o distaccamenti batterono, danneggiarono assai e forzarono squadriglie di oltre quaranta e fino di cento agguerriti maiandrini, ottirnamente in armi; e questo in posture disfavorevoli e tra alte nevi inseguendo sempre fra scogli e precipizii le bande fuggitive, sino all'esaurimento delle munizioni, o al sopraggiungere della notte, o all'estremo limite dei confini.

La somma delle perdite patite dalle milizie in questa lunga campagna, non computando i morti a cagione di malattie contratte per gli strapazzi e pel morboso aere delle paludi, è di 42 uccisi e 23 feriti, in tutto 65: de' quali il corpo sì benemerito della gendarmeria numera 34, fra soldati comuni e sott'ufficiali; cioè 26 uccisi e 8 feriti; il reggimento di linea 10, compresovi il capitano Giuseppe Sgambella che vi perdé la vita; i carabinieri esteri 12; gli squadriglieri 5; i zuavi 2 e i cacciatori indigeni 2.

La suddetta raccolta ci somministra pure lo stato nominativo dei briganti indigeni e stranieri, caduti in potere della giustizia e rimessi ai tribunali, dal Novembre 1865 a tutto il Novembre 1869. Questi sono 447, di cui 240 indigeni delle province rimaste alla Santa Sede, 200 forestieri a queste province e 7 di patria incerta. Tutti questi forestieri sono nativi del napolitano, eccetto 5 appartenenti alle province usurpate, 1 piemontese ed 1 francese.

Gli arrestati montano a 261; gli uccisi nei fatti d'armi a 48; i costituitisi volontariamente a 138. Dei venuti in mano all'autorità, 17 sono stati giustiziati colla fucilazione alle spalle; 54 condannati alla galera perpetua; 29 alla galera temporanea; 68 a pene minori; 3 sono morti nelle carceri. Verso 191, per diversi titoli, si sono sospesi gli atti; 35 si sono passati alla polizia; 2 trattenuti in carcere per via di esperimento.

Dei manutengoli e aderenti al brigantaggio, 409 sono stati arrestati; 2 si sono costituiti. Fra costoro 1 è stato ucciso per tentata fuga; 50 sono stati condannati alla galera temporanea; 174, per varie ragioni, dimessi; 185 passati a disposizione della polizia; 2 al tribunale della sacra Consulta.

Per lo che, durante questa lunga e vigorosa campagna, 808 briganti o fautori di briganti son capitati, vivi o morti, in bacia della giustizia; oltre i non pochi i quali, mortalmente feriti al lembo della frontiera e trafugati nottetempo, sono iti a spirare nel territorio assoggettato al regno d'Italia.

I dispendii straordinarii che il Governo del Santo Padre ha dovuto sopportare, nella condotta di questa impresa, salgono alle cifre seguenti.

Per premii, onde si è rimunerato l'arresto o l'uccisione dei briganti negli scontri colle milizie, Lire 189.006: 46. Per soprassoldi alle truppe, soldi e soprassoldi agli ausiliarii di riserva, ragguagliatamente Lire 1.374.204: 47. Il che dà la cifra totale di Lire 1.563.210: 93.

Se le dette spese e perdite di soldati sostenute dal Governo pontificio, in quattro anni, si potessero comparare con quelle che ha sofferte il regno d'Italia nell'intervallo medesimo; e se i misurati e giusti rigori usati da quello contro i rei, si potessero paragonare colle ecatombe e colle crudeltà usate da questo contro. non solo i rei. ma innumerevoli innocenti; ancorché si avesse un rispetto larghissimo alle proporzioni dei territorii, fuori d'ogni dubbio, malgrado la disparità ben grande delle condizioni, ne uscirebbe una dimostrazione vantaggiosissima al reggimento giudiziario, politico e militare dello Stato romano. La quale però gitta chiara luce da sé, ove si consideri l'effetto finale, che è stato pieno e faustissimo per l'uno, imperfettissimo ed infelice per l'altro: con questo divario per giunta. che l'uno è benedetto dal popoli, che ha veramente liberati da un flagello tormentosissimo; e l'altro è da essi imprecato, perché, sotto pretesto di salvarli, li ha macellati e martoriati. calcando loro sul collo un giogo di tirannide insopportabile. Tal è il grido che echeggia dal Liri al Capo Pellaro, in tutte le province che formavano il Regno di qua dal Faro.

Questa fedele esposizione di fatti, di documenti e di cifre contiene la risposta più recisa e solenne, che il Governo del Sommo Pontefice possa fare alle ignobili codardie della rivoluzione, la quale tanto lo ha calunniato di favoreggiatore, alimentatore e patrono del brigantaggio: e la storia verace la registrerà.

Ricapitoliamola e concludiamo.

I. Gli Stati della Santa Sede, e specialmente le province limitrofe al napolitano, erano, prima del 1860, interamente immuni dal brigantaggio. Se v'erano, meno assai che per tutto altrove, ladri e malandrini, i gendarmi pontificii bastavano ad assicurare le cose e le persone degli abitanti, ed a salvare le ragioni della giustizia.

II. Dal 1860 al cadere del 1865, i confini verso quella parte furono esclusivamente guardati dalle numerose truppe francesi, i cui comandanti, assistiti da pochi gendarmi romani, rivendicarono a sé l'onore e l'incarico di difenderli e di ributtare i briganti, che vi cercassero riparo dalle persecuzioni delle soldatesche piemontesi.

III. A dispetto della vigilanza e della valentia delle milizie imperiali, il brigantaggio, represso nelle adiacenti province napoletane, si allargò misteriosamente nelle pontificie, subito dopo strettasi la convenzione italofranca del 15 settembre 1864, che assegnava "la tranquillità delle frontiere" come requisito essenziale al mantenimento dell'indipendenza politica della Santa Sede.

IV Alcune delle bande furono riconosciute, come inviate e stipendiate da chi volea trarne pretesto a turbare "la tranquillità delle frontiere" pontificie, in danno allo Stato del Santo Padre.

V. I comandanti francesi ai confini s'intendeano accordatamente coi comandanti italiani e li aiutavano a sterminare il brigantaggio; ma sventuratamente questo, scemando di là, ingrossava sempre di qua.

VI. Il giornalismo più devoto al Governo di Firenze, nel tempo in cui i Francesi si ritrassero dalla custodia della frontiera, appoggiandosi alla Convenzione del Settembre, faceano rimbombare alte minacce contro la Santa Sede, che incolpavano di promuovere il brigantaggio.

VII. Il Governo pontificio, benché stremato di pecunia e sottile di forze, prese gagliardamente a smorbare il suo territorio da questa pestilenza gittatavi dentro, e con provvide disposizioni giudiziarie e militari, in capo a quattro anni, è giunto a sradicarne ogni avanzo; dando argomenti manifesti di severità temperata da umanità, sacrificando poche decine di soldati e spendendo poco più di un milione e mezzo di lire.

VIII. Da questa operazione molestissima poi non valse a distrarlo la irruzione di circa 20.000 briganti garibaldeschi, sospinti nei suoi Stati dai Ministri del Re d'Italia, nell'autunno del 1867; dalle cui incursioni uscì vittorioso e più forte e più onorato che prima.

IX. Finalmente il Governo del Santo Padre va lieto di avere del tutto estinto il brigantaggio e ridata quiete e sicurtà alle sue popolazioni; in quella che il regno d'Italia, fonte originaria ed inesaue di briganti, dopo dieci anni di repressioni spietate, di stragi e coscrizioni senza numero, dopo sparso a torrenti il sangue di migliaia e migliaia de' suoi soldati e dopo consumati forse più di centocinquanta milioni, si vede brulicare i banditi, non pure nel mezzogiorno dei paesi che occupa, ma anche nel centro: ond'è costretto a mantenere da circa quindici decine di migliaia di baionette, per conservare alla men male un po' di quella sicurezza pubblica, che nei Dominii del Papa si gode imperturbata ed a costo venti volte minore.

Conclusione di tutto ciò è che adunque l'iniquità ha mentito a sé stessa, e meritamente il Regno settario di questa povera Italia porta la pena de' suoi delitti e l'infamia delle sue calunnie, avverandosi ancora in ciò il detto divino, che per quae peccat quis, per haec et torquetur.


Tratto da La Civiltà Cattolica Serie VII, vol. X, 6 Giugno 1870

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