Uno dei
malanni più atroci che l'impresa della politica unificazione
d'Italia attrasse sopra quasi la metà della Penisola, fu la piaga
del così detto brigantaggio, che anche ora, dopo dieci anni di
continua e sanguinosa repressione, seguita ad infierire e a desolare
i popoli di una buona parte del Regno di Napoli. Che origine di
questo flagello fosse l'invasione armata del Piemonte nell'Italia
meridionale e l'usurpazione fattavi del suo indipendente Governo, si
è voluto negare dagli autori e dai complici di questo gran delitto
sociale: ma cogli atti stessi onde si provavano di negarlo venivano
a confessarlo chiarissimamente . Del resto come negare la luce
dell'evidenza? Se non che il carattere politico del brigantaggio
degenerò pian piano in criminoso: a tale che le bande, le quali
prima combattevano aspra ed ostinata guerra d'indipendenza, a mano a
mano che se ne ritiravano i migliori condottieri e soldati del
legittimo Re delle Due Sicilie riparatosi in Roma, si trasformarono
in turbe di ladroni e di malfattori; aizzati agli assassinii ed alle
ruberie, quali da spirito di vendetta, quali da istinto di viziosa
natura, quali da errore di mente e quali da turpe cupidità
d'interesse.
La
rivoluzione trionfatrice e signora impunita di quasi tutta la
Penisola sentì altamente l'obbrobrio e il danno che questa orribile
piaga, da lei medesima suscitata, le cagionava e nell'interno del
nuovo Regno e di fuori nell'opinione dei popoli civili. Indarno
profuse ori, indarno promulgò bandi saracineschi, indarno arse città
e castella, indarno macellò, imprigionò, mandò a domicilio coatto
per miriadi gli abitanti del napolitano; indarno empì il mondo di
menzogne, indarno scialacquò il sangue e la vita del fiore del suo
esercito. Lo spaventevol mostro le si tenne pur sempre lì in faccia,
vivo, indomito e minaccioso.
Su la fine
del 1861, stando alle informazioni ufficiali date dal supremo
comandante delle milizie, i briganti in tutte le province del
napolitano non erano più che 540. Si adoperarono 80.000 uomini per
distruggere quel pugno di nemici, facendosi dai Piemontesi e dai
Francesi rigorose guardie alle frontiere pontificie, donde
falsamente sospettavasi che passassero aiuti d'uomini, d'armi e di
danaro. Dei 540 briganti che erano in tutto, furono fucilati, o
moriro combattendo, oltre a 2.800; circa 10.000 furono chiusi nelle
carceri; più di 12.000 furono confinati o in Sardegna o nelle
Maremme di Toscana. E tutto ciò non ostante, tre anni dopo, al
nascere cioè del 1865, il famoso numero dei 540 briganti, secondo
autentici documenti, non era diminuito che di pochissimo, poiché ne
rimanevano ancora liberi ed intesi all'opera loro nientemeno che
519.
Non potendo
altro, la rivoluzione pigliò a sfogare l'ira di così umiliante
disdetta contro il Governo pontificio; e nessun'arte di mendacità e
di calunnia lasciò intentata, per versare contro di esso l'ignominia
ch'ella meritamente pativa. Per circa otto anni dunque, non pure i
giornali salariati dal Regno Italiano o a lui ligi, ma e i deputati
nel Parlamento e gli stessi Ministri nelle loro note diplomatiche,
con una pervicacia più unica che rara, vennero accusando la Santa
Sede di alimentar essa il brigantaggio nelle province dell'antico
Regno di Napoli. Ma nemmeno questo sutterfugio servì punto; giacché
il Governo imperiale di Francia, che occupava colle sue forze le
terre del Papa e ne sopravvegliava i confini meridionali, fu pronto
sempre a dare espresse mentite a quelle accuse, le quali in ultimo
sarebbero ricadute sopra l'onore della bandiera francese. Né
l'Europa savia prestò mai fede a cotali imposture; tanto più che
sapevasi come, in altri tempi, il Governo della Santa Sede avesse
speso ben quindici milioni di franchi, per estirpare il brigantaggio
da quelle tra le sue province che confinano col territorio
napolitano. Or, mettendo in disparte i riguardi di onore e di
convenienza morale, e considerando il lato anche solo
dell'interesse, poteasi mai ragionevolmente supporre che questo
Governo favorisse a bel diletto gl'incrementi di un incendio, i cui
vortici avrebbero senza dubbio ravvolto lui pure nelle fiamme? Onde
la rivoluzione, regnante in Torino prima e poi in Firenze, si
dovette portare in pace l'onta e il danno di un cancro sì
vituperevole.
Sopraggiunse
intanto la Convenzione italofranca del 15 Settembre 1864, la quale
statuendo il ritiro delle armi francesi dai Dominii pontificii entro
il termine di due anni, riservava sì al Governo del Santo Padre la
facoltà di arrolare truppe a suo servigio, per surrogarle alle
imperiali, ma insieme gl'imponeva l'obbligo di tener purgati dal
brigantaggio i confini. "Si stabilì che queste forze non debbano
degenerare in mezzo d'attacco contro il Governo italiano. Furono
aggiunte inoltre le parole tranquillità sulla frontiera, per
indicare l'obbligo del Governo pontificio, d'impedire che la sua
frontiera diventi riparo al brigantaggio". Così il cav. Nigra nel
suo dispaccio del 15 Settembre 1864 al Ministro sopra gli affari
esterni in Torino.
Questa
condizione inserita dentro un trattato che, attese le
interpretazioni dategli dal Governo italiano, era un viluppo di
doppiezze e d'ambiguità, se si metteva a riscontro coi fatti i quali
venivano accadendo nel 1863 alle frontiere napolitane dello Stato
pontificio, e colle dichiarazioni del giornalismo settario più
accreditato, appariva un semplice pretesto che si meditava prendere,
per giustificare un'invasione, appena partiti i Francesi dal
territorio lasciato al Pontefice.
E in effetto
poco dopo la Convenzione del Settembre, il brigantaggio. diminuendo
notabilmente nelle confinanti province del Regno, tolse d'improvviso
ad allargarsi nelle due di Frosinone e di Velletri: anzi restò
provato che alcune bande vi erano spedite e prezzolate da mani
misteriose . E chi sa dire quale occulta potenza vi suscitasse le
bande indigene?
Inoltre,
correndo tutto l'anno 1865, questo brigantaggio crebbe nelle due
suddette province a tal segno, che le milizie francesi, rinforzate
dalle pontificie, duravano grande fatica a perseguitarlo, a
combatterlo ed a respingerlo; con tutto che le predette milizie
fossero in perfettissimo accordo cogli ufficiali italiani, e dessero
loro braccio forte per abbattere il nemico. E ciò fino a che, al
cadere di quell'anno, i Francesi, che apparecchiavan lo sgombero a
grado a grado, si furono ritratti dalle terre del frosinonese e del
veliterno, cedendo la guardia dei confini alle truppe del Santo
Padre.
Di più,
mentre lo Stato papale era così infestato da bande, i giornali più
devoti alla rivoluzione, non solamente ingagliardivano la loro
guerra di calunnie contro Roma, quasi ella fosse il focolare dei
brigantaggio che desolava il mezzodì dell'Italia; ma più
s'appressava il tempo assegnato alla partita dei Francesi, e più
gridavano alto che, in virtù della Convenzione del 15 Settembre, le
truppe italiane vi entrerebbero, per finirla una volta e spegnervi
la fucina di tutti i mali della Penisola.
Ecco però
qual fosse il vero stato delle cose, allorché il Governo della Santa
Sede, privato dei quattro quinti de' suoi Stati e delle rendite loro
e fornito di truppe assai scarse, fu costretto di sottentrare ai
Francesi nella custodia delle frontiere, con la minaccia di essere
oppresso dal regno d'Italia, se non le teneva nette da quel
brigantaggio, che il Regno stesso o gli avea spinto o gli avea
fomentato in casa.
Or bene
questo Governo, così insidiato, così impoverito e così calunniato
non venne punto meno al suo dovere ed alla sua dignità. Sprezzò le
vili imputazioni, di cui la setta dominatrice in Italia lo facea
segno; poco o nulla curò le minacce di lei, che sapeva tenuta a
freno dagli ordini di Parigi. Fu invece sollecito, com'è debito di
ogni onesto Governo, di assicurare principalmente la quiete ed il
riposo de' suoi popoli. Per lo che mise tosto mano ai mezzi più
efficaci che. entro i limiti della giustizia e della umanità,
possedesse, senza trasandare quegli avvenimenti prudenziali, che
spesso valgono più e meglio della forza. A tal uopo il giorno 7
Decembre 1865, in quella che numerose colonne mobili di truppe
pontificie snidavano da ogni parte del frosinonese le bande,
ridottesi in fortezza sopra le cime dei monti o imboscate nelle
foreste, monsignor Luigi Pericoli, delegato apostolico, pubblicava
una legge, sancita dal Santo Padre, colla quale sottraeva i banditi
ai tribunali ordinaria e sottoponeali a giurisdizione e pene
speciali.
Per vigore di
questa legge, era istituita nella città di Frosinone una commissione
mista di tre togati e di tre militari, la quale giudicherebbe tutti
i delitti che in quella provincia e nella contigua di Velletri si
riferissero al brigantaggio: era prescritto un procedimento in via
spedita e sommaria; escluso l'appello, esclusa la revisione; ammessa
però l'interpellazione al superiore Governo, nel caso di condanna
capitale; regolate con prudente severità le condizioni della
contumacia; intimata la pena di morte colla fucilazione alle spalle,
applicabile a tutti i componenti una conventicola armata, e la
galera perpetua ai rei non appartenenti a conventicole. I
manutengoli e fautori delle bande erano pure dichiarati soggetti a
varie punizioni. Si promettevano poi le ricompense di scudi
cinquecento a chi avesse catturato un brigante, e di mille a chi
avesse arrestato un capobanda; ricompense conseguibili ancora dai
militi, nel caso eziandio che, non riuscendo a catturare i
masnadieri, li avessero uccisi. Finalmente si dava lo spazio di
quindici giorni a tutti que' malviventi che volessero presentarsi di
loro spontanea volontà e costituirsi nelle carceri, con guarentigie
di clemenza.
Chi paragoni
una tal legge con la legge che da due anni prima il regno d'Italia
avea pubblicata, a sterminio del brigantaggio nel napolitano, non
può fare che l'antiponga a questa, per la saviezza dei temperamenti.
La legge pontificia di fatto non abbandonava briganti, come
l'italiana, al giudizio di un tribunale unicamente militare; né,
come l'italiana, concedea facoltà di assegnare a un domicilio coatto
"gli oziosi, i vagabondi e le persone sospette"; facoltà che
condusse i proconsoli della rivoluzione a spopolare arbitrariamente
paesi presso che interi, ed a trasportare gli abitatori, senza
riguardo ad età, a sesso, ed aggiunti personali, nelle terre più
insalubri della Toscana e delle isole mediterranee. Molto meno il
Governo della Santa Sede imitò quello d'Italia nel modo di attuare
la legge. Questo, con decreto regio del 20 Agosto 1863, cominciò ad
eseguirla, bandendo subito lo stato di assedio in undici delle
province dell'antico reame di Napoli: il Governo della Santa Sede
invece si astenne da sì odiosi rigori, sempre nocivi alla legittima
libertà dei cittadini.
Quale è stato
il frutto effettivamente riportato dal Governo del Santo Padre, con
queste sue disposizioni contro il brigantaggio? È stato di giungere,
in meno di quattro anni, ad estirpare fino dalla radice questo morbo
malefico nel suo territorio; e ciò con spargimento di sangue e con
dispendii proporzionatamente inferiori di lunga mano a quelli cui è
soggiaciuto il regno d'Italia, senza ottenere un esito ugualmente
felice. Imperocché negli Stati del Papa il brigantaggio è già da più
mesi del tutto estinto: ovechè negli Stati occupati da Vittorio
Emmanuele seguita ad inferocire.
Fortissime
erano le difficoltà che nelle due province di Frosinone e di
Velletri si avevano a sormontare, per la condotta perseverante di
questa guerra, spesso sterile e sempre faticosissima, dalle milizie
pontificali. Per oltre 150 chilometri la frontiera del napolitano è
tutta aperta, con innumerevoli trapassi dall'una parte all'altra dei
due Stati. Monti altissimi, vestiti d'irte boscaglie, e dirupi quasi
inaccessibili ne costeggiano una buona porzione, massimo verso il
Liri; basse pianure, macchie, stagni e paludi di aria micidiale si
distendono sotto la catena dei Lepini sino al mare e formano l'agro
pontino, inabitabile parecchi mesi all'anno. Aggiungasi a questi
naturali ostacoli, che gli stessi Francesi giudicavano ardui al
sommo, l'inesperienza delle truppe, non esercitate a un tal genere
di guerra, che non di rado stanca e disanima soldatesche le più
valorose; avendosi a fare con partigiani praticissimi dei siti, i
quali più cogli agguati e colla fuga, che alla scoperta e di piè
fermo provocano i combattimenti.
Eppure ciò
non ostante le truppe del Pontefice, con una costanza o con una
bravura degna di grandissima commendazione, son venute a capo di
smorbare tutti quei monti, e tutte quelle selve, e tutte quelle
paludi di malviventi che ostinatamente vi si annidavano. Anzi si può
dire con verità, che in questa dura campagna, fatta a muta a muta da
tutti i corpi dell'esercito pontificio, scorti e spalleggiati sempre
dall'impareggiabile gendarmeria, esso si addestrò a quella
prontezza, a quella audacia ed a quella gagliardia, di cui diede
poscia prove così splendide nell'autunno 1867, ributtando
l'invasione garibaldesca e trionfando delle masnade nemiche, in
forse più che trenta belle fazioni.
Ci è
graziosamente comunicata una raccolta di documenti, compilati con
militare esattezza dal Ministero delle armi, intitolata:
Brigantaggio nelle province di Velletri e Frosinone dal 1865 al 1869
e sua totale distruzione; da cui risultano parecchie notizie, che è
pregio dell'opera far qui conoscere ai nostri lettori. Per non
diffonderci di soverchio, staremo paghi a dare sommariamente i
ragguagli più notabili.
Nel corso di
questi quattro anni, fra le truppe e le bande, si ebbero, senza
valutar quelli di minor conto, ben venti combattimenti, de' quali si
è tenuta particolareggiata memoria, per la bravura ed intrepidità
che mostrarono le milizie e per l'importanza dei vantaggi che se ne
conseguirono; e ve n'ebbero di quelli in cui piccoli gruppi o
distaccamenti batterono, danneggiarono assai e forzarono squadriglie
di oltre quaranta e fino di cento agguerriti maiandrini,
ottirnamente in armi; e questo in posture disfavorevoli e tra alte
nevi inseguendo sempre fra scogli e precipizii le bande fuggitive,
sino all'esaurimento delle munizioni, o al sopraggiungere della
notte, o all'estremo limite dei confini.
La somma
delle perdite patite dalle milizie in questa lunga campagna, non
computando i morti a cagione di malattie contratte per gli strapazzi
e pel morboso aere delle paludi, è di 42 uccisi e 23 feriti, in
tutto 65: de' quali il corpo sì benemerito della gendarmeria numera
34, fra soldati comuni e sott'ufficiali; cioè 26 uccisi e 8 feriti;
il reggimento di linea 10, compresovi il capitano Giuseppe Sgambella
che vi perdé la vita; i carabinieri esteri 12; gli squadriglieri 5;
i zuavi 2 e i cacciatori indigeni 2.
La suddetta
raccolta ci somministra pure lo stato nominativo dei briganti
indigeni e stranieri, caduti in potere della giustizia e rimessi ai
tribunali, dal Novembre 1865 a tutto il Novembre 1869. Questi sono
447, di cui 240 indigeni delle province rimaste alla Santa Sede, 200
forestieri a queste province e 7 di patria incerta. Tutti questi
forestieri sono nativi del napolitano, eccetto 5 appartenenti alle
province usurpate, 1 piemontese ed 1 francese.
Gli arrestati
montano a 261; gli uccisi nei fatti d'armi a 48; i costituitisi
volontariamente a 138. Dei venuti in mano all'autorità, 17 sono
stati giustiziati colla fucilazione alle spalle; 54 condannati alla
galera perpetua; 29 alla galera temporanea; 68 a pene minori; 3 sono
morti nelle carceri. Verso 191, per diversi titoli, si sono sospesi
gli atti; 35 si sono passati alla polizia; 2 trattenuti in carcere
per via di esperimento.
Dei
manutengoli e aderenti al brigantaggio, 409 sono stati arrestati; 2
si sono costituiti. Fra costoro 1 è stato ucciso per tentata fuga;
50 sono stati condannati alla galera temporanea; 174, per varie
ragioni, dimessi; 185 passati a disposizione della polizia; 2 al
tribunale della sacra Consulta.
Per lo che,
durante questa lunga e vigorosa campagna, 808 briganti o fautori di
briganti son capitati, vivi o morti, in bacia della giustizia; oltre
i non pochi i quali, mortalmente feriti al lembo della frontiera e
trafugati nottetempo, sono iti a spirare nel territorio assoggettato
al regno d'Italia.
I dispendii
straordinarii che il Governo del Santo Padre ha dovuto sopportare,
nella condotta di questa impresa, salgono alle cifre seguenti.
Per premii,
onde si è rimunerato l'arresto o l'uccisione dei briganti negli
scontri colle milizie, Lire 189.006: 46. Per soprassoldi alle
truppe, soldi e soprassoldi agli ausiliarii di riserva,
ragguagliatamente Lire 1.374.204: 47. Il che dà la cifra totale di
Lire 1.563.210: 93.
Se le dette
spese e perdite di soldati sostenute dal Governo pontificio, in
quattro anni, si potessero comparare con quelle che ha sofferte il
regno d'Italia nell'intervallo medesimo; e se i misurati e giusti
rigori usati da quello contro i rei, si potessero paragonare colle
ecatombe e colle crudeltà usate da questo contro. non solo i rei. ma
innumerevoli innocenti; ancorché si avesse un rispetto larghissimo
alle proporzioni dei territorii, fuori d'ogni dubbio, malgrado la
disparità ben grande delle condizioni, ne uscirebbe una
dimostrazione vantaggiosissima al reggimento giudiziario, politico e
militare dello Stato romano. La quale però gitta chiara luce da sé,
ove si consideri l'effetto finale, che è stato pieno e faustissimo
per l'uno, imperfettissimo ed infelice per l'altro: con questo
divario per giunta. che l'uno è benedetto dal popoli, che ha
veramente liberati da un flagello tormentosissimo; e l'altro è da
essi imprecato, perché, sotto pretesto di salvarli, li ha macellati
e martoriati. calcando loro sul collo un giogo di tirannide
insopportabile. Tal è il grido che echeggia dal Liri al Capo Pellaro,
in tutte le province che formavano il Regno di qua dal Faro.
Questa fedele
esposizione di fatti, di documenti e di cifre contiene la risposta
più recisa e solenne, che il Governo del Sommo Pontefice possa fare
alle ignobili codardie della rivoluzione, la quale tanto lo ha
calunniato di favoreggiatore, alimentatore e patrono del
brigantaggio: e la storia verace la registrerà.
Ricapitoliamola e concludiamo.
I. Gli Stati
della Santa Sede, e specialmente le province limitrofe al
napolitano, erano, prima del 1860, interamente immuni dal
brigantaggio. Se v'erano, meno assai che per tutto altrove, ladri e
malandrini, i gendarmi pontificii bastavano ad assicurare le cose e
le persone degli abitanti, ed a salvare le ragioni della giustizia.
II. Dal 1860
al cadere del 1865, i confini verso quella parte furono
esclusivamente guardati dalle numerose truppe francesi, i cui
comandanti, assistiti da pochi gendarmi romani, rivendicarono a sé
l'onore e l'incarico di difenderli e di ributtare i briganti, che vi
cercassero riparo dalle persecuzioni delle soldatesche piemontesi.
III. A
dispetto della vigilanza e della valentia delle milizie imperiali,
il brigantaggio, represso nelle adiacenti province napoletane, si
allargò misteriosamente nelle pontificie, subito dopo strettasi la
convenzione italofranca del 15 settembre 1864, che assegnava "la
tranquillità delle frontiere" come requisito essenziale al
mantenimento dell'indipendenza politica della Santa Sede.
IV Alcune
delle bande furono riconosciute, come inviate e stipendiate da chi
volea trarne pretesto a turbare "la tranquillità delle frontiere"
pontificie, in danno allo Stato del Santo Padre.
V. I
comandanti francesi ai confini s'intendeano accordatamente coi
comandanti italiani e li aiutavano a sterminare il brigantaggio; ma
sventuratamente questo, scemando di là, ingrossava sempre di qua.
VI. Il
giornalismo più devoto al Governo di Firenze, nel tempo in cui i
Francesi si ritrassero dalla custodia della frontiera, appoggiandosi
alla Convenzione del Settembre, faceano rimbombare alte minacce
contro la Santa Sede, che incolpavano di promuovere il brigantaggio.
VII. Il
Governo pontificio, benché stremato di pecunia e sottile di forze,
prese gagliardamente a smorbare il suo territorio da questa
pestilenza gittatavi dentro, e con provvide disposizioni giudiziarie
e militari, in capo a quattro anni, è giunto a sradicarne ogni
avanzo; dando argomenti manifesti di severità temperata da umanità,
sacrificando poche decine di soldati e spendendo poco più di un
milione e mezzo di lire.
VIII. Da
questa operazione molestissima poi non valse a distrarlo la
irruzione di circa 20.000 briganti garibaldeschi, sospinti nei suoi
Stati dai Ministri del Re d'Italia, nell'autunno del 1867; dalle cui
incursioni uscì vittorioso e più forte e più onorato che prima.
IX.
Finalmente il Governo del Santo Padre va lieto di avere del tutto
estinto il brigantaggio e ridata quiete e sicurtà alle sue
popolazioni; in quella che il regno d'Italia, fonte originaria ed
inesaue di briganti, dopo dieci anni di repressioni spietate, di
stragi e coscrizioni senza numero, dopo sparso a torrenti il sangue
di migliaia e migliaia de' suoi soldati e dopo consumati forse più
di centocinquanta milioni, si vede brulicare i banditi, non pure nel
mezzogiorno dei paesi che occupa, ma anche nel centro: ond'è
costretto a mantenere da circa quindici decine di migliaia di
baionette, per conservare alla men male un po' di quella sicurezza
pubblica, che nei Dominii del Papa si gode imperturbata ed a costo
venti volte minore.
Conclusione
di tutto ciò è che adunque l'iniquità ha mentito a sé stessa, e
meritamente il Regno settario di questa povera Italia porta la pena
de' suoi delitti e l'infamia delle sue calunnie, avverandosi ancora
in ciò il detto divino, che per quae peccat quis, per haec et
torquetur.
Tratto da La Civiltà Cattolica Serie VII, vol. X, 6 Giugno 1870 |