Nel tempo dei cavalieri, dell’armi e dell’amore, ma anche dell’arbitrio e dell’arroganza, visse e si adoperò in Sicilia, una donna che ha provato a tener testa agli oltraggi del potere. Il suo nome era Bianca di Navarra, bella, intelligente e fiera.
Le vicende che la videro protagonista, ormai purtroppo dimenticata dai più, si svolgono tra la fine del XIV e gli inizi del XV secolo.
Ma per meglio capire risaliamo alla morte di Federico IV il Semplice (27 luglio 1377) che lasciò il trono nelle mani della quindicenne ed inesperta figlia Maria. La situazione divenne oltremodo confusa e precaria.
Il potere dei Baroni e dei piccoli feudatari che si legavano ora all'uno ora all'altro di essi, ne facevano una terra ricca e appetibile, ma preda di vessazioni e continue dispute locali.
Maria, giovane reggente era stata promessa sposa dal suo tutore, Artale di Alagona, a Gian Galeazzo Visconti, signore di Milano con ambiziosi progetti d’espansione nel sud, ma il progetto fallì per il tempestivo intervento di Pietro IV d’Aragona. Maria fu rapita e dopo una serie di rocambolesche avventure fu data in moglie a Martino I d'Aragona il Giovane, la cui figura è abbastanza controversa, non solo perché si procurò un trono con la forza, ma anche perché le cronache del tempo dicono fosse di bell'aspetto, incallito donnaiolo ma duro e spietato governatore.
Il loro matrimonio durò circa dieci anni. Dopo la nascita del primogenito, Maria, già di salute delicata, peggiorò e visse solo pochi anni ancora, mentre Martino liquidava con cinismo la sua morte, avvenuta nel 1402, considerandone solo l'aspetto economico e cercandosi immediatamente una degna sostituta.
La scelta cadde su Bianca, la bella figlia di Carlo III di Navarra. Scelta oculata ed intelligente, sia per il fascino della fanciulla, che per l'unione con la Navarra. Il matrimonio, come era di norma allora, avvenne per procura e Bianca arrivò in Sicilia, innamorandosene a prima vista, accompagnata da una ricca dote. Era con lei Bernardo Cabrera, esperto stratega catalano che, negli anni precedenti era stato di grande aiuto al re Martino, procurandosi il titolo di Gran Giustiziere.
Ma tale svolta spagnola non piacque affatto ai baroni siciliani, che, naturalmente, avversavano qualunque potere forte. Nello stesso periodo però, venne armata una spedizione in Sardegna che impegnò tutta la dote di Bianca, oltre mutui e finanziamenti da parte delle più ricche famiglie di Sicilia e Martino si assentò lasciando sola la moglie.
Ciò spinse alcuni baroni messinesi ad approfittare della situazione e tentare di ribellarsi all'autorità reale, ma Bianca che aveva le doti di un buon regnante, sedate in breve le rivolte, concesse il suo perdono in cambio della promessa di sottomissione futura.
Bianca aveva capito che l'autorità centrale doveva sempre mostrare estrema saldezza, perché le autonomie locali erano sempre in agguato.
Martino tornò vittorioso dalla Sardegna e Bianca potè impegnarsi nell'amministrazione della Camera Reginale, costituita da nove città della Sicilia orientale, una zona che la bella sovrana amava particolarmente e in cui risiedeva volentieri.
È di quegli anni la promulgazione di alcune leggi di diritto privato che, per la loro modernità e lungimiranza, testimoniano la straordinaria saggezza della giovane regina, che non trascurò, cosa rara per l'epoca, di accogliere anche le istanze della popolazione.
Martino, però, riparte per la Sardegna e muore durante la spedizione (1409), si dice tra le braccia di una delle tante donne che gli tenevano compagnia ovunque si trovasse. Bianca rimane sola, ancora giovanissima e spaventata dalle prevedibili reazioni delle città siciliane e dei loro baroni.
Bianca diviene Vicaria del regno di Sicilia per nomina del suocero e per testamento dal marito, visto che alle donne non era consentito altro che essere consorti di re (?!).
Il defunto Martino, che aveva perso l'unico figlio legittimo datogli da Maria, la prima moglie, ha però due figli illegittimi nati da due relazioni con nobildonne siciliane e uno di questi, il piccolo Federico (il conte di Luna), appartenente ad una famiglia del catanese, viene legittimato a succedere al trono.
I baroni furono lieti di questa soluzione, convinti che, con una donna Vicaria ed un erede bambino, avrebbero avuto campo libero per dominare la terra di Sicilia. Bianca cercò di allearsi con la famiglia di Federico, ma ottenne sdegnosi rifiuti. Le cose precipitarono quando poco dopo, nel 1410, morì anche il suocero, Martino II d'Aragona, e si riaccesero le avidità mai sopite delle famiglie siciliane e catalane.
Due sovrani erano morti in meno di un anno, lasciando un vuoto di potere pericoloso e destabilizzante, tanto in Sicilia quanto in Spagna. In Sicilia, allora quel Cabrera che aveva accompagnato Bianca nel suo viaggio nuziale, decise di avversarla per toglierle il dominio dell'isola.
Si crearono, così, due avverse fazioni che presero a farsi la guerra sostenute dai baroni che, lieti di poter contare su un potere centrale diviso, si alleavano ora con l'una ora con l'altra parte.
Bianca, certamente amareggiata dal vedersi contro famiglie verso le quali aveva mostrato grande generosità, rimase ferma nei suoi principi di rettitudine e lealtà nei confronti di quella terra che l'aveva ospitata con la dolcezza dei suoi paesaggi e del clima. Evitò, così, coraggiosamente e senza il conforto dei baroni siciliani, di chiamare in aiuto il re d'Aragona o il suo stesso padre Carlo e preferì contare sulle proprie forze e sui pochi amici veri che le restavano vicini, come i Moncada, Rosso, Filangieri e Lanza.
Cabrera, che si serviva di truppe mercenarie che ben volentieri saccheggiavano la prospera terra di Sicilia, pensò di risolvere la situazione chiedendo, senza alcun pudore, in moglie Bianca che, naturalmente, lo respinse. Questo rifiuto accese ancor di più la rivalità tra i due.
Trapani ed altri comuni della parte occidentale decisero, allora, di stringersi in confederazione a favore della reggente e cercarono di allearsi anche con la libera Palermo. Ma i piccoli feudatari, forse per paura, scelsero Cabrera, il quale era tra l’altro innamorato pazzo di Bianca. Molte storie ancora si raccontano sul pazzo amore del vecchio Cabrera per la giovane e bella regina Bianca. Come la storia a volte, o forse spesso, soggiace alle passioni!
La contesa sembrò giunta al termine quando Bianca stava per essere catturata all'interno del Palazzo Reale di Palermo e sarebbe stato facile per il Cabrera costringerla alle nozze, ma alcuni nobili riuscirono ad avvisarla e l'aiutarono a fuggire. Non per nobiltà d’animo, sia chiaro, ma solo perché il proseguire della contesa sul potere centrale consentiva ai baroni di agire indisturbati, pretendere tasse sempre più esose dal popolo e spadroneggiare senza limiti sulle terre del re. La storia è solo una lunga trama machiavellica che racconta il continuo passaggio da un contendente all'altro non appena uno di essi sembra prevalere e ciò consente agli sfruttatori di prevalere e di arricchirsi (sono loro i veri padroni!).
Si cercò allora di dar vita ad un Parlamento siciliano a Taormina, ma le ambizioni di Messina e di altre città, fecero fallire l'iniziativa proprio mentre Cabrera si accaniva sempre più contro i baroni che non gli consentivano di realizzare il suo ormai patetico sogno d'amore. Bianca, esasperata, lo respinse sino ad Alcamo, dove Cabrera riuscì a salvarsi riparando nel Castello.
Palermo, intanto accolse con grandi festeggiamenti la Vicaria Bianca, ma in realtà il nascosto intento dei baroni era quello di darla in moglie al conte Peralta di Caltabellotta, discendente degli aragonesi.
Questa eventualità rese pazzo il vecchio Cabrera che, chiamati a raccolta i suoi mercenari, aggredì la città di Palermo sconfiggendo le forze regie e piombò a Palazzo Steri, convinto di trovarvi la sua amata. Ma di Bianca trovò solo il profumo nelle lenzuola che l'avevano accolta per la notte, poiché la donna era fuggita, ancora una volta, per mare.
Da quel momento, successero tanti eventi che resero ancor più disastrate le condizioni della terra e del popolo siciliano. Cabrera saccheggiò Palermo e il Palazzo Reale, e, mentre una delegazione spagnola capeggiata dal padre di Bianca era pronta ad intervenire, Messina si alleò col Papa contro le altre città e si arrivò ad un accordo che penalizzava Bianca.
Cabrera, con uno stratagemma, fu catturato ed imprigionato e il nuovo re d'Aragona, Ferdinando di Castiglia, inviò cinque nobili per supportare la cugina Bianca in Sicilia. In realtà i nobili spagnoli si servirono della loro autorità e soprattutto della loro miope arroganza, per togliere a Bianca ogni potere.
Ferdinando la esautorava di tutto, lasciandole solo il ruolo di Vicaria. Bianca cercò di far capire al cugino che questo poteva significare aprire le vie ad altri aspiranti sul trono di Sicilia, come ad esempio i regnanti di Napoli, ma le sue rimostranze rimasero inascoltate. E quando decise di sottoporre a processo lo storico nemico Cabrera, pur garantendogli tutta l'assistenza legale di cui ella stessa si era resa fautrice, fu indotta a liberarlo purchè abbandonasse la Sicilia.
Da allora, paradossalmente, scomparso il suo nemico di sempre, venne meno anche il suo ruolo, la stessa sopravvivenza di una Vicaria che rappresentasse l'autorità centrale, considerato che i cinque ambasciatori di re Ferdinando esercitavano di fatto un dominio assoluto.
Bianca firmò ancora qualche atto di ordinaria amministrazione, manifestando, come sempre, la sua levatura mentale, come ad esempio l'attribuire ufficialità all'attività di un chirurgo donna, cosa che, per allora, era un atto rivoluzionario. Decretò tasse più giuste e cercò di combattere la corruzione dei pubblici funzionari, provò a fare ordine nelle mille leggine che favorivano i signori locali e, sempre, mostrò la sua liberalità.
Ma nessuno volle capire quanto preziosa sarebbe stata Bianca per la Sicilia, se solo le avessero permesso di governare autonomamente. In qualità di Vicaria, Bianca continuò a dare impulso all'artigianato, alla pesca, favorendo le enormi ricchezze naturali dell'isola, ma gli interessi politici per questa nostra terra, anche allora non coincidevano con quelli reali del paese e così, la nostra Bianca, stanca di non ricoprire un vero ruolo e stanca dalle continue ingiustizie che dividevano la Sicilia, dopo aver scritto un addio commosso ai siciliani, scelse di tornare in Navarra, dove, ancor giovane, andò a vivere nel Castello di Olit.
Da lì, provò ancora a far sentire la sua influenza sulla terra che tanto aveva amato, ma il sovrano di Spagna le tolse, nel tempo, qualsiasi influenza sulla Sicilia.
I siciliani di allora, come quelli di oggi, impegnati a risolvere piccole beghe personali, osteggiando per anni Bianca, avevano perso la loro occasione d'indipendenza, frazionandosi (una devolution ante litteram, le piccole patrie costituite da un feudo…) e alimentando gli odi e le invidie personali, i razzismi, in parole povere. Bianca ci aveva provato a rendere libera la Sicilia ma non l’hanno seguita: era più facile e più bello essere ricchi e da soli.
La Sicilia, da allora, non fu più residenza di Re.
Fara Misuraca |