Pensiero Meridiano

 

 

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La presa di potere di Silvio Berlusconi

di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

Comunque vada a finire è ormai chiaro che il periodo berlusconiano è concluso. Si tratta solo di tempo. Il tempo di mettere al sicuro le chiappe del premier. È durato 17 anni, sostituendosi al precedente lungo ciclo democristiano del quale si possono ricordare luci ed ombre, ma non negare le realizzazioni. Il berlusconismo cosa ha realizzato? Per cosa verrà ricordato?

Il potere democristiano

Il ciclo democristiano ebbe inizio, vogliamo ricordarlo, quando il presidente statunitense Truman e il suo Segretario di Stato, Dean Acheson, per evitare che lo strapotere economico e finanziario degli USA, frutto della seconda guerra mondiale mandasse in bancarotta i partner commerciali europei degli Stati Uniti, inventarono la Guerra Fredda.

Tutto andò bene per un certo periodo, ma nel 1971, con la dichiarazione d’inconvertibilità del dollaro in oro, iniziò “ufficialmente” la crisi attuale. Una crisi tutta di matrice liberale dovuta al sovra-accumulo di capitale.

Nel “ventennio d’oro del capitalismo” che seguì la fine della II Guerra Mondiale si erano infatti accumulati capitali talmente grandi e così rapidamente da non potere essere reinvestiti con profitto negli stessi settori che ne avevano permesso l’accumulo. D’altro canto, il debito pubblico statunitense aveva cominciato a lievitare, a causa della guerra in Vietnam, che stavano per giunta perdendo, e per tutte le altre spese imperiali e anche, cosa da non sottovalutare, per la sempre più sofisticata tecnologia impiegata per guerre sempre più impervie. Le spese di guerra, in pratica, cominciarono a superare i profitti.

Ora, tutti sappiamo che la politica è spesso miope e considera un beneficio a breve termine migliore di un investimento di lungo termine. Ciò accade perché elettoralmente rendono di più le decisioni che (a volte) danno risultati positivi nel breve termine, anche se si rivelano nefaste nel lungo. Un esempio lampante è il cercare di evitare una recessione ingigantendo i problemi strutturali: non si sarebbe mai arrivati al punto in cui siamo se Greenspan non avesse introdotto la "Greenspan Put" [1] e se il Trattato di Maastricht fosse stato rispetto.

Ma non ci si può aspettare lungimiranza dai politici: di norma quelli lungimiranti perdono le elezioni ed a loro vengono preferiti quelli opportunisti.

I gruppi di pressione organizzati, le lobbies con interessi concentrati ed a breve termine, hanno di norma la meglio sugli interessi diffusi, a lungo termine, non organizzati e caratterizzati da un basso livello di informazione. L’esempio tipico sono i produttori che sfruttano i consumatori riducendo la concorrenza grazie alla politica. È evidente che nei mercati finanziari americani, flussi di centinaia di miliardi di ricchezza sono stati dirottati verso il settore finanziario che, essendo molto grato di ciò, ha pagato milioni di dollari in contributi elettorali sia ai repubblicani che ai democratici. Il che significa nessun investimento “reale” e nessun riflesso sulla produzione reale, con conseguente impoverimento dell’economia e della cittadinanza.

I capitali che venivano disinvestiti o non investiti in commercio e industria a causa della sovra-accumulazione presero due vie: quella della speculazione finanziaria e quella della rapina” della ricchezza già esistente nel mondo.

La prima portò alla deindustrializzazione, perseguita anche per meri fini di vendetta di classe: contro i lavoratori, “colpevoli” di aver chiesto tutele e garanzie sociali, lottando duramente per ottenerle. I quartieri operai e quelli della piccola borghesia si trasformarono in aree socialmente degradate, terreno fertile per l’attecchimento della malavita, mentre si sviluppavano, a vantaggio di una élite ristretta, i “prodotti finanziari”, derivati di derivati di derivati di ricchezza reale, che soppiantavano a ritmo vertiginoso i titoli economici (quelli di beni e servizi): nasceva il termine “industria finanziaria”: il denaro in pratica si autogenerava come nel campo dei miracoli del Paese di Acchiappacitrulli di Pinocchio. Insomma, per usare una metafora cara a Piero Pagliani, i padroni delle ferriere avevano lasciato il posto al Gatto e la Volpe. Il tutto sotto il patrocinio di due padrini d’eccezione: Mr. Reagan e Mrs. Thatcher.

Reazionari

Ovviamente il duo non inventò niente, perché il principio ispiratore della speculazione è lo stesso della tradizionale catena di Sant’Antonio, o di “manda 4 cartoline e ne riceverai 4mila”. Chi inizia la catena riceve le cartoline, poi la cosa si allarga troppo ed gli ultimi invieranno ma non riceveranno alcunché.

Per rapinare la ricchezza esistente invece, la cosa basilare era di rendere consenziente a farsi depredare coloro che detenevano il risparmio. I finanzieri liberisti e creativi, ansiosi di lucrose speculazioni, si adoperarono in tutti i modi perché ciò che fino ad allora era considerato normale, cioè la governance monetaria, il controllo sui flussi di capitale, il sistema progressivo di tassazione, il welfare e l’industria pubblica o partecipata, cominciasse ad essere considerato anormale, inefficiente, obsoleto, e quindi da smantellare: “Privato è bello”, “Pubblico è cattivo”, “Privatizzare è d’obbligo”.

Generazioni di economisti e “manager” di tutto il mondo furono formate negli USA su queste parole d’ordine, giustificate e supportate da elaborati ed eleganti modelli matematici. Spesso, dopo periodi di formazione presso le Istituzioni Finanziarie Internazionali, come l’FMI e la Banca mondiale, o presso le grandi banche d’affari come la Goldman Sachs, i managers venivano “sguinzagliati” ad occupare posti strategici nei gangli del potere dei Paesi di origine, portandosi dietro quella formazione mentale ed importanti relazioni “amichevoli” alle quali era difficile sottrarsi.

La caratteristica principale di base di tali professionisti è l’assoluta ignoranza delle caratteristiche tecnico-operative del prodotto (o servizio) cui venivano (e vengono) preposti. Un’ignoranza voluta e coltivata, necessaria per “non farsi distrarre” dal prodotto e dal processo produttivo, e concentrarsi solo sull’aspetto finanziario e sulla riduzione dei costi di produzione, sempre meno considerati “investimento”.

La caratteristica USA di creare specialisti ha localmente parato un po’ il colpo, facendo sì che l’America combinasse speculatori e produttori di beni. Così, grazie anche alla genialità di personaggi come Bill Gates (Microsoft) e Steve Jobb (Apple), gli USA hanno continuato a creare innovazione, generando la rivoluzione informatica dei decenni a cavallo di secolo. Il contagio speculativo e finanziario si è diffuso nel mondo, trovando fertile terreno in Europa, in particolare nei Paesi mediterranei come Grecia, Spagna e Italia. Da noi è diventata “moda”, regola rigida per scegliere o nominare i vertici di imprese private e pubbliche. L’incompetenza sul prodotto o sul servizio da realizzare è da noi caratteristica indispensabile per riuscire a raggiungere posizioni di comando. Meglio se accompagnata da ruvido pelo sullo stomaco in fatto di corruzione e compromessi.

La reazione in Italia

In Italia già fin dagli anni '80 è stata praticamente distrutta la produzione industriale originale strategica, con la chiusura o drastica riduzione dei poli della siderurgia, chimica, del tessile, dell'elettronica, dell'informatica (Olivetti), e ora anche della cantieristica e persino dell'auto grazie all’intervento del “geniale” Marchionne. Siamo stati esautorati dai segmenti produttivi vitali per l’economia e per fare innovazione. Con il silenzio-assenso generalizzato, tanto chi se ne frega, son rami secchi, fino al è da comunista quest’idea di fabbriche ed operai. Come detto, se non ci fosse l’accettazione della vittima, lo speculatore non potrebbe rapinarla.

Oggi si stanno cercando di distruggere con la delocalizzazione e il precariato i pochi primati artigianali che ancora conserviamo: design, moda, cibo, arredamento, cicli automatizzati.

In Italia occorreva innanzitutto scardinare il precedente sistema di potere democristiano, o meglio quanto di esso sopravvissuto al craxismo, padre di tanti guai. La DC era oramai in orribile combutta col Pci. Poiché i Paesi alleati non possono, per definizione, essere bombardati, si puntò sul “logoramento da potere”. In altre parole si contò sul fatto che dopo cinquant’anni i cittadini non ne potessero più dei soliti partiti. In teoria è vero, ma nella pratica è un po’ più difficile. Occorre infatti vedere cosa si offre in cambio. E se in cambio si offrono impoverimento, precarietà, perdita di dignità, asservimento, è difficile che la cosa funzioni.

Perché un paese possa essere svenduto occorrono quindi dei complici interni, degli “inside men”.

In Italia lo smantellamento del vecchio ordine politico ed economico doveva, a rigor di logica, essere affidato agli ex comunisti, con l’aiuto dell’ala sinistra della Democrazia Cristiana. Una scelta ragionevole: il sistema democristiano era degenerato nel CAF (asse Craxi-Andreotti-Forlani) e il Partito Comunista Italiano era stato l’unico credibile partito di opposizione. Non solo ma il segretario Berlinguer aveva fatto della “questione morale” un suo cavallo di battaglia. Così, una volta sdoganati geopoliticamente grazie alla caduta del Muro di Berlino, all’implosione dell’URSS e al riformismo di cui fu pioniere l’attuale Presidente della Repubblica, la messa alla berlina per via giudiziaria al CAF sembrava permettere un facile ricambio di potere. Questo non significa comunque che i magistrati di “Mani Pulite” fossero asserviti a poteri stranieri. Semplicemente venne meno il muro di protezione nei confronti di una certa classe di politici.

Intanto parallelamente a Mani Pulite si svolgeva l’addestramento di una élite di economisti e finanzieri italiani sui meccanismi della nuova politica di “finanziarizzazione” e di “accumulazione per espropriazione”, come è stata chiamata da David Harvey. Un addestramen-to iniziato, sempre nel fatidico 1992, con un viaggio d’istruzione sul panfilo Britannia, messo gentilmente a disposizione da sua Maestà Britannica alla crème de la crème della finanza anglosassone ed ai suoi ospiti italiani (Massimo Maggi, “Convegno sul Britannia, sponsor la Regina. Manager ed economisti invitati a un dibattito sul Mediterraneo, a bordo dello yacht della famiglia reale inglese. Corriere della Sera, 2 giugno 1992).

Tutto sembra svolgersi secondo copione e la “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, sembra pronta a trionfare.

Ma, a questo punto, scende in campo il Cavalier Silvio Berlusconi, che è uno dei maggiori beneficiati dalla cosiddetta Prima Repubblica. Con l’attività di Mani Pulite e la prospettiva che il Pds di Occhetto prenda il potere, lui non naviga più in buone acque e rischia seriamente la bancarotta o addirittura di fare la fine di Gardini. Decide così di reagire e si affida alle “cure” dell’amico e sodale Marcello dell’Utri che, tra l’altro, raccoglie intorno a lui il consenso di poteri occulti e mafiosi, di cui è stato dimostrato come Dell’Ultri stesso facesse parte, nonché di tutte le “leghe”, spesso sovvenzionate dalla malavita organizzata, che spuntavano come funghi nel meridione suggestionato dal nascente potere della Lega nord.

L'entrata in scena

Dietro Berlusconi non c’è però solo Dell’Utri ma c’è anche Licio Gelli, capo della loggia Massonica deviata P2 (Propaganda due) ufficialmente sciolta nel 1981con il suo "piano di rinascita democratica" sequestrato a Maria Grazia Gelli nel luglio 1982, che rappresenta la "carta programmatica per l'Italia" della P2, e che è divenuto il programma di Silvio Berlusconi.

Costui è presentato come l’uomo “perfetto”, l’uomo “che si è fatto da solo”, che “ha regalato” agli italiani la TV senza canone, quella delle telenovelas e di Drive in ed è pure patron del Milan. Ma è, soprattutto un outsider. È fuori dai giri dei salotti buoni della finanza e dell’industria italiana. È il parvenu per eccellenza, sia nel mondo degli affari sia, ora, in politica.

Ed è per questo che i settori che hanno deciso di resistere alla svendita globalizzatrice si trincerano dietro di lui, a cominciare dall’avvocato Agnelli (“Se perde Berlusconi, perde lui, se vince vinciamo tutti” ebbe a dire) e alla maggioranza degli Italiani che aveva sostenuto fino a quel momento il CAF.

La prima operazione politica di Berlusconi fu di unirsi alla Lega al Nord ed ai post-fascisti al Sud: un vero e proprio azzardo, basato fondamentalmente sul fatto che al Sud i voti per lo più si comprano, altrimenti non sarebbe mai potuta riuscire. Invece, con l’appoggio di fatto delle gerarchie vaticane, con i meridionali che non si accorgono (e, in buona parte, non si accorgeranno mai più) del trucchetto.

E così Silvio Berlusconi nel 1994 divenne per la prima volta Presidente del Consiglio, inaspettatamente, contro ogni previsione. Contro ogni considerazione storica, l’Italia vuole ridiventare fascista, adorare un “leader”, farsi i cavoli propri, non pagare le tasse.

La democrazia italiana

I primi tre articoli della Costituzione italiana spiegano chiaramente cosa è la democrazia

Articolo 1 - L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Articolo 2 - La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle forme sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Articolo 3 - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

L'articolo 3 garantisce la pari dignità delle persone, tutte importanti in una Repubblica Democratica. L'articolo 2 dice che la Repubblica riconosce i diritti inviolabili della persona. L'articolo 1 parla della sovranità del popolo: sovranità esercitata rispettando tutte le persone, anche le minoranze. È compito della Repubblica eliminare gli ostacoli che vincolano la libertà di espressione, il loro pieno sviluppo: ciascuno ha il diritto di trovarsi nelle stesse condizioni degli altri. Sia nella vita sociale, che economica che politica.

Una Repubblica è democratica fintanto che c'è la partecipazione e l’impegno quotidiano da parte dei cittadini. Partecipazione che può avvenire attraverso gli strumenti che la Costituzione garantisce: i progetti di legge popolare, i referendum, le petizioni alla Camera e soprattutto la scelta dei loro rappresentanti al Parlamento.

Sono queste le fondamentali regole che hanno fatto dell’Italia una repubblica democratica prima che il cavaliere Silvio Berlusconi, una volta impadronitosi del potere ne ha stravolto il significato piegandolo alle sue personalissime esigenze. Ma vediamo come.

In Italia, come abbiamo appena detto, la forma democratica stabilita nella Costituzione assegna al Parlamento liberamente eletto la rappresentanza della sovranità popolare. È il Parlamento che deve fare le leggi. Il governo, non eletto ma nominato, ha il compito di amministrare e deve avere la fiducia del Parlamento. La Magistratura ha il compito di perseguire le infrazioni alla legge. I tre poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario sono separati ed indipendenti l’uno dall’altro: questo principio è l’architrave della nostra forma di democrazia. Esistono al mondo modelli diversi da quello parlamentare, altrettanto validi, ma noi abbiamo questo, almeno fin quando una nuova Assemblea Costituente non ne formalizzi il cambiamento.

Non è da trascurare, al riguardo, che le democrazie presidenziali pongono limiti ai mandati, in maniera che il potere non resti mai a lungo nelle mani di una sola persona. Per esempio, negli USA tale limite è di 8 anni.

La contraddizione del berluscolismo

L’avvento del berlusconismo ha di fatto modificato la nostra forma di Stato, introducendo una prassi competitiva tra i Poteri volta a rendere l’esecutivo predominante. Ciò ha generato una serie di conflitti d’interesse, che si sono sovrapposti a quello insito implicitamente nel berlusconismo: la necessità di anteporre le ragioni, proprietà, influenze e personalismo di Silvio Berlusconi alle istanze collettive, con l’assunto di rappresentare un’individualità da assumere come modello, o quanto meno a cui aspirare. Questa componente totalitaria farà da sfondo a tutto il periodo del berlusconismo, ed è una chiave di lettura indispensabile per comprendere la base ideologica, se così si può definire, del personaggio.

In realtà, tale attitudine trae un’origine pratica dalla necessità di Berlusconi di oscurare il proprio passato e la misteriosa provenienza degli ingenti capitali da lui maneggiati nel grande affare dell’edilizia milanese. Occorreva anche occultare i rapporti con la mafia tenuti tramite lo “stalliere” Mangano, e creare per sé il mito dell’uomo di successo.

Da subito, Berlusconi manifesta il fastidio per il frazionamento del potere su cui si basa la democrazia. Nel corso degli anni poi, procede anche a eliminare alleati che si rendono ai suoi occhi concorrenziali: prima Follini, poi Tremonti (che verrà richiamato, ma di cui Berlusconi diffiderà sempre), Casini, quindi Fini…

Basa la sua forza sul monopolio quasi assoluto dell’informazione di massa, potendo godere grazie al craxismo di ben tre reti televisive sue personali, di almeno 2 su tre reti pubbliche, nonché della proprietà di grandi case editrici e di quotidiani. Ovviamente, pretende dai giornalisti e conduttori una partigianeria assoluta, pronta a tutto, come rivelare conversazioni telefoniche illegali (Fassino-Consorte) ed allo stesso tempo condurre campagne iper-garantiste contro la divulgazione di intercettazioni che lo riguardano.

Immagine di Edoardo Baraldi, Micromega.

L'alterazione della realtà

Crea, oltre che il mito di se stesso, il mito negativo del nemico: i comunisti. Categoria più mentale che reale, visto che il partito Comunista Italiano non è mai stato al governo del Paese, al contrario del fascismo che l’ha distrutto. Il Pci nel 1994 era un partito dal comportamento e dai programmi assolutamente democratici, “pulito” per non aver mai avuto ministeri, posti nei consigli d’amministrazione, cariche nelle banche. Per questo, fu solo sfiorato dal repulisti operato da Mani Pulite. Il Pci non aveva nulla a che fare, oggettivamente parlando, con gli intrallazzi della Milano da bere.

Gli ex socialisti, quelli scampati dalle patrie galere, passano strumentalmente con Berlusconi, ponendo fine ingloriosamente a una storia di lotte operaie iniziate a fine ‘800.

Nel mentre Berlusconi pretende o compra la fedeltà assoluta di chi lo circonda, con la scusa dei comunisti fa fuori una ad una tutte le voci di dissenso, anche quelle storicamente autorevoli come Enzo Biagi, fin ad arrivare a Travaglio e Santoro, passando per onesti professionisti quali i vari Mentana, Luisi, Gruber ecc.

Professionisti ex comunisti o ex socialisti o democristiani voltano la gabbana e si votano a lui, come Ferrara e Vespa che diventano addirittura ministri della Repubblica, o conducono trasmissioni televisive per decenni con sfacciata faziosità a spese del servizio pubblico.

Per come la pensa Berlusconi, tutti hanno un prezzo e quindi possono essere comprati, come l’avvocato Previti, tutore della contessina ereditiera, a cui verrà sottratta la villa di Arcore in cambio di un tozzo di pane. Continuerà a farlo a piene mani, nei confronti di magistrati, testimoni, deputati e senatori, elettori e lobbysti, giornalisti ed avvocati, faccendieri e ragazzine… La corruzione è per lui uno strumento da usare con sfrontatezza e spregiudicatezza, sbandierata ai quattro venti e fatta passare come “dazione liberale”, “aiuto ad una famiglia in difficoltà”…

La copertura vera è poi arrivata con le leggi ad personam, di cui sarebbe troppo lungo fare l’elenco, che hanno falcidiato reati, tempi di prescrizione, modalità e procedure della giustizia.

A furia di leggi e codicilli ad uso personale la legge nel nostro Paese va in una direzione che di democratico non ha più nulla: quella di un doppio diritto. Uno, implacabile, per i cittadini comuni, e un altro, di manica larghissima, per gli onorevoli signori. Sia nel civile che nel penale dove per loro si applica un ipergarantismo peloso e la presunzione d’innocenza è sacra, mentre per gli altri vale il principio “in galera subito e buttate via la chiave”. È la vecchia, cara, schifosa, giustizia di classe, quella di tradizione barbarica in uso tra i Longobardi, gli inventori del feudalesimo.

Cultura longobarda

L’azione di governo di Berlusconi si potrebbe sintetizzare nel “vivi e lascia vivere”. Ovviamente il “vivi” sottintende il “come me”, pieno di soldi di donne e di ville… Se non ci riesci, tenta lo stesso! Sappi comunque che io, Berlusconi, non ostacolerò mai seriamente i tuoi abusi edilizi, il tuo far lavorare in nero…

In realtà la democrazia, al contrario di come l’intende Berlusconi e gli amici a lui cari come Putin o i liberisti statunitensi non è che l’involucro che serve a legittimare il modello di sviluppo basato sul mercato. Il mercato è uno scambio di oggetti inerti che non può produrre “valori”, né laici né di qualsiasi altro tipo. Per mantenere gli apparati questi signori hanno bisogno di soldi e per procurarseli li drenano illegalmente dal settore pubblico, di cui si sono impossessati, o da quello privato tenendo l’imprenditoria sotto ricatto (o mi dai la tangente o non vincerai mai un appalto). Essendo abituati al compromesso i politici diventano, quasi sempre, dei corrotti. Questa corruzione pubblica trascina fatalmente con sé i cittadini spazzando via tutta una serie di valor quali onestà, lealtà, dignità, sono alla base di una comunità sana.

Legittimo impedimento (da Micromega)

Sfrontatezza, vittimismo e irresponsabilità

Tale sfrontatezza non poteva certo trionfare se non in un Paese ipocrita e infantile come il nostro e se non fosse stata “trasformata” in “prodotto vendibile” grazie al monopolio della informazione televisiva. Infatti, all’estero, dove il suo potere mediatico non arriva, Berlusconi è considerato un buffone.

Le tattiche parolaie di occultamento sono da 17 anni a questa parte sempre le stesse: vittimismo e irresponsabilità. Berlusconi è “un perseguitato” (anche se non ha trascorso neanche un minuto in carcere). La colpa dell’agonia che stiamo vivendo non è mai sua, bensì dell’opposizione, della magistratura, della crisi internazionale, dell’11 settembre, dei sindacati, del presidente della Repubblica, dei comunisti… e in ultimo degli invidiosi.

Sgombriamo intanto il campo dal principale appiglio del suo potere: l’essere stato eletto dal popolo. Ricordiamo allora che Berlusconi non è stato eletto dal popolo, perché ciò non è previsto dalla Costituzione. Il suo partito non ha mai conseguito la maggioranza dei voti degli Italiani. Alle politiche del 2008 è rimasto ben al di sotto del 29% degli aventi diritto. Hanno materialmente scritto il nome di Berlusconi solo il 5,5% degli aventi diritto (elezioni europee 2009, le uniche dove si può ancora esprimere una preferenza).

Berlusconi non ha mai ottenuto la maggioranza. Né semplice (50%+1 dei voti) né assoluta o qualificata (50%+1 degli aventi diritto). Semplicemente ha ottenuto un numero di voti superiore a quelli ottenuti da ciascun'altra opzione nella stessa votazione. Il che ha dato diritto alla coalizione di cui fa parte di esprimere un governo (per poi avere una maggioranza assoluta fittizia, grazie alla applicazione di una perversa legge elettorale). Il popolo sovrano il voto non lo ha dato a Berlusconi, ma alla coalizione parlamentare.

Nessuna legittimazione

Quando questa si è sfasciata alla fine del 2010, il governo avrebbe dovuto dimettersi non avendo più la legittimazione elettorale. Invece è andato avanti tramite un ulteriore strupro alla democrazia: l’acquisto di parlamentari senza scrupoli tra i ranghi dell’opposizione, cioè di persone elette dagli anti-berlusconiani. Cittadini che avrebbero diritto di veder difeso e propugnato il proprio orientamento politico, sono stati traditi grazie ad un principio, quello dell’assenza di vincolo di mandato, nato per tutto un altro scopo: preservare la libertà dei parlamentari dalle imposizioni dall’alto.

Berlusconi ha usato la democrazia per restare abbarbicato alla poltrona e sfuggire ai giudici che tentano invano di obbligarlo alla legge. I parlamentari comprati, approfittando di una garanzia di libertà, si sono fatti servi.

Un passo indietro per comprendere fino in fondo il protagonista di questa amara pagina di storia. Il “contratto con gli Italiani del 2001 [2]. Occorre ricordare che il contratto, da lui stesso proposto scimmiottando i repubblicani USA, non fu poi da lui stesso onorato? Tra il 2001 e il 2006 non realizzò neanche uno dei 5 punti su cui si era impegnato e non trasse le conseguenze che egli stesso aveva garantito.

Il ministro Brunetta

Inadatto a governare

Il berlusconismo, visto dall’autunno 2011, ha portato l’Italia alla rovina. È già troppo tardi, non c’è rimedio. Le prossime generazioni dovranno pagare la nostra ignavia, l’aver permesso ad un personaggio simile di restare sul proscenio senza fiatare, limitandosi, magari come stiamo facendo noi che scriviamo, alla denuncia civile. Abbiamo lasciato, noi che siamo la maggioranza semplice-relativa-assoluta-qualificata degli Italiani, che una minoranza di ignoranti (tassisti, farmacisti, notai, palazzinari, abusivisti, avvocati da strapazzo, vescovi ingordi di potere e denaro) si imponesse sulle nostre sottili e sofisticate divisioni.

Gli interessi sul debito già sono sopra il 6%.

Dal 2008 ad oggi il debito è cresciuto dal 104% a oltre il 120%. Non è un’eredità del passato, come Berlusconi vorrebbe far credere: ci sono stati ulteriori 350 miliardi di euro di debito. Lo pagheranno le prossime generazioni. Non siamo intervenuti in tempo, non ne abbiamo avuto il coraggio, non abbiamo saputo come farlo.

Ci ritroviamo con un liberismo di stampo affaristico e massonico, con la polarizzazione del capitale in mano a gruppi di faccendieri e speculatori, che riescono persino a condizionare il mercato tanto si sono arricchiti. Questo tipo di liberismo è responsabile della crisi, che non è quindi subita, bensì prodotta (o se preferite co-prodotta) da Berlusconi.

Siamo dominati da un fascismo di stampo cesaristico: la figura del leader come catalizzatore dei consensi, attuatore delle politiche, amministratore dei vizi popolari. Berlusconi non è il rappresentante democratico degli elettori, ma è l’unto,l’investito, che resta al potere anche se le minorenni passano la notte tra le sue lenzuola, anche se chiama l’Italia “paese di merda”, anche se si consiglia con il “faccendiere” Lavitola per le nomine dei vertici della Guardia di Finanza. Tutto è lecito, se riguarda la sua figura sacra ed inviolabile…

Ha commesso dei reati? No, la colpa è delle intercettazioni, dei magistrati, dei comunisti dell’Europa, del mondo, dei sindacati, dell’Economist, di AnnoZero… Mai ammettere colpe proprie, bensì impossessarsi di ogni cosa positiva e dire "l'ho fatta io"! E chi non è d’accordo è solo…invidioso!

La Gelmini, da sua ottima allieva, si è vantata di aver scavato un tunnel di 750 km, da Ginevra al Gran Sasso e di aver scoperto, anzi inventato, i neutrini più veloci della luce. Poverina, vero? C’è da stendere un velo pietoso, vero?

O piuttosto: poveri noi. En attendant il 2014, se ci va bene…

È solo di qualche ora fa infatti l’ennesima prova di forza di questa maggioranza usurpata che ha ancora una volta evidenziato la disuguaglianza dei cittadini sottraendo al giudizio il ministro Romano, indagato per mafia, con il beneplacito del ministro antimafia Maroni, leghista Doc e pregiudicato per aver morso un poliziotto.

La leggiadria con la quale l’Occidente si sta consegnando, legato mani e piedi, alla criminalità, mi fa pensare che tra mafia e democrazia esista un legame indissolubile. Grazie ai flussi di capitali che il crimine organizzato riversa giorno dopo giorno nei settori strategici dell’economia, le nostre democrazie posso sopravvivere egregiamente alle crisi economiche ricorrenti. L’accumulazione del capitale mafioso, in origine illecita, necessita di trovare la sua giustificazione in un complesso sistema, legislativo e processuale. Si tratta da un lato, di continuare ad illudere la gente che a governare le dinamiche sociali siano la politica e la legge; dall’altro, di assicurare, nel giro di due, al massimo tre generazioni, la completa integrazione delle mafie. I mafiosi sono, oggi, i nuovi capitani di ventura: garantiscono la tenuta del sistema e si avviano a traghettarlo verso l’alba del domani. I loro figli e nipoti costituiranno una nuova élite destinata a ereditare l’Occidente. [Thelonious k. Lecinsky, Democracy and Conspiracy, Samanthawatan University Press, 2010 (Giancarlo De Cataldo )]

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Ottobre 2011

Note

[1] La Greenspan Put consisteva nell'aspettativa che la FED (La Federal Reserve) sarebbe intervenuta, in caso di necessità e con successo, ad evitare il declino dei prezzi delle azioni (o titoli) nel Mercato: una garanzia sul ribasso. In realtà, la banca centrale può solamente tentare di contenere un ribasso, non può evitarlo. Incorporando questa garanzia nel prezzo, questo aumenta artificiosamente nella prospettiva di un rischio minore, con conseguente sopravvalutazione del titolo rispetto al valore economico dello stesso. La Greenspan Put ha perciò creato una prima vera e propria bolla, partendo dall’idea errata che la banca centrale abbia sufficienti mezzi da bloccare ogni evento negativo. Un po’ come vorrebbe fare oggi Tremonti quando invoca gli Eurobond, partendo dalla comoda ma sbagliata idea che la BCE (Banca Europea) possa salvare dal fallimento Grecia ed Italia ed altri ancora…

[2] Contratto con gli italiani

tra Silvio Berlusconi nato a Milano il 29 settembre 1936 leader di Forza Italia e della Casa delle Libertà, che agisce in accordo con tutti gli alleati della coalizione, e i cittadini italiani si conviene e si stipula quanto segue.

Silvio Berlusconi, nel caso di una vittoria elettorale della Casa delle Libertà, si impegna, in qualità di Presidente del Consiglio, a realizzare nei cinque anni i seguenti obiettivi:

1.Abbattimento della pressione fiscale: con l'esenzione totale dei redditi fino a 22 milioni di lire annui; con la riduzione al 23% per i redditi fino a 200 milioni di lire annui; con la riduzione al 33% per i redditi sopra i 200 milioni di lire annui; con l'abolizione della tassa di successione e della tassa sulle donazioni.

2.Attuazione del "Piano per la difesa dei cittadini e la prevenzione dei crimini" che prevede tra l'altro l'introduzione dell'istituto del "poliziotto o carabiniere o vigile di quartiere" nelle città, con un risultato di una forte riduzione del numero dei reati rispetto agli attuali 3 milioni.

3.Innalzamento delle pensioni minime ad almeno 1 milione di lire al mese.

4.Dimezzamento dell'attuale tasso di disoccupazione con la creazione di almeno 1 milione e mezzo di posti di lavoro.

5.Apertura dei cantieri per almeno il 40% degli investimenti previsti dal "Piano decennale per le Grandi Opere" considerate di emergenza e comprendente strade, autostrade, metropolitane, ferrovie, reti idriche, e opere idro-geologiche per la difesa dalle alluvioni.

Nel caso che al termine di questi 5 anni di governo almeno 4 su 5 di questi traguardi non fossero stati raggiunti, Silvio Berlusconi si impegna formalmente a non ripresentare la propria candidatura alle successive elezioni politiche.

In fede,

Silvio Berlusconi

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