Oltre il caso Calderoli
"Simpatici" nazisti padani che nessuno ha voluto isolare
di
Saverio Vertone
Sì, sì, certo, le dimissioni gli sono state imposte, ma lui le ha concesse mugugnando e rivendicando il proprio coraggio. A latere la Farnesina ha persino dato l'impressione di vergognarsi per le incresciose dichiarazioni di un ministro in carica, mentre l'opposizione ha giustamente considerato tardiva la cacciata dal governo, e insomma tutti hanno cercato di mettere una pezza sullo sbrego, degradando a pura goliardia la sortita di Roberto Calderoli.
Ma ciò che veramente è tardivo e la vergogna di tutti, è soprattutto la derubricazione dei comportamenti della Lega a volgarità plebea. Come se il razzismo (anzi una sorta di nazismo istintivo) fosse meno grave, e perfino simpatico, se grossolano, sboccato, grottescamente pagano (l'acqua
sacra del Po), popolaresco e spudoratamente esibizionista (per sposarsi in pompa magna Calderoli si è travestito da Vercingetorige, esattamente come Hermann Goering si travestiva da Ariovisto per bere un aperitivo con colleghi travestiti da Arminio o da Alarico).
Silvio Berlusconi è stato l'ultimo ad avvertire il pericolo rappresentato dal ministro per le Riforme. Però non ha ancora avvertito il pericolo rappresentato dalla Lega; come stranamente non lo ha avvertito neppure Pier Ferdinando Casini, che ha riconfermato in tv l'alleanza con Bossi, Castelli, Maroni, Borghezio... e Calderoli, anche se a riposo.
Affari del governo, si dirà. No, affari del Paese. Come affari del Paese sono il tono dei giornali e l'atteggiamento della stessa opposizione nei confronti di un ascesso culturale e politico che ha un'origine lontana e che poteva essere considerato, da subito, pericoloso almeno quanto Tilgher e Le Pen. Invece, l'ignoranza e la trivialità, assieme a miopi calcoli politici, hanno salvato la Lega da una precoce squalifica.
Una classe dirigente, mediocre e poco sensibile ai segnali profondi, ha considerato gli strafalcioni di storia e di linguaggio come una prova di innocenza; mentre gli insulti ai "porci italiani" suscitavano risatine benevole in quanto manifestazioni di simpatico campanilismo (comunque esente da nazionalismo e quindi non fascista), e le minacce di secessione venivano abbassate a semplici sbruffonate.
Dulcis in fundo, persino l'insorgente antisemitismo veniva benevolmente tollerato come un civile fallo di reazione in quanto riservato a semiti che, uccidendo semiti di un altro ramo, si macchiano di antisemitismo: un escamotage psicologico che consente al non ancora estirpato antisemitismo europeo di legittimarsi prendendo, come si dice, due piccioni con una fava.
Un "Paese normale", per usare una espressione di Massimo D'Alema, avrebbe steso immediatamente un cordone sanitario attorno a un bubbone avvelenato come questo, spuntato bensì dal sottosuolo padano ma ormai affacciato all'orizzonte nazionale e deciso a stabilire loschi accordi con i residui del separatismo siciliano, oggi paradossalmente conclusi (guarda un po' il caso) con uno che si chiama Lombardo.
Un sistema politico all'altezza dei suoi compiti avrebbe provveduto a una rapida disinfestazione grazie a una analisi culturale capace di arrivare alle radici magari non propriamente fasciste ma certamente e non occultamente razziste del movimento. Invece, mentre nasceva il bipolarismo, illustri politologi si affrettarono a collocare la Lega in una posizione mediana tra destra e sinistra (in Parlamento si colloca tuttora sul confine) battezzandola addirittura "Centro radicale", mentre grandi giornalisti vezzeggiavano sfottendo e sfottevano vezzeggiando Bossi, Speroni, Marcni, Cè e il padre costituente Calderoli.
Il dialetto del Senatur e dei Lumbard faceva ridere come il siciliano di Ciccio Ingrassia o il romanesco di er Monnezza, e induceva comprensione e benevolenza per qualsiasi oscenità, scempia o velenosa che fosse. Venivano così alimentati, con un poderoso e convergente bombardamento mediatico, l'esposizione elettorale di B0ssi e il successo popolaresco della Lega.
Per dare a Cesare quel che è di Cesare, bisogna però precisare che neppure l'opposizione si è salvata, visto che (a parte la "costola della sinistra") ha continuato fino a ieri ad adescare i leghisti accusandoli di aver ceduto allo statalismo del governo ma esortandoli a tornare sui loro passi innalzando nuovamente i loro grandi ideali traditi.
Adesso dovrebbe essere chiaro a tutti quali erano e quali sono gli ideali e il senso di responsabilità della Lega. Come dovrebbe essere chiaro a tutti che l'ignoranza non riscatta !'infamia.
Perché non basta essere volgari e sprovveduti per poter esortare impunemente i propri accoliti a "urinare sulle moschee!"; così come non basta per fingersi internazionalisti per gridare in corteo "Dieci, cento, mille Nassiriya!".
Saverio Vertone, il Secolo XIX, febbraio 2006 |