Mio
marito mi deve pubbliche scuse
di Veronica BERLUSCONI
Egregio Direttore,
con difficoltà vinco la riservatezza che ha contraddistinto il mio modo di
essere nel corso dei 27anni trascorsi accanto ad un uomo pubblico,
imprenditore prima e politico illustre poi, qual è mio marito. Ho ritenuto
che il mio ruolo dovesse essere circoscritto prevalentemente alla dimensione
privata, con lo scopo di portare serenità ed equilibrio nella mia famiglia.
Ho affrontato gli inevitabili contrasti e i momenti più dolorosi che un
lungo rapporto coniugale comporta con rispetto e, discrezione. Ora scrivo
per esprimere la mia reazione alle affermazioni svolte da mio marito nel
corso della cena di gala che ha seguito la consegna dei Telegatti,
dove, rivolgendosi ad alcune delle signore presenti, si è lasciato andare a
considerazioni per me inaccettabili: ”…se non fossi già sposato la
sposerei subito” “con te andrei ovunque".
Sono affermazioni che interpreto come lesive della mia dignità, affermazioni
che per l'età, il ruolo politico e sociale, il contesto familiare (due figli
da un primo matrimonio e tre figli dal secondo) della persona da cui
provengono, non possono essere ridotte a scherzose esternazioni. A mio
marito ed all'uomo pubblico chiedo quindi pubbliche scuse, non avendone
ricevute privatamente, e con l'occasione chiedo anche se, come il
personaggio di Catherine Dunne, debba considerarmi "La metà di niente". Nel
corso del rapporto con mio marito ho scelto di non lasciare spazio al
conflitto coniugale, anche quando i suoi comportamenti ne hanno creato i
presupposti. Questo per vari motivi: per la serietà e la convinzione con la
quale mi sono accostata a un progetto familiare stabile, per la
consapevolezza che, in parallelo alla modifica di alcuni equilibri di coppia
che il tempo produce è cresciuta la dimensione pubblica di mio marito,
circostanza che ritengo debba incidere sulle scelte individuali, anche con
il ridimensionamento, ove necessario, dei desideri personali. Ho sempre
considerato le conseguenze che le mie eventuali prese di posizione avrebbero
potuto generare a carico di mio marito nella sua dimensione extra familiare
e le ricadute che avrebbero potuto esserci sui miei figli. Questa linea di
condotta incontra un unico limite, la mia dignità di donna che deve
costituire anche un esempio per i propri figli, diverso in ragione della
loro età e del loro sesso. Oggi nei confronti delle mie figlie femmine,
ormai adulte, l’esempio di donna capace di tutelare la propria dignità nei
rapporti con gli uomini assume un’importanza particolarmente pregnante,
almeno tanto quanto l'esempio di madre capace di amore materno, che mi
dicono rappresenti per loro; la difesa della mia dignità di donna ritengo
possa aiutare mio figlio maschio a non dimenticare mai di porre tra i suoi
valori fondamentali il rispetto per le donne, così che egli possa instaurare
con loro rapporti sempre sani ed equilibrati.
RingraziandoLa per avermi consentito attraverso questo spazio di esprimere
il mio pensiero, La saluto cordialmente.
Lettera a LA REPUBBLICA, 31 gennaio 2007
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