Il
paradosso dello Stato creditore
di
Agostino Spataro
In questi giorni, è tutto un gran parlare, taluni fingono di accapigliarsi,
del progetto di riforma elettorale, presentato in Parlamento, dopo l’accordo
dei capi del PD e di FI ovvero della nuova (?) premiata ditta“R&B”.
La riforma è necessaria, ma la proposta è indecente perché fortemente lesiva
dei diritti fondamentali della rappresentanza politica e di scelta da parte
del cittadino-elettore del suo candidato al Parlamento.
Eppure abbiamo tutti veduto, e sentito, con quanta determinazione, perfino
arroganza, l’hanno imposta ai loro parlamentari, compresi a quelli di Ncd di
Alfano che erano pronti al martirio pur di re-introdurre il voto di
preferenza.
Imposizione errata, perfino illegittima poiché, non bisogna dimenticarlo,
anche se nominato, il parlamentare ”rappresenta la Nazione”, come sta
scritto nella vigente Costituzione e non i partiti, ancor meno i capipartito
che, sempre per la stessa Carta, sono associazioni e figure private che non
possono interferire nella funzione legislativa del parlamentare.
Mentre tutto ciò accadeva, le Fiamme gialle hanno scoperchiato, a Roma, un
caso di colossale evasione fiscale in campo immobiliare. Uno dei pochi che,
forse, serve a placare gli animi della stragrande maggioranza degli italiani
che le tasse le paga fino all’ultimo centesimo.
Come vedremo, l’evasione fiscale in Italia ha raggiunto limiti
insopportabili e determina una condizione di privilegio scandaloso,
un’ingiustizia che fa impallidire le stupide devianze di chi compra le borse
di lusso per signora o le caramelle con i soldi dei gruppi consiliari
regionali e/o affini.
Eppure, nessuno di quei leader, che vorrebbero in “dieci giorni
sconvolgere il mondo” a loro favore, si è accorto di questa inquietante
punta di un iceberg che sta logorando, distruggendo l’economia e gli
equilibri sociali del Paese.
Nessuno di questi signori ha proposto (nemmeno accennato) una riforma seria,
da approvare con procedura d’urgenza, del sistema fiscale e dei meccanismi
di lotta agli evasori, di dare direttive agli uffici di non perdere tempo e
risorse preziose nei controlli sui redditi dei lavoratori dipendenti,
pensionati che pagano il dovuto.
Secondo stime attendibili (Istat, ecc), ogni anno, in Italia l’evasione
fiscale si aggira intorno ai 275 miliardi di euro; una cifra enorme
equivalente a 1/8 del prodotto interno lordo (Pil), della ricchezza
nazionale.
In
10 anni si arriverebbe a sfiorare i 3 mila miliardi ossia un importo
colossale con il quale si sarebbe potuto estinguere l’intero debito pubblico
e fare anche qualche risparmio.
Tutto denaro rubato e, in gran parte, esportato, illegalmente, all’estero.
Per far fronte al volume della spesa pubblica, lo Stato ha dovuto svendere
quasi tutte le imprese a partecipazione statale ovvero il patrimonio degli
italiani (oggi in vendita ci sono i gioielli di famiglia come le Poste,
Finmeccanica, ecc, ecc), ha tagliato o ridotto servizi essenziali, imposto
nuove tasse e balzelli. Nel frattempo, il debito totale si è attestato
intorno al 130% del PIL, per il quale si pagano all’incirca 76 miliardi di
euro annui d’interessi. I margini di bilancio non consentono nemmeno di
coprire gli interessi. E quindi debito sopra debito.
Per
avere un’idea di quello che accade e di quello che si dovrebbe fare per
evitarlo, non è necessario essere grandi economisti, basterebbe fare quattro
conti per capire che recuperando 275 miliardi di tasse evase si potrebbero
pagare la rata annuale degli interessi maturati e utilizzare i restanti 200
per ridurre il cumulo totale e promuovere investimenti in favore della
ricerca, dell’economia, della cultura, per combattere sul serio la
disoccupazione.
E’
giustissimo tagliare gli sprechi. Ma prima di tutto bisogna recuperare il
maltolto per continuare a difendere, a potenziare lo stato sociale.
La “spesa pubblica” è, soprattutto, volta a finanziare il sistema sanitario
nazionale, l’istruzione, i lavori pubblici, i trasporti, la giustizia, la
difesa, ecc. Insomma, tutti servizi ai quali ogni cittadino ha diritto di
accesso, in molti casi gratuitamente. Fra questi ultimi fruitori, molti sono
gli evasori (piccoli e grandi) i quali, evadendo l’obbligo fiscale,
risultano titolari di redditi minimi e pertanto riescono a evitare i ticket
e ad accaparrarsi i posti letto nelle università, le case popolari e
quant’altro. A danno delle famiglie dei lavoratori dipendenti che, talvolta,
risultano titolari di un reddito superiore di quello dei loro datori di
lavoro.
Il
paradosso sta proprio qui: oltre al danno erariale subito, lo Stato continua
a indebitarsi, a tagliare servizi, a imporre nuove tasse a carico di coloro
che già le pagano per consentire ai (non) cittadini evasori di potere
usufruire, anche a danno di chi le tasse le paga, dei servizi e delle
agevolazioni che lo Stato eroga.
Insomma, come se un padre di famiglia rinunciasse ad esigere il credito dai
suoi debitori e per dar da mangiare ai figli deve ricorrere agli strozzini.
Agostino Spataro
24 gennaio 2014
Testo
trasmesso
dall'autore
|