Pensiero Meridiano

Perché i trafficanti d’immigrati preferiscono sbarcare a Lampedusa?

di Agostino Spataro

In questi giorni e ore stiamo assistendo a una nuova esplosione di arrivi di gente disperata che alimenta fenomeni laceranti di sradicamento, di travaso di masse umane da un continente a un altro di cui la Sicilia, attraverso Lampedusa, rappresenta il collo dell'imbuto.

L’immagine credo renda meglio l'idea del ruolo attuale della Sicilia come principale, quasi unica via di sbocco dei migranti clandestini i quali dal “grande raccoglitore” nordafricano e affrontano la pericolosa traversata verso il contenitore Europa che per accoglierli sembra confidare, quasi esclusivamente, sulla bontà d’animo dei lampedusani e degli italiani.

Dai porti libici, tunisini, egiziani partono, infatti, immigrati provenienti da ogni parte del mondo: dai Paesi africani della costa nord-orientale (Tunisia, Somalia, Eritrea, Abissinia, Egitto) e di quella atlantica (Nigeria, Camerun, Ghana, Senegal, Marocco) a quelli del Medio Oriente (oggi tantissimi si dichiarano “siriani”), a quelli asiatici (Sri Lanka, Cina, India, Afghanistan, Pakistan, Filippine, Indonesia, ecc.).

Se al più presto non si chiudono, politicamente, i conflitti più acuti ed assurdi (Afghanistan, Siria, ecc) la situazione potrebbe provocare milioni di profughi, i quali, chissà perché, non vorranno andare in Europa per la via più breve e più sicura (ossia attraverso la Turchia e i Balcani) ma, come gli altri, saranno indotti a seguire la via contorta, e più pericolosa, verso il Nord Africa e quindi a tentare lo sbarco in Sicilia.

Questo è il dato nuovo e preoccupante, ormai consolidatosi,: fino a qualche anno addietro i flussi andavano per rotte diverse, oggi convergono quasi tutti su Lampedusa. Perciò sarebbe il caso che le autorità preposte cominciassero a indagarne le misteriose ragioni per offrire risposte rassicuranti alle tante domande della gente.

La prima: perché gli immigrati provenienti dai Paesi atlantici africani non intraprendono la via costiera, meno pericolosa, attraverso la quale potrebbero raggiungere agevolmente la Spagna sbarcando sulle isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra (34 chilometri di mare)? Invece, preferiscono sobbarcarsi diverse migliaia di chilometri di arido deserto per giungere in Libia e qui consegnarsi ai trafficanti di carne umana, ai quali pagano passaggi salatissimi, e sperare di arrivare salvi a Lampedusa dopo circa 300 chilometri di mare e oltre 400 sulla costa siciliana. Per altro, i barconi potrebbero approdare sulle isole di Malta (anche questa è Europa) che s’incontrano molto prima di quelle siciliane. E, invece, a Malta non sbarcano quasi mai. Stesso discorso, anzi percorso, per la gran parte degli immigrati provenienti dall'Africa orientale e dai vari Paesi asiatici: anche loro preferiscono Lampedusa quando potrebbero approdare più agevolmente a Cipro, a Creta oppure sulla terraferma in Grecia e in Bulgaria. Anche questa è Europa.

Se rischiano la vita per venire in Sicilia, una ragione deve esserci o, forse, più d'una. Noi non conosciamo gli aspetti più reconditi e crudeli di questo fenomeno, ma – come tanti cittadini- abbiamo la sensazione che dietro vi sia un “grande imbroglio”, un groviglio d’interessi economici illeciti che prosperano facendo leva sulla disperazione degli immigrati e sulla genuina solidarietà dei siciliani e degli italiani.

Il governo ha gli strumenti per accertare tali incomprensibili ragioni. Il fenomeno va contenuto e ripartito fra i diversi paesi europei e non solo. Scaricare questo fardello su Lampedusa, sulla Sicilia e sull’Italia è ingiusto, inaccettabile e anche molto costoso per le casse dello Stato e degli enti locali interessati.

Agostino Spataro

25 sett. 2013


Testo trasmesso dall'autore il 27/09/2013

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