La Nuova Italia
Ferroviaria
Sì TAV in Val Di Susa
Torino - Lione (260 km) in un’ora e
quarantacinque minuti;
No TAV in Sicilia
Agrigento - Siracusa (307 km) in nove ore
e quindi minuti.
di Agostino Spataro
Confesso che noi siciliani, e meridionali
in genere, stiamo vivendo le polemiche e gli scontri sulla Tav in Val di
Susa con una certa apprensione, ma anche, se permettete, con una punta di
sconcerto e di amarezza. Molti, addirittura, non capiscono le ragioni degli
uni e degli altri. In realtà, vorremmo che un po’ di questa contestata Tav
si realizzasse in Sicilia, dove abbiamo tratte ferroviarie davvero
anacronistiche, talune in disarmo.
Per decenni, è stato agitato il feticcio
del ponte sullo Stretto e si sono trascurate le linee ferroviarie interne e
quelle di collegamento nazionale e internazionale. Tanto ci sono i Tir che,
al primo stormir di foglia, bloccano tutto e minacciano il “neoseparatismo”,
col compiacente avallo di politici e autorità “autonomiste”. Dimenticando
che, specie in un paese bislungo qual è l’Italia, un moderno e diffuso
sistema ferroviario, oltre a garantire benefici effetti sui piani economico,
ambientale e civile, allontana tentazioni ricattatorie o addirittura
golpiste.
Ma non desidero addentrarmi in questi
oscuri meandri né fare vittimismo di maniera, ma solo costatare, amaramente,
il crescente divario tecnologico e infrastrutturale fra il centro-nord e il
Sud continentale e insulare (Sicilia e Sardegna) di questo strano Paese,
dove c’è chi la rifiuta e chi se la può soltanto sognare, la Tav.
Come, appunto, in Sicilia dove dobbiamo
accontentarci di tratte ferroviarie a dir poco disastrate, antiquate come l’Agrigento-Siracusa
(descritta nel seguente articolo) ossia 307 km che richiedono nove ore e
quindici minuti, mentre con la Tav la Torino-Lione (circa 260 km) si farebbe
in un’ora e quarantacinque minuti.
Nell’articolo (pubblicato in “La
Repubblica” del 2004) ho fatto notare anche che 2500 anni addietro si poteva
coprire( a cavallo) in minor tempo la distanza fra le due più importanti
città greche della Sicilia. Quando si dice il progresso!
Ma ecco il testo ripreso dall’ archivio
“La Repubblica”. E’ un po’ lungo, però…
Agrigento-Siracusa in
nove ore come venticinque secoli fa
06 luglio 2004, pagina 7 sezione: Palermo
Quanto tempo occorre oggi per percorrere
in treno i trecento chilometri che separano Agrigento da Siracusa? Più o
meno quanto ne occorreva 2.500 anni fa, solo che allora al posto dei vagoni
c,erano i cavalli. Una recente indagine del Codacons sui tempi di
percorrenza dei vari mezzi di trasporto in Sicilia denuncia le «quasi sei
ore» impiegate per coprire la tratta ferroviaria Palermo - Siracusa (244 km)
come il più clamoroso esempio di lentezza. Ma forse non sono state
considerate altre tratte con tempi di percorrenza ancora più lunghi, come la
Ragusa - Messina (153 km, 6 ore e 27 minuti) e la Trapani - Messina (7 ore e
35 minuti). E, addirittura, per fare i 307 km della Agrigento - Siracusa
(via Gela) ci si mette 9 ore e 15 minuti. A ben pensarci, più dei cavalieri
siracusani che appunto, secondo il racconto di Plutarco, coprirono la
distanza in una sola nottata. Un episodio questo verificatosi 2.362 anni fa,
precisamente nel 358 avanti Cristo, riporta Michele Lanza Caruso, quando
Farace «accampato nelle vicinanze della neapoli agrigentina~ intese che
Eraclide, il noto traditore, si dirigeva verso Siracusa con la flotta per
occuparla e allora marciò tutta la notte alla volta di Siracusa, percorrendo
700 stadi, e poté prevenire Eraclide». Dopo quasi 25 secoli sono rimasti
sostanzialmente invariati i tempi per il collegamento fra queste due città,
ieri le più potenti e opulente della Magna Grecia, oggi i due più rinomati
siti archeologici della Sicilia. Incredibile? Provare per credere. Seppure
vivamente sconsigliato da parenti e amici, mi sono sottoposto, di buon
grado, a questa prova. E così il 28 di maggio del 2004 dopo Cristo alla
stazione centrale di Agrigento salgo sul treno delle 8,15 per ripercorrere
l,itinerario dei cavalieri ellenici, in parte coincidente con quello attuale
di TreniItalia. Non capita tutti i giorni che un agrigentino prenda il treno
per Siracusa. Anche l,impiegata della biglietteria si mostra leggermente
sbigottita nel consegnarmi il biglietto e la nota del tragitto: 307 km e due
cambi di vettura; il tutto in 9 ore e 15 minuti al prezzo di 13,40 euro.
L,evento è così raro che il malcapitato potrebbe essere scambiato per uno
stravagante passeggero che viaggia, a ritroso, alla scoperta del mistero
dell,invenzione del tempo. Tuttavia, può accadere che un turista ignaro
decida di spostarsi in treno fra le due città. In questo caso, le reazioni
possono essere di segno contrapposto: se è il solito turista frettoloso avrà
della Sicilia un,impressione sconsolante; se è una persona colta e paziente
apprezzerà il viaggio come un,occasione irripetibile per osservare una
sequela di luoghi mitici e di paesaggi cangianti che riflettono la storia e
la natura mutevole dei siciliani. Volendo, è anche un indimenticabile
viaggio letterario. Lungo l,itinerario, infatti, s'incontrano luoghi che
evocano autori di prima grandezza. Nomi che illuminano il firmamento della
letteratura italiana e mondiale: dai premi Nobel Luigi Pirandello,
agrigentino, e Salvatore Quasimodo, modicano, a Elio Vittorini, siracusano,
a Leonardo Sciascia, racalmutese, a Vitaliano Brancati, pachinese, a
Gesualdo Bufalino, comisano. Il trenino attraversa questa metà della
Trinacria contraddittoria e poco conosciuta: dagli aridi altipiani dello
zolfo e del sale del bacino Aragona - Racalmuto ai vigneti «plastificati»
del comprensorio di Canicattì, dal colossale petrolchimico di Gela (in gran
parte ferraglia arrugginita) alle verdi piane delle serre di Licata e di
Vittoria, dalle stupende città del barocco ibleo agli agrumeti del
siracusano. La vettura scalpiccia su per l'erta di Comitini-zolfare
sovrastante un paesaggio primordiale, profondo da cui emergono
paesi-fortezza e cime di montagne irregolari. Ai fianchi si aprono le
«bocche dell'inferno» ossia gli ingressi delle miniere di zolfo, ormai
inattive, dove si calavano uomini e carusi sventurati per cavarne milioni di
tonnellate di preziosa pietra gialla che contribuiva a formare empie
ricchezze e scandalose ingiustizie. A Grotte scendono tre ragazzi di una
polisportiva e salgono una donna emigrata che ritorna in Continente e altri
ferrovieri. Che strano. Sembra un treno che trasporta problemi sociali e
ferrovieri in servizio. Un mare di veli di plastica annuncia Canicattì, la
cittadina dell'uva Italia, opulenta e moralmente bifronte. Qui sono caduti
due suoi figli magistrati integerrimi (Rosario Livatino e Antonino Saitta)
sotto i colpi di una mafia saldamente inserita nell'economia e nella
politica, come rivelano gli arresti eccellenti effettuati in seguito
dell'inchiesta "Alta mafia". Nell'attesa (circa tre ore) del treno
proveniente da Caltanissetta, faccio un giro. A parte poche storiche
emergenze, il nuovo tessuto urbano riflette la condizione economica di
questa città che ha fatto registrare uno sviluppo volumetrico, una crescita
senza qualità. Da Canicattì in poi la linea non è elettrificata e viene
usata una vettura diesel. Salgono altri passeggeri: uno serioso che legge il
giornale e due compari di mezza età che si lamentano, ad alta voce, degli
aumenti dei prezzi della carne e della spesa in genere. Di altri consumi non
parlano, come se non ne sentissero l'esigenza. Poi, uno confessa: «Compà,
credetemi, ho dovuto ridurre le visite alla signora Lina. Prima ci andavo
due-tre volte al mese, oggi solo una. Anche sta ~ ha rincarato la
prestazione da 25 a 35 euro». Gente semplice e problemi quotidiani che il
treno trasporta, fra alti calanchi d'argilla e stazioni dismesse, verso
Licata, fra le serre, dove si stende una piana di plastica, agitato dal
vento, che tanto assomiglia al mare increspato dei film di Fellini. L'intera
fascia litoranea che da Palma giunge fino a Comiso sembra essere immersa
nella «civiltà» della plastica cui fa contrasto il colore turchese del mare
africano. Eppure le serre rappresentano la prima risorsa di vita e di
lavoro. Il resto langue o si assottiglia, anno dopo anno, come le strutture
del petrolchimico di Gela. Fra le serre e le città c,è una evidente
asimmetria fra l'ordine razionale, e funzionale, delle prime e il caos
urbanistico delle seconde, in gran parte costruite abusivamente. A Gela
avviene il secondo cambio di vettura. Siamo sempre pochi. Alla fermata dell'Anic
salgono due dipendenti che scenderanno alla stazione di Acate rimpiazzati da
due giovani lavoratori maghrebini. Nemmeno gli immigrati usano il treno. A
Vittoria scendono tutti. Resto solo, col capotreno e col controllore che si
dichiara dispiaciuto di non potermi fornire qualche dato sul traffico di
questa tratta, per espresso divieto di TreniItalia. Tutto è accentrato fra
Roma e Palermo. Tuttavia la realtà è talmente eloquente che non occorrono
statistiche per spiegarla. Sulle colline iblee il treno viaggia,
praticamente, solo per me. Un gran privilegio, insomma, specie se si
attraversa un paesaggio incantevole punteggiato di ombrosi carrubi che
servono da ricovero agli armenti. Ma la vera meraviglia dell'ingegno
contadino e operaio sono l,intrigo di muretti a secco che s,inseguono fino
alla periferia industriale di Ragusa. Sono le 15,35 e abbiamo fatto poco più
di 200 chilometri. Il treno ridiscende, costeggiando profondi burroni che si
aprono sulla valle dell'Irminio, un paradiso popolato di querce e paesi
barocchi. «Questa tratta, oggi passiva - mi dice l'ingegnere Nigido di
"Cittadinanza attiva" - potrebbe diventare una risorsa importante per lo
sviluppo turistico del comprensorio mediante l,istituzione del "Treno
barocco", facendo rientrare a Modica la nostra, vecchia locomotiva a vapore
che le Ferrovie hanno trasferito nelle Marche». Il progetto è stato
presentato alle autorità, ma purtroppo con scarsa fortuna. Dopo Modica,
Scicli con le sue chiese e palazzi sontuosi dove, proprio oggi, si celebra
la festa della "Madonna delle Milizie" che secondo la tradizione intervenne
a fianco di Ruggero d'Altavilla nella vittoriosa battaglia di Scicli del
1081 riportata contro le armate arabe. A Siracusa la vettura arriva mezza
piena e con soli 5 minuti di ritardo. Per la cronaca, sono rientrato nella
stessa serata ad Agrigento in autobus (via Catania) in 4 ore e 5 minuti e
con una spesa di 14,20 euro. Cosa dire a conclusione di questo faticoso
viaggio? Sono partito per denunciare l,anacronistica lentezza di un treno
che attraversa zone importanti dell'economia siciliana, ma durante il
viaggio sono stato conquistato dalla sua flemmatica andatura e dal fascino
dei luoghi attraversati, pregustando le meraviglie promesse del treno
barocco di "Cittadinanza attiva". Per velocizzare i trasporti commerciali,
invece, sarebbe forse meglio costruire un nuovo e più funzionale tracciato
ferroviario.
Agostino Spataro
Testo
trasmesso
dall'autore il 5/03/2012
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