Pensiero Meridiano

Se Siculiana Marina fosse In Libia?

di Agostino Spataro

Ieri è stata la prima bella giornata di mare. Anch’io, come tante famiglie, sono andato alla spiaggia libera di Siculiana Marina (Agrigento) ossia una striscia di acqua pulita e sabbia dorata dentro la cornice incantevole delle sue bianche falesie.

Bellezza e libertà che raramente s’incontrano, ma che in questi spazi demaniali convivono, a dispetto di Tremonti che per fare cassa voleva consegnarli ai privati. L’accesso, infatti, è gratuito e tutti ne possono godere. Anche gli operai, gli impiegati, i precari, gli emigrati, i giovani squattrinati, gli anziani pensionati, perfino i disoccupati. Un mare per tutti, poiché il mare non può avere padroni. Tutto quello che c’è dentro e intorno è un dono prezioso di questo nostro Mediterraneo che unisce i popoli rivieraschi che i guerrafondai vorrebbero dividere.  

Sulla spiaggia le solite scene: ombrelloni, pedalò, castelli di sabbia, bambini scatenati e adulti angustiati alle prese col peso-forma…panini e gelati e migranti sudati che, per pochi euro, offrono falsi gioielli e sogni proibiti a signore e signorine…

Alla vista del mare, di tutta quella gente allegra, il mio pensiero corse a Tripoli, alle sue spiagge selvagge e infuocate, dove le donne fanno il bagno vestite. Ma lo fanno. A differenza delle saudite che, pur avendo la patente, non possono guidare e tantomeno bagnarsi in un luogo aperto al pubblico.

Ma, si sa,  in Arabia Saudita c’è una dittatura “amica” che può sopraffare qualsiasi diritti umano e civile. Impunemente. Tanto nessun aereo della Nato si azzarderà a colpire.

Tripoli, invece, si può bombardare, anche più volte il giorno.

Non stiamo parlando di una casamatta sperduta nel deserto, ma di una bella città mediterranea con oltre un milione di abitanti (uno e mezzo con gli immigrati), fondata nel VI° secolo a. C. da fenici siciliani, posta a circa trecento miglia dalla spiaggia di Siculiana.

Anche a Tripoli ci sarà stata una bella giornata, ma difficilmente le famiglie saranno andate al mare o nelle oasi perché, dal 31 marzo, c’è qualcuno venuto da fuori a bombardare dall’alto qualsiasi cosa “sospetta” si muova sulla terra, sulla loro terra.

Questo “qualcuno”- l’avrete capito- sono le squadriglie aeree della Nato (Italia compresa) che proprio ieri, in questa bella giornata di mare, hanno colpito una casa nel pieno centro abitato di Tripoli e ucciso diverse persone umane, come noi.

Il comando Nato si è scusato per l’eccidio, a suo dire causato dal “malfunzionamento del sistema” ossia da un errore dei piloti e delle bombe evidentemente poco o nulla intelligenti, come coloro che  hanno deciso di usarle in Libia e in tanti altri luoghi del Pianeta.

Insomma, ieri i superstiti di quella palazzina non sono andati al mare, ma all’ospedale per farsi curare o per assistere i loro feriti e riconoscere i loro morti innocenti, fra i quali due bambini in età tenerissima.

Si sperava andasse meglio oggi, lunedì. Invece, un altro “errore” degli eroici bombardieri senza rivali ha distrutto un’altra palazzina e la vita di nove persone.

Ogni giorno, ogni notte, da tre mesi, Tripoli e altre città della Libia sono sotto il fuoco dei raid della coalizione della Nato che si giustifica dietro la beffarda motivazione di “proteggere la vita dei civili libici”.

Dal 31 marzo 2011, ossia in 82 giorni, la Nato ha effettuato sulla Libia 11.600 operazioni aeree, di cui 4.409 con fini militari, leggi bombardamenti, anche fuori della famosa “no fly zone” che secondo le fonti ufficiali libiche hanno provocato 800 vittime civili.

Una media di 53 operazioni al giorno, con vettori in gran parte in partenza dagli aeroporti siciliani di Trapani e Sigonella.

Una tragedia, uno spreco terribile di vite umane e di risorse finanziarie e infrastrutturali, per altro, senza riuscire a modificare la situazione interna libica.

A proposito, alla vigilia di una manovra finanziaria lacrime e sangue (più tasse e più tagli) di 40 miliardi, sarebbe il caso che governo e partiti facessero sapere ai cittadini chiamati a pagare quanto costano queste missioni di morte e anche le altre che chiamano di pace.  

Uccidere per proteggere! Mai protezione fu così disastrosa per i protetti!

Ne sanno qualcosa anche gli “insorti” di Bengasi più volte colpiti dal fuoco amico della Nato, quando hanno fatto la guerra per davvero e non per le telecamere delle televisioni straniere.

Ovviamente, i guerrafondai ritengono di avere la licenza di bombardare grazie a una risoluzione ambigua dell’Onu, adottata con un voto striminzito dal consiglio di sicurezza, che autorizza chiunque lo desideri a colpire la Libia che, fino a prova contraria, è un paese sovrano, membro delle Nazioni Unite. Certo, retta da un dittatore come Gheddafi. Tuttavia, nel mondo di dittatori se ne contano a decine che l’Onu e la Nato lasciano operare indisturbati.

Dalla guerra in Libia sta emergendo l’amara verità che anche questo intervento “umanitario” si stia svolgendo sulla falsariga di quelli in Somalia, Iraq, Balcani, Afghanistan che hanno distrutto i Paesi e provocato molte più vittime innocenti di quelle che volevano salvare. Solo in Iraq la cifra oscilla fra 400 e 600 mila.

Conflitti forsennati, immotivati (in Iraq sono state fabbricate prove false) che producono milioni di vittime, di profughi, di migranti costretti a fuggire in Europa, in Italia, attraverso Lampedusa, alimentando un ciclo infernale innescato dalla crisi economica e dalla guerra che, in fondo, sono le due facce della stessa medaglia.

Concludo con una domanda che credo tutti ci stiamo ponendo: e se Siculiana Marina fosse in Libia? Sarebbe sempre bella, ma fino al 27 settembre (data di scadenza della proroga dei bombardamenti della Nato) non si potrebbe fare il bagno in santa pace.

Agostino Spataro

20 giugno 2011

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