I
Gattopardi del Partito Democratico
di Agostino
Spataro
A leggere il
comunicato congiunto dei massimi dirigenti del PD,
Bersani e Lupo, non dovrebbero esserci più margini di
manovra per proseguire surrettiziamente o, peggio,
scompostamente l’innaturale alleanza che sostiene il
governo Lombardo. Invece, a giudicare dalle ultime
dichiarazioni degli esponenti PD, si vorrebbe continuare
come se nulla fosse accaduto. Alcuni, poi, sembrano,
altezzosamente, snobbare l’invito del segretario
nazionale a riconsiderare le ragioni di quel sostegno,
addirittura anche prima che fossero esaminate dagli
organismi dirigenti del partito.
La gente, gli stessi
elettori ed iscritti del Pd, difficilmente comprendono
tali comportamenti. Bersani, dunque, ha parlato a
vanvera, senza cognizione di causa? Ha preso un
abbaglio? O sarà costretto a subire le pressioni
interne, facendo un passo indietro?
Non desideriamo
entrare nelle diatribe del Pd, tuttavia, di fronte a
fatti e a posizioni cosi inequivocabili, coerenza
vorrebbe che ci fosse una decisione (qualunque sia)
degli organismi statutari e, perché no, anche una
spiegazione all’opinione pubblica che segue, sempre più
inquieta, gli avvenimenti. La “questione Lombardo”,
l’anomalia dei suoi governi (ben quattro in tre anni!) è
complessa e non nasce con l’inchiesta “Iblis” nella
quale il governatore è accusato di gravi reati di mafia.
La vicenda comincia nel maggio del 2009, con la
decisione di modificare, ad un anno dalla sua elezione,
la maggioranza che l’aveva eletto.
Un clamoroso
ribaltone in palese contrasto con lo spirito della legge
elettorale che non ammette flessibilità: se la
maggioranza cambia, il presidente va a casa. Punto.
E non regge
nemmeno la mitologia delle “riforme” varate o
annunciate. Quali sono? Quali risultati hanno prodotto?
A parte i titoli in
rubrica, non sono state votate riforme vere, capaci di
realizzare tangibili cambiamenti migliorativi della
difficile condizione dei siciliani. L’unica novità
apprezzabile sono state le nuove regole per l’elezione
dei sindaci. A ben guardare la realtà, nell’azione del
governo e dei suoi sostenitori ci sono molta sociologia
della comunicazione e rarissimi fatti concreti.
Per non parlare del
baratro finanziario che si trascina nel tempo e oggi
rende altamente improbabile l’approvazione di credibili
strumenti di bilancio non come quelli varati dal governo
l’altro giorno che l’on. Cateno De Luca ritiene
palesemente falsi e comunque fondati su fantastiche
ipotesi d’entrata.
A tutto ciò si
aggiunge, a quasi tre anni dalla facile vittoria di
Lombardo, la conclusione dell’inchiesta “Iblis” come
elemento, a se stante, in un quadro globale alquanto
incerto e deludente.
Insomma, tutti i nodi
stanno venendo al pettine, senza che s’intravveda una
via d’uscita onorevole e soprattutto coerente con i
principi e i valori della buona politica. Il quadro è
chiaro per chi vuol vedere. Tuttavia, per evitare
equivoci e vittimismi a buon mercato è opportuno
distinguere fra i due piani politico e giudiziario.
Il processo vada per
la sua naturale strada, senza interferenza alcuna.
Altra cosa è la valutazione in sede politica dei fatti
di giustizia. I partiti, i loro esponenti non hanno,
certo, bisogno di attendere la conclusione del
procedimento per assumere le necessarie misure a tutela
della loro libera iniziativa politica. Prima
Gianfranco Fini e poi Pierluigi Bersani questo hanno
fatto con le loro pubbliche dichiarazioni.
Perciò, sorprendono
le accuse di “presunzione di colpevolezza” lanciate da
Lombardo nei loro confronti sol perché hanno posto un
problema di opportunità politica, senza anticipare
alcuna condanna. Così come vogliono il rigore di certa
deontologia politica e una prassi consolidata.
A conferma di ciò, l’altro giorno, al Senato, il partito
di Bersani ha votato per autorizzare l’arresto di un suo
importante senatore pugliese.
Preoccupano,
pertanto, la levata di scudi, le dichiarazioni arroganti
di taluni esponenti parlamentari di questa alleanza
ibrida che non esprime (ufficialmente) assessori ed è
priva persino della dignità di una regolare maggioranza
di governo. E questa, forse, la riforma della politica?
Sarebbe un
disastro scoraggiare, stravolgere queste norme di
comportamento esemplari, questi valori ancora presenti
nel corpo sano della società alla quale, alla fine,
bisogna riandare. Poiché, le vie dello scioglimento
anticipato dell’Ars sono più di una.
In conclusione. Oltre
le condotte autoreferenziali, il punto politico centrale
è quello di verificare se c’è, e in che misura, una
corrispondenza fra tali contorcimenti e le aspettative
della società siciliana che anela ad una vera
alternativa per il cambiamento.
Questo è il banco di
prova, il punto di riferimento principale per ogni
scelta politica.
In questo senso,
la posizione di Bersani e Lupo (se non contraddetta nei
prossimi giorni) credo sia per il PD siciliano
l’ultima possibilità di uscire da una situazione sempre
più insostenibile e incomprensibile, per ricominciare a
progettare un futuro di centro-sinistra per la Sicilia e
per l’Italia.
Vedremo presto se
alle parole corrisponderanno i fatti o se ci troveremo
di fronte a un nuovo episodio di gattopardismo
politico sotto le insegne del Partito Democratico.
Agostino Spataro
Articolo pubblicato, con altro titolo, in “La Repubblica”
del 16 aprile 2011