Pensiero Meridiano

Migrazioni: la Sicilia il collo dell’imbuto

di Agostino Spataro

Col ritorno a Lampedusa di Silvio Berlusconi l’emergenza immigrati sparirà, come d’incanto. Seguendo la parola d’ordine della vigilia, tutti si son sbracciati per far trovare al premier l’isola ripulita dagli immigrati e perfino delle orme del loro passaggio. E dunque, via alla festa, alle parate, a nuove promesse di rinascita per l’isola pelagica dove il premier ha comprato la sua 29° villa che taluni vedono come specchietto per attirare quel bizzarro mondo che gli gira intorno.

Tutto risolto, dunque? Parrebbe proprio di no, visto che stanotte, sulla piccola isola, sono approdati altri barconi con un carico di oltre 600 disperati.

Ma, davvero, si pensa d’affrontare con simili espedienti un dramma così grande e intricato come quello che, da anni, si sta svolgendo intorno e dentro Lampedusa?

A me pare solo una trovata stravagante in contrasto con la dura realtà della posizione italiana, stretta fra una Francia “ostile” che chiude le frontiere, un’Europa scarsamente solidale e altre masse di disperati che premono per entrare.

Perciò, la gente è preoccupata e vuol sapere quando durerà questo fenomeno, a dimensione addirittura intercontinentale, che quasi per intero transita attraverso le Pelagie e la Sicilia.

Lo ha confermato alla Camera il ministro Maroni: nell’ultimo trimestre sono sbarcate in Italia (in verità in Sicilia) 25.867 persone delle quali circa 23.352 a Lampedusa e il resto su altre coste siciliane.

Una vera esplosione di arrivi a conclusione di un periplo penoso di gente disperata che alimenta fenomeni laceranti di sradicamento, di travaso di masse umane da un continente a un altro di cui la Sicilia rappresenta il collo dell’imbuto.

Credo che questa immagine renda di più l’idea del ruolo attuale della Sicilia come principale, unica via di sbocco dei migranti clandestini che dal grande raccoglitore nordafricano premono per passare nel contenitore - Europa che li dovrebbe accogliere.

Dai porti tunisini e libici partono immigrati provenienti da vari Paesi africani della costa nord-orientale: Tunisia, Somalia, Eritrea, Abissinia, Egitto e da quella atlantica (Nigeria, Camerun, Ghana, Senegal, Marocco, ecc) e asiatici (Sri Lanka, Cina, Iraq, Palestina, Filippine, Indonesia, ecc).

La situazione potrebbe aggravarsi nei prossimi giorni a causa del conflitto in Costa d’Avorio dove, grazie all’interventismo di Sarkozy (ancora lui!), si potrebbero creare un milione di profughi i quali, certo, non andranno a cercare pace e lavoro nel confinante poverissimo Burkina Faso, ma, come gli altri, saranno indotti a seguire la via contorta verso il nord-Africa e quindi a tentare lo sbarco in Sicilia.

Prima i flussi andavano per rotte diverse, oggi convergono quasi tutti su Lampedusa.

Perciò, sarebbe il caso che le autorità preposte cominciassero a indagarne le misteriose ragioni per offrire risposte rassicuranti alle tante domande della gente.

Una prima: perché gli immigrati provenienti dai Paesi atlantici africani non intraprendono la via costiera, meno pericolosa, da dove potrebbero raggiungere agevolmente la Spagna o sbarcando sulle isole Canarie o attraversando lo stretto di Gibilterra (34 km di mare)?

Invece, preferiscono sobbarcarsi diverse migliaia di km di arido deserto per giungere nella Libia del “feroce” Gheddafi e qui consegnarsi ai trafficanti di carne umana, ai quali pagano passaggi salatissimi, e sperare d’arrivare salvi a Lampedusa dopo circa 300 km di mare e/o oltre 400 km sulla costa siciliana.

I barconi potrebbero approdare sulle isole di Malta (anche questa è Europa) che incontrano 100 km prima di quelle siciliane, ma non vi sbarcano quasi mai.

L’ultima tragedia (si parla di almeno 150 vittime) è illuminante dell’assurdità di tali percorsi.

Com’è noto, il barcone, era in acque territoriali maltesi (entro 18 km dalla costa) quando ha lanciato l’allarme captato dalle autorità maltesi. Queste, invece d’inviare i loro mezzi di soccorso, lo hanno smistato a quelle italiane che hanno spedito le motovedette da Lampedusa ossia da una distanza di 70 km dal luogo, perdendo tempo preziosissimo.

Se i maltesi, invece di seguire questa contorta procedura, fossero intervenuti direttamente forse si sarebbe evitata la strage.

Infine, un’altra stranezza: perché la gran parte d’immigrati provenienti dall’Africa orientale e dai vari Paesi asiatici vengono a sbarcare sulle coste siciliane e meridionali? Potrebbero approdare più agevolmente a Cipro, a Creta oppure sulla terraferma in Grecia e in Bulgaria? Anche questa è Europa.

Se rischiano la vita per venire in Sicilia una ragione deve esserci o forse più d’una.

Al governo la risposta e soprattutto la responsabilità di operare, con politiche nuove di cooperazione e di contenimento, per giungere a uno sforzo condiviso degli oneri e degli interventi sia sul piano nazionale sia europeo.

Non si può continuare con la politica “dell’immigrato dove lo metto”. Un po’ di qua un po’ di là, mai nelle regioni del nord per non irritare il ministro leghista Bossi che li vuole “fora de bal”. Ma che razza di governo è questo?

La Sicilia ha già fatto, continua a fare il suo dovere di solidarietà umana, ma non può, certo sopportare l’intero fardello, Sarebbe, oltretutto ingiusto e poco funzionale e si configurerebbe come un ripiego razzista inaccettabile.

L’Italia e l’Europa darebbero, netta, l’impressione di volersi sbarazzare di un’emergenza così vasta e sconvolgente relegandola alla Sicilia e al Sud.

Agostino Spataro


Articolo pubblicato, con altro titolo, in “La Repubblica” del 9 aprile 2011

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