L’Italia e la crisi
libica
di Agostino Spataro
1.. Più i giorni passano più la storiella della
“guerra umanitaria” contro il dittatore Gheddafi (fino a
ieri amico e socio in affari dei belligeranti) si
scioglie come neve caduta sulle aride dune dei deserti
libici.
Le ultime notizie dicono che, a fronte di un quadro
politico e militare a dir poco incerto, crescono le
titubanze, i dissensi anche nell’opinione pubblica dei
tre Paesi guerrafondai (Francia, USA, e GB), perfino
nelle loro espressioni di vertice.
Una importante conferma di tale disagio ci sembra la
decisione assunta dall’amministrazione Usa di ritirare
le squadriglie aeree dalle operazioni in Libia e di
esplorare la via di una mediazione politica.
A poche settimane dall’inizio dei bombardamenti aerei,
la situazione, dunque, sembra evolvere in una direzione
esattamente contraria a quella sperata da Sarkoszy e
soci, ossia verso la ricerca di un cambiamento politico
in Libia, concertato fra le parti in conflitto e
garantito dalla comunità internazionale. Vedremo.
Peccato, però, che tale evoluzione non l’abbia
intuita, colta il governo italiano che, come il solito,
sbaglia tempi e proposte.
Nello stesso giorno in cui gli americani decidevano il
ritorno a casa, il ministro degli esteri Frattini si è
precipitato a riconoscere come “unico interlocutore
legittimo” il comitato degli insorti della Cirenaica al
quale, invece di raccomandare uno sforzo di pace e di
concordia nazionale, ha promesso armi ed assistenza
militare per dare nuovo impulso alla carneficina.
Una mossa a dir poco avventata, irresponsabile che
brucia ed annulla le pur minime cautele che il governo
aveva manifestato nel corso della crisi, soprattutto in
risposta al sospetto interventismo della Francia.
2.. In realtà, Berlusconi questa guerra contro l’amico
Gheddafi l’ha subita; non l’ha voluta anche perché
sapeva perfettamente che il cambio di regime a Tripoli
avrebbe messo in discussione accordi chiacchierati ma
importanti per l’Italia e per alcuni gruppi in
particolare.
A lui (ovvero all’Italia) la gloriosa Triade ha
lasciato la sola possibilità di accodarsi, di fornire
assistenza militare e di pagarne- come stiamo vedendo a
Lampedusa- le conseguenze.
Parliamoci chiaro: agli attori di questa nuova
tragedia non interessano i diritti umani, le condizioni
politiche illiberali, le sofferenze dei cittadini libici
o di altri Paesi arabi in subbuglio.
Pura ipocrisia, propaganda per spiriti semplici.
Per risolvere la crisi libica (sostanzialmente una
spaccatura in seno al gruppo dominante che aveva fatto
il colpo di stato del 1969), la comunità internazionale
poteva, può ancora, tentare la via per il cambiamento
politico nel rispetto dei principi democratici e della
concordia nazionale libica.
L’Italia, tutta l’Italia, di maggioranza e
d’opposizione, doveva sostenere questo tentativo
proposto non da Gheddafi ma da Paesi importanti come i
cinque astenuti (Germania, Brasile, Russia, India e
Cina), anche per meglio tutelare i suoi enormi,
legittimi interessi minacciati da certe mire
(sostitutive) che si nascondono dietro l’intervento
“umanitario” del signor Sarkoszy.
Forse, un bel dì si conosceranno i veri interessi
della triade interventista. Ma già all’inizio della
rivolta in Cirenaica (l’unica armata fra le tante
scoppiate nei paesi arabi, particolare che fa la
differenza) non era difficile intuirli specie da parte
delle persone responsabili che hanno gli strumenti e le
informazioni per farlo.
3.. Perciò, meravigliano, non solo le contraddizioni
del governo Berlusconi, ma anche le posizioni di quanti,
ai vertici della politica e delle istituzioni
repubblicane, non considerando adeguatamente gli
interressi primari della pace nel Mediterraneo e quelli
nazionali dell’Italia, hanno tifato per l’intervento
militare di Sarkoszy e compagnia briscola.
Per altro, isolando e dileggiando la posizione
responsabile, sensata del governo tedesco della
democristiana Angela Merkel che ha rifiutato l’opzione
militare e proposto la soluzione politica del conflitto
interno alla Libia.
Come, del resto, vuole il diritto internazionale che,
in caso di conflitto interno, non autorizza nessuno ad
intervenire militarmente dall’esterno, per altro a
favore di una parte contro l’altra.
Per decenni sono stati i contingenti di “caschi blu”
sotto comando ONU ad interporsi fra le parti in
conflitto per rappacificarle non per aizzarle.
Negli ultimi anni, alcuni Paesi, in primis gli Usa,
profittando della crisi (provocata) dell’Onu, hanno
preso la brutta abitudine d’intervenire in alcuni Paesi,
soprattutto di tradizione islamica (dall’Afghanistan
all’Iraq, dalla Somalia alla Libia), in contrasto col
diritto internazionale e con esiti davvero catastrofici.
Compreso quello di far crescere ed espandere il
terrorismo, invece di combatterlo.
4.. Interventi siffatti sono un abuso evidente che, se
non sanzionato, rischia di creare precedenti pericolosi
per tutti i Paesi che hanno problemi di unità interna.
E la lista di questi Paesi è molto lunga. A cominciare
da alcuni europei quali:
la Francia, la Gran Bretagna,
la Spagna, la Polonia, l’Ungheria, la Serbia e gli altri
Sati balcanici,
la Grecia,
la Macedonia e anche l’Italia dove, ai vecchi separatismi “in
sonno”, si è aggiunto quello più inquietante del partito
leghista al governo.
Così come molto lunga è lista dei Paesi dominati da
regimi dittatoriali, tirannici che, però, nessuno
disturba.
Attenti a non scherzare col fuoco, poiché l’incendio
potrebbe risultare incontrollabile.
Perciò, queste degnissime persone dovrebbero chiarire
all’opinione pubblica italiana le vere ragioni del loro
tifo pro-intervento militare che ancora chiare non sono.
Altrimenti, si accrediterà l’idea che tutto si fa in
funzione dell’antiberlusconismo che, per quanto
giustificato, non può giungere a motivare scelte così
delicate di politica estera.
Specie quando in ballo ci sono- come nel caso libico-
gli equilibri di pace nel Mediterraneo e gli interessi
fondamentali, per certi aspetti vitali, dell’Italia.
Prima o poi, Berlusconi passerà. Come passeranno i
suoi avversari che oggi affollano, senza gran costrutto,
la scena politica italiana.
Resteranno, invece, l’Italia con i suoi problemi e le
sue speranze, col suo patrimonio di relazioni politiche,
economiche e culturali internazionali costruito, con
tutti paesi dell’area mediterranea, nel segno della
convivenza pacifica e della collaborazione
reciprocamente vantaggiosa.
5 .. Sappiamo che nel mondo l’Italia conta poco, ancor
meno oggi con l’attuale governo. Tuttavia, nel
Mediterraneo un ruolo è riuscita a svolgerlo, talvolta
con esiti brillanti.
Guai a indebolirlo per ripicca contro questo o quello
o a giocarselo per confermare o ricercare vecchie e
nuove subalternità!
Il rischio sarebbe un infiacchimento dell’autonomia
nazionale e la destabilizzazione del Mediterraneo e del
Medio Oriente con conseguenze incalcolabili.
Un saggio premonitore si può ricavare da questi pochi
giorni d’intervento “umanitario” che, oltre agli effetti
micidiali sulle popolazioni locali, sta provocando
conseguenze insopportabili per l’Italia:
dall’insicurezza dei rifornimenti energetici all’esodo
migratorio che approda a Lampedusa e si dirama nel resto
del Paese. E siamo solo agli inizi!
Praticamente, l’Italia da sola deve sobbarcarsi
un’emergenza colossale e drammatica (e relativa spesa)
provocata e/o comunque accelerata dai bombardamenti del
signor Sarkoszy, il quale, per tutta risposta, ha chiuso
le frontiere agli immigrati che sbarcano in Italia ma
desiderano andare in Francia. Alla faccia della
solidarietà umana, europea, atlantica e di altre
solidali ipocrisie!
Agostino Spataro
5 aprile 2011
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e le rivolte arabe” in:
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