Petrolio e Dittature
di Agostino Spataro
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Il Presidente Obama s’inchina (un po’ troppo) dinnanzi
al Re dell’Arabia Saudita (foto: dal sito web “Il Jester”)
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Sommario
il potere petrolifero soffoca le istanze
di democrazia; un più equo rapporto con i Paesi
petroliferi; l’opinione pubblica fra indignazione e
rassegnazione; qualità della vita: un privilegio solo
per i paesi consumatori; si allarga la forbice fra
consumi e produzioni; cresce il fabbisogno, calano le
risorse proprie; il peso del petrolio libico;
multinazionali: uno strapotere fuori controllo
democratico; dittatori scomodi e dittatori amici. |
1… Il potere
petrolifero soffoca le istanze di democrazia
Esiste una relazione di causa ed effetto fra petrolio
e dittatura?
Esiste, e da sempre, in tutti i Paesi grandi
esportatori d’idrocarburi. Ora, la crisi libica e più in
generale le rivolte arabe la stanno facendo emergere con
maggiore nettezza. Come un problema prioritario e
urgente che richiede la necessità di una riflessione
sulle condizioni di vita, sui diritti umani e di libertà
nei principali paesi esportatori di petrolio.
Dall’esistenza di tale nefasta relazione discendono
altre domande inquietanti e ineludibili: perché fra
petrolio e democrazia c’è antitesi? in che misura il
potere “petrolifero”, locale e internazionale,
condiziona l’economia, la politica, la finanza mondiali?
Da questi, ed altri, interrogativi insoluti derivano una
sfilza di problema pratici per la vita di centinaia di
milioni di uomini e donne che solo gli ipocriti e le
penne servili fingono di non vedere.
Chiarisco che, qui, per “petrolio” s’intende,
soprattutto, il potere derivato dalla sua gestione
politica e finanziaria, a partire dalla ricerca
(permessi) all’estrazione, dall’esportazione ai consumi
finali, dagli incassi locali alla speculazione
internazionale.
Una gestione quasi sempre dispotica, garantita da
regimi autoritari, assolutistici che fanno del petrolio
la loro principale merce di scambio con l’Occidente (ora
anche con
la Cina e l’India) e della rendita petrolifera la fonte
di arricchimenti scandalosi e di un potere assoluto e
arbitrario.
Per mantenere un simile “status quo” la dittatura si
rende necessaria, magari accompagnata da un paternalismo
corruttore che elargisce prebende e tangenti
tutt’intorno.
Come si può ben vedere nella sottostante tabella
(n.1), tali processi non riguardano solo
la Libia, ma la gran parte dei Paesi esportatori, arabi
e no.
La Libia di Gheddafi fa parte dell’ingranaggio, ma non è
sola in questo panorama desolante composto di Paesi dove
la democrazia, il pluralismo o non esistono o sono
solamente di facciata. Anche nell’Iraq del dopo- Saddam,
grande esportatore di petrolio e importatore di
democrazia.
Tab. 1. Regimi politici vigenti
nei primi 10 Paesi Opec esportatori petrolio (2011)
Arabia saudita
|
Indipendente dal 1932- Monarchia
assoluta della tribù dei Saud. Non esistono
la Costituzione né un Parlamento eletto |
Iran
|
Dal 1979, Repubblica islamica
(teocratica) di tendenza sciita- Esiste il
Parlamento. Le ultime elezioni politiche sono
state contestate per brogli |
Emirati Arabi
Uniti |
Federazione di 7 emirati. Nel 2009, il
consiglio degli emiri ha rieletto all’unanimità
presidente l’emiro Khalifa bin Zayid |
Nigeria |
Ind. dal 1960- Repubblica
pluriconfessionale. Nel 2007, il partito del
presidente ha ottenuto l’85% dei voti. Nelle
province del nord vige la legge islamica.
Frequenti i massacri fra islamici e cristiani. |
Kuwait
|
Ind. dal 1961- Emirato da sempre
governato dalla famiglia Al- Sabah. |
Angola
|
Ind. dal 1975- Repubblica popolare- dal
1979, presidente José Eduardo Dos Santos.
Durissime guerre fra fazioni politiche e
tribali. |
Algeria
|
Ind. dal 1961- Repubblica popolare
basata sul diritto islamico e francese- dal 1999
è presidente Abdelaziz Bouteflika, esponente del
FLN. |
Libia
|
Ind. dal 1951- fino al 1969 monarchia
senussita- Dal 1969 Jamahiriya guidata dal
colonnello Muammar Gheddafi. |
Venezuela
|
Ind. dal 1811- Repubblica bolivariana-
Presidente dal 1999 il colonnello Hugo Chavez. |
Iraq |
Dal 1958 Repubblica. Nel 2003,
occupazione militare occidentale, guidata dagli
USA, ancora presente a ranghi ridotti. Governo
di “unità nazionale” parziale (solo sciiti e
kurdi)- Costituzione nel 2005, Parlamento eletto
nel 2010. |
(fonte: nostra ricostruzione su dati CIA- Central
Intelligence Agency)
Quasi che fra petrolio e democrazia ci fosse uno iato,
un’incompatibilità, evidentemente procurata.
A parte la differenza di denominazione (petro-
monarchie e “repubbliche ereditarie”), questi Paesi si
dividono fra quelli che passivamente onorano i lauti
patti, purché ci sia regolarità all’incasso, e alcuni
che di tanto in tanto fanno la voce grossa. A questi
ultimi può capitare, com’è capitato più volte nella
storia del petrolio, di essere risucchiati nel vortice
del gioco fra le potenze, dei riequilibri del mercato e
pertanto di entrare nel tritacarne della
destabilizzazione, della guerra. Gli esempi non mancano:
Iran (1952), Algeria, Iraq, e oggi, forse,
la Libia; domani chissà se non di nuovo l’Iran, fino al
Venezuela.
Tab. 2. Entrate e riserve
petrolifere primi 10 Paesi Opec esportatori (2010)
valori in US $
Paese
|
Entrate Annue
(mld US $) |
Entrate capita (US $) |
PIL capita (US $) |
Riserve stimate % Mondo |
ARABIA Saudita |
184 |
6.298 |
23.742 |
19,58 |
IRAN |
64 |
959 |
11.024 |
11,10 |
EAU |
61 |
12.191 |
36.973 |
7,25 |
NIGERIA |
60 |
415 |
2.398 |
2,69 |
KUWAIT |
52 |
18.795 |
38.293 |
8,71 |
ANGOLA |
50 |
3.824 |
6.412 |
0,67 |
ALGERIA |
50 |
1.449 |
7.103 |
0,90 |
IRAQ |
43 |
1.305 |
n.d. |
9,10 |
LIBIA |
39 |
6.124 |
14.878 |
3,24 |
VENEZUELA |
37 |
1.358 |
11.889 |
15,65 |
|
|
|
|
|
OPEC Totale |
680 |
|
1.814 |
|
(Fonte: nostra elaborazione su dati EIA, US Energy
Information Administration)
2… Un più equo rapporto
con i Paesi petroliferi
In Occidente, in Italia, grande importatrice
d’idrocarburi, la percezione delle realtà di questi
Paesi è duplice o meglio inficiata da un senso di
ipocrita doppiezza.
Da un lato le opinioni pubbliche, fortemente
influenzate dai media, che s’indignano per gli aspetti
immorali e dittatoriali dei regimi e dall’altro lato la
società politica e, soprattutto, quella degli affari che
vanno diritte al sodo pur di garantirsi nuove forniture
e quote di mercato sempre più appetibili. Una doppia
morale, dunque, un gioco di specchi concavi e convessi
che dilatano o rimpiccioliscono le responsabilità
diverse, ma in buona sostanza condivise.
E’ inutile fingere! Tutti sappiamo che solo grazie a
questi contratti, sottoscritti fra grandi multinazionali
e longevi dittatori, possiamo assicurarci enormi
quantitativi di petrolio a copertura del nostro
crescente fabbisogno energetico. Cinismo politico,
corruzione, affarismo? Certo. Tuttavia, le grandi
multinazionali dell’energia ci ricordano che al
“momento” non esiste un’altra via praticabile per
assicurarsi un approvvigionamento sicuro, costante e a
prezzi sostenibili. In linea teorica, ci sarebbero altre
vie per un diverso rapporto di scambio con i paesi
petroliferi, ma nessuno, fino ad oggi, le ha voluto
percorrere.
Questo è il nodo stringente che soffoca la democrazia
in tanti Paesi e che nessuno ha interesse di sciogliere.
Almeno fino a quando gli idrocarburi costituiranno la
base principale della nostra produzione energetica.
3… L’opinione
pubblica fra indignazione e rassegnazione
D’altra parte, a parte gli annunci, poco si sta
facendo per ridurre la forte dipendenza dal petrolio.
Sia sul versante del risparmio energetico, sia su quello
delle energie pulite e rinnovabili.
Insomma, vogliamo come si suol dire “la botte piena
e la moglie ubriaca” ossia il massimo possibile di
benessere e, al contempo, il diritto d’indignarci quando
accade qualcosa “d’incivile” nei Paesi nostri fornitori.
Pura ipocrisia!
Accecati dalla nostra spocchia euro centrista,
fingiamo di non vedere il nesso di causa ed effetto
esistente fra petrolio e dittature; il ruolo decisivo
giocato da questi despoti, corrotti e sanguinari quanto
si vuole, che, però, continuano a soddisfare le nostre
necessità.
Grazie a queste politiche, alle nostre disattenzioni è
cresciuto, a dismisura, un potere petro-finanziario che
condiziona le sorti politiche ed economiche del Pianeta.
E guai a chi osa disturbare il manovratore!
Chi, avendone i mezzi, ci ha provato ci ha rimesso la
carriera e talvolta anche la vita. Le vie del petrolio
sono molto scivolose e infide. Molti vi sono caduti.
Anche in Italia vi potrebbero essere state vittime
illustri: da Enrico Mattei, primo presidente
dell’Eni, a Pier Paolo Pasolini, autore di “Petrolio”,
come parrebbe dagli indizi acquisiti dalle nuove
inchieste sulle loro morti violente.
4… Qualità della vita: un
privilegio solo per i Paesi consumatori
Questo mio scritto non vuol essere un saggio sistemico
o un’analisi dotta dei fattori…bla, bla, bla. Questo
compito lo lascio volentieri ai competenti, agli
studiosi ben retribuiti dai committenti e sempre ben
ospitati dalle più prestigiose testate giornalistiche e
televisive.
A me interessa soltanto tentare un approccio del
problema-petrolio diverso rispetto ai modelli
tradizionali, tentare un ragionamento di tipo
introspettivo che, forse, ciascuno dovrebbe fare prima
d’indignarsi per le nefandezze compiute da altri nei
paesi dai quali provengono le nostre importazioni
d’idrocarburi.
Poiché, a ben pensarci, il problema nasce da noi,
dalle nostre esigenze, legittime o esorbitanti. Per
rendersene conto non sono necessari studi complessi:
basterebbe rifletterci sopra, la mattina, davanti allo
specchio, mentre ci si sbarba col rasoio elettrico.
Il rasoio elettrico, lo spazzolino elettrico, il fon,
lo scaldabagno, la casa riscaldata o refrigerata secondo
la stagione, una o più automobili in garage, ecc, ecc.
La chiamano “qualità della vita”. In realtà, è un
privilegio cui può accedere solo una buona parte delle
società occidentali.
|
A. Spataro “Il Mediterraneo tra conflitto e
cooperazione” Edizione Centro Studi Mediterranei, 1990 |
Paradossalmente, da tale privilegio restano esclusi la
gran parte degli abitanti dei Paesi nostri fornitori
d’idrocarburi dove la qualità della vita è vicina allo
zero.
Come se un coltivatore d’agrumi vietasse ai suoi figli
di mangiare un’arancia del suo giardino perché la deve
vendere al mercante. Incredibile, assurdo?
In realtà, così è fra le masse diseredate del mondo
arabo e africano. Così è stato anche in Italia, in
Sicilia, non molto tempo fa. Ricordo che, da bambino, un
giorno, mi toccò ascoltare, fremente di rabbia, il
figlio del capo dell’ufficio postale tessere le lodi
delle carni, tenere e squisite, dell’unico nostro
capretto, col quale giocavo spesso e volentieri, che mio
padre aveva venduto al signor direttore.
5… Si allarga la forbice
fra consumi e produzione
Nel 2009, le più grandi potenze economiche e
commerciali del Pianeta (Usa, UE, Cina, India, Brasile)
hanno consumato 43,3 milioni di barili al giorno(mb/g)
di petrolio contro una produzione propria complessiva di
18,5 mb/g. Con un saldo negativo, fra produzioni e
consumi, di circa 25 milioni di b/g.
Tab. 3. Principali Paesi
produttori e consumatori di petrolio (Anno 2009)
(valori in milioni di b/a)
Produttori |
M b/g |
di cui export |
Consumatori |
M b/g |
Russia |
10,1 |
5,4 |
USA |
18,6 |
Arabia Saudita |
9,7 |
8,7 |
UE |
13,6 |
Usa |
9,0 |
1,7 |
CINA |
8,2 |
Iran |
4,1 |
2,4 |
GIAPPONE |
4,3 |
Cina |
3,9 |
0,3 |
INDIA |
2,9 |
Canada |
3,2 |
n.d. |
RUSSIA |
2,7 |
Messico |
3,0 |
1,2 |
BRASILE |
2,4 |
EAU |
2,7 |
2,7 |
ARABIA Saudita |
2,4 |
Brasile |
2,5 |
n.d. |
COREA Sud |
2,1 |
Kuwait |
2,4 |
2,3 |
CANADA |
2,1 |
Venezuela |
2,4 |
2,1 |
|
|
Algeria
Libia
Nigeria |
2,3
2,1
1,7
2,1 |
1,9
1,8
1,5
n.d. |
|
|
(Fonte: nostra elaborazione su dati Cia, US Central
Intelligency Agency)
Un mare di petrolio che deve, comunque, arrivare nei
nostri impianti, pena un’incontrollata impennata dei
prezzi e il rallentamento drastico dell’economia.
Senza questi volumi importati, infatti, l’economia, la
vita dei nostri Paesi si fermerebbero o, comunque,
dovrebbero subire una pesante caduta di ritmo e del
livello della qualità di vita.
Figuratevi se i nostri figli e nipoti accetterebbero
una regressione così repentina che ci riporterebbe ai
tempi dell’economia rurale primitiva: una roba non di
tremila anni fa, ma una realtà che, almeno dalle mie
parti, è esistita fino agli anni ’50 del secolo scorso.
Ogni tanto lo ricordo, ma quasi nessuno mi crede. Ci
riprovo. A quei tempi, nel mio paese, non avevamo il gas
né altri combustibili. Per accendere il lume si usava il
“grassolio”, un sottoprodotto del petrolio, o l’olio
d’oliva.
Non avendo legna, per alimentare il fuoco delle cucine
si andava a cercare nei campi le “merdavuse” ossia le
feci essiccate di bovini e equini che erano dei
combustibili preziosi, ad elevato contenuto calorico. La
cerca non era free, ma si poteva fare solo previa
autorizzazione dei proprietari terrieri. Sì perché,
allora, una cinquantina d’anni fa, in Sicilia, i padroni
disponevano anche della merda animale.
6… Cresce il fabbisogno,
calano le risorse proprie
Per la gran massa dei poveri, braccianti e manovali,
erano quelli tempi tristissimi. La loro condizione è
migliorata con l’arrivo delle prime rimesse degli
emigrati e degli idrocarburi, sotto forma di gas in
bombole e benzine.
Nonostante il grande balzo in avanti, il mio non vuol
essere un elogio del petrolio il cui uso eccessivo tanti
guasti ha provocato all’equilibrio ambientale e alla
salute umana, ma solo una constatazione oggettiva della
sua necessità, speriamo momentanea.
Comunque sia, il petrolio non è il combustibile del
futuro. Sia a causa dei suoi effetti devastanti
sull’ecosistema (e sulla democrazia) sia a causa del suo
prevedibile esaurimento. Le stime non concordano: vanno
dal mezzo secolo al secolo intero. Questo sembra essere
il tempo concesso all’umanità per affrancarsi da questa
dipendenza.
Anche se le tragiche notizie delle esplosioni della
centrale nucleare che giungono dal Giappone devastato
dal terribile sisma ci dicono che non sarà agevole la
via di fuoriuscita dagli idrocarburi.
Vedremo. Intanto un fatto è certo: per molti anni
ancora, l’Occidente dovrà continuare a barcamenarsi tra
un fabbisogno crescente di petrolio e un calo
progressivo delle risorse proprie disponibili.
Tab. 4. Riserve petrolifere
stimate principali Paesi consumatori
(anno 2010) Quota % mondo
Usa |
1,58 |
Cina |
1,19 |
Brasile |
0,94 |
India |
0,42 |
EU |
0,42 |
Totale |
4,55 |
(fonte: EIA, US Energy
Information Administration)
7… Il peso del
petrolio libico
Nasce da qui la corsa verso i paesi detentori delle
riserve più rilevanti per accaparrarsi permessi di
ricerca, nuovi contratti pluri miliardari e stock
importanti di petrolio e di gas.
Basta scorrere la lista dei primi dieci Paesi OPEC
esportatori di petrolio(Tab. 2) per accorgersi
dell’importanza strategica, vitale direi, che le riserve
(accertate e/o stimate) di questi Paesi hanno per
l’approvvigionamento futuro del mercato mondiale.
Abbiamo già notato che le 5 superpotenze commerciali
accusano un deficit di 25 milioni di b/g.
E, fatto ancor più grave, anche per il futuro (50-60
anni?) dipenderanno dalle riserve dei Paesi Opec visto
che le proprie sono irrisorie.
Insieme, Usa, Cina, Brasile, India e UE dispongono del
4,55% delle riserve mondiali di petrolio. Ossia un dato
di poco maggiore delle riserve della sola Libia (3,24%)
e circa la metà di quelle che le stime attribuiscono al
piccolo emirato del Kuwait (8,71%).
Oltre ai grandi giacimenti di gas (e di acqua
sotterranea), da questi dati (di fonte USA) si evince
l’importanza delle produzioni e delle riserve libiche di
petrolio, per altro di ottima qualità e di più agevole
trasporto.
Inoltre, come si può osservare nel grafico
sottostante,
la Libia è di gran lunga il primo Paese dell’Africa per
riserve petrolifere: ben 46 miliardi di barili contro i
4,4 dell’Egitto.
Questa enorme ricchezza strategica credo un po’
spieghi le ragioni delle tante lotte ed intrighi per
controllarla dall’esterno e dall’interno: dal colpo di
Stato di Gheddafi del 1969 all’attuale, improvvisata
insurrezione armata della Cirenaica.
8…
Multinazionali: uno strapotere fuori controllo
Il controllo del ciclo del petrolio è imperniato su
due poli fortemente autoritari: il potere locale e
quello delle grandi multinazionali euroamericane, russe
e cinesi.
Entrambi i soggetti sanno perfettamente che da questa
risorsa strategica, in esaurimento, dipendono le sorti
dello sviluppo del pianeta per almeno un altro mezzo
secolo. Sulla qualità di questo sviluppo ci sarebbe
molto da opinare. Ma non è questa la sede.
La faccenda, comunque, ci riguarda da vicino, visto
che l’Italia e in genere l’Occidente sono i consumatori
finali della gran parte degli idrocarburi esportati. Per
altro, l’Italia, a causa di una politica estera
economica a dir poco disinvolta, accusa oggi una
dipendenza eccessiva (46%) da regimi non certo campioni
di democrazia come quelli della Russia di Putin e della
Libia di Gheddafi.
Tuttavia, ad essere onesti, bisogna riconoscere che il
problema o la contraddizione non riguarda soltanto
questi due Paesi ma- ribadisco- tutti i principali
esportatori d’idrocarburi.
E se, dunque, si volesse affrontarlo sul serio, non
con le guerre ma con gli strumenti della politica e
della diplomazia, bisognerebbe ampliare lo spettro delle
nostre ipocrite indignazioni all’intero orizzonte delle
petro- dittature.
9… Dittatori
scomodi e dittatori amici
Di converso, si richiede una verifica, una
ridefinizione anche giuridica del ruolo straripante,
finanziario e politico, delle multinazionali del
petrolio, per ridurre o eliminare l’influenza esercitata
sulle forze politiche e sociali, sui media e perfino sui
governi degli Stati.
Per altro, c’è da rilevare come in questo mondo
anonimo, popolato di banche e società d’affari e di
capitali, la regola è il dirigismo. Non esiste, infatti,
alcuna forma di democrazia partecipativa, a parte le
assemblee dei soci che di solito ratificano, specie in
presenza di buoni dividendi. Mai il capitalismo
finanziario, sovente parassitario, ha avuto tanto potere
sul mondo!
La domanda che si pone è la seguente: possono queste
potenze continuare a decidere i destini dell’umanità?
Nelle loro mani è concentrato un potere enorme, senza
controllo democratico pubblico, spesso derivato da
affari illeciti, e gestito sulla base dell’intesa
oligopolistica (il cartello) per meglio dominare il
mercato mondiale degli idrocarburi e condizionare i
regimi dispotici e corrotti che li producono.
Fino a quando in questo campo le cose resteranno
inalterate, sarà difficile sciogliere il grumo
rappresentato dalla scandalosa combine
petrolio/dittatura.
Se proprio lo si vuol fare, la via non è quella delle
guerre preventive, umanitarie o d’altro tipo, disastrose
quanto inconcludenti, che si vorrebbero scatenare, o
solo minacciare, contro i dittatori scomodi, lasciando
indisturbati i dittatori amici.
Joppolo Giancaxio (Agrigento)
16 marzo 2011.
Agostino Spataro,
giornalista, direttore di “Informazioni online dal
Mediterraneo” (www.infomedi.it),
collaboratore di “la
Repubblica”,
è autore, fra gli altri, di:
“Oltre il Canale-Ipotesi di cooperazione
siculo-araba” (1986); “I Paesi del
Golfo” (1991);
“Il fondamentalismo islamico” (2001).
Nb. Diritti riservati. Si autorizza la pubblicazione,
intera o in parte, di questo articolo purché si citino
chiaramente i nomi dell’autore e della fonte:
www.infomedi.it.
Inviato
dall'autore il 16/03/2011