Regione Sicilia:
riesplode la questione (im)morale
di Agostino Spataro
Alla magistratura il compito di convalidare e, se del
caso, perseguire le responsabilità dell’on. Gaspare
Vitrano, del PD, arrestato a Palermo per concussione ai
danni di un imprenditore del fotovoltaico.
Alla politica quello d’interrogarsi e di confrontarsi
su un caso gravissimo, clamoroso che ha già travalicato
i confini dell’Isola e va a infilarsi nel gran calderone
del mercimonio nazionale. Per altro, si ipotizza il
coinvolgimento di qualche altro esponente politico; il
che darebbe al fatto una configurazione di sistema,
mediato da intercessori e regolato da salatissime
“tariffe”. Una spia allarmante che segnala un
affollamento sospetto nel comparto delle fonti
energetiche alternative e pertanto sollecita una
rigorosa verifica, politica e amministrativa, da parte
del governo regionale, dell’assessore al ramo, per
rassicurare l’opinione pubblica sulla legittimità e
sulla trasparenza del procedimento. Intanto, c’è da
rilevare l’impatto devastante che l’arresto ha avuto
sull’opinione pubblica siciliana e nazionale che l'hanno
percepito quale ulteriore prova di una inquietante
omologazione in atto, come un’altra goccia letale che
corrode il tessuto della nostra democrazia
rappresentativa. A partire dai suoi più alti scranni.
Va da se che trattandosi di un esponente del PD,
all’indignazione si somma la preoccupazione politica
poiché si evidenzia che il “male” ormai s’insinua anche
fra le forze che dovrebbero combatterlo e che per questo
rappresentano la speranza del cambiamento nella
legalità.
Il rigore, tuttavia, dovrà evitare generalizzazioni
poiché riteniamo che nel Pd, come in altri partiti, tali
condotte siano ancora eccezioni e non la regola, ma
anche d’indulgere o minimizzare, come parrebbe quando ci
si appella alle origini democristiane di Vitrano il
quale, proveniente dalla Margherita, è stato rieletto
(per altro con la più alta percentuale di preferenze)
dagli elettori pidiessini della provincia di Palermo e
pertanto è da considerare, a tutti gli effetti, un
esponente di rilievo di questo partito.
Il problema, cioè, non è quello di fargli l’analisi
del sangue (politicamente s’intende), semmai di avviare
una seria analisi politica, anche autocritica, sulla
natura del PD e sulle affinità che lo caratterizzano
all'interno, sulle strategie politiche e sul collante
che lo tiene unito.
E, giacché siamo in Sicilia, sulle scelte che lo hanno
portato a sostenere il governo dell’on. Raffaele
Lombardo.
Insomma, di là delle responsabilità individuali, che
vanno accertate ai sensi di legge, questo episodio
conferma l’esistenza all’interno della regione di una
questione morale enorme ed insoluta, solo raramente
contrastata, che fa il paio con quella mafiosa con la
quale talvolta s’incrocia. Questo, a me pare, il
problema politico più drammatico e urgente che rischia
di contaminare tutto ciò che si muove dentro e intorno
alla regione, diffondendosi come una metastasi
all’interno di vari settori della pubblica
amministrazione.
C’è una domanda che molti si fanno in queste ore: di
fronte a uno scenario così inquietante serve che il PD,
uscito sconfitto dal confronto con Lombardo, continui a
vivacchiare, impantanato, dietro il controverso sostegno
al suo irrequieto avversario?
In un sistema a elezione diretta del presidente,
logica e buon senso escludono tali commistioni. Comunque
sia, la validità, l’utilità di un'opzione politica si
misurano col grado di corrispondenza all’interesse
generale. Visti i deludenti risultati, non si può
affermare che quest' ammucchiata serva alla Sicilia, ai
siciliani onesti speranzosi in un cambiamento radicale
che può assicurare solo uno schieramento imperniato su
un PD, liberato da ogni subalternità e sterile
arroganza.
Insomma, l’appoggio a Lombardo, oltre a infiacchire la
tensione politica e morale, sta bruciando questa
possibilità, l’unica che si potrebbe prospettare come
vincente, fuori dagli schemi tradizionali, alle forze
sane isolane nella più vasta accezione del termine. Una
battaglia in questa direzione non può essere inficiata
da comportamenti ondivaghi, specie da parte di quelle
anime della fronda referendaria che desiderano
recuperare la piena agibilità del ruolo propulsivo e
alternativo del PD.
Spiace rilevarlo, ma fra quelle cinquemila firme
raccolte e depositate si annida una palese incongruenza:
a una parte che reclama la rottura col governatore, se
ne affianca un’altra che si accontenterebbe di un
Lombardo- quinquies che rimetta i politici al posto dei
“tecnici”.
Non c’è dubbio che la vicenda Vitrano peserà sul
futuro, a dir poco, precario del governo regionale e sul
difficile confronto interno al PD siciliano. Perciò, è
meglio affrontarla per quello che è e non con frasi di
circostanza e con stupori e incredulità che lasciano il
tempo che trovano.
Agostino Spataro
Articolo pubblicato, con altro titolo, in “La Repubblica”
del 13 marzo 2011.