La Servitù volontaria
di Agostino Spataro
Berlusconi e la Sicilia: un rapporto molto speciale
Il caso e le circostanze hanno voluto che i festini di
Berlusconi avessero un risvolto siciliano. Non quello
che il premier vorrebbe spiegare con la sua strampalata
teoria secondo cui sarebbe tutta colpa di una perfida
vendetta della mafia che gli invierebbe prostitute a
ripetizione per comprometterlo.
Una misera frottola dentro un mare di guai,
un’aggravante per lui giacché non si capisce come mai-
pur nutrendo siffatto sospetto- le ha accolte, a braccia
aperte, nelle sue dimore, nelle sue
alcove.
Semmai, la connessione siciliana può essere colta nel
fatto, meramente casuale, che Ruby, la scandalosa
minorenne marocchina, venga da Letojanni, e soprattutto
dai contenuti dei verbali della procura palermitana
contenenti le dichiarazioni dell'escort, Nadia, che
sostiene di avere avuto “incontri” non proprio
protocollari col capo del governo della settima potenza
industriale del Pianeta.
Vicende squallide, da maneggiare con cura poiché stanno
sviando l’attenzione dalle vere difficoltà di Berlusconi
provocate dalla crisi politica e del suo sistema di
potere.
Crisi che si manifesta, in termini più laceranti, anche
in Sicilia ossia una regione fondamentale con la quale
il Cavaliere ha intessuto un rapporto molto speciale,
elettorale e non solo. Un rapporto a senso unico si
potrebbe dire. Nel senso che Berlusconi, come
politico-imprenditore, ha preso molto dai siciliani e
restituito poco come capo di governo, anche sul
terreno delle legittime aspettative. Il discorso,
ovviamente, vale per l’intero Mezzogiorno.
Sicilia, PdL allo sbando
Oggi, però, la contraddizione è esplosa e rischia di
travolgere l’idilliaco rapporto con
la Sicilia che ha avuto un ruolo-chiave nella
sorprendente ascesa, imprenditoriale e politica, del
Cavaliere. Sarà una coincidenza, ma da quando a Roma il
tempo per Berlusconi è cambiato, a Palermo il PDL è
deflagrato: spaccato in tre tronconi, l’uno contro
l’altro armato, e, beffa delle beffe, estromesso dal
governo regionale di cui si riteneva azionista almeno al
51%.
I berluscones vivono in un clima pesante, di nervosa
attesa. Molti temono il crollo prossimo venturo. E così
è iniziata la corsa ai rifugi. “Forza del sud” è nata
anche come una sorta di centro d’accoglienza per
profughi sbandati.
Si teme- com’è probabile- che dalla Sicilia, fino ad
oggi grande serbatoio di voti, possa venire una spinta
così poderosa e disgregatrice da assestare un colpo
durissimo al PDL e al suo leader. D’altra parte, non
sarebbe questa la prima volta in cui il macchinoso
laboratorio- Sicilia contribuisca a promuovere e poi a
distruggere un’illustre carriera politica.
Anzi, è un dato ricorrente che evoca la celebre frase di
Wolfgang Goethe: “Senza
la Sicilia,
il quadro dell’Italia dentro di noi avrebbe una grave
lacuna, qui è la chiave di tutto”.
Profezia o logico dispiegamento di una storia dove
l’intrigo prevale su rare ed eroiche virtù? Agli storici
la risposta. Noi torniamo all’amara attualità, quella
degli scandali che condiscono la crisi politica,
economica e morale del paese.
Il berlusconismo rapante e il perduto senso dell’onore
Molti si chiedono: come mai, nonostante la gravità dei
fatti, i clamori mediatici, non è scattata la molla di
una sana indignazione popolare?
Ovviamente, l’interrogativo vale per l’Italia intera, ma
noi ci soffermiamo sulla realtà isolana che meglio
conosciamo e più ci interessa. Giacché, spiace rilevare
come anche sopra la nostra cattolicissima, e
onoratissima, Sicilia (quanti delitti si sono consumati
in nome di un malinteso e univoco senso dell’onore!)
aleggiano sentimenti ambigui a riguardo, oscillanti fra
una scarsa indignazione in pubblico e una certa
compiacenza in privato.
Insomma, al fondo del barile c’è un humus culturale e
morale davvero scadente, substrato del berlusconismo
rampante e nazional-popolare, che consente al Cavaliere
di potersi permettere comportamenti così disdicevoli,
confidando nella fedeltà “stoica” del ceto politico e di
ampi settori dell’elettorato del centro-destra.
Mai nell’Italia repubblicana si era visto un
comportamento così zelante, subalterno, al limite
servile.
Si va oltre l’obbedienza debita, di circostanza e si
sconfina in una forma di “servilismo volontario ”
ossia una categoria dello spirito pubblico molto
presente nelle società antiche.
“Non basta abbattere il tiranno senza liquidare la
tirannia”
Il fenomeno doveva essere importante che ha interessato
diversi filosofi e saggisti. Fra cui, sicuramente
Etienne de
la Boetie
che nel 1548 scrive un pamphlet “Discurso sobre la
servidumbre voluntaria” (ho trovato l’edizione spagnola
a B. Aires) pubblicato, postumo, nel 1571, dal suo
grande amico ed estimatore Michel de Montaigne.
Ne riporto solo qualche brano.
“E’ un fatto sorprendente e frequente vedere milioni di
uomini asserviti…non per costrizione di forza maggiore
ma perché affascinati e quasi stregati dal solo nome di
uno di fronte al quale non dovrebbero temerne la forza…”
Ovviamente, la gran parte di questi soggetti cerca una
personale convenienza e per questo sono disposti anche a
sacrificare la loro dignità e libertà. Cita l’esempio
dell’eccezionale aumento del potere decretato dal Senato
(romano) in favore di Giulio Cesare “a ben vedere
non certo per riorganizzare la giustizia ma per dare
nuovi punti di appoggio alla tirannia”. Insomma,
quello della “riforma” della giustizia è stato sempre un
pallino per i gli autocrati di ogni risma e colore. Il
servilismo volontario o meno doveva essere un fenomeno
ben vasto e radicato che per estirparlo “non basta
abbattere il tiranno senza liquidare la tirannia”. A
conferma, l’autore cita il caso della congiura ordita
contro Nerone dai suoi fedelissimi, fra i quali il
prefetto Tigellino che alcune fonti indicano come
originario di Agrigento.
Che coincidenza! Un siciliano potente che aiutò il
tiranno a “suicidarsi”, ma non riuscì ad ascendere al
trono. Nerone fu abbattuto, ma il popolo romano “ne
rimase talmente dispiaciuto che fu sul punto di portarne
il lutto”.
Altri tempi, certo. Tuttavia, in queste vecchie storie
si coglie una tentazione autoritaria sempre latente che
potrebbe riproporsi anche nel tempo presente, in Italia
e altrove.
Perciò, ora che, dopo l’impennata dell’on. Fini, le
dimissioni di Berlusconi sono balzate al primo posto
dell’agenda politica, è utile sulla raccomandazione di
De
la Boetie,
per evitare una soluzione di palazzo, verticistica e di
facciata ossia il rischio di sostituire Berlusconi
senza liquidare il berlusconismo. Anche se
bisogna necessariamente partire dalle sue dimissioni.
Agostino Spataro
8 novembre 2010
Inviato
dall'autore l'8/11/2010