Il PD e i suoi due mariti
di
Agostino Spataro
Per come si sono messe le cose, la questione del Pd è
prepotentemente al centro dell’intricata situazione
politica siciliana. Dagli esiti del suo travaglio
interno, infatti, potranno dipendere le sorti
dell’attuale governo Lombardo e le prospettive più
generali della regione. Perciò, è utile riflettere sul
Pd della Sicilia (non ancora “siciliano” come
l’intende l’on. Lumia) che sembra stia entrando
nell’occhio di un ciclone devastante che potrebbe
frantumarlo in tre o più gruppi.
Da tempo, è stato piantato il seme della divisione,
tuttavia il suo germoglio può essere impedito. Se vuole,
il Pd può sottrarsi alle tentazioni, agli effetti
disastrosi della strategia neo-autonomista di
Lombardo che per affermarsi ha bisogno di spaccare i
partiti presenti all’Ars. Ieri é toccato al PdL,
oggi è la volta del Pd ad entrare nel vortice della
divisione interna.
Si punta a destrutturare i due partiti che nell’attuale
sistema politico-elettorale rappresentano i principali
soggetti aggreganti dei due poli destinati ad alternarsi
alla direzione della cosa pubblica, anche nell’Isola.
Certo, i partiti, specie in Sicilia, abbisognano di
essere riformati, ri-orientati verso la società reale,
rinnovati radicalmente nei loro gruppi dirigenti,
tuttavia vanno conservati perché sono l’architrave della
democrazia. Altrimenti, cosa avremo al posto dei
partiti?
Il caos qualunquistico e/o il deserto dominato da un
partito di sabbia come quello del Sud di cui Lombardo
parla a mesi alterni.
Avendone parlato a maggio, a giugno se n’è persa
traccia. Anche perché Micciché, suo principale alleato,
ha rinunziato al “progetto” per rientrare nella casa
madre.
Fallita l’ipotesi del “partito del sud”, si dovrà
ritornare alla logica dei due poli; al centro destra e
al centro sinistra, dentro i quali ciascun partito deve
collocarsi con chiarezza. Compreso il MpA di Lombardo
che, certo, non potrà pensare di sfidare, da solo, i due
titani.
Lo stesso Pdl, prima o poi, troverà un modus vivendi.
Com’è successo, nei giorni scorsi, al comune di
Agrigento dove gli uomini del ministro Alfano e
dell’assessore Cimino (rivali alla Regione) hanno dato
vita a una giunta monocolore PdL, diretta da un sindaco
eletto da uno schieramento di forze di centro-sinistra.
Bizzarrie della politica? A me sembrano indizi di uno
scenario altamente probabile, specie se dovesse
verificarsi un’interruzione anticipata della
legislatura. Perciò, il Pd non può restare
nell’equivoco e ridursi- come oggi appare- al ruolo di
partito-gregario di una cellula impazzita del
centro-destra.
Certo, le ambizioni umane sono importanti, ma molto
più importante è la missione politica che questo partito
è destinato a svolgere, anche in Sicilia, quale
principale forza aggregante del polo alternativo al
centro-destra. La crisi incalza e il Pd non può
continuare a sfogliare la margherita “Lombardo si,
Lombardo no”. Né pensare come
la Dona Flor di Jorge Amado di avere “due mariti”: uno defunto che
le ricordava le grandi passioni del passato e un altro
vivente che le consentiva di sbarcare il gramo lunario.
Il Partito Democratico dovrebbe ricollocarsi al posto
assegnatogli dagli elettori, cioè all’opposizione, senza
più inseguire Lombardo, ma cominciando a preparare il
dopo-Lombardo. Poiché questo è il problema.
Ovviamente, nulla impedisce a una opposizione
responsabile, perdurando l’attuale governo, di proporre
e/o sostenere, in sede parlamentare, provvedimenti di
autentica riforma sociale e amministrativa e di tutela
degli interessi popolari e dei ceti produttivi. Come
pare suggerire la recente dichiarazione del segretario
Lupo.
Certo, il centro destra nel suo complesso è forte, ma
è anche spaccato e comincia a risultare inviso a taluni
settori illusi dagli sconsiderati ottimismi dei suoi
leader. Per i siciliani i bilanci di questi governi sono
a dir poco deludenti. La regione è imballata,
prigioniera della sua anomalia politica e delle sue
disfunzioni amministrative. I fondi Fas non arrivano, ma
non si riesce a spendere le risorse disponibili. Sono
davvero pochi i risultati apprezzabili. La stessa
vicenda dei “precari storici”, agitata come prima
emergenza, potrebbe arenarsi nelle secche di un rapporto
difficile col governo Berlusconi.
Ne sembra convinto anche l’assessore Cimino il quale,
dopo l’incontro con Tremonti, ha dichiarato in tv (Teleacras)
che “la via della deroga al patto di stabilità non
sembra quella più indicata per risolvere il problema”.
Per questi e altri motivi si può aprire nel blocco
sociale del centro-destra una salutare rottura che
il centro-sinistra dovrebbe riuscire a intercettare,
trasformandola in istanza di cambiamento, per allargare
le basi del suo consenso elettorale.
Agostino Spataro
pubblicato,
con altro titolo, in La Repubblica del 23 giugno 2010