Partito del Sud: il
Grande Inganno
di Agostino Spataro
Si torna a parlare di
"partito del Sud" come la panacea di tutti i mali che affliggono le regioni
meridionali e come contrappeso al "partito del Nord", (la Lega) che farebbe
man bassa di finanziamenti anche di pertinenza del sud.
Il problema esiste,
ma non può imputarsi al solo Bossi, ma a tutta la corte del Pdl che gli
tiene bordone. A cominciare dalla "guida suprema".
Nei giorni scorsi ne
ha parlato il sottosegretario Micciché del Pdl, che s'atteggia come uno che
non è mai entrato nel nuovo partito di Berlusconi e Fini. E come a voler
rassicurare i perplessi ha sottolineato che dietro di lui c'è il sen. Dell'Utri.
Quanto rassicuri o inquieti la "buona novella" è questione di punti di
vista. Sappiamo, inoltre, che a tale ipotesi pensano anche alcuni
governatori in affanno, tra cui quelli della Sicilia e della Campania.
È probabile, dunque,
che nei prossimi mesi saremo costretti ad occuparci del "partito del sud"
ovvero di un espediente velleitario che, se attuato, potrebbe rivelarsi per
le regioni meridionali più dannoso del governo Berlusconi che, invece di
dare, prende dal Meridione.
Non a caso, l'idea
nasce nel vivo di una crisi acuta che evidenzia i limiti e gli errori di
un'impostazione politica subalterna al gran capo e agli interessi personali
e sociali che rappresenta. Un coacervo d'interessi, largamente concentrati
al nord, dove non c'è spazio per questo generoso Sud che si è svenato per
mantenere al potere la più ingorda coalizione nordista che si ricordi nella
storia repubblicana. Alla quale, non bisogna dimenticare, il centro-destra
ha consegnato di recente un'arma micidiale, il federalismo fiscale, puntata
contro il sud e la Sicilia.
Questione meridionale o dualismo meridionale?
Perciò, la gente,
soprattutto nel mezzogiorno, comincia ad essere nervosa, stanca di
attendere, con le mani vuote, che chi ha fatto il pieno di voti gliene renda
conto. E questi, non sapendo che dire, ecco farsi venire l'idea del "partito
del sud" da contrapporre al malefico "partito del nord" col quale, per
altro, sono state strette alleanze elettorali anche nel Sud e in Sicilia e
col quale tuttora si collabora al governo del Paese.
A me sembra un
diversivo, una trovata per a tirare a campare per un altro paio di
legislature e, al contempo, evitare all'esercito di ministri,
sottosegretari, parlamentari di spiegare ai meridionali la loro passività
politica che ha sacrificato i voti e le speranze del Sud sull'altare
dell'accordo Berlusconi - Bossi.
Ma entriamo nel
merito di questa "idea" ondivaga, fumosa che nemmeno i suoi fautori sanno
definire. Comincio con una domanda provocatoria, ma non troppo: esiste
ancora una questione meridionale?
Sicuramente non più
nei termini e nelle dimensioni di come è stata individuata e teorizzata
dall'unità d'Italia in poi e, più segnatamente, nell'ultimo mezzo secolo.
Diversi indicatori economici dicono che fra le otto regioni meridionali è in
atto un processo di divaricazione che presto potrebbe portare ad una sorta
di "dualismo meridionale". Nel senso che almeno quattro regioni (Sardegna,
Abruzzo, Molise, Basilicata), seguite dalla Puglia, potrebbero,
economicamente, fuoriuscire dal Mezzogiorno, mentre Sicilia, Calabria e
Campania, buon ultime, resterebbero a testimoniare l'esistenza dell'antico
problema.
Restano, cioè, ferme
le regioni più segnate dalla "trimafia" (mi si passi il neologismo) col
rischio che taluni sprovveduti potrebbero far coincidere la residua
questione meridionale con la questione criminale.
La somma di più debolezze fa una più grande
debolezza
Curiosamente, è in
queste regioni che più s'insiste per creare un "partito del sud" da
contrapporre al "partito del nord". Provate a immaginare questa nostra, cara
Italia, preda delle lotte feroci di due partiti populisti e impastati di
razzismo egoista, come potrà stare dentro una moderna Europa destinata a
volgere verso la sua unione politica ed economica. Che barbarie!
Ma in concreto cosa potrebbe essere il
partito del sud?
Così come immaginato
dai suoi fautori vorrebbe dire l'unione di tante debolezze in una. Ovvero il
fiasco. Giacché, la somma di più debolezze non fa una grande forza ma una
più grande debolezza. Se oggi il nord prevale non è perché ci sono Bossi e
le sue camice verdi, ma perché in questa lunga transizione (dalla prima alla
seconda Repubblica) a Roma non ci sono stati governi capaci di garantire la
solidarietà nazionale e quindi un'equa distribuzione delle risorse e di
frenare la bramosia dei centri fondamentali del potere economico e
finanziario che si trovano al nord.
Poteri forti che, per
realizzare i loro disegni, hanno "lanciato" Berlusconi e gonfiato il
partitino di Bossi. Tutto ciò non può essere scambiato per il "partito del
nord" che non c'è.
In realtà, la Lega
nord è un movimento xenofobo, che si alimenta di un certo disagio sociale
(in gran parte gonfiato ad arte), voluto da certi gruppi economici del nord
con l'obiettivo d'indebolire, condizionare lo Stato democratico. Basti
ricordare che uno dei primi importanti finanziamenti "coperti" in favore
della Lega fu elargito dalla Montedison.
In particolare, la
Lega porta la tremenda responsabilità d'avere infranto il principio della
solidarietà nazionale ed ha in programma d'infrangere, col pieno accordo di
Berlusconi e soci, altre solidarietà fondamentali come quella umana che è
alla base di ogni degna civiltà. Rilevato ciò, non possiamo però assolvere
le gravissime responsabilità dei ceti dominanti meridionali per avere
trascinato il Sud nella spaventosa crisi attuale. Anzi, prima d'andare a
cercare nemici esterni, bisognerebbe individuare e combattere quelli interni
al Mezzogiorno. Che sono tanti.
Non si deve imitare la Lega di Bossi
Tuttavia, insisto, la
Lega non è il partito che esprime davvero lo spirito del Nord italiano, ma è
solo uno strumento usato da chi vuol condizionare maldestramente la vita
democratica e il governo del Paese. Un giochino avventuroso, pericoloso,
anche per i veri interessi del Nord, destinato a fallire. Perciò, ritengo
che non si debba imitare la Lega di Bossi.
Il Sud italiano ha
tanti problemi irrisolti, ma avrebbe anche le idee per trovare le soluzioni,
ma non può scendere ad un livello culturale pre-politico, razzista. Qui sono
fiorite, e da qui trasmesse, le più grandiose civiltà mediterranee. Fra
Palermo e Napoli, fra Melfi e la terra di Puglia nacquero, per merito
dell'illuminato, e laico, imperatore Federico II, l'idea e i primi rudimenti
giuridici della moderna Europa. Certo, oggi, siamo poveri, mal governati,
emarginati per colpa di un ceto dominante subalterno agli interessi illeciti
ed affaristici, tuttavia riusciamo a conservare una condizione di vita più a
misura d'uomo, a coltivare sentimenti altrove smarriti o confusi con pessimi
valori venali.
Il razzismo egoista
non ci appartiene e desideriamo che se ne liberino anche quelle aree
infettate da questo virus letale iniettato da chi vuol dividere i popoli, i
lavoratori per dominarli.
In conclusione. I
problemi del Sud e della Sicilia non si possono risolvere creando nuovi
partiti territoriali, ma rimettendo al centro della programmazione e della
spesa la nuova questione meridionale, così come si va configurando nelle sue
relazioni con l'Europa e il Mediterraneo. C'è necessità di progetti, idee
innovative, d'investimenti leciti e non di nuovi capetti populisti e
clientelari che andranno a Roma, con la coppola in mano, a questuare o a
minacciare (che cosa?).
La Sicilia e il
mezzogiorno hanno bisogno di partiti veramente democratici, nazionali e
sovranazionali, capaci di portare una ventata d'aria fresca che prosciughi
il mefitico pantano dell'affarismo e della sopraffazione.
Agostino Spataro
Testo ampliato
rispetto a quello pubblicato in "La Repubblica" del
4/7/2009
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