Le pagine della cultura

 

 

archivio autrice

La Grotta della Sibilla Lilibetana

tra paganesimo e cristianesimo

“Lilybetano Lilybeum oppidum decus est Sibillae sepulcro”

di Rosa Casano del Puglia

 

Introduzione

Su una spianata verdeggiante, lambita da una parte dal mare e dall’altra dal suggestivo Viale Isonzo, si erge solitaria, tra cespugli di solari margherite e squillanti papaveri, la Chiesa di San Giovanni al Boeo. Quasi povera nella sua essenzialità, questa chiesetta è tanto ricca di storia da poter essere considerata, a buon ragione, un crogiuolo nel quale si sono fusi paganesimo e cristianesimo.

Il piccolo edificio, si erge sulla Grotta della Sibilla, nella quale una sorgente, fu forse utilizzata, in epoca pagana, come luogo di culto delle acque e successivamente in epoca cristiana come fonte battesimale.

San Giovanni al Boeo

G. Pitrè nel suo “Feste patronali in Sicilia” ricorda come la popolazione marsalese attribuiva al pozzo d’acqua una serie di poteri salvifici e come ancora nel 1900 nei giorni della festa di San Giovanni in molti vi si facevano salassare e “li salassi erano in tanto numero che talvolta se ne contarono sopra 400”.

Pochissime sono le fonti storiche, nella quali si riscontrano informazioni relative a quel pozzo. Diodoro Siculo, per primo, ce ne dà notizia nella sua “Biblioteca storica”. Narrando lo sbarco di Annibale, che si accingeva a porre sotto assedio Selinunte, sul promontorio del Boeo nel 409 a.C., lo storico così scrive: “… Annibale cartaginese portava le sue truppe sul promontorio di fronte la Libia e poneva l’accampamento accanto a quel pozzo chiamato Lilibeo…”.

Altra fonte storica, nella quale senza equivoci, si accenna a un culto oracolare legato al Pozzo, la troviamo in Solino che, tra il III e IV secolo, nella sua opera “Collectanae rerum memorabilium” (v, 2) ci informa che “Lilybetano Lilybeum oppidum decus est Sibillae sepulcro” ovvero che sul promontorio lilibetano, la città di Lilibeo si onora del sepolcro della Sibilla.

L'ingresso

La Leggenda

Nel XVI secolo diversi studiosi e scrittori, tra cui Fazello, non esitano ad indicare nell’antro la “Grotta della Sibilla”. Nel mondo greco-romano la Sibilla era una profetessa ispirata da Apollo e portavoce del dio;la prima, secondo la tradizione, fu figlia di Dardano, ma tra le tante sibille la più celebre era quella di Eritre in Lidia, spesso identificata con la Sibilla cumana, che vaticinava a Cuma, in Campania, e con la nostra Sibilla lilibetana.

Secondo la leggenda i “fedeli” nel chiedere il vaticinio alla profetessa si servivano di una piccola finestra attraverso la quale calavano all’interno del pozzo le offerte per ottenerne in cambio il responso. Tale credenza, però, si scontra con l’osservazione che soltanto in epoca moderna gli ambienti della grotta sono ipogeici, mentre è certo che anticamente il piano di campagna si trovava solo ad una profondità di circa 1.50 metri rispetto all’antro.

E. Ciaceri, nella sua opera “Coins of ancient Sicily”, scrive di una moneta proveninte da Lilybeo, ove al dritto è raffigurata una testa velata, normalmente interpretata come una divinità femminile, ed al rovescio un tripode avvolto da un serpente; secondo lo studioso essa raffigurerebbe proprio la nostra Sibilla messa in relazione con Apollo Pitico, del quale essa stessa era sacerdotessa.

Del culto sibillino non v’è alcuna testimonianza archeologica, potrebbe trattarsi di una eredità legata a forme di religiosità protostorica, nella quale la presenza della fonte d’acqua sorgiva avrebbe potuto rappresentare il cardine. Comunque di ciò non si può avere alcuna certezza, visto che nessuna evidenza materiale è giunta fino a noi. Del resto appare strano che qualora vi fosse stato un così importante luogo di culto nella Marsala romana non ne avesse fatto menzione Cicerone nelle sue “Verrine, celebre atto di accusa contro Verre che certamente non avrebbe risparmiato un così importante luogo di culto.

Il primo cristianesimo in Sicilia

La storia della Grotta della Sibilla non si esaurisce col paganesimo; le indagini di tanti archeologi e in ultimo quelle di M.R. Carra hanno ipotizzato che l’antro, agli albori del Cristianesimo, sia stato utilizzato, dai primi cristiani di Lilibeo, come fonte battesimale; ciò sia per la presenza di una croce latina, scolpita in bassorilievo, sul soffitto del più antico ingresso alla grotta, sia per la simbologia di molti soggetti rappresentati negli affreschi della grotta stessa.

Circa il sorgere del Cristianesimo in Sicilia, la notizia più antica ci è fornita dalle fonti letterarie (Atti degli Apostoli, 28, 11-15 ) e riguarda l’azione di evangelizzazione dell’isola da parte degli Apostoli Pietro e Paolo, nella zona di Siracusa. Per quanto fondate su elementi molto labili, le due tradizioni, quella pietrina e quella paolina, costituiscono un indizio delle origini orientali della cristianizzazione dell’isola. Se le fonti letterarie sono di dubbia attendibilità, la ricerca archeologica ci dà maggiori certezze; infatti, gli studi condotti da S. Agnello, sulle catacombe di Santa Maria del Gesù e di Santa Lucia, nell’area catacombale siracusana di Vigna Cassia, sembrano confermare, già agli inizi del III secolo, l’esistenza di una comunità cristiana in Sicilia.

Ai dati archeologici si aggiunge il primo documento, databile al 250, dove si fa riferimento ai cristiani di Sicilia, lo si ritrova nell’“Epistolario” di Cipriano Vescovo di Cartagine. Si tratta di una lettera inviata dal clero romano, ove si prende in considerazione il problema dei “lapsi”, cioè dei cristiani che avevano rinnegato la fede durante le persecuzioni di Decio e Valeriano, e ove si informa Cipriano che avrebbe ricevuto lettere, inviate anche dalla Sicilia; dal che si deduce che nell’isola doveva esserci una comunità di cristiani organizzata, con conseguenti episodi di persecuzioni anticristiane locali. Significativa è pure la datazione agli inizi del V secolo, dell’iscrizione catanese di Iulia Florentia, dove si legge che fu sepolta “pro foribus martyrum”, chiaro riferimento ai martiri del luogo al tempo di Diocleziano e forse di Decio. Anche nella parte occidentale dell’isola, non mancano indizi della presenza di comunità cristiane già nel III secolo, come sembrano attestare fonti letterarie ed archeologiche. Pur con le dovute cautele non va trascurata, per una possibile datazione precoce del diffondersi del Cristianesimo nella Sicilia Occidentale, la notizia riportata da Arnobio nel II secolo, a proposito della predicazione, nel I secolo, dell’eretico Eracleone, contro cui sarebbero insorti i vescovi di Lilibeo e Panormo. Ancora a Lilibeo, non è di Naro e di Gela. Si tratta di frammenti di vetro e di sigillata, di lucerne di tipo africano come quelle rinvenute a Naro in un ipogeo contiguo alla “Grotta delle meraviglie”, nel territorio lilibetano.

La Grotta, che si trova a m. 4,80 di profondità, è costituita da un vano centrale circolare, scavato nella roccia, sormontato da una bassa cupola, il cui lucernaio è collegato al pavimento della chiesa. Al centro dello spazio circolare è una vasca delle acque.

Tale tradizione sembrerebbe trovare qualche conferma nel recentissimo ritrovamento (gennaio 2005), durante gli scavi nell’area contigua alla chiesa di San Giovanni Battista, di una statua mutila a grandezza naturale, identificata come Venere Callipige databile, forse, al II secolo d.C.; ritrovamento che potrebbe essere messo in relazione sia con la tradizione, secondo la quale la Grotta fosse luogo di culto delle acque, sia con la funzione che la stessa struttura della Grotta, allora semipogea, forse ebbe come “specus aestivus” da parte di qualche patrizio che aveva dimora in una delle “villae”rinvenute nell’“insula” contigua all’area di Capo Boeo. Alla stessa sorgente di acqua viva si legano l’altare, dedicato a San Giovanni Battista, e la vasca collocati negli ambienti della cripta.

Venere Callipige

Pascasino vescovo

Secondo l’archeologa M.R. Carra la sorgente e le strutture ad essa connesse” potrebbero rappresentare la memoria storica del primo edificio di culto con battistero dell’antica comunità cristiana di Lilibeo.

Da escludersi che una comunità di credenti fosse attiva già nel II secolo, come si dedurrebbe da una lettera del filosofo neoplatonico Porfirio. Nella lettera il filosofo di Tiro, trasferitosi tra il 262 e il 270, a Lilibeo, dove sposò Marcella, ricorda che i Lilibetani concittadini di quest’ultima, essendo di “altra” religione, cercarono di distoglierla dal matrimonio. Considerando che Porfirio scrisse l’opera “Contro i Cristiani”, appare sostenibile la presenza a Lilibeo di una comunità cristiana, alla fine del III secolo. Tale evenienza trova conferma negli studi condotti sul complesso catacombale paleocristiano di Lilibeo tardo antica, sito nel corso Gramsci dell’odiena Marsala, dall’archeologa M.R. Carra che data tra la fine del II secolo e il IV secolo, la frequentazione di quel sito. L’evidenza archeologica, le testimonianze epigrafiche offrono solidi indizi per prospettare come il primissimo cristianesimo si sia irradiato, tra la fine del II e gli inizi del III secolo, in tutto il territorio isolano a partire dalla Sicilia orientale lungo la costa e verso l’interno attraverso la rete viaria e anche attraverso gli intensi scambi che avvenivano tra i porti più attivi dell’isola, quelli dell’oriente greco e della costa mediterranea dell’Africa.

Croce latina

Al concludersi del V secolo, la penetrazione del cristianesimo aveva raggiunto capillarmente l’intero territorio isolano assumendo caratteri diversi a seconda delle diverse realtà culturali ed economiche incontrate. La Sicilia che si apriva al Verbo Cristiano presentava una fisionomia culturale ben caratterizzata: la parte occidentale connotata da un forte sostrato fenicio–punico, la parte orientale marcatamente legata al mondo greco; di conseguenza per quanto riguarda il cristianesimo siciliano delle origini, gli studiosi distinguono due matrici: quella ellenistico-romana e quella nord-africana.

Infatti, nell’area che copre i territori di Agrigento e Lilibeo, il Cristianesimo rivela caratteri di chiara provenienza africana. Nell’agrigentino le ricerche di M.R. Carra hanno messo in evidenza numerosi reperti di provenienza africana, rinvenuti nelle necropoli paleocristiane, di IV e V secolo.

La Grotta della Sibilla Lilibetana

Di grande importanza, fra le testimonianze del primo cristianesimo di Lilibeo, va considerata la cripta di San Giovanni al Boeo, la cosiddetta Grotta della Sibilla, collocata proprio sotto la chiesa di San Giovanni Battista, eretta nel 1555 dai Gesuiti.

Pare che sullo stesso luogo sorgesse in precedenza un edificio di culto del XII secolo, appartenente ai Padri Basiliani.

La Grotta, che si trova a m. 4,80 di profondità, è costituita da un vano centrale circolare, scavato nella roccia, sormontato da una bassa cupola, il cui lucernaio è collegato al pavimento della chiesa. Al centro dello spazio circolare è una vasca quadrata nella quale una canaletta convoglia l’acqua che sgorga da una fonte, situata nel pavimento di un ambiente contiguo; connessi con quest’ultimo sono due vani, in uno interamente scavato nella roccia ed absidato, è alloggiato, davanti alla sorgente, un altare in pietra con una scultura marmorea ad alto rilievo, che raffigura San Giovanni Battista, opera del XV secolo di scuola gaginiana; l’altro, pur esso scavato nella roccia, è di forma irregolare, presenta infatti tre pareti rette ed una absidata.

Alla Grotta si accede da due aperture praticate nel pavimento della navata della chiesa, l’accesso più antico ha due rampe di scale collegate ad un corridoio; il secondo accesso è costituito da un corridoio collegato a tre rampe di scale realizzate nel XVII secolo.

Di particolare interesse è la croce latina scolpita a basso rilievo sul soffitto del più antico ingresso alla Grotta, databile tra V e VI secolo. La sorgente d’acqua sembra essere un riferimento fondamentale per spiegare l’ininterrotta frequentazione nel tempo della Grotta. Secondo Diodoro Siculo, infatti, il toponimo Lilibeo sarebbe da riferire alla sorgente (chiamata Lyli in libio-fenicio) attorno alla quale si è sviluppata una cripta; tale cripta sarà denominata, da eruditi del XVI secolo, “Grotta della Sibilla”, forse sulla base di un passo della già citata opera “Collectanea rerum memorabilium” (V, 2) dello scrittore latino Solino. La presenza della fonte d’acqua ha, inoltre, alimentato la tradizione secondo la quale la Grotta fosse luogo di culto delle acque.

Tale tradizione sembrerebbe trovare qualche conferma nel recentissimo ritrovamento (gennaio 2005), durante gli scavi nell’area contigua alla chiesa di San Giovanni Battista, di una statua mutila a grandezza naturale, identificata come Venere Callipige databile, forse, al II secolo d.C.; ritrovamento che potrebbe essere messo in relazione sia con la tradizione, secondo la quale la Grotta fosse luogo di culto delle acque, sia con la funzione che la stessa struttura della Grotta, allora semipogea, forse ebbe come “specus aestivus” da parte di qualche patrizio che aveva dimora in una delle “villae” rinvenute nell’“insula” contigua all’area di Capo Boeo. Alla stessa sorgente di acqua viva si legano l’altare, dedicato a San Giovanni Battista, e la vasca collocati negli ambienti della cripta.

Secondo l’archeologa M.R. Carra la sorgente e le strutture ad essa connesse potrebbero rappresentare la memoria storica del primo edificio di culto con battistero dell’antica comunità cristiana di Lilibeo.

Gli affreschi

In origine gli ambienti della grotta erano riccamente affrescati e pavimentati con mosaici, dei quali restano pochi frammenti.

Degli affreschi e del pavimento musivo dell’ambiente a N restano disegni ad acquerello, fatti eseguire dal Salinas. il mosaico di questo vano, per la disposizione e la stilizzazione dei disegno floreale, a tessere blu e rosse su fondo bianco, sembra databile tra la fine del IV secolo e l’inizio del V. Interessanti analogie sono state riscontrate con i mosaici di alcune basiliche di Grado e di Aquileia, risalenti alla stessa epoca. Il raffinato mosaico dell’ambiente centrale ci è noto da una descrizione del fatta dal Gaetani e da un disegno dell’Houel.

Acquarello del Museo Archeologico A. Salinas", affreschi dell'ambiente occidentale della cripta di San Giovanni al Boeo (da Lima 1998)

Nel pavimento musivo della zona circolare era rappresentata una scena marina, i cui elementi figurativi, i caratteri tipologici e lo sviluppo circolare richiamano tassellati del II e III secolo, rinvenuti in alcune località dell’Africa settentrionale. Della ricca decorazione parietale della Grotta ci restano significative testimonianze nell’ambiente ad O, dove i danni maggiori sono stati causati dall’umidità che ha prodotto il distacco dell’intonaco. Qui, inferiormente, le pareti presentano una decorazione a specchi di finto marmo, di cui ci restano labili tracce.

Nella seconda parete rettilinea si conservano le tracce più significative dell’originaria decorazione, che si sviluppa secondo uno schema rigidamente simmetrico.

La parete, incorniciata superiormente da una fascia con un motivo a nastro intrecciato, è scandita da una serie di riquadri, nei quali sono incluse varie figure di carattere simbolico. In alto, in posizione centrale, campeggia una conchiglia ieratica rossa, ai lati compaiono due vasi ricolmi di frutta, in basso due colombe e mazzetti di rose rosse.

Questi motivi si ripetono nella parete absidata dove, accanto alla figura centrale del vaso ricolmo di frutta, sulla sinistra è affrescato un pavone. Nella zona immediatamente sottostante, delimitata da una fascia a palmette, sono raffigurati due pesci guizzanti, di colore rosso, tra i quali si erge un giglio.

Sulla superficie del soffitto restano poche tracce di una decorazione a piccoli riquadri.

Il tratto marcatamente classicheggiante delle pitture, chiaramente ispirate alla simbologia cristiana, databili al IV secolo, fa della Grotta “un monumento cristiano unico in Sicilia” come affermava Salinas già nel 1886, un monumento che narra una storia lunghissima estesa in un arco di tempo che va dal paganesimo al primo cristianesimo.

Rosa Casano del Puglia

Ottobre 2011


Bibliografia

  • M.R. Carra, L’archeologia cristiana nella Sicilia occidentale, BCA. Sicilia

  • M.R. Carra, Testimonianze paleocristiane in AA.V.V. Lilibeo Testimonianze archeologiche dal IV sec. a.C. al V sec. d.C. Palermo, 1984

  • Bovio Marconi, Marsala, villa romana in “Le arti” 2, 1939

  • Di Stefano, Ricerche archeologiche dell’ultimo quindicennio in Kokalos 26, 27 -1980 1981

  • J. Garana, Le catacombe siciliane e i loro martiri, Palermo, 1961.

  • Pitrè, Le feste patronali in Sicilia, Palermo 1900

  • F. Hill, Coins of ancient Sicily, Westminster 1903

  • E. Manni, Sicilia pagana, Palermo 1963


http://www2.comune.marsala.tp.it/marsala_tour/it/sc_san_giovanni.html

Centro Culturale e di Studi Storici "Brigantino - il Portale del Sud" - Napoli e Palermo admin@ilportaledelsud.org ®copyright 2011: tutti i diritti riservati. Webmaster: Brigantino.

Sito derattizzato e debossizzato