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Senza re né regno

Domenico Seminerio

Sellerio editore

«Mi dovevo convincere che tutti gli uomini a tre categorie appartenevano. C'erano i corruttibili, c'erano i ricattabili e, male che andasse, tutti mortali erano. E io? Appartenevo alla terza categoria, quella dei semplici mortali che era fin troppo semplice spazzare via? E che ci voleva ad ammazzare un uomo? La mia era la seconda categoria. Lo realizzai come in un lampo».

Senza re né regno racconta la breve carriera di Stefano detto il Posporo («il fiammifero»), strepitosa e velata di segreta malinconia, nella Sicilia soffocante e soffocata del dopoguerra, e nell'Italia bigotta e iniqua di quegli anni. La carriera di un mafioso. Che è insieme la carriera, per così dire, di un innocente: e qui si insinua tutto il pessimismo di Seminerio, dentro la tradizione del pessimismo letterario siciliano, più vicino alla versione deterministica di Verga, che non allo scetticismo civile e storico di Sciascia. Stefano il Posporo è libero di scegliere della sua vita solo per un momento. Giovanissimo, la famiglia lo ha segregato, perché compromesso dalla guerriglia del separatismo siciliano, in un paesino dell'Emilia dove potrebbe acquattarsi nel torpore del conformismo provinciale: un buon matrimonio, il posto, i pomeriggi nei salotti per bene, le domeniche sul corso; gli amori clandestini e gli altri vizi privati.

Ma Stefano è capace, è bello, ha una distinta superiorità ed un suo anticonformismo. E soprattutto è per nascita e per sorte un siciliano. Quando incontra l'uomo del destino, nelle vesti di un confinato, che lo riconosce, la ragnatela della necessità ambientale che aspetta quelli come lui, si dispiega. Lo irretisce. Lo seduce, in un vortice di affari e intrighi sempre più vertiginosi, paracriminali, ma che per lui hanno il sapore dolcissimo del narcisismo. Un delirio di dominio totale dell'esistenza, così incarnato nel piacere sensuale, che su di esso nulla in realtà può fare giustizia se non la follia e la morte, sua e di tutti quelli che gli stanno intorno.

Questo di Seminerio, al suo esordio, è un romanzo originale e coraggioso, che avvince nei risvolti dell'intrigo e appassiona nell'umanità del personaggio. Una vicenda individuale, circoscritta in un tempo breve, ma trascina il lettore nel romanzo corale, nell'affresco generale: e nell'allegoria di una condizione storico-antropologica. E qui l'allegoria è quella di un sistema invincibile, ragionevolissimo da accettare e a cui piegarsi è facile, che solo il ciclo del fato sembra poter sfidare.

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