Scippo al Sud
di Primo di Nicola
Decine di miliardi destinati al Mezzogiorno usati per
altri scopi. Dai trasporti sul lago di Garda ai debiti
del Campidoglio. E persino per coprire il deficit
causato dall'addio all'Ici. Un tesoro da oltre 50
miliardi di euro disponibile solo negli ultimi due anni.
Che poteva servire per terminare eterne incompiute come
l'autostrada Salerno-Reggio Calabria e che invece è
andato a finanziare i trasporti del lago di Garda e i
disavanzi delle Ferrovie dello Stato. Una montagna di
denaro che avrebbe dovuto rilanciare l'economia del Sud
e che è stata utilizzata per risanare gli sperperi e i
buchi di bilancio dei comuni di Roma e Catania e per la
copertura finanziaria dell'abolizione dell'Ici.
Un fiume di denaro destinato a colmare i ritardi delle
zone sottoutilizzate del Paese e che è stato impiegato
invece dal governo per pagare le multe delle quote latte
degli allevatori settentrionali cari ai leghisti e la
privatizzazione della compagnia di navigazione Tirrenia.
Sono alcuni brandelli di una storia incredibile, il
grande scippo consumato ai danni delle regioni
meridionali. La storia delle scorribande sul Fas, il
Fondo per le aree sottoutilizzate, manomesso e spremuto
negli ultimi anni dal governo Berlusconi per finanziare
misure economiche e opere pubbliche che niente hanno a
che fare con i suoi obiettivi istituzionali. Un andazzo
che, nonostante qualche isolata protesta, è andato
sinora avanti indisturbato. Fino alla soglia della
provocazione. Come per gli sconti di benzina e gasolio
concessi agli automobilisti di Valle d'Aosta, Piemonte,
Lombardia e Trentino Alto Adige, denunciati dal deputato
Pd Ludovico Vico.
La Corte dei conti ha provato a stoppare lo sperpero
lamentandosi apertamente per l'utilizzo dei soldi del
Fas che hanno finito per assumere "l'impropria
funzione di fondi di riserva diventando uno dei
principali strumenti di copertura degli oneri
finanziari" connessi alla politica corrente del
governo. Ma con scarsi risultati: qualche riga sui
giornali, poi il silenzio. Anche Vasco Errani,
presidente della Conferenza delle Regioni, ha chiesto al
governo di "smetterla di utilizzare i Fas come un
Bancomat". Così come Dario Franceschini al tempo in
cui era segretario del Pd: "Ogni volta che è stato
necessario finanziare qualcosa, dall'emergenza terremoto
alle multe per le quote latte", ha affermato, "si
è fatto ricorso al Fas togliendogli risorse". Quante
per l'esattezza? Cifre precise non ce ne sono.
Interpellata, persino la presidenza del Consiglio getta
la spugna dichiarandosi incapace di fornire un
rendiconto dettagliato delle spese fatte con i fondi Fas.
Secondo una stima de L'espresso però i soldi
impropriamente sottratti al Sud solo negli ultimi due
anni sono circa 37 miliardi. Una cifra ragguardevole
confermata dal senatore democratico Giovanni Legnini:
"Siamo di fronte ad una dissipazione vergognosa che
certifica come il Pdl stia tradendo il Sud".
Giudizio condiviso persino da Giovanni Pistorio,
senatore siciliano dell'Mpa, il Movimento politico per
le autonomie, parte organica della maggioranza di
centrodestra: "Gli impegni verso il Mezzogiorno erano
al quinto punto del programma elettorale del Pdl, il
governo li ha completamente disattesi".
Quante promesse
E
già, chi non ricorda le sparate a favore del Meridione
con le quali il Cavaliere giurava che stava
"lavorando con tutti i ministri per mettere a punto un
piano innovativo per il Sud, la cui modernizzazione e il
cui sviluppo ci stanno da sempre a cuore"? O quelle
del sottosegretario Gianfranco Micciché che, sebbene da
quasi dieci anni come viceministro o sottosegretario
gestisca i fondi per il Meridione, più volte ha
minacciato la fondazione di un partito del Sud se
Berlusconi non avesse "sbloccato i fondi Fas e reso i
parlamentari meridionali protagonisti della elaborazione
delle strategie"? Parole al vento.
La storia del Fas e dei suoi maneggiamenti comincia nel
2003 con il secondo governo Berlusconi quando tutte le
risorse destinate alle aree sottoutilizzate vengono
concentrate e messe sotto il cappello del ministero per
lo Sviluppo economico. Il compito di ripartire le
risorse viene invece affidato al Cipe con il vincolo di
destinarne l'85 per cento al Sud e il 15 al Centro e al
Nord. Intenti lodevoli, ma si parte subito con il piede
sbagliato. Nel solco della peggiore tradizione della
Cassa per il Mezzogiorno, i fondi finiscono per essere
in gran parte utilizzati per quella politica delle mance
tanto cara ai ras locali di tutti i partiti e alle loro
fameliche clientele. Il 2003 è un anno destinato a
rimanere negli annali degli sperperi. A colpi di milioni
di euro si realizzano fondamentali infrastrutture come
il museo del cervo a Castelnuovo Volturno e
quello dei Misteri a Campobasso; il visitor
center a Scapoli; si valorizza la palazzina Liberty
di Venafro; si implementa il sito Web della Regione
Molise; si restaurano conventi, chiese e cappelle a
decine come a Montelongo, Castropignano e Gambatesa; si
acquistano teatri come a Guglionesi; si consolida il
santuario di Montenero di Bisacce. Per carità, si fanno
pure le reti fognarie nei paesi e strade interpoderali
sempre utili alle popolazioni; si recuperano siti
turistici e pure aree naturalistiche, ma a fare epoca
sono sicuramente il fiume di regalie come quelle legate
al recupero e la valorizzazione della collezione
Brunetti e agli studi sulle valenze naturalistiche
dell'aerea di Oratino, al museo ornitologico di Montorio
dei Frentani, per non parlare della realizzazione
dell'enoteca regionale del Molise.
Progetti inutili
Insomma, una insaziabile vocazione a spendere. Che
continua a prosciugare il Fas anche negli anni
successivi, pure quando a Palazzo Chigi torna Prodi. Tra
il 2006 e 2007, accanto a tanti impeccabili interventi
per il Sud, come il finanziamento ai programmi per
l'auto-imprenditorialità e autoimpiego gestiti da
Sviluppo Italia (90 milioni) o agli interventi per il
risanamento delle zone di Sarno e Priolo, appaiono una
miriade di contributi a progetti che con il Sud hanno
poco a che vedere: 180 milioni vanno per esempio al
progetto Valle del Po; 268 al ministero dell'Università
per i distretti tecnologici; 119 al ministero per le
Riforme per l'attuazione di programmi nazionali in
materia di società dell'informazione; altri 36 milioni
al ministero dell'Ambiente per finanziare tra l'altro il
Progetto cartografico. E non è finita: un milione
finisce al ministero per le Politiche giovanili e le
attività sportive per vaghe attività di assistenza; un
altro milione al Consorzio nazionale per la
valorizzazione delle risorse e dei prodotti forestali
con sede in Frontone nella meridionalissima provincia di
Pesaro e Urbino; 4 milioni al completamento dei lavori
di ristrutturazione di Villa Raffo a Palermo, sede per
le attività di alta formazione europea; 2 milioni alla
regione Campania per la realizzazione del museo
archeologico nel complesso della Reggia di Quisisana; 20
milioni al Cnipa per l'iniziativa telematica
competenza in cambio di esperienza: i giovani sanno
navigare, gli anziani sanno dove andare; quasi 4 al
ministero degli Esteri per il sostegno delle
relazioni dei territori regionali con la Cina.
Sarebbe già abbastanza per gridare allo scandalo. Ma non
è finita: da conteggiare ci sono pure i trasferimenti di
risorse Fas ai vari ministeri e che si sono tradotti tra
l'altro in uscite di 25 milioni a favore della
presidenza del Consiglio per coprire le spese della
rilevazione informatizzata delle elezioni 2006; 12 per
finanziare le attività di ricerca e formazione degli
Istituti di studi storici e filosofici di Napoli; 5
milioni al comando dei carabinieri per la tutela
ambientale Regione siciliana per interventi di bonifica;
52 per coprire i crediti di imposta di chi utilizza
agevolazioni per investimenti in campagne pubblicitarie
locali; 106 milioni per l'acquisto di un sistema di
telecomunicazione in standard Tetra per le forze di
polizia. E vai a capire perché.
Cavaliere all'attacco
Insomma, un autentico pozzo senza fondo al quale si
attinge per le esigenze più disparate rendendo vane le
richieste di un disegno organico per il rilancio
dell'economia meridionale. Sarà anche per questo che tra
il 2007 e il 2008 arriva una mezza rivoluzione per il
Fas. L'intento sembra quello di fare ordine e voltare
pagina, in concreto si gettano le premesse per l'ultimo
grande scippo. Cominciamo dai soldi. Il governo Prodi
riprogramma le risorse per il Meridione e con la
Finanziaria 2007 stanzia a carico del Fas 64 miliardi
379 milioni, un autentico tesoro. Con tanti soldi a
disposizione e l'esperienza negativa dei decenni di
intervento straordinario a favore del Mezzogiorno,
sembra l'inizio di una nuova era: il Sud deve solo
pensare a spendere con raziocinio. Invece all'inizio del
2008 esce di scena Prodi e rientra in gioco Berlusconi.
Che, per coprire le spese dei pochi interventi di
politica economica che riesce a varare, ricomincia a
saccheggiare proprio il Fas, una delle poche voci di
bilancio davvero carica di soldi. Non è un caso perciò
se a fine 2008 il Fondo si vede sottrarre altri 12
miliardi 963 milioni per finanziare una serie di
provvedimenti tra cui quelli che foraggiano le aziende
viticole siciliane carissime al sottosegretario Micciché
(150 milioni); l'acquisto di velivoli antincendio (altri
150); la viabilità di Sicilia e Calabria (1 miliardo) e
la proroga della rottamazione dei frigoriferi (935
milioni); l'emergenza rifiuti in Campania (450); i
disavanzi dei comuni di Roma (500) e Catania (140); la
copertura degli oneri del servizio sanitario (1 miliardo
309 milioni); le agevolazioni per i terremotati di
Umbria e Marche (55 milioni) e perfino la copertura
degli oneri per l'assunzione dei ricercatori
universitari (63).
Tagli dolorosi
E
siamo solo all'assaggio. Un altro taglio da un miliardo
e mezzo arriva per una serie di spese tra cui quelle per
il G8 in Sardegna (100 milioni) marchiato dagli
scandali; per l'alluvione in Piemonte e Valle d'Aosta
(50 milioni); la copertura degli oneri del decreto
anticrisi 2008 e gli accantonamenti della legge
finanziaria; gli interventi per la banda larga e per il
finanziamento dell'abolizione dell'Ici (50 milioni).
Il secondo elemento della rivoluzione del 2008 è
costituito dalla trovata di Berlusconi e Tremonti di
riprogrammare e concentrare le risorse del Fas (ridotto
nel frattempo a 52 miliardi 400 milioni) su obiettivi
considerati "prioritari per il rilancio dell'economia
nazionale". Come? Anzitutto, attraverso la
suddivisione dei soldi tra amministrazioni centrali (25
miliardi 409 milioni) e Regioni (27 miliardi). Poi con
la costituzione di tre fondi settoriali: uno per
l'occupazione e la formazione; un altro a sostegno
dell'economia reale istituito presso la presidenza del
Consiglio; un terzo denominato Infrastrutture e che
dovrebbe curare il potenziamento della rete
infrastrutturale a livello nazionale, comprese le reti
di telecomunicazioni e energetiche, la messa in
sicurezza delle scuole, le infrastrutture museali,
archeologiche e carcerarie. Denominazioni pompose ma che
in realtà nascondono un unico disegno: dare il via al
saccheggio finale.
Al Fondo per l'occupazione e la formazione vengono per
esempio assegnati 4 miliardi che trovano i primi
impieghi per finanziare la cassa integrazione e i
programmi di formazione per i lavoratori destinatari di
ammortizzatori sociali. Quanto al fondo per il sostegno
all'economia reale finanziato con 9 miliardi va a
coprire le uscite per il termovalorizzatore di Acerra
(355 milioni); gli altri sperperi per il G8 alla
Maddalena (50), mentre 80 milioni se ne vanno ancora per
la rete Tetra delle forze di polizia in Sardegna; un
miliardo per il finanziamento del fondo di garanzia per
le piccole e medie imprese; 400 milioni per incrementare
il fondo conti dormienti destinato all'indennizzo
dei risparmiatori vittime delle frodi finanziarie; circa
4 miliardi per il terremoto in Abruzzo; 150 milioni per
gli interventi dell'Istituto di sviluppo agroalimentare
amministrato dal leghista Nicola Cecconato; 50 milioni
per gli interventi nelle zone franche urbane; 100 per
interventi di risanamento ambientale; 220 di contributo
alla fondazione siciliana Rimed per la ricerca
biotecnologica e biomedica.
Senza fondo
Ma la vera sagra della dissipazione si consuma
all'interno del fondo Infrastrutture (12 miliardi 356
milioni di dotazione iniziale) dove il Sud vede poco o
niente. Le sue dotazioni se ne vanno per mille rivoli a
coprire i più svariati provvedimenti governativi: 900
milioni per l'adeguamento dei prezzi del materiale da
costruzione (cemento e ferro) necessario per
riequilibrare i rapporti contrattuali tra stazioni
appaltanti e imprese esecutrici dopo i pesanti aumenti
dei costi; 390 per la privatizzazione della società
Tirrenia; 960 per finanziare gli investimenti del gruppo
Ferrovie dello Stato; un altro miliardo 440 milioni per
i contratti di servizio di Trenitalia; 15 milioni per
gli interventi in favore delle fiere di Bari, Verona,
Foggia, Padova.
Ancora: 330 milioni vanno a garantire la media-lunga
percorrenza di Trenitalia; 200 l'edilizia carceraria
(penitenziari in Emilia Romagna, Veneto e Liguria) e per
mettere in sicurezza quella scolastica; 12 milioni al
trasporto nei laghi Maggiore, Garda e Como. Pesano poi
sul fondo Infrastrutture l'alta velocità Milano-Verona e
Milano-Genova; la metro di Bologna; il tunnel del Frejus
e la Pedemontana Lecco-Bergamo. E poi le opere dell'Expo
2015 che comprendono il prolungamento di due linee della
metropolitana milanese per 451 milioni; i 58 milioni
della linea C di quella di Roma; i 50 per la laguna di
Venezia; l'adeguamento degli edifici dei carabinieri di
Parma (5); quello dei sistemi metropolitani di Parma,
Brescia, Bologna e Torino (110); la metrotranvia di
Bologna (54 milioni); 408 milioni per la ricostruzione
all'Aquila; un miliardo 300 milioni a favore della
società Stretto di Messina. E non per le spese di
costruzione della grande opera più discussa degli ultimi
20 anni, ma solo per consentire alla società di
cominciare a funzionare.
(10 maggio 2010)
Articolo tratto da
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/scippo-al-sud/2126696&ref=hpsp