Marco
Scalabrino, Camzuna di
Vita, di Morti, d’Amuri - Samperi editore (2006) Euro 5
Recensione di Fara Misuraca
Marco Scalabrino
poeta, saggista e traduttore ha tra i suoi principali interessi
culturali lo studio del dialetto siciliano, la poesia siciliana,
la traduzione in Siciliano e in Italiano di autori stranieri
contemporanei e non.
"Il
segno linguistico è arbitrario" si legge nel capitolo
introduttivo al Corso di linguistica di De Saussure. E il
dialetto, usato come lingua poetica da Marco Scalabrino, diventa
forma espressiva, rientrando, con le stesse possibilità della
lingua nazionale, in una letteratura arbitraria per definizione.
Usare
il dialetto come lingua di scrittura, in Scalabrino, diviene una
scelta di cultura e di stile, un'operazione che riguarda il
letterato colto.
Certe
forme linguistiche, create dalla cultura dotta poi si sono
“svilite” cadendo in un contesto popolare, in una tessitura dove
però si sono conservate creando una sorta di memoria genetica.
Con un'operazione colta Scalabrino ripesca tali forme di
conservazione, echi di un vissuto originale, le rielabora e le
inserisce in un nuovo e più ampio contesto.
Il
dialetto si fa dunque lingua inventata, arbitraria, parte
importante di un organismo dinamico a più dimensioni, proprio
del concetto linguistico del Novecento, ben lontano dallo
storicismo e la sua certezza logica tipica della concezione
manzoniana di una lingua unitaria.
Di
particolare interesse sono i versi delle due raccolte “Canzuna,
Di vita, Di morti, D’amuri” e “Tempu, palori aschi e
maravigghi”.
I
versi sono limpidi, sonori, sferzanti, le parole nude ed
essenziali. Sono versi puliti, non appesantiti da barocchismi,
lirismi o nostalgie. Ricalcano, quasi unica concessione
all’essere siciliano, il paesaggio aspro dai colori
dolorosamente impietosi, “irredimibile” come lo definì Tomasi di
Lampedusa, che caratterizza l’interno della Sicilia. Le
masserie abbandonate e dirupate, arse dal sole.
Petru
siddu nasci
masculu
ti
chiamu
figghiu.
(dalla raccolta “Canzuna”)
Armu putia
Aju la truvatura
e
li carti in regula p’aggigghiari:
licenza, si capisci
un
magasenu
e
na vitrina
a
jornu
cu
la nzinga
“Accattu e vinnu tempu
tempu vecchiu”.
(dalla raccolta “Tempu”)
O ancora:
A
st’ura
Su’ stranii, celi
Ciauri
Quartieri
E
cogniti, facci
Palori
Fatti
(dalla raccolta “Canzuna”)
Proprio per la caratteristica dell’essenzialità i versi di
Scalabrino possono affrontare con successo il problema
dell’intraducibilità di lingue e dialetti, proponendo versioni
in lingue diverse ma sempre rispettose dei testi tradotti.
Troviamo così versioni in inglese, tedesco, spagnolo, italiano
che mantengono la stessa incisività del testo siciliano.
Come nella splendida:
Pedro
Se
fores
Macho
Te
chamarei
filho
Ha
pubblicato:
-
PALORI poesie in dialetto siciliano (1997) Documenta 2000.
-
TEMPU
palori aschi e maravigghi (2002) Federico editore
-
CANZUNA di vita, di morti, d’amuri (2006) Saperi editore
Ha
tradotto in Siciliano testi scelti di:
-
Nat
SCAMMACCA, POEMS PUISII (1999).
-
Enzo
BONVENTRE, OKUSIKSAK e LEONE ASSIRO (2000).
-
Enzo
BONVENTRE , Charlie Bird
Parker e Tupak
Yupanqui (2001).
-
Duncan GLEN, J.
K. Annand e Hugh Mac
Diarmid, “Trittico scozzese” (2001).
Ha
tradotto in Italiano
-
Anthony AFRAGOLA, Feast of the Dead, pubblicato col
titolo ”Festa dei Morti e altre storie” (2001).
-
Nelson HOFFMANN, Eu vivo só Ternuras ,
pubblicato col titolo “Io vivo di tenerezze” (2002).
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