La cosa
enormemente tragica che emerge in questi giorni è che nessuno dei
coinvolti delle inchieste napoletane aveva la percezione dell'errore,
tantomeno del crimine. Come dire ognuno degli imputati andava a dormire
sereno. Perché, come si vede dalle carte processuali, gli accordi non si
reggevano su mazzette, ma sul semplice scambio di favori: far assumere
cognati, dare una mano con la carriera, trovare una casa più bella a un
costo ragionevole. Gli imprenditori e i politici sanno benissimo che
nulla si ottiene in cambio di nulla, che per creare consenso bisogna
concedere favori, e questo lo sanno anche gli elettori che votano spesso
per averli, quei favori. Il problema è che purtroppo non è più solo la
responsabilità del singolo imprenditore o politico quando è un intero
sistema a funzionare in questo modo.
Oggi
l'imprenditore si chiama Romeo, domani avrà un altro nome, ma il
meccanismo non cambierà, e per agire non si farà altro che scambiare,
proteggere, promettere di nuovo. Perché cosa potrà mai cambiare in una
prassi, quando nessuno ci scorge più nulla di sbagliato o di anomalo.
Che un simile do ut des sia di fatto corruzione è un concetto che
moltissimi accoglierebbero con autentico stupore e indignazione. Ma
come, protesterebbero, noi non abbiamo fatto niente di male!
E che tale
corruzione non vada perseguitata soltanto dalla giustizia e condannata
dall'etica civile, ma sia fonte di un male oggettivo, del funzionamento
bloccato di un paese che dovrebbe essere fondato sui meccanismi di
accesso e di concorrenza liberi, questo risulta ancora più difficile da
cogliere e capire. La corruzione più grave che questa inchiesta svela
sta nel mostrarci che persone di ogni livello, con talento o senza, con
molta o scarsa professionalità, dovevano sottostare al gioco della
protezione, della segnalazione, della spinta.
Non basta il
merito, non basta l'impegno, e neanche la fortuna, per trovare un
lavoro. La condizione necessaria è rientrare in uno scambio di favori.
In passato l'incapace trovava lavoro se raccomandato. Oggi anche la
persona di talento non può farne a meno, della protezione. E ogni
appalto comporta automaticamente un'apertura di assunzioni con cui
sistemare i raccomandati nuovi.
Non credo sia il
tempo di convincere qualcuno a cambiare idea politica, o a pensare di
mutare voto. Non credo sia il tempo di cercare affannosamente il nuovo o
il meno peggio sino a quando si andrà incontro a una nuova delusione. Ma
sono convinto che la cosa peggiore sia attaccarsi al triste cinismo
italiano per il quale tutto è comunque marcio e non esistono innocenti
perché in un modo o nell'altro tutti sono colpevoli. Bisogna aspettare
come andranno i processi, stabilire le responsabilità dei singoli. Però
esiste un piano su cui è possibile pronunciarsi subito. Come si legge
nei titoli di coda del film di Francesco Rosi "Le mani sulla città: "I
nomi sono di fantasia ma la realtà che li ha prodotti è fedele".
Indipendentemente
dalle future condanne o assoluzioni, queste inchieste della magistratura
napoletana, abruzzese e toscana dimostrano una prassi che difficilmente
un politico - di qualsiasi colore - oggi potrà eludere. Non importa se
un cittadino voti a destra o a sinistra, quel che bisogna chiedergli
oggi è esclusivamente di pretendere che non sia più così. Non credo
siano soltanto gli elettori di centrosinistra a non poterne più di
essere rappresentati da persone disposte sempre e soltanto al
compromesso. La percezione che il paese stia affondando la hanno tutti,
da destra a sinistra, da nord a sud. E come in ogni momento di crisi,
dovrebbero scaturirne delle risorse capaci di risollevarlo. Il tepore
del "tutto è perduto" lentamente dovrebbe trasformarsi nella rovente
forza reattiva che domanda, esige, cambia le cose. Oggi, fra queste, la
questione della legalità viene prima di ogni altra.
L'imprenditoria
criminale in questi anni si è alleata con il centrosinistra e con il
centrodestra. Le mafie si sono unite nel nome degli affari, mentre tutto
il resto è risultato sempre più spaccato. Loro hanno rinnovato i loro
vertici, mentre ogni altra sfera di potere è rimasta in mano ai vecchi.
Loro sono l'immagine vigorosa, espansiva, dinamica dell'Italia e per non
soccombere alla loro proliferazione bisogna essere capaci di mobilitare
altrettante energie, ma sane, forti, mirate al bene comune. Idee che
uniscano la morale al business, le idee nuove ai talenti.
Ho ricevuto
l'invito a parlare con i futuri amministratori del Pd, così come
l'invito dell'on del Pdl Granata ad andare a parlare a Palermo con i
giovani del suo partito. Credo sia necessario il confronto con tutti e
non permettere strumentalizzazioni. Le organizzazioni criminali amano la
politica quando questa è tutta identica e pronta a farsi comprare.
Quando la politica si accontenta di razzolare nell'esistente e rinuncia
a farsi progetto e guida. Vogliono che si consideri l'ambito politico
uno spazio vuoto e insignificante, buono solo per ricavarne qualche
vantaggio. E a loro come a tutti quelli che usano la politica per fini
personali, fa comodo che questa visione venga condivisa dai cittadini,
sia pure con tristezza e rassegnazione.
La politica non è
il mio mestiere, non mi saprei immaginare come politico, ma è come
narratore che osserva le dinamiche della realtà che ho creduto giusto
non sottrarmi a una richiesta di dialogo su come affrontare il problema
dell'illegalità e della criminalità organizzata. Il centrosinistra si è
creduto per troppo tempo immune dalla collusione quando spesso è stato
utilizzato e cooptato in modo massiccio dal sistema criminale o di
malaffare puro e semplice, specie in Campania e in Calabria. Ma nemmeno
gli elettori del centrodestra sono felici di sapere i loro
rappresentanti collusi con le imprese criminali o impegnati in altri
modi a ricavare vantaggi personali. Non penso nemmeno che la parte
maggiore creda davvero che sia in atto un complotto della magistratura.
Si può essere elettori di centrodestra e avere lo stesso desiderio di
fare piazza pulita delle collusioni, dei compromessi, di un paese che si
regge su conoscenze e raccomandazioni.
Credo che sia
giunto il tempo di svegliarsi dai sonni di comodo, dalle pie menzogne
raccontate per conforto, così come è tempo massimo di non volersela
cavare con qualche pezza, quale piccola epurazione e qualche nome nuovo
che corrisponda a un rinnovamento di facciata. Non ne rimane molto, se
ce n'è ancora. Per nessuno. Chi si crede salvo, perché oggi la sua parte
non è stata toccata dalla bufera, non fa che illudersi. Per quel che
bisogna fare, forse non bastano nemmeno i politici, neppure (laddove
esistessero) i migliori. In una fase di crisi come quella in cui ci
troviamo, diviene compito di tutti esigere e promuovere un cambiamento.
Svegliarsi.
Assumersi le proprie responsabilità. Fare pressione. È compito dei
cittadini, degli elettori. Ognuno secondo la sua idea politica, ma
secondo una richiesta sola: che si cominci a fare sul serio, già da
domani.
(20 dicembre
2008)