Le contraddizioni del centrodestra Partito unico e potere di veto di Giovanni Sartori Più di sessant’anni dopo la sua benemerita sepoltura il «partito unico» è stato inopinatamente risuscitato da Berlusconi e dai media. Nella teoria della politica il partito unico è il partito che sopprime tutti gli altri partiti, e dunque il partito dei sistemi dittatoriali. Tale era il Pnf (non svelo ai giovani l’arcano di cosa fosse), tale era il partito nazista, e tale il partito comunista sovietico. Confesso che a me questa riesumazione fa un po’ specie. Mi fa lo stesso effetto di un parco di divertimenti che venisse chiamato «parco olocausto». Sentimentalismi a parte, il fatto è che usare questa dizione per denotare una cosa diversissima - la necessità di porre fine alle «coalizioni millepiedi» - è una partenza sbagliata che imposta male il problema. Il nostro problema è che abbiamo costruito un bipolarismo demenziale fondato, dicevo, su coalizioni millepiedi. E dunque il nostro problema è di arrivare - visto che siamo in democrazia - a coalizioni di governo omogenee di due-tre partiti. Come si fa? È di tutta evidenza che il nostro Cavaliere ancora non lo sa. Ha raccontato che la Thatcher «ci ha messo quattro anni per capire i problemi e per trovare soluzioni». Orbene, Berlusconi ha già avuto più di quattro anni per capire e resta nondimeno all’anno zero della Thatcher. Al Senato il Nostro ha impostato il problema così: che dobbiamo cambiare il nostro sistema elettorale; ma che se pensiamo al proporzionale, allora deve essere tale «in modo integrale», e a questa soluzione osta «l’esperienza del passato con tanti governi che sono durati in media undici mesi». Dunque a Berlusconi tuttora sfugge che non esiste soltanto la proporzionale «integrale» che porta alla instabilità dei governi, ma che esistono anche sistemi proporzionali che producono sistemi di due-tre partiti (vedi Spagna e Germania) e governi stabilissimi. Riprendo a citare: se vogliamo invece conservare il maggioritario, allora «non possiamo andare avanti con l’ibrido» di un sistema parzialmente proporzionale «per cui ogni partito è costretto ad accentuare, in occasione delle elezioni, la propria identità». Ora è sacrosanto che il nostro ibrido (il Mattarellum) sia da eliminare; ma non per saltare dalla padella nella brace di un ancora più nefasto maggioritario secco. A questo effetto a Berlusconi continua a sfuggire che è proprio il maggioritario secco che moltiplica e frantuma il nostro sistema partitico, e quindi ancora sfugge quale sia il vero cancro del sistema che vorrebbe curare. E poi non è vero che i partiti minori siano costretti a distinguersi per via della proporzionale. Lo farebbero comunque facendo valere la propria identità «differenziante» in sede di governo. E qui veniamo all’ultimissima scoperta-trovata del Nostro. «Succede... che ci sono dei partiti che rappresentano magari il 6-7 per cento della coalizione e che se c’è un loro veto non si può andare avanti... mentre dovrebbe almeno esservi, all’interno di ogni coalizione, il principio della democrazia per cui c’è una maggioranza che dà il suo parere e una minoranza che si adegua». Certo, questo è il principio della democrazia. Ma a Berlusconi sfugge ancora una volta che una coalizione di partiti non è una democrazia disciplinata da vincoli costituzionali, ma un libero patto tra liberi contraenti. Se Bossi viola il principio della democrazia (come fa sistematicamente da 4 anni) Berlusconi non ci può fare niente; e difatti ha subìto supinamente tutti i veti di Bossi senza fiatare. E allora? Allora, forse, Berlusconi dovrebbe reclutare la signora Thatcher. Lei capisce sicuramente più alla svelta di lui, ed è anche riuscita a governare per 11 anni. Per dirla all’Ostellino, «forza Cavaliere! ».
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