La Storia
Le origini di Santeramo
affondano le radici in un lontano passato. Rinvenimenti di tradizione
greco-romana nel perimetro del nucleo storico testimoniano l'esistenza
almeno in epoca classica di un centro abitato Studiosi, soprattutto di
lingua germanica, identificano il sito dell'attuale centro di Santeramo con
quello di LUPATIA. In quella zona presenta un reticolo viario, molto fitto,
in gran parte utilizzato per la transumanza del bestiame, che affonda le sue
radici nelle culture pastorali dell'età del Bronzo. Il riferimento va al
1800-1500 a.C. Le principali tra le antiche strade sono la cosiddetta via di
Montefreddo che partendo dalla costa adriatica a Giovinazzo, per Bitonto,
Palo, Grumo, Masseria la Servella, Masseria Mercadante, Corte Finocchi
giungeva a Santeramo e di qui con il nome via della Morsara, per Laterza e
Ginosa raggiungeva lo Ionio a Metaponto. In parole povere dalla zona dove
oggi è Santeramo, si dipartivano due vie della transumanza: una che
raggiungeva l'Adriatico e l'altra che raggiungeva lo Ionio. Un documento del
1136, il più antico che fa menzione di Santeramo e della chiesa di S.
Angelo, ha posto in risalto la presenza di strade, stradelle e piste che
sono indicate nel documento, formanti una ragnatela, utili a collegare i
centri abitati e le varie località. Così la strada che unisce la Matina a
Bitetto, la strada Mellitto per Matera, il reticolo che collegava Santeramo
con Bitetto e Gravina. Una di queste strade è la più breve per collegare
Bari, che nella cartina è su, con Matera, che si trova giù, che erano in età
medievale i centri più importanti della Puglia Centro-Settentrionale. E a
ricordarlo ancora la Gravina-Santeramo è un diverticolo della via Appia che
dipartendosi da questa all'incrocio con l'attuale statale 99 ove è il ponte
Padula-Cartena, dirigendosi ad est e attraversando i territori del Casale,
oggi Casal Sabini, da tempi recentissimi Casal Sabini, e dalla Guardiola per
giungere a Santeramo prosegue per Gioia, Noci, Alberobello, Locorotondo,
Cisternino, giungendo ad Ostuni e alla sua marina, dove in età medievale era
un porto. Questo fitto reticolo viario, unito alla disponibilità offerta dai
laghi, come il lago Travato, ancora oggi vivo e vitale, sono sufficienti a
giustificare la fortuna che ebbe in epoca molto antica la grotta carsica di
S. Angelo come santuario di pellegrinaggio." Dalle migliaia di graffiti ed
iscrizioni visibili sulle pareti si ipotizza che i pellegrini fossero molti.
Nel territorio comunale
sono disseminate un po' ovunque le tracce di insediamenti umani preistorici
e protostorici che a partire dall'età neolitica, rappresentata a Pedali di
Serra Morsara da ceramica impressa e graffita su selce e ossidiana,
percorrono tutto l'arco delle civiltà e delle epoche successive.
Vasi, monete, armi,
oggetti d'uso quotidiano peuceti, greci, romani sono stati reperiti in gran
numero in varie località. La parte meridionale dell'agro santermano è
interessata tuttora dal percorso dell'antica via Appia nel tratto tra
Venusia e Taranto. Nella località di Viglione è da vedersi il sito della
Mansio di Sublupatia citata negli itinerari romani. Il nome attuale deriva
dal patrono Erasmo di Antiochia, martire nell'età dioclezianea che secondo
la leggenda l'avrebbe fondata.
Il borgo antico si è
sviluppato intorno ad una comunità di monaci (basiliani prima, benedettini
dopo) accomunati dal culto verso S. Erasmo. Essi agirono da polo di
attrazione e di rifugio per le popolazioni locali. Nel 1170 il Codice
Diplomatico Barese parla di un monastero, una chiesa, un cimitero, un
battistero e un "casale". E' questo il primo documento scritto che cita
Santeramo. La vita del monastero non fu molto lunga, all'incirca di 190
anni. Nel 1249, Infatti, si parla solo di CASALI SANCTI HERASMI e non più
del monastero.
Nel 1374 il Casale
divenne centro autonomo, e prese il nome di CASTRUM SANCTI HERASMI o TERRA
SANCTI HERASMI. Nel 1410 re Ladislao vendette il Castrum a Buccio dei
Tolomei di Siena, suo capitano. Santeramo divenne un feudo e tale rimase
fino al 1806, data di cessazione del feudalesimo. Dal 1410 al 1468 fu
possedimento dei Tolomei, dal 1468 al 1618 dei Carafa, dal 1618 al 1806 dei
Caracciolo.
Tra il 1000 e il 1500 il
borgo antico era contenuto all'interno di una zona delimitata da via
Sant'Eligio, Giardino Giandomenico, via Sant'Antonio, via Carmine ed era
dotato di fossato, mura, due torri e due porte, quella del Castello e quella
del Lago. Si presume che delle due torri una sia ancora esistente (inglobata
all'interno del Palazzo Colonna), e che la seconda fosse localizzata in via
Piazzolla in continuità con il palazzo Marchesale. In questo periodo
insistevano su tutto il territorio, oltre alla Chiesa principale di S.
Erasmo (odierna Chiesa del Carmine), diverse cappelle: la cappella di Santa
Maria de Insula, la cappella di Santa Caterina, la cappella di Sant'Antonio
Abate, la cappella di San Giovanni, la cappella di San Lorenzo, la cappella
di Sant' Eligio, la cappella del Purgatorio, la cappella di San Domenico. Di
queste soltanto le ultime tre sono tuttora esistenti. Le cappelle di
Sant'Eligio e del Purgatorio sono all'interno del borgo antico, mentre
quella di San Domenico si trova al di fuori delle mura, in direzione Laterza.
Nel 1576, con la
costruzione del Palazzo Marchesale ('Castello') da parte di Ottavio Carafa,
vi fu un nuovo impulso allo sviluppo urbanistico del centro abitato, che si
estese nel Borgo di Casalnuovo (nell'area di Via S. Antonio) e in quello
della Chiesa Lama (alle spalle dell'odierna Chiesa di S. Erasmo). Quest'ultima
venne ingrandita a partire dagli inizi del '700 per diventare la Chiesa
Madre.
Nella seconda metà del
'600, grazie alla fondazione del Convento dei Padri Riformati, avvenuta
sulle rovine di una preesistente cappella dedicata a San Rocco, si sviluppò
il primo Rione di San Rocco. Quest'area divenne una delle principali
direttrici di sviluppo dell'abitato, non soltanto grazie alla presenza del
convento ma anche per quella di una cappella, già annoverata fra i
possedimenti del monastero di Sant'Erasmo nel 1193, e dedicata a S. Efrem
Siro, il cui culto appartiene alla tradizione santermana da secoli. Di tale
cappella, che era ricavata in una grotta, rimane ben poco, essendo stata
demolita nel 1889 per far posto all'attuale chiesa della Pietà.
Tra il '600 e il '700 le
famiglie legate al marchese Caracciolo fondarono i propri "Palatium":
nacquero così Palazzo Sava, Palazzo De Laurentiis, Palazzo Netti, Palazzo
Giandomenico, Palazzo Colonna. Contemporaneamente sorsero le prime "aedes" o
case palazziate. Nella seconda metà del '700 continuò l'espansione nella
direzione del Convento, oltre la Porta di San Rocco, e nacque il Rione Santa
Lucia. Per il continuo aumento della popolazione il marchese donò alle
giovani coppie il suolo che si estendeva vicino la Porta Nuova di via
Laterza, destinato a vigna, con l'obbligo di costruire nuove abitazioni. Si
edificò così il Borgo della Vigna del Signore. Le abitazioni che sorsero in
questo borgo sono caratterizzate da scale esterne che conducono al piano
superiore e terminano con delle loggette: i cosiddetti "uavi", la cui
costruzione venne vietata a partire dal 1844 per motivi di igiene, di
allineamento dei profili stradali e per evitare indebite occupazioni di
suolo pubblico.
Santeramo fu città
filoborbonica nel periodo 1799. Nel 1809 I francesi s'impegnano attivamente
nella lotta al brigantaggio, ma spesso furono degli innocenti a pagare: i
cinque fratelli FIORE di Santeramo in Colle che transitavano da Acquaviva
furono fermati per sospetti briganti e fucilati nella pubblica piazza senza
ulteriori accertamenti.
Fra il 1829 e il 1833
vennero abbattute le Porte di San Giuseppe, del Lago e la Porticina di via
Gioia, per fare spazio a nuove abitazioni, dal momento che la cittadina
continuava la sua crescita demografica. L'ulteriore fabbisogno abitativo
venne soddisfatto grazie all'urbanizzazione di parte del suolo di proprietà
della chiesa e di privati. Venne diviso in isole rettangolari secondo una
maglia tipicamente ottocentesca, dando vita al Borgo del Capitolo (alle
spalle dell'odierno ospedale): gli edifici consistono di due piani, il primo
dei quali era adibito a stalla, il secondo ad abitazione. Quest'area era
limitrofa a quella paludosa ("Abbàsce 'o Läie"), che venne bonificata nel
1833 per creare uno spiazzale, il Largo della Fiera, divenuto oggi Piazza Di
Vagno.
Tra la seconda metà e la
fine dell'800 l'abitato si estese nel Borgo Rizzi, alle spalle del Borgo
della Chiesa Lama, nel Borgo di San Vito, a destra di via dell'Amarena, e
nel Borgo della Chiesa Nuova (Chiesa del Sacro Cuore). Nello stesso periodo
sorsero il nuovo Palazzo Municipale, in quello che veniva denominato il
Largo Dell'Erba, e l'Ospedale Monte Iacoviello. Al 1886 risale una delibera
comunale per l'abbattimento di alcuni tratti di mura (forse in via Palombaio).
Alla fine dell'800 vennero costruiti l'edificio scolastico Umberto I, il
Palazzo Di Santo, la Chiesa Nuova dei Missionari del Preziosissimo Sangue
(intorno a cui si svilupperà il Borgo Santoro), l'Orfanotrofio Calabrese, la
stazione ferroviaria della linea Rocchetta S. Antonio - Gioia.
Nel 1927 avvenne lo
sventramento del Rione Chiancone all'interno del centro storico e la
conseguente urbanizzazione di parte dell'estramurale, odierna Corso Italia,
su cui sorgerà nel 1939 il Consorzio Agrario Provinciale.
Testo ed
immagine inviatici
dal dr.
Vito Zullo, che ringraziamo, e tratti da
http://www.comune.santeramo.ba.it/
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