Santa Severina
Un piccolo paese, tra le coste dello Ionio e la Sila, la
“Nave di Pietra”, così ribattezzata negli studi fatti da
Francesco De Luca. Situato su uno scoglio, che un tempo
lo difendeva dagli invasori, oggi lo difende dalla
costruzione selvaggia e abusiva, che caratterizza i
nostri paesi meridionali.
Le origini di Santa Severina sono documentate da Ecateo
di Mileto, storico e geografo del V sec. a. C., che la
comprende nell’elenco delle città dell’Enotria col nome
di Siberene, mantenuto fino al IX sec. quando la Novella
dell’Imperatore Leone, elencando le sedi vescovili ed
arcivescovili dipendenti dal Patriarcato di
Costantinopoli, la chiama Severiana.
Uno dei misteri non ancora chiariti, sul quale si sono
arrovellati gli studiosi, è il passaggio avvenuto nel X
sec. all’attuale toponimo di Santa Severina. Quasi
certamente il culto di questa santa, alla quale fu
dedicata la prima cattedrale, fu importato ed imposto
dai greco-siculi che in quel periodo si spostarono in
quelle terre.
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Il Castello. Foto Pino Barone |
Occupata dagli Arabi nell’840 fu da essi tenuta,
baluardo strategico sulla valle del Neto, fino
all’885-886 quando Niceforo Foca, valoroso generale
bizantino di Basilio I espugna Santa Severina e
riconsegna all’Impero di Bisanzio la città rimasta,
nonostante l’occupazione araba durata quasi mezzo
secolo, grecanica nei costumi, negli usi, nell’animo
religioso.
Non meraviglia quindi che Santa Severina per i suoi
requisiti storici, geografici ed etnici assurgesse a
centro ideale per la difesa degli interessi bizantini in
Calabria. La sua importanza strategica e la necessità di
farne il caposaldo contro i tentativi espansionistici
della Chiesa di Roma furono i presupposti per la
creazione della nuova metropolia che si aggiunse alla
sola esistente in Calabria, quella di Reggio.
Mentre ancora si discetta sulla data precisa della sua
creazione si è portati, considerando fonte attendibile e
primaria la Diatiposi di Leone VI (886-911) a fissarne
la nascita verso la fine del IX sec. Si apre allora il
periodo più luminoso per lo sviluppo della cultura
bizantina che lascerà tracce significative con
l’edificazione del Battistero e della chiesa di Santa
Filomena.
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Il Castello. Foto Pino Barone |
Dopo quasi due secoli di dominio bizantino i Normanni di
Roberto il Guiscardo espugnarono la fortezza nella quale
si era rifugiato Abelardo ribellatosi allo zio. Inizia
allora il graduale cambiamento degli ordinamenti civili
e militari mentre quelli ecclesiastici conservano ancora
per molto tempo il rito greco.
Estintosi il dominio normanno, Santa Severina segue le
sorti del regno di Sicilia poi quello di Napoli e vive
un lungo periodo di privilegi ed autonomie che, tranne
qualche breve pausa, le assegnano il ruolo di città
demaniale (esempio emblematico nel mezzogiorno italiano)
fino all’ultimo diploma di Ferdinando I del 26 Febbraio
1466 che, riconoscendo tutti i privilegi, concede alla
nostra università un’autonomia che era il riconoscimento
di un’organizzazione sociale con un potere elettivo
delle varie magistrature (sindaci, giurati, etc.) con
attribuzioni proprie e ben determinate a cui venivano
preposti cittadini eletti liberamente dal popolo.
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Scorcio del Castello e della villa. Foto Pino Barone |
Questo consolidato sistema di autonomia e di libertà
viene scosso ed abbattuto da Federico d’Aragona quando,
con regio decreto del 14 Ottobre 1496, concede in feudo
ad Andrea Carafa futuro luogotenente del Regno e suo
eroico generale, la nostra città. E si spiega, dati
questi precedenti, la riluttanza e la fiera opposizione
dei santaseverinesi a farsi infeudare. E’ quello il
periodo degli assedi e della resistenza ad oltranza
prima che Santa Severina piombi nella servitù feudale,
aggravata dall’ira di Andrea che si vendica confiscando,
uccidendo, opprimendo.
Morto Andrea senza figli gli subentra il nipote Galeotto
che interviene col suo patrimonio per alleviare lo stato
di miseria in cui versa la popolazione e costruisce nel
Castello il Belvedere ricavato nello spazio interposto
tra i due bastioni del lato orientale. Galeotto muore
tra il compianto generale il 26 Aprile 1556 e gli
succede nel contado il figlio Andrea che eredita un
feudo rimpicciolito e carico di debiti. Tale situazione
peggiora ancora con Vespasiano che succede al padre nel
1569 ed esercita il suo dominio costretto a sempre nuovi
e pesanti debiti che a stento riesce ad onorare. Quando
muore senza eredi nel 1599 si estingue il contado dei
Carafa ed il feudo passa alla Regia Corte che lo cede
nel 1608 a Vincenzo Ruffo principe di Scilla. Alla morte
del principe avvenuta il 3 Giugno 1616 subentra la
figlia Giovanna che muore nel 1650, dopo trentaquattro
anni di dominio. Le succede il figlio Francesco Maria
che, oberato dai debiti contratti dalla madre, si vede
porre all’asta il feudo che viene aggiudicato al
patrizio crotonese Carlo Sculco. A costui, morto di
peste il 30 aprile 1656, succede il figlio Giovanni
Andrea a cui Filippo II concede il titolo di duca. Gli
subentra il figlio Domenico che muore il 1687 senza
eredi e si estingue con lui il diritto alla successione
della famiglia Sculco.
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Il Castello, notturno dalla fontana. Foto Pino Barone |
Nel 1691 Donna Cecilia Carrara si aggiudica all’asta per
102.000 ducati il feudo intestandolo al figlio D.
Antonio Grutter senza titolo. Nel 1732 Carlo III gli
conferisce il titolo di principe di Santa Severina. Alla
sua morte gli succede il figlio Pier Matteo che rimane
al governo della città fino alla morte avvenuta il 4
Novembre 1751. L’eredità feudale viene raccolta dal
figlio Gennaro che muore nel 1756, poi da Antonio che
muore a Napoli nel 1804. Ultimo feudatario è Gennaro
Grutter, figlio di Antonio che, abolita la feudalità con
la legge del 2 Aprile 1806, rimase possessore del solo
titolo di principe che passa, per il ramo femminile, a
Vincenzo De Giovanni.
Nell’800 Santa Severina è uno dei tanti paesi
meridionali che vive supinamente prima sotto i Borbone e
poi nell’Italia unita. Ad affrettarne l’irreversibile
stato di decadenza contribuisce il tremendo terremoto
del 1783 che riduce in un cumulo di rovine il Rione
Grecia tanto da provocare da Parte dell’Arcivescovo
Pignataro la chiusura di quella parrocchia.
Nel 1950 si celebra in Piazza Campo il varo della
riforma agraria che affranca i braccianti e li inserisce
nel nuovo processo di sviluppo dell’Italia risorta a
democrazia dalle rovine della guerra.
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Il Castello, Bastione dello Stendardo. Foto Pino Barone |
Questa in breve sintesi la storia ricca di avvenimenti
lieti e tristi quasi tutti documentati ma a volte
incerti, avvolti da un alone di mistero, dipanatisi in
oltre due millenni e che hanno visto protagonisti re e
principi, strateghi e generali, conti e duchi i cui
fantasmi aleggiano sui bastioni e sulle torri del grande
maniero che ne conserva le memorie. Di fronte ad esso il
grande complesso ecclesiastico della Cattedrale e del
Battistero ci ricorda che Santa Severina dette i natali
a Papa Zaccaria, il grande Pontefice che “concesse
legittimità religiosa alla stirpe dei carolingi ed osò
per primo disporre di un trono a nome dell’autorità
pontificia” (Lenormant); un suo arcivescovo Giulio
Antonio Santoro assurse alla porpora diventando
cardinale di Santa Severina (vedi Cappella a lui
dedicata nella Basilica di S. Giovanni in Laterano). Nel
periodo del massimo fulgore culturale, dal XII al XIV
sec. un altro suo figlio, Enrico Aristippo “graecus
interpres natione severinatus”, illuminava il suo
periodo con la traduzione dei capolavori della cultura
greca da Platone ad Aristotele e Tolomeo.
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Il Castello in... acqua. Foto Pino Barone |
Questo suo passato, queste radici culturali rimaste vive
nei secoli, hanno continuato a produrre i loro effetti
anche nei tempi moderni assegnando a Santa Severina un
ruolo di assoluta preminenza nel marchesato crotonese.
Dopo l’unità d’Italia eminenti scienziati come Diodato
Borrelli e Nicolò D’Alfonso rinverdivano coi loro studi
quella tradizione culturale che intanto traeva linfa
vitale dal glorioso Ginnasio, uno dei primi in Calabria,
integratosi poi in Liceo, punto di riferimento primario
per le attività culturali nella nuova provincia di
Crotone.
[tratto da
museisantaseverina.it] |