Sud Illustre

 

Salvo D'Acquisto

Eroe

di Fara Misuraca e Alfonso Grasso

 

Salvo D'Acquisto, per il suo sacrificio e per il suo coraggio, resterà per sempre nella memoria come simbolo di umanità, cittadinanza, solidarietà. Figlio del sud (padre palermitano, madre napoletana) ha lasciato a noi meridionali l'orgoglio di ricordarlo e l'onere immenso di tentare di essere alla sua altezza.

 

Salvo D'Acquisto nacque a Napoli, a Villa Alba, nel Vomero, un edificio di 4 piani in via San Gennaro ad Antignano n° 2, da Salvatore D'Acquisto, nativo di Palermo, e Ines Marignetti, napoletana. Primo di cinque fratelli, Franca, Rosario, Erminia e Alessandro. Frequentò la scuola d'infanzia presso le salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice di via Alvino al Vomero; le elementari nella scuola "Vanvitelli"; seguono due anni di Avviamento professionale presso il "Della Porta" e due all'Istituto dei Salesiani. Successivamente a Roma si preparerà per la licenza liceale. I suoi docenti lo ricorderanno come ragazzo riservato, serio e di poche parole, i compagni apprezzarono il suo carattere altruista, sincero e difensore dei più deboli.

Salvo D'Acquisto (con Massimo Ranieri - epilogo del film)

Nella primavera del 1939 ricevette la cartolina militare per il richiamo di leva, e prese la decisione di arruolarsi nell'Arma dei Carabinieri: una tradizione di famiglia, visto che nell’Arma aveva militato il nonno materno (Mar. Biagio Marignetti) e due zii, uno materno e uno paterno. Venne assegnato alla Legione Allievi Carabinieri di Roma. Con l'arruolamento, intese realizzare il suo impegno a difesa dei più deboli e dei più umili e il suo desiderio di operare per la giustizia, ideali che lo guideranno per tutta la sua breve vita. Divenuto carabiniere il 15 gennaio 1940, fu destinato alla Legione Territoriale di Roma, dove prestò servizio al Nucleo "Fabbriguerra".

Il 10 giugno 1940 l’Italia entrò in guerra accanto alla Germania, contro Francia ed Inghilterra.

Salvo si offrì volontario per la Libia, ed il 15 novembre 1940 si imbarcò a Napoli per Palermo, con destinazione finale la Tripolitania, dove giunse il 23 dello stesso mese assieme alla 608ª Sezione Carabinieri, addetta alla Divisione Aerea "Pegaso", che venne subito inviata in zona di operazioni.

Dalla corrispondenza con i genitori, si ricava facilmente cosa Salvo pensasse realmente della guerra, e quanto lontano fosse dalla feroce retorica fascista che aveva sciaguratamente trascinato l’Italia in guerra. Salvo scrive che «i rapporti internazionali possano essere dominati e guidati da spirito di collaborazione tra i popoli e dalla giustizia sociale». I colleghi intanto cominciarono ad apprezzarne il carattere cordiale, lo spirito di solidarietà e la capacità di condividere gioie e dolori.

Nel febbraio del 1941, Salvo venne ferito ad una gamba, ma restò con il suo reparto in zona d'operazioni e contrasse anche la febbre malarica. Il 7 settembre 1942 si imbarcherà per far rientro in Patria, in quanto ammesso al Corso Allievi Sottufficiali, presso la Scuola centrale di Firenze. Superati brillantemente gli esami, il 15 dicembre 1942 venne nominato vice brigadiere, e destinato alla stazione dei Carabinieri di Torrimpietra, all'epoca paesino rurale ad una trentina di chilometri da Roma [1]. Si guadagnò subito il rispetto e la stima della gente del luogo. Sarebbero stai gli ultimi nove mesi della sua vita.

Intanto, la guerra fascista aveva sconvolto e distrutto l’Italia. Il 25 luglio cadde il regime che aveva provocato mezzo milioni di morti. Il Re ed il nuovo governo presieduto da Badoglio fuggirono a Brindisi, abbandonando Roma e le truppe che la difendevano a se stesse. L'8 settembre 1943 fu annunciata la resa dell’Italia agli Alleati e sancita di fatto la guerra all’ex alleato tedesco [2]. Il Paese era allo sfacelo generale.

Il sacrificio

Intanto, un reparto di truppe tedesche delle SS si era accasermato presso alcune vecchie postazioni abbandonate dalla Guardia di Finanza, nelle vicinanze della località Torre di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torrimpietra.

La sera del 22 settembre 1943, per lo scoppio di una bomba un soldato tedesco rimase ucciso e due feriti. I tedeschi gridarono all'attentato, ma era assai più probabile che si fosse trattato di un incidente, provocato dagli stessi tedeschi, rovistando in una cassetta di munizioni lasciate dai finanzieri.

La mattina seguente, comunque, la reazione dei tedeschi non si fece attendere ed il comandante del reparto tedesco, recatosi a Torrimpietra, ordinò al D'Acquisto, temporaneamente responsabile della stazione per l'assenza del maresciallo, di individuare i responsabili dell'accaduto, pena la rappresaglia.

La mattina seguente, D'Acquisto, svolte le indagini, tentò di convincere il comandante tedesco che si era trattato di un incidente, inutilmente. Provò a dimostrare che l'accaduto era da attribuirsi alla casualità, ma le SS insistettero sulla loro versione e decisero la rappresaglia, ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmaresciallo Kesselring pochi giorni prima.

Il 23 settembre stesso Torrimpietra fu circondata dai tedeschi e 21 cittadini, scelti a caso fra gli abitanti della zona, vennero rastrellati, caricati su un camion e trasportati presso la Torre di Palidoro, per essere fucilati. Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma, da parte di una squadra armata di SS, e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio", nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono ovviamente innocenti. Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà l'ultimo testimone del sacrificio del brigadiere. I tedeschi costrinsero gli ostaggi a scavarsi una fossa comune, alcuni con le pale, altri a mani nude.

Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, perché l'esplosione era stata accidentale, gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti. Durante l'interrogatorio dei rastrellati, il sottufficiale fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dai soldati tedeschi e, "quantunque malmenato ed a volta anche bastonato dai suoi guardiani, il D'Acquisto serbò un contegno calmo e dignitoso", come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare.

Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che le SS avrebbero davvero messo in atto la loro terribile minaccia. A quel punto, secondo la testimonianza di Angelo Amadio:

«all'ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. …Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località.»

Per salvare i cittadini innocenti, Salvo (ovviamente totalmente estraneo ai fatti) si era all’ultimo momento autoaccusato di essere il responsabile dell'attentato: un gesto che ancora oggi rimane uno dei massimi esempi di coraggio e nobiltà d'animo nella storia del nostro Paese.

I 21 prigionieri furono rilasciati e si diedero alla fuga, mentre il sottufficiale napoletano fu condotto dentro alla fossa, dinanzi al plotone d'esecuzione. Alla fuga si unì immediatamente dopo Amadio, quando riuscì a dimostrare, presentando i suoi documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però mentre correva, a sentire il grido "Viva l'Italia" lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione. Si girò e vide un ulteriore colpo sparato da un graduato tedesco al corpo già riverso per terra. Vide i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva infatti colpito persino le stesse SS, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, ammisero: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte."

Salvo D'Acquisto fu fucilato all'età di nemmeno 23 anni. Le sue spoglie sono conservate nella prima cappella sulla sinistra, adiacente all'ingresso, della Basilica di Santa Chiara di Napoli. Nel 1983 fu aperta presso l'Ordinariato militare una causa di canonizzazione.

Alla Memoria del vice brigadiere Salvo D'Acquisto è stata conferita la Medaglia d'Oro al Valor Militare, con la seguente motivazione:

«Esempio luminoso d’altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme a 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così - da solo - impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell’Arma.» Torre di Palidoro (Roma), 23 settembre 1943.

Fara Misuraca

Alfonso Grasso

Giugno 2011


Note

[1] Sulla Via Aurelia, oggi frazione del comune di Fiumicino

[2] Il messaggio di Badoglio recitava: “Il Governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al gen. Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza…”. La dichiarazione di guerra formale alla Germania fu presentata il successivo 13 ottobre 1943.


Bibliografia

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