Strategie di conquista
e grandi affari lungo le vie dell’acqua. Il caso delle Eolie.
di Carlo Ruta
Una vicenda rappresentativa nelle mappe
dell’appropriazione delle risorse idriche. Come viene trattato il disagio di
Lipari e Salina, dove l’acqua, carente da sempre, rimane la più cara
d’Italia. Gli accordi che vi fanno da sfondo, da Palermo a Roma. La stretta
della Sogesid sulle isole.
Come era prevedibile, nella Sicilia della
privatizzazione idrica, le anomalie, anziché esaurirsi con le gare
d’appalto, in alcuni ATO con esiti da scandalo, presentano risvolti sempre
più preoccupanti, mentre scorrono le vicissitudini di intere popolazioni che
mancano dell’erogazione necessaria e pagano l’acqua più cara che in altre
aree del paese. Gli ambienti interessati stanno provvedendo in effetti a
porsi in regola, pagando l’obolo alla tradizione, facendo cioè i conti fino
in fondo con i grovigli di poteri, legali e non solo, che serrano i
territori. Gli equivoci del presente si fondono in sostanza con quelli del
passato, con corrispondenze più o meno perfette. Le cose non potevano andare
del resto diversamente. Lungo i decenni che hanno preceduto la legge Galli,
la gestione dell’acqua nell’isola, curata dall’EAS e dalle municipalizzate,
non è stata mai propriamente pubblica, chiamando bensì in causa interessi
forti e consorterie di ogni tipo. I clamori giudiziari che hanno interessato
l’ente regionale medesimo, dallo scandalo Gunnella alle tangenti dell’Ancipa,
ne danno conto. La nuova situazione, già riprovevole per il declassamento
del bene comune acqua a merce, nell’isola sta finendo comunque con il
peggiorare le cose oltre ogni misura. E per saggiarne le atmosfere, lungo
gli ambiti territoriali, è il caso di prendere le mosse dalle isole Eolie,
dove, sulla scena convulsa dell’emergenza idrica convergono realtà
influenti, a partire da una potente società di diritto pubblico: la Sogesid
spa.
Per ragioni soprattutto geologiche,
l’arcipelago è oppresso da una endemica carenza di acqua, cui si è cercato
di ovviare, prima ancora che con rifornimenti da navi cisterne e autobotte,
con un dissalatore, costruito a Lipari circa trent’anni fa dalla Regione
Siciliana, amministrato lungamente dall’EAS e, come tutti gli altri in
Sicilia, finito di recente in gestione a un privato, l’imprenditore nisseno
Pietro Di Vincenzo, che ha messo in campo, allo scopo, una società ad hoc,
la Gedis, adesso in amministrazione giudiziaria. Si tratta di un impianto
obsoleto e poco funzionante. Con i suoi tre moduli, a pieno regime, dovrebbe
produrre infatti 6000 metri cubi di acqua potabile al giorno. Invece ne
produce poco più 2000 metri cubi, ben al di sotto cioè del fabbisogno.
L’emergenza, che si somma nelle Eolie a quella dei trasporti, rimane quindi
allo zenit, mentre il costo dell’acqua per gli abitanti di Lipari e delle
altre isole, già elevato, è divenuto particolarmente esoso. L’acqua
desalinizzata viene erogata a 4,80 euro al metro cubo, a circa 7 euro quella
approvvigionata tramite autobotte, addirittura fino a 13 euro, iva inclusa,
quella rilevata dalla nave cisterna. Ma a fronte di tutto questo, quali
condotte si registrano nelle istituzioni che recano l’onere di risolvere le
cose?
L’allarme sul deficit d’acqua è stato
lanciato, negli ultimi anni, a vari livelli: dal prefetto di Messina
Francesco Alecci; dai sindaci di Lipari, Leni, Malfa, Santa Marina Salina,
Milazzo; dai parlamentari messinesi Germanà e D’Alia. Della questione sono
stati investiti quindi il governo regionale e i responsabili del ramo. Se ne
sono fatti carico in particolare, con Raffaele Lombardo, alcuni noti
esponenti dell’entourage presidenziale: Rossana Interlandi, già assessore
regionale all’Ambiente e oggi dirigente del medesimo assessorato; l’avvocato
Felice Crosta, presidente dell’Agenzia regionale per i rifiuti e le acque,
istituita da Cuffaro, poi formalmente abolita, ma ancora in attività;
Ignazio Puccio, dirigente dell’ARRA e plenipotenziario di Crosta in numerose
vertenze lungo gli ATO siciliani. Si tratta, come è evidente, dello stato
maggiore che sta regolando i processi di privatizzazione, cui si associa una
presenza che nella vicenda delle Eolie assume un rilievo determinante:
quella dell’avvocato Luigi Pelaggi, consigliere di amministrazione della
Sogesid spa. È il caso di definire allora cosa rappresenta tale società e
con quale ruolo entra in questa storia.
Nata nel 1994 quale concessionario della
gestione di alcuni impianti di depurazione nella Regione Campania, la
Sogesit spa si è assunta l’onere di supportare la Legge Galli, attraverso la
redazione dei piani d’ambito e l’attuazione di interventi industriali, in
ambito acquedottistico, depurativo e fognario, lungo tutto il territorio
nazionale. Per decisione del Ministero dell’Ambiente e del Ministero delle
Infrastrutture è divenuta dal 2007 uno strumento in house, ma, in
ossequio appunto alla legge Galli, ha insistito a muoversi in modo
privatistico, tanto da ritrovarsi al centro di un vasto circuito
d’interessi, pur mutuando nondimeno tratti e movenze dei tanti enti inutili
che hanno fatto un po’ la storia della repubblica. Per tali ragioni, più
volte è stata fatta oggetto di interrogazioni parlamentari. Il deputato Ugo
Lisi ne ha chiesto la messa in liquidazione. Il senatore Roberto Della Seta
ne ha denunciato, oltre che la mancanza di una qualche utilità pubblica,
tanto più dopo l’istituzione recente dell’Ispra, recante funzioni analoghe,
le oscurità operative, la mancanza di trasparenza nelle assunzioni del
personale, gli altissimi stipendi degli ambiti dirigenziali. E con tale
feedback, che combina le opacità del pubblico e del privato, la società
in house ha puntato sull’affare Eolie, con l’irruenza di un potere
forte, perché importante era divenuta intanto la posta in gioco.
L’allarme lanciato dal sindaco di Lipari
Mariano Bruno, dai colleghi delle isole minori e dal prefetto Alecci, cui è
stato conferito intanto l’incarico di commissario delegato per l'emergenza
idrica, non poteva rimanere in realtà inascoltato, tanto più dopo
l’implosione economica e giudiziaria del Di Vincenzo, che ha influito
sensibilmente sulle inefficienze del dissalatore. Non potevano essere
altresì sottovalutati i rischi per il decoro dell’arcipelago, dichiarato
dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Ne è sortito quindi, nel 2007, un
superfinanziamento a opera del Ministero dell’Ambiente, retto allora da
Alfonso Pecoraro Scanio, per circa 38 milioni di euro. Si è trattato
tuttavia solo di un buon inizio, perché per il prossimo decennio altri
contributi si annunciano da parte dell’Unione Europea e di altre sedi:
quanto basta in definitiva perché interessi forti si volgano in direzione
delle Eolie. C’è peraltro da attingere a sufficienza dall’amministrazione
regionale, che da oltre un decennio riserva alle emergenze della Sicilia un
cospicuo capitolo di spese, gestito in prima persona dai commissari
straordinari, senza che, significativamente, siano venute meno, per calcolo
o no poco importa, le problematiche dell’acqua.
L’ostacolo Di Vincenzo è stato rimosso
agevolmente, perché il contratto che vincola il gestore del dissalatore alla
Regione è prossimo a scadere, e l’imprenditore nisseno, messo alle corde dai
giudici e dalle denunce del sindaco Rosario Crocetta, non è più in grado di
sostenere la partita. Con perentorietà, a dispetto delle proteste di diversi
consiglieri, che hanno scritto al prefetto Alecci, il comune di Lipari ha
provveduto altresì a rimuovere un ulteriore problema, revocando un appalto
di cui era stato aggiudicataria nel 2000 la Lotto spa. È stato infine
superato l’ostacolo dell'Authority per la vigilanza sui contratti
pubblici, che ha decisamente contestato la convenzione siglata fra società e
il sindaco liparitano. Il centro-partita, da parte della Sogesid è stato
quindi rapidamente conquistato, con la presentazione, approvata, di un
progetto per il ciclo integrato dell’acqua, il primo, per 29 milioni di
euro, da trarre dai 38 per il momento disponibili. D’altra parte, il
direttore generale del Ministero dell’Ambiente Gianfranco Mascazzini,
interpellato sull’accordo delle Eolie, non ha esitato a dire che si è
trattato di decisioni prese ad altissimi livelli, in sede ministeriale, per
interessi forti, quindi irrevocabili.
La connessione della Sogesid con
l’arcipelago, e contestualmente con i vertici della Regione e con l’ARRA di
Crosta e Puccio, viene comunque perfezionata il 17 febbraio 2009, quando uno
dei tre consiglieri d’amministrazione della società, l’avvocato Luigi
Pelaggi, componente della segreteria tecnica del Ministero dell’Ambiente,
viene nominato, con ordinanza del presidente del Consiglio dei Ministri
Berlusconi, commissario delegato per l'emergenza idrica nelle Eolie. Si
tratta, come è evidente, di una nomina forzata, sovrapponendosi di fatto,
senza alcuna ragione d’interesse pubblico, a quella del prefetto Alecci,
che, da rappresentante del governo prima ancora che da commissario, è stato
riconosciuto fra i più imparziali nell’affrontare l’emergenza. Un tale
passaggio è apparso nondimeno necessario, per ricondurre tutto negli alvei
stabiliti, senza intralci.
Esistono in definitiva i presupposti
perché la Sogesid, nota appunto per gli stipendi d’oro di cui godono i suoi
dirigenti, possa trarre dall’arcipelago profitti smisurati e duraturi,
attingendo a risorse pubbliche a tutti i livelli: ma in cambio di quali
benefici per gli abitanti di Lipari e delle altre isole? A conti fatti,
nessuno. Come emerge dal progetto, il prezzo dell’acqua desalinizzata verrà
mantenuto a 4,80 euro al metro cubo, cioè il più caro d’Italia, addirittura
con possibilità di aumenti negli anni a venire. È già messo altresì nel
conto che l’intervento della società non risolverà in via definitiva il
deficit idrico delle Eolie. La prova? Una parte dell’approvvigionamento
dell’acqua continuerà ad avvenire per mare, tramite nave cisterna. Come
avviene già da quindici anni, dietro richiesta della Regione Siciliana, il 3
dicembre 2008 il Ministero della Difesa ha stipulato infatti con la società
Marnavi di Napoli, con procedura negoziata ai sensi dell'art. 57 del decreto
legge 163/06, un contratto di fornitura idrica all’isola di Lipari per un
importo di 26.000.000 euro, iva inclusa, per soli 2 milioni di metri cubi.
In sostanza, gli abitanti dell’arcipelago, sotto l’egida della società in
house, dovranno continuare pagare l’acqua al prezzo, del tutto
incongruo, di 13 euro al metro cubo.
In realtà, la Sogesid, se reca buone
ragioni per mantenere, di fatto, lo stato di cose esistente, tante più ne ha
per scendere a patti con la Marnavi, che costituisce in campo armatoriale un
potere consolidato, con forti referenti nelle istituzioni. Finisce in
effetti con il servirsene, con mutuo guadagno, a titolo giustificativo e non
solo, proprio perché restino spendibili e ben remunerativi i deficit di
fondo. In tale logica, è significativo comunque il modo in cui la società
navale napoletana si pone nel paese e, in particolare, nella vicenda delle
Eolie.
Presieduta da Domenico Iervoli, la
Marnavi, è specializzata nel trasporto di sostanze chimiche. È proprietaria
di ventisette navi operanti sul mercato internazionale, otto delle quali
adibite al trasporto di acqua e prodotti alimentari per le comunità delle
isole italiane. Come altre società armatoriali, non appare particolarmente
devota all’interesse nazionale. Ha fatto costruire infatti diverse navi
nella Turchia asiatica, presso di Tuzla, nota perché ospita la maggiore
concentrazione navalmeccanica della terra, con quarantacinque cantieri
schierati fianco a fianco. Gode nondimeno di alta considerazione presso le
sedi governative. E non può trattarsi di normale convenienza. Come
riportato, da circa quindici anni la società rifornisce d’acqua le isole
Eolie, con convenzioni annuali che, palesemente, prescindono da ogni calcolo
di economicità, mentre Regione e Ministero della Difesa avrebbero potuto
ricercare soluzioni più idonee, attraverso accordi meglio mirati oppure
l’espletamento di regolari gare d’appalto. In merito poi all’opportunità,
appaiono tutt’altro che irrisori gli inconvenienti che hanno presentato fino
a oggi le operazioni di scarico nelle aree portuali di Lipari, prossime alle
abitazioni civili: dalle perdite in mare di acqua potabile agli eccessi di
rumore, in tutte le ore del giorno e della notte.
Evidentemente, malgrado i conti non
possano tornare, i giochi sono fatti, nel pieno rispetto della tradizione.
C’è stato tuttavia un inconveniente, che consente di chiarire meglio le cose
e di rendere, soprattutto, misurabile l’affare dell’arcipelago. Si tratta
dell’entrata in scena di una impresa tedesca, la Aqua Blue di Bubesheim,
operante in vari ambiti: la depurazione, gli impianti idrici, l’energia
solare. Klaus Dieter Simon, che conosce bene l’Italia per averla lungamente
frequentata, ne è l’amministratore delegato. E in tale veste, nel 2007 ha
presentato alle autorità territoriali e regionali una proposta di
convenzione, ancora ai sensi dell'art. 57 del decreto legge 163/06, per la
definitiva soluzione dell’emergenza idrica delle Eolie. L’impresa, in
particolare, si è impegnata a installare, a Lipari e nelle isole minori,
alcuni moduli di dissalazione di nuova generazione, quindi non ingombranti
come gli attuali né inquinanti, atti a risolvere per intero il fabbisogno
idrico, a costo zero per lo stato, la regione e i comuni, richiedendo di
contro alla parte pubblica, solo a servizio erogato, il pagamento dell’acqua
a un costo oscillate fra 1,05 e 1,21 euro, iva esclusa.
Tra la tariffa che ha proposto
l’amministratore dell’impresa tedesca e i quasi 5 euro richiesti dalla
Sogesid, che diventano addirittura 13 con l’intervento della Marnavi, corre
evidentemente un abisso, che è in fondo quello che separa due precisi modi
d’essere e di rapportarsi al bene pubblico. Da un lato c’è Klaus Dieter
Simon, che ha deciso di non pagare alcun obolo alla tradizione, di fare
impresa quindi nel modo più civile. Dall’altro stanno i potentati regionali,
il braccio operativo dell’ARRA, i grandi feudatari delle risorse idriche,
che, a ragion veduta, hanno stabilito di mantenere alti i canoni, nel caso
appunto delle Eolie fino all’inverosimile, a dispetto dei bisogni delle
comunità. Tutto questo, a riprova che nel tempo della privatizzazione, tanto
più in Sicilia, la selezione dei convitati al grande affare dell’acqua, che
include la partita dell’arcipelago, sta avvenendo al peggio.
Ecco comunque il seguito della storia.
Dinanzi alle evidenti opportunità della proposta dell’impresa tedesca, il
prefetto Alecci, quale commissario delegato per l'emergenza idrica nelle
Eolie, si è dimostrato, una volta ancora, conseguente. Nell’incontro per
l’esame tecnico della medesima, che si è tenuta il 28 ottobre 2008, presso
il Ministero dell’Ambiente, ha relazionato infatti favorevolmente. Ha dovuto
tuttavia fare i conti con l’opposizione, irriducibile e scontata,
dell’ingegnere Puccio dell’ARRA, che, con ben poche argomentazioni, in
quella sede ha decretato impossibile la desalinizzazione dell’acqua marina
ai costi garantiti da Klaus Dieter Simon. I giochi erano fatti, appunto, e
la nomina di Pelaggi, già nelle cose, era destinata a chiudere l’argomento.
Fonte:
“L'isola possibile”, rivista mensile siciliana
allegata a "Il Manifesto", marzo 2009
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