La “ruota” era un meccanismo
abbastanza semplice ideato e costruito per abbandonare un neonato.
All’interno di un cilindro di legno
cavo dove era posto avvolto in coperte o stracci. Il cilindro di legno
era fissato, come una finestra, dentro un muro e ruotava con un perno in
modo da poter portare il neonato dall’altra parte del muro. L’operazione
d’abbandono dentro la “ruota” era preceduta dal suono di una campanella.
La persona preposta a quel servizio,
che si trovava aldilà del muro, udendo la campanella, si recava a
ricevere il bambino e non vedeva chi dall’altra parte aveva lasciato il
neonato.
La prima “ruota” fu ideata in Francia
e precisamente alla fine del secolo XII nell’ospedale dei Canonici di
Marsiglia e precisamente nel 1188. In seguito funzionò un’altra “ruota”
in Aix en Province e ancora un’altra in Tolone.(John Boswel,
l’abbandono dei bambini, -ed.Rizzoli 1991).
Se gli storici hanno ragione: in
Francia si sentì maggiormente la necessità di quest’espediente, ma non
si sa se fu un’idea geniale di qualche cittadino francese rimasto
anonimo o se l’idea fu copiata da altri paesi.
Lo storico John Boswel,
emerito studioso della condizione dei neonati attraverso i secoli,
ammette soltanto che nel XIII secolo inizi una notevole ed anche
preoccupante “pratica” di abbandonare i figli appena nati.
Prima al XIII secolo la soluzione più
diffusa era quella di lasciare i figli in “oblazione” nei
conventi.
Bisogna considerare in ogni modo che
i sistemi giuridici prevedevano opportunità diverse; per esempio anche
la vendita dei figli. Le norme in argomento non erano certamente uguali
per tutti i paesi dell’Europa.
Federico II di Svevia abolì, in tutto
il territorio del suo impero, di vendere figlie femmine per la
prostituzione.
Si deduce che i figli si potevano
vendere per altri motivi!
L’oblazione non era
considerata abbandono proprio perché erano i genitori che “donavano” i
figli al convento che svolgeva detta opera cristiana. Non tutti i
conventi avevano assegnato questo compito.
Già nel VI secolo d.c. la “regola di
San Benedetto” prevedeva norme precise per l’oblazione.
I bambini, lasciati in convento
neonati, non potevano essere considerati “professi” se non dopo
la loro spontanea manifestazione di volontà, che si chiedeva dopo i
dieci anni. Si può dedurre che nell’alto medioevo la maggiore età si
acquisiva già a dieci anni(!).
Nella regola di San Basilio, invece,
si diventava professi e quindi si accettava la vita e la carriera
monastica dopo che l’oblato si era reso conto dell’importanza
della castità.
Con l’oblazione si creavano
diritti e doveri fra la famiglia e il monastero che accoglieva il
neonato.
Questo procurava spesso lasciti di
beni mobili e immobili per i monasteri; una delle tante cause per la
formazione della “mano morta” ecclesiastica.
L’oblazione sembra un
affidamento fatto secondo principi giuridici non molto precisi, che
favorivano i monasteri, ma spesso favorivano anche le famiglie. Per
esempio una donazione al monastero del neonato oblato comportava che lo
stesso fosse escluso dall’eredità complessiva spettante agli altri
eredi.
Un “oblato” illustre fu San
Tommaso d’Aquino:
Le complicazioni giuridiche
dell’oblazione portarono all’espediente della “ruota” che, non solo dava
l’opportunità di abbandonare i neonati senza essere visti, ma permetteva
di sopprimere giuridicamente e poi far nascere a nuova vita lo
sfortunato(non sempre) bambino.
A queste ultime considerazioni
bisogna aggiungere che il matrimonio dei preti fu abolito
definitivamente proprio nel XIII secolo e che i figli dei preti erano
considerati illegittimi, non solo, ma anche perseguitati e privati di
status giuridici molto importanti.
Dal XIII secolo in poi, la
straordinaria coincidenza dell’indicativo aumento degli “esposti”,
e, l’abolizione del matrimonio dei preti, sono indizi importanti da non
sottovalutare per capire il diffondersi dell’uso della ruota.
Il battesimo degli abbandonati fu un
vero problema per il clero di quasi tutta l’Europa.
Nella sola Inghilterra vi furono
tredici concili dl 1195 al 1295 che si occuparono del problema.
Dell’abbandono dei minori, ma
soprattutto del battesimo degli stessi.(John Boswel, l’abbandono dei
bambini….ed.Rizzoli, 1991).
Il problema va messo in relazione
alle altre fedi religiose che in ogni caso andavano rispettate.
Si propagò l’uso di lasciare il
bambino con del sale accanto come prova che era stato battezzato.
Utilizzare il sale per il neonato,
era una pratica rituale d’iniziazione antica e riprendeva un uso già
narrato nel libro biblico del profeta Ezechiele.
Papa Innocenzo III nel 1198 istituì
la prima ruota in Italia e precisamente nell’ospedale Santo
Spirito in Sassia di Roma.
Nella seconda metà dell’ottocento le
“ruote” in Italia arrivarono a circa 1200.
Furono messi nella “ruota” i
seguenti esposti celebri: Gengis Khan, papa Gregorio VII, Vincenzo
Gemito, Gian Giacomo Rousseau. A questi illustri personaggi possiamo
aggiungere i mitici Mosè, Romolo e Remo, Edipo.
In Italia, dopo l’Unità, nacque un
movimento abolizionista della “ruota”. Le ragioni principali
degli abolizionisti stavano nell’opinione che il metodo dava origine ad
abusi. Contrariamente, bastava un servizio pubblico amministrato da
impiegati obbligati al segreto d’ufficio.
L’abolizione delle “ruote”
iniziò in Italia nel 1867 e fu la città di Ferrara a metterlo in atto
per prima. Altre città italiane disposero, in anni diversi,
l’abolizione. Nel 1923 furono tutte abolite nel territorio italiano con
un regolamento approvato dal governo di Mussolini.
La storia dell’abbandono dei neonati
in Sicilia è una storia che segue l’andamento della
situazione economica nell’isola. In periodi di crisi economica
corrispondeva un maggiore abbandono di neonati. Dal 1600 al 1800 la
percentuale dei proietti si abbassa considerevolmente. Nei periodi di
crisi economica questa tendenza si perde completamente e la percentuale
sale di nuovo nettamente.
Dal 1610 al 1648 vi furono carestie
che alzarono il livello d’abbandono fino al 10%, mentre la media del
seicento era del 6% (F. Calcaterra - La strage degli innocenti -
1600, 1900, Paternò).
La media nel settecento era meno del
4%, ma dal 1883 al 1888 si raggiunse l’incredibile media del 5,5% molto
superiore a quella del settecento.
Questo era l’effetto della crisi
economica post-unità d’Italia che dimostrava come si veniva consolidando
il “problema meridionale”.
Nel periodo della dominazione
spagnola, le iniziative per combattere il fenomeno dell’abbandono furono
lasciate ai benefattori privati in armonia con le istituzioni
ecclesiastiche cattoliche.
Dal XVI secolo a metà del XIX secolo
furono creati i “conservatori” per le bambine abbandonate. Nella
città di Catania ve ne furono otto più due in provincia a Adernò e
Biancavilla.(S.Romano, i conservatori femminili nella Catania
dell’ottocento…, ed.1996)
Diversi furono i provvedimenti del
Governo Spagnolo e Vicereale.
Nel 1518 il vicerè Conte di Castro
aveva fondato un istituto per proietti; in seguito nel 1555, il vicerè
de Vega istituiva il “consiglio della pietà dei proietti”.
Nel 1586 fu fondato in Catania il
“conservatorio” detto: Sant’Agata delle verginelle. Le “conservatorie”
si chiamavano così perchè dovevano “conservare” l’onere, la castità e le
virtù della bambina.
Molto fecero i Governi Borbonici.
Nel 1741, con il concordato tra la
Santa Sede e il governo borbonico, detti istituti di pia carità per
orfanelli sono dichiarati laici.
Nasce così un contenzioso fra
autorità borboniche e autorità religiose che continuerà oltre il periodo
delle riforme e dell’abolizione della feudalità in Sicilia.
Di fatto le autorità religiose e
quelle laiche amministreranno insieme le istituzioni pie,con prevalenza
dell’uno o dell’altra secondo il momento politico diverso.
Ciò non esclude che vi sia una
preminenza d’iniziative delle autorità religiose cattoliche e dei
patrizi siciliani disposti a fare cospicue donazioni o legati.
Nel 1751 il vicere La Viefuille
ordina d’istituire la “ruota” in tutte le città siciliane.
In realtà le “ruote” già
esistevano in alcune città della Sicilia, il vicerè La Viefuille
obbligava “tutte” le città quindi anche quelle che non l’avevano
istituita in passato.
Il cappellano curato, preposto a
ricevere il proietto dalla ruota, riempiva un foglio del libro dei
projetti, imponendo un nome di fantasia al neonato, e subito lo
battezzava.
Il battesimo era impartito subito, in
quanto la mortalità infantile era molto elevata e non si volevano
correre rischi per l’omesso sacramento religioso.
L’atto di nascita era fatto in
seguito dall’ufficiale di stato civile.
Leggendo alcuni cognomi dal registro
degli atti di nascita dei proietti, si notano cognomi come: esposito o
esposto, trovato, diddio, proietti, cornetto, o nomi di città e paesi.(dai
libri dei proietti presso archivio storico di Catania).
Un dispaccio del governo Borbonico
del 1760 fisserà per il mantenimento e cura dei proietti l’età massima a
carico degli Ospedali e delle Università. Per i bambini fino a cinque
anni e per le bambine fino a sette.
Alle nutrici, erano affidati in
allevamento i trovatelli fino ai cinque anni e per sette anni le bambine
trovatelle.
Questo spiega come nella città di
Catania è stato costituito anche un: “conservatorio per le projette
settenarie”
Nel 1771 è revocato l’uso di
“bullare” sulle carni i trovatelli ed è disposto che bisogna
semplicemente legare al collo dei neonati una funicella da cui doveva
pendere una semplice medaglietta con scritto il nome dell’ospedale o
dell’Università che aveva in cura lo stesso neonato, si aggiungeva anche
un numero di matricola. (biblioteca comunale di Paternò, registri
della Corte Giuratoria in F.Calcaterra, op.cit).
Nel 1776 è costituito in Catania il “reclusorio
del Santo Bambino” utilizzando la totale eredità del principe
Paternò Castello di Bicocca.
La caratteristica unica e
specialissima di questo reclusorio è che erano accettate e assistite le
donne gravide oltre il settimo mese rimaste incinte da rapporto
illegittimo. Erano accettate anche le meretrici incinte.
Il sistema d’accettazione, della
donna gravida fuori del matrimonio, era predisposto in modo che il nome
e cognome della madre restasse scritto in busta chiusa e segreto. Detta
busta era riconsegnata alla stessa, quando lasciava definitivamente il
reclusorio del Santo Bambino.
L’ospedale esiste ancora in Catania
ma per servizi sanitari di normale cura per le partorienti.(S.Romano-i
conservatori femminili nella Catania dell’ottocento - ed. università
Catania 1996).
Nel periodo del governo borbonico in
Sicilia è stabilito che le spese per il mantenimento dei proietti sia a
carico degli ospedali e delle Università (comuni).
Sono stabiliti i compensi obbligatori
per le “nutrici” che accudivano ai trovatelli.
Le “mesate” alle nutrici, nel primo
ottocento, erano fissate in tarì 15.
Bisogna aggiungere alla figura della
nutrice quello della “balia” che allattava subito il proietto appena
uscito dalla ruota e dalle mani del cappellano curato. Le balie erano
pagate dalle stesse istituzioni sopra indicate.
Le balie erano pagate a “cottimo”, in
altre parole per neonato allattato.
In Catania molte balie erano in
servizio presso la “Casa della nutrizione”, trasformata in seguito in
brefotrofio e oggi convento delle monache di San Pio IX per l’assistenza
all’infanzia dei bambini stranieri o extracomunitarii.
Le nutrici allevavano i proietti in
casa insieme al resto della famiglia.
Dopo i cinque anni d’allevamento con
la nutrice, i maschietti erano avviati al lavoro(!) presso un artigiano
o un contadino.
Le proiette dopo i sette anni erano
avviate presso i conservatori o reclusori dove imparavano un mestiere
donnesco, che era spesso legato ad un’attività di tessitura. In Catania
molte ragazze lavoravano alla fabbricazione di guanti.(S. De Luca
Carnazza - le istituzioni di pubblica beneficenza, Catania).
Bisogna evidenziare che spesso le
nutrici, per lucrare la “mesata”, portavano i loro figli legittimi alla
ruota per ottenere fraudolentemente lo status giuridico di proietti.
Questo sistema di “truffa” perdurerà
fini alla formazione dello Stato Unitario. Per tali inconvenienti, i
documenti per l’affidamento dei proietti alle nutrici espressamente
citavano che:
“….dagli accertamenti non è
risultato che la nutrice era la madre del bambino abbandonato…”
E’ evidente che in questo “sistema”
di protezione ed assistenza si possano produrre altri e più gravi
inconvenienti e veri delitti.
Nel libro citato di Franco Calcaterra,
si evidenzia che i motivi d’abbandono sono prevalentemente dovuti alle
seguenti cause: povertà, meretricio, rapporti fra padroni e serve,
figli di sacerdoti, figli di padre che non riconosceva e non voleva
“riparare”.
L’aumento dei neonati
abbandonati, dopo l’unità d’Italia, costringerà il governo di
Francesco Crispi a promulgare una legge nel 1890 per il riordino degli
istituti di beneficenza.
Nascono le IPAB: Istituti per
l’assistenza e beneficenza.
In Sicilia le ruote funzionavano
ancora fino al 1906 e in ben 126 comuni siciliani.
Come ricordato sopra, nel 1923 furono
tutte abolite nel territorio italiano con un regolamento approvato dal
governo di Mussolini.
La storia recente delle opere pie è
molto strana, in parte inesplorata e per alcuni aspetti peggiore del
passato(!): questo dimostra il livello di menefreghismo e corruzione
esistente oggi tra i dipendenti delle Regioni.
Le IPAB sono state trasformate in ASP,
in altre parole: “Aziende per il servizio alle persone”.
L’onere di finanziamento e ispezione
spettano alle Regioni.
La regione Sicilia inaugura la
malaugurata politica di “cartolarizzazione” nel 1986.
Con questa bell’idea il patrimonio
delle pie fondazioni è ora venduto e spesso regalato ai privati.
Privati che dovrebbero svolgere
l’attività d’assistenza prevalentemente per persone anziane, disabili e
orfani.(E. Di Martini- benedette case, il ricco mercato d’opere pie-
in www.alternativerivista.it o nel giornale “il manifesto” del 23
febbraio 2006 - anche www.intrage.it/volontariato).
Il patrimonio immobiliare delle
vecchie e gloriose pie fondazioni sono spesso utilizzati per
Speculazioni d’agenzie gestite dai
soliti “furbetti”.
Clamoroso un recente caso di
speculazione sul patrimonio delle opere pie nel Lazio, con l’intervento
della magistratura ed arresti dei responsabili d’agenzie immobiliari e
di funzionari.
Le pie fondazioni di carità
costituite da secoli con patrimoni di benefattori privati, ritornano a
privati che non sono benefattori se non di se stessi!
Corsi e ricorsi storici
Santo Catarame
Per questa comunicazione sono
stati consultati gli archivi di Stato e storici di Catania e le seguenti
pubblicazioni:
-
S. Raffaele, dalla beneficenza
all’assistenza …nella Sicilia, Catania cuem 1990;
-
Laura Guidi, l’onore in
pericolo, carità e reclusione femminile….ed. Liguori, Napoli 1992;
-
Filippone Giuseppe ed Epiro,
istituzione per l’assistenza….nel Regno delle due Sicilie, ed.
Pedone, Palermo 1847;
-
Salvatore de Luca Carnazza, le
istituzioni di pubblica beneficenza, ed.Pastore 1891;
-
Salvina Romano, i conservatori
femminili nella Catania dell’ottocento, ed.univ. Catania 1996;
-
Franco Calcaterra, la strage
degli innocenti, 1600-1900 a cura dell’archeoclub di Paternò).
tratto da
www.corrieredaristofane.it
8 vènniri
sittiemmuru 2006, nascita rra Beddamatri. |